La storia della Chiesa

Indice

§ 51. Gli albori di una nuova scienza

Teologia - scolastica - eresia

1. Sebbene più lentamente della pietà, il pensiero occidentale giunse anch'esso a delle opere eminenti.

Ma anche a questo riguardo la riforma gregoriano-cluniacense diede dei preziosi impulsi, le idee cristiane nuovamente richiamate in vita, le esigenze avanzate dal partito di riforma e dai suoi Papi, come d'altra parte le tesi dei loro avversari, la critica alla Curia e al monachesimo e persino parti di vite di santi fornirono un ricchissimo materiale all'attività del pensiero.

Si pone nuovamente il problema della teologia, che può sorgere solo in un ambiente di vita culturale sufficientemente elevata.

Sino alla fine del primo millennio era stato possibile, in Occidente, un unico genere di teologia: l'importantissima raccolta e trasmissione delle conoscenze religiose dei Padri della Chiesa con scarsi e vaghi tentativi di una problematica nuova ( tradizionalismo ).

Ora si avvertirono con intensità problemi nuovi, la cui soluzione non si trovava negli scrittori ecclesiastici antichi; si cercò nuovamente di comprendere scientificamente, vale a dire « concettualmente », anche la fede.

2. Ma il primo problema, fondamentale per tutta l'epoca successiva, che il pensiero occidentale dovette affrontare, scaturì proprio dal lavoro teologico dei Padri.

Questo era stato compiuto da personalità molto diverse, e partendo da presupposti altrettanto diversi; nessuna meraviglia che i risultati non concordassero in tutti i dettagli.

Inoltre, gli stessi trattati di teologia, anche i più esaurienti ( Origene § 15, Atanasio, i Cappadoci § 26, Agostino § 30 ) non erano propriamente, fino a un certo grado almeno, elaborati in modo sistematico, partendo cioè da un punto centrale che abbracciava uniformemente tutte le parti; ma si muovevano più o meno attorno a un ambito problematico che era al centro dell'interesse ( per esempio la controversia sull'homoousios § 26; la lotta contro il Donatismo e il Pelagianesimo § 29 ).

Ma la vita medievale era diventata fortemente unitaria, e una delle sue tendenze fondamentali era la sintesi.

D'altra parte la ricchezza d'esperienze ( nonché il contatto col mondo sconosciuto dell'Oriente ) avevano spinto al confronto, e quindi, in certa qual misura, avevano risvegliato la critica.

Il nascente pensiero « scientifico » dell'alto Medioevo scoprì la mancanza di armonia di taluni particolari della tradizione teologica.

L'impulso unitario si manifestò: si riunirono le opinioni ( sententiae ) dei teologi anteriori e si cercò di ricavarne una unità interna; anche là dove esse si contraddicevano, si tentò - trattandosi di asserzioni circa l'unica fede rivelata - di raggiungere questo scopo, cercando, con acute distinzioni di concetti, di scoprire un senso più profondo.

Va fatto rilevare che questo bisogno di unità era senz'altro al centro dell'attività intellettuale.

Qui si trova, in buona parte, il segreto degli altri risultati progressivamente conseguiti, qui però si manifesta anche un limite della forza critica e, parimenti, che non fu sempre avvertito con chiarezza il limite di ogni teologia ( v. sotto ).

Già in questo tentativo di sintetizzare sotto punti di vista unitari la Rivelazione e le cognizioni sino allora acquisite a suo riguardo, si cela un interesse prettamente scientifico.

Esso fu ora continuato e approfondito attraverso una nuova maniera di parlare della Rivelazione.

La sua caratteristica consiste nel tentativo di affermare e di esprimere per astrazione l'essenza dei fenomeni: si sviluppa una speculazione che si serve dell'astrazione; allo studio teologico si aggiunge quello filosofico; o, detto in altri termini: l'esigenza teologica cerca di realizzarsi « filosoficamente ».

3. a) Questo modo:

1) di dimostrare l'armonia della tradizione teologica,

2) di comprendere la fede nelle sue ragioni,

3) di organizzare sistematicamente attorno a un punto centrale le conoscenze così elaborate, costituisce l'essenza della Scolastica.

1) Il metodo esterno ( dialettico ) di conciliare le tesi opposte della tradizione fu sviluppato per la prima volta dall'acuto e influente teologo del XII secolo, Pietro Abelardo, maestro famoso di filosofia e teologia, fra l'altro, nella scuola di Notre Dame di Parigi ( + 1142 ).274

Nella sua opera « Sic et non »,274a adottando un metodo mutuato dal suo maestro Anselmo di Laon, egli accostava delle tesi apparentemente contraddittorie e scioglieva la contraddizione mediante la distinzione ( distindio ) dei concetti.

2) La raccolta del materiale dei primi teologi fu compiuta, in modo decisivo per i secoli successivi, da un discepolo di Abelardo, Pietro Lombardo ( pure lui maestro nella scuola del Duomo di Parigi; Vescovo di Parigi, + 1160 ) nella sua opera « Quattro libri delle Sentenze ».

Nel materiale di quest'opera prevale fondamentalmente il pensiero di sant'Agostino.

La sua teologia, contenente elementi razionali e mistici, divenne, attraverso questo libro, il fondamento della Scolastica.

Le « Sentenze » del Lombardo furono, per tutto il Medioevo, il grande manuale di teologia.

Anselmo e Abelardo avevano fornito per primi la rielaborazione astrattamente speculativa di questo materiale.

3) La sintesi metodica ( organico-sistematica ) di tutto il lavoro speculativo compiuto su questo materiale con questo metodo fu data innanzitutto dai commentatori delle Sentenze di Pietro Lombardo ( fino all'età moderna ) e poi dalle grandi « Somme » teologiche del XIII secolo ( § 59,3 ).

Contemporaneamente e precedentemente, come già nei primi tempi, furono scritti i grandi commentari alla Sacra Scrittura.

Problemi singoli venivano trattati in « quaestiones » separate.

b) « Padre della Scolastica » viene chiamato il discepolo e successore di Lanfranco ( v. sotto ), il benedettino Anselmo di Aosta in Piemonte, dal 1093 vescovo di Canterbury ( + 1109 ).

Come predicatore a Cluny, come maestro e riformatore instancabile del clero e dei monaci di Normandia ( Abbazia di Bec ), come difensore della libertà della Chiesa in Inghilterra, egli fu anche una grande figura nella lotta per la riforma gregoriana e una potente personificazione di essa e della Chiesa di quel tempo dalle dimensioni universali.

Egli assurse a importanza storica attraverso il suo metodo teologico.

Il suo principio fondamentale: « Credo ut intelligam » indica anzitutto, in maniera inequivocabile, il predominio della fede sulla scienza; esprime però anche il tentativo di rendersi ragione della fede sul piano intellettuale, anzi di dimostrare la verità della fede agli avversari increduli, attraverso una prova razionale.

Siamo al punto in cui la teologia « monastica » del monachesimo tradizionale tenta il passo verso una nuova teologia.275

Anselmo è una prova del fatto che all'inizio della Scolastica agiva un impulso apologetico-missionario; esso però scopre anche la tentazione così vicina alla teologia fondamentale scientifica, di diventare razionalistica, oppure, ciò che in fondo è la stessa cosa, di sopravvalutare l'« intelligenza » della fede tanto celebrata da Anselmo.

La cosiddetta prova ontologica di Dio, portata per la