La storia della Chiesa

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IV. Bernardo di Chiaravalle

Chi è quest'uomo che, saldamente ancorato all'antico, introduce tante novità nell'ambito del monachesimo?

Bernardo è una delle grandi figure-chiave del Medioevo e in modo particolare della storia della Chiesa medievale; una presentazione un po' più dettagliata si giustifica dunque da sé.

1. Nacque verso il 1091 da una famiglia dell'alta nobiltà borgognona, nel castello di Fontaines vicino a Digione.

Ricevette un'accurata educazione dalla madre e nella scuola canonica.

Nel 1112 entrò a Citeaux con 30 compagni.

Nel 1113 emise la professione.

Nel 1115 venne inviato con 12 monaci a fondare Chiaravalle.

Intraprese molti viaggi ( tre volte in Italia, anche a Roma ).

Predicò la seconda crociata in Francia, nelle Fiandre e nella regione renana.

Esercitò una intensa attività di direzione d'anime nel suo convento e fuori; scrisse importanti trattati di teologia; sostenne una polemica letteraria contro Cluny e contro Abelardo.

Fu in corrispondenza con tutte le personalità di una certa importanza dell'Europa di quel tempo.

Morì come abate di Chiaravalle nel 1153.271

2. Come in molti altri punti del suo pensiero e della sua opera sorprendentemente vasti, così anche nella pietà, il mistero del Santo consiste nel rappresentare al tempo stesso il nuovo e il vecchio ( « nova et vetera »: Mt 13,52 ).

Profondamente radicato nella pietà e nel pensiero del tempo precedente, è merito particolare di Bernardo l'aver creato e incoraggiato il culto, sentito con particolare calore di sentimento, dell'umanità del Signore, nell'ambito della devozione al Cristo: « È scipito ogni cibo dell'anima che non sia condito con questo olio …

Sia che tu parli sia che tu scriva, non mi piace se non risuona il Nome di Gesù ».

In questa pietà è inserita quella spiritualità forse più immediatamente mistica, protesa verso lo Sposo divino che entra ed esce dall'anima scelta dalla grazia.

Bernardo l'ha espressa nei suoi sermoni non ancora superati, sul Cantico dei Cantici.

Le due forme di pietà non stanno affatto l'una accanto all'altra, senza alcuna relazione.

Il culto dell'umanità e dei suoi misteri mira piuttosto, completamente, a tradursi nell'unione nuziale dell'anima col « Verbo » di Dio.

A questo scambio corrisponde soggettivamente il dispiegarsi della più affettiva donazione del cuore sino all'altezza suprema dell'amore spirituale ( agape ).

3. D'altra parte, non accanto a questa mistica di Gesù, ma inserita intimamente in essa si trova la mistica mariana di san Bernardo.

Più tardi alcuni scritti, attribuiti a torto a Bernardo, l'hanno presentata in maniera isolata ed esagerata ( già la magnifica caratterizzazione che Dante ci offre del Santo è da considerare così ).

Nei sermoni autentici l'unicità della mediazione di Cristo non viene mai intaccata.

Le espressioni molto forti riguardanti Maria come mediatrice tra Cristo e la Chiesa sono totalmente fondate nell'unica mediazione di Cristo, quando si leggano tenendo conto della sua concezione di fondo.

Bernardo parla di una mediazione di Maria e in modo analogo anche di una mediazione degli apostoli Pietro e Paolo, di san Martino e, soprattutto, di san Benedetto.

Se egli esalta particolarmente Maria in effusioni meravigliose, lo fa perché in essa vede realizzata, nella fede, la piena imitazione di Cristo.

Maria per Bernardo si trova così poco fuori dell'umanità che, proprio mentre le riconosce degli onori veramente unici ( Vergine e regina; ricolma dei supremi titoli onorifici; sovraesaltata portatrice della grazia; mediatrice della salvezza; soccorritrice del mondo ), non le riconosce invece l'esenzione dal peccato originale.

4. È anche una prerogativa della pietà di san Bernardo quella di essere profondamente radicata nella dottrina dei Padri, i cui tesori egli pose a profitto della vita religiosa.

Gli è estranea la differenza, che sorgerà poi, tra spiritualità e scienza teologica propriamente detta; la teologia è ancora esclusivamente a servizio della vita religiosa.

Nonostante il vincolo saldissimo con la tradizione, egli schiva i pericoli del tradizionalismo.

Non tramanda infatti nulla che egli stesso non abbia prima vissuto e risvegliato ad una vivezza creativa.

La sua venerazione illimitata per i Padri non gli impedì neppure di attingere abbondantemente, o diciamo piuttosto, soprattutto alle stesse fonti, alle quali essi pure avevano attinto, alla Bibbia.

Probabilmente non si da alcun caso in tutta la tradizione cristiana, nel quale la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento in tutte le sue parti, abbia reso simile per così dire, a se stessa, uno spirito, nel complesso e nei particolari, fino nella lettera e nel ductus dei pensieri, in maniera così perfetta come in Bernardo.

È sorprendente come i concetti e le immagini della Bibbia gli si presentino insistentemente, e come essi, anche se non vengono citati, risuonino due, tre, quattro, cinque volte in una unica proposizione.

Per tale motivo, anche la sua teologia ha conservato qualcosa che ne Abelardo ne la Scolastica possedettero più in questa forma: il mistero della parola profetico-religiosa la quale esprime senza posa e chiaramente le alte e dure verità rivelate e, integrandole vicendevolmente, le presenta tuttavia in maniera straordinariamente piana: una teologia monastica che troppo a lungo si è lasciata improduttiva.

5. a) Spesso abbiamo incontrato Bernardo quale personaggio nel grande movimento gregoriano di riforma.

Ma anche qui si manifestò la sua autonomia creativa.

Egli appoggia pienamente le spinte di fondo della riforma gregoriana e tuttavia le supera decisamente, facendo leva sul puro impulso religioso.

Egli fu un uomo della Chiesa e del Papato.

Se egli ricompose l'unità della Chiesa, sanando lo scisma di Papa Anacleto, riconobbe d'altro canto e bollò biasimandoli aspramente i pericoli del curialismo, i quali si facevano minacciosi con talune impostazioni centralistiche della riforma gregoriana.

Egli intese religiosamente il concetto ecclesiastico di potenza che interveniva nella politica.

b) Dal 1145 al 1153 ( cioè negli ultimi anni di vita di Bernardo ) fu Papa un ex-Cistercense, discepolo di Bernardo: Eugenio III.

Bernardo lo servì fedelmente.

Con intimo e forte slancio egli riconosce la grandezza unica dei Papi, i quali non sono chiamati - come gli altri vescovi - ad una cura parziale ( in partem sollecitudinis ), bensì alla pienezza del potere ( in plenitudinem potestatis ), la cui Chiesa è madre di tutte le Chiese.

Proprio per questo però, osò mettere in guardia il Papa, parlandogli apertamente, di fronte ai pericoli che incombevano.

La pietà innanzitutto!

Egli scrisse un libro per il Papa, « Sulla meditazione ».

Nonostante le necessità della politica, la preghiera deve mantenere il suo posto nella vita del Papa.

La sua asprissima critica era solo servizio.

c) Nello stesso tempo egli non si accontentava di ricordare al Papa, come persona, la sua perenne debolezza e inclinazione al peccato, oppure di stigmatizzare i molteplici disordini nella Chiesa e nel clero, soprattutto alla corte pontificia.272

La sua critica va oltre e colpisce ciò che è fondamentale, anche se come critica profetica rimane prevalentemente nell'ambito pratico, e non' si sospinge a delle asserzioni teoretiche sull'essenza della Chiesa.

Ma proprio per questo si salvò da posizioni unilaterali.

Importanza di principio assumono per esempio le dichiarazioni sul potere del Papato.

Esso è vera potestas e autorità, ma non può esser scambiato con « dominio » ( domina fus ): è sollecitudine servizievole, è funzione dell'amministratore che serve e distribuisce, e non del signore.

Il suo senso non si esaurisce nella pura affermazione di sé, bensì nella « utilità » concreta ed efficace : dispensatio; ministerium; « presiedere per aiutare ».

Ci sono certi poteri che il Papa oggi esercita nell'ambito del diritto, che egli non può avere da Pietro perché questi non li possedeva; in talune cose il Papa è erede di Costantino e di Giustiniano, non di Pietro.

Non lo scettro o le insegne imperiali di Costantino, ma il bidente del profeta Geremia è il simbolo corrispondente al potere pontificio.

d) Bernardo si occupa ancor più intensamente della posizione di potere del Papa nell'ambito della Chiesa quando, di fronte ad essa, prende le difese dell'autorità dei vescovi: anch'essi sono rappresentanti di Cristo e la loro potestà giurisdizionale viene direttamente da Dio.

Il Papa non è il loro « dominus ».

La lesione e l'estromissione delle potestà particolari nell'ambito della gerarchia ecclesiastica rappresentano per Bernardo una falsa ( « erras » ) e pericolosa esagerazione.

Egli pertanto, nonostante l'affermazione di principio dell'unione incentrata nel potere del Papa, critica insistentemente l'eccessiva accentuazione centralistica.

Nel fare ciò egli ha sott'occhio soprattutto l'istituzione dell'esenzione, la quale, mediante il principio della sottomissione diretta al Papa, cerca di aumentare, a breve scadenza, il potere centrale a spese della struttura organica.

Questa « febbre » dell'esenzione di vaste aree ecclesiastiche, attraverso la quale gli abati si sottraggono ai loro vescovi, i vescovi ai loro metropoliti e primati, non può realmente aumentare il potere centrale pontificio, porta bensì a delle deformazioni, che Bernardo designa espressamente come monstrum.

Nella stessa direzione mira la sua critica allo sviluppo eccessivo del sistema delle appellazioni: esso ostacola il Papato nell'adempimento del suo vero e proprio dovere, aumenta l'abuso del diritto e nuoce alle autorità locali.

Tutto ciò si fonda su di un concetto di Chiesa che si differenzia nettamente da quello della riforma gregoriana.

La Chiesa per Bernardo non è totalmente, come per i cluniacensi, la civitas Dei o la « Gerusalemme celeste » che, coi suoi numerosi santi, si distingue in purezza immacolata dal corpus diabolicum, dal mondo cattivo e, di conseguenza, come mezzo di grazia e istituto di salvezza, è posta quale intermediaria tra Dio e il mondo.

Bernardo rimane fedele all'immagine della Chiesa pellegrina, la quale come insieme delle anime fedeli e che lottano per la perfezione, durante tutta la sua peregrinazione, non può essere completamente pura.

Egli conosce la tensione immanente alla Chiesa che deriva dalla continuazione dell'Incarnazione.

L'unione dei fedeli, infatti, con la Parola incarnata rimane nell'ombra dell'umiliazione e dell'ascondimento finché l'unione nella « carne » non sia maturata nell'unione dello « spirito ».

Perciò Bernardo confronta la Chiesa con la sposa del Cantico dei Cantici, che è nel contempo nera e bella ( Ct 1,4 ), oppure con la rete che contiene pesci buoni e anche cattivi ( Mt 13,48 ).

L'importanza della critica di Bernardo consiste nel fatto che:

1) essa è ancorata irremovibilmente nella Chiesa, ossia sa di dipendere in obbedienza dalla gerarchia e di essere ad essa vincolata;

2) che essa anche oggettivamente valorizza le prospettive spirituali senza toccare la realtà vera, « corporale » della Chiesa e cadere nello spiritualismo.

Non è cosa da poco che in san Bernardo si trovino quasi tutti gli argomenti dei quali si serviranno i movimenti ereticali ormai incombenti contro la Chiesa ( ma prendendoli in maniera spiritualisticamente unilaterale ).

6. a) Anche nel problema centrale della lotta per le investiture, nel rapporto tra Chiesa e Impero, Papa e Imperatore, Bernardo differenzia le due sfere in modo più preciso di quanto non faccia la riforma gregoriana.

Infatti, che significa per lui la « dottrina delle due spade »?

Non è comunque da interpretare nel senso di una teoria politico-ierocratica ( Congar ).

Bernardo persiste nell'ideale di una intima unione fra regalità e sacerdozio, la quale rappresenta l'unione delle due funzioni in Cristo; assieme e nel mutuo appoggio, i due poteri devono maturare i frutti della pace ( regalità ) e della salvezza ( sacerdozio ).

Ma in lui prendono le mosse la conoscenza della singolarità delle due sfere di potere e dei pericoli derivanti dalla mescolanza.

Egli indica all'imperatore i suoi limiti quando, ripetendo l'impresa dell'investitura, minaccia la libertas conquistata e l'indipendenza della vita della Chiesa; d'altra parte però egli respinge l'intromissione della Chiesa nella sfera terrena.

Gregorio VII dal potere ecclesiastico sulle realtà spirituali aveva dedotto la potestà di giurisdizione sulla sfera terrena e temporale; Bernardo dal confronto tra le due sfere di autorità deduce delle conseguenze praticamente opposte: la sublimità della realtà spirituale nei confronti di quella temporale non permette alcun confronto; i compiti che da essa scaturiscono vietano, per la loro importanza, di occuparsi di ciò che è inferiore; la realtà terrena ha i propri pascoli, sui quali la Chiesa non ha alcun diritto di raccogliere ( De consideratione. I,6,7 ).

b) Bernardo, quando passa a definire più da vicino il coordinamento dei due poteri, si dimostra, senza dubbio, figlio del suo tempo.

Come risulta dalla sua presa di posizione nei confronti delle crociate e della repressione degli eretici ( § 51,6 d: Arnaldo da Brescia ), era ovvio che il potere temporale dovesse coadiuvare coi suoi mezzi alla difesa della Chiesa dall'ingiustizia.

Il Papa invece non aveva soltanto un diritto sulla « spada dello spirito » che egli stesso usava, ma anche sulla spada « materiale » che il cavaliere, per ordine dell'Imperatore, impugnava per la Chiesa.273

Ma, perlomeno, non manca lo sforzo per una distinzione.

Secondo Bernardo, la parola del Signore ( Gv 18,11 ) « Riponi la tua spada nel fodero » è da prendere sul serio, vale a dire, la Chiesa in quanto tale non ha alcun diritto all'uso della spada, questa fa parte dell'ambito dello « Stato » il quale non sacrifica affatto la sua autonomia quando usa la spada su « ordine del sacerdote », per assicurare o ristabilire l'ordine da Dio precostituito.

Siamo sulla stessa linea quando Bernardo nomina esclusivamente, quale protagonista di tali azioni armate, il « populus christianus » e non la gerarchia.

La pretesa pontificia al potere temporale, e l'incorporazione dello « Stato » nella « Chiesa » non trova alcuna giustificazione nelle opere di Bernardo.

Le linee fondamentali che abbiamo tracciato, collimano, del resto, con la presa di posizione pratica nei confronti dei numerosi conflitti di politica ecclesiastica nei duali il Santo venne continuamente a trovarsi.

c) Il fatto che egli, con la sua distinzione dei due poteri, abbia indicato l'unica via possibile per risolvere il fatale problema di fondo del Medioevo, non può naturalmente impedire che il coordinamento tra Chiesa e Impero sia rimasto in lui imperfetto e legato al pensiero del tempo.

La problematica di questa unione, si palesa, non per ultimo, nel riconoscimento della « guerra santa » da parte di Bernardo.

La profondità della sua predicazione delle crociate è da ricercarsi in una contraddizione, non facile a spiegarsi, con l'identificazione in qualche modo preliminare di « via crucis » e crociata armata.

D'altra parte è ancora una volta proprio la presa di posizione di Bernardo che ci impedisce ogni precipitato giudizio negativo sul movimento delle crociate.

Per la storia della Chiesa rimane estremamente importante il fatto che un Santo della portata di Bernardo, che come monaco dedicò la sua vita con radicale esclusività alla sfera religiosa e alla rinuncia al mondo, non si sia sottratto a quei problemi e a quelle imprese che in ultima analisi volevano servire a dare al mondo una impronta cristiana.

Su questo sfondo va valorizzato il fatto che proprio lui, che proveniva completamente dalla sfera religiosa, abbia potuto riconoscere, senza compromettersi, una certa autonomia della realtà terrena.

7. a) Bernardo era dotato di una straordinaria potenza di espressione, sia nello scrivere che nel parlare e divenne per questo il rappresentante di gran lunga più significativo dell'umanesimo del XII secolo, tanto importante per la storia della Chiesa.

Egli si serviva magistralmente sia dell'elastica possibilità d'espressione della lingua latina, come della sua chiarezza di formulazione.

( Non va dimenticato, tuttavia, che talune delle sue introduzioni, come pure talune argomentazioni polemiche ammassate indiscriminatamente, non sono che retorica ).

Va chiarito soltanto quale sia il contenuto del termine « umanesimo » in un uomo come Bernardo.

Se si considera la sua violenta ascesi e si riflette sulla sua dura rinuncia al mondo, sembra, a tutta prima, che non rimanga in lui alcun posto per qualcosa come l'umanesimo.

Ma anche qui ci imbattiamo in una sintesi sorprendentemente creativa.

Bernardo fornisce la prova che l'ascesi e la mortificazione dell'elemento umano non mutila, ma rende fecondi.

Attraverso di essa, pur se sotto forma di influenza indiretta, egli portò alla luce in molti campi dell'attività umana anche alti valori terreni.

È caratteristica, a tale proposito, la posizione del corpo nella mistica di Bernardo: da una parte esso è un vaso terreno, fragile, che ostacola l'ascesa dello spirito, il compimento dell'amore e con ciò la unio con Dio; d'altra parte però si effettua in esso un processo di trasformazione e di purificazione che si compirà un giorno con la resurrezione e con l'unione dell'anima con il corpo trasfigurato che in essa si effettuerà.

La sua apparente ostilità alla cultura ( contro l'arte dei cluniacensi ), il suo rifiuto della scienza non ebbero perciò un effetto distruttivo, ma costruttivo e purificatore.

b) In Bernardo si esprimeva la più alta forma del genio e della santità unita in lui alle forze dell'intelletto e della volontà, che lo allineano tra gli spiriti e i caratteri eccelsi e tra i più grandi e originali talenti della storia.

Quando egli predicò la seconda crociata nella regione del Reno, solo pochi compresero il suo linguaggio stranierò.

Ma tutta la sua persona era una predica, e lasciò un'impressione incancellabile.

Il suo segreto consisteva nella capacità di attrarre a sé gli altri, sia con l'entusiasmo che da lui sprigionava in forma carismatica, sia con un « potere di comando terribilmente sovrumano », come si legge nella sua biografia.

La sua vita ricorda non poche violenze sulla psiche di coloro che voleva conquistare all'ideale monastico o ecclesiastico ( così come lui lo concepiva ).

Ma queste violenze non sono mai espressione di una impulsività incontrollata, bensì obiettivata in un modo inspiegabile dal punto di vista puramente naturale, oppure perfino espressione di un carisma profetico: Bernardo infatti era soprattutto un uomo d'amore.

Basta osservare da vicino la concretezza di questo ardore di carità, per capire la singolarità e la forza che acquistava la parola in san Bernardo: un amore veramente materno, generativo, una magnetica forza d'attrazione, che a sua volta però non rifugge affatto da aspre durezze.

Questo amore infatti, nel quale vibra un sentimento smisurato, era guidato da una volontà eroica che richiedeva disciplina, mortificazioni e rinunzie in forme estreme, una ascesi che riempiva molti di terrore, che però attirò e formò migliaia e migliaia di anime.

Al servizio del regno di Dio, questa volontà, come in Gregorio VII, era di una potente forza dominatrice che si sprigionava dal suo volto e conquistava gli uomini.

In fondo essa non era che fede da trasportare le montagne, carismaticamente arricchita e vissuta da una personalità straordinariamente forte.

c) Tale forza e tale coscienza di sé portarono Bernardo, con una certa dialettica interna, all'attività pubblica politico-ecclesiastica: l'uomo fautore della più energica fuga del mondo, della preghiera contemplativa, della più pura interiorità, divenne anche l'uomo più impegnato nella costruzione del mondo, l'uomo della grande, imponente e profondamente efficace attività: Bernardo guida e giudice del suo secolo.

D'altra parte, e proprio all'apogeo della sua attività politica, cioè come predicatore delle crociate, anch'egli resta preso, in maniera stranamente profonda, nella tragica insufficienza dell'umano progettare e dell'umana interpretazione dei piani di Dio ( § 69 ).

d) È stato mosso a Bernardo il rimprovero di demagogia.

Era un oratore demagogico?

Si è lasciato andare non solo profondamente, ma troppo profondamente nella politica?

La contraddizione giunge nelle sue asserzioni fino alla menzogna?

Bisogna ammettere che la figura esteriore del Santo induce a tali giudizi, compreso l'ultimo.

Anche nella vita del grande san Bernardo ci sono miserie umane.

Ma l'essenza dell'uomo vive di forze e di profondità che, in gran parte, si sottraggono alla comprensione razionale.

Con giudizi facili, come quelli appena formulati, si corre il rischio di trascurare questo elemento essenziale.

8. Come per tutti i Santi cattolici, così anche per Bernardo è evidente che l'uomo non può far nulla di giovevole alla sua salvezza se non nella grazia e mediante di essa, quindi nella fede soprannaturale.

Di conseguenza egli confessava che l'uomo è e rimane peccatore.

Tutto il suo fare è nulla dinanzi a Dio.

Questa confessione egli l'ha espressa molto spesso con una intensità tale che lo pone a fianco dei riformatori del XVI secolo.

In questo senso, ma solo in questo senso, egli dichiarava l'inutilità della sua vita monastica.

Ma nello stesso tempo e per tutta la sua vita fino alla fine esigette da se stesso, dal monaco, dal cristiano in genere, una costante collaborazione: « se non progredisci, stai già regredendo ».

La forma più alta dell'essere-cristiano era per lui il monaco che fugge il mondo in un monastero della regola riformata di san Benedetto.

Lutero, che onorava il Santo più di qualsiasi altro grande della Chiesa, non escluso Agostino, a questo proposito l'ha grossolanamente frainteso.

9. In tal modo anche san Bernardo è per molteplici aspetti un'espressione della sintesi cattolica: fuga del mondo e forza che trasforma il mondo ( interiorità-esteriorità ); affermazione di una vita intensamente personale, ma fondata senza residui sulla Chiesa oggettiva e sulla sua cattolicità dei valori ( soggetto-oggetto; individuo-comunità ); santità eccelsa unita ad una potente umanità, genuina ( umiltà-coscienza di sé ).

È proprio con questa ultima sintesi che san Bernardo dimostra ( forse fra tutti i santi nel modo più energico ) come il tipo di santo esangue, che taluni miopi vorrebbero falsamente attribuire quale modello alla Chiesa, non corrisponde al modello e alla ricchezza della vera santità cattolica.

Tale sintesi non ha nulla a che fare con una pacifistica armonizzazione; essa rappresenta un grave peso per colui che la realizza.

Bernardo stesso ha trovato, lamentandosene, la preziosa formulazione per la complessità del suo essere, della quale soffriva: « Io sono la chimera del secolo ».

Egli fu coinvolto in misura straordinaria nella politica ecclesiastica, nelle controversie teologiche e monastiche e nella politica, si potrebbe quasi dire, di tutto l'Occidente; per molti anni egli si mosse come un non-monaco per le strade e i fiumi d'Europa; ma la solitudine, la mortificazione e la preghiera rimasero la sua grande brama.

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271 Il titolo molto diffuso di « doctor mellifluus » sorse soltanto nel secolo XV in seguito alla diffusione di scritti non autentici.
272 La denominazione « curia » sorse nell'XI secolo, quando, in seguito alla crescente centralizzazione, aumentò pure il numero di impiegati pontifici.
Bernardo vede la « corte » in quanto tale come qualcosa di nocivo.
273 Bonifacio VIII più tardi si servirà letteralmente di questo passo di san Bernardo.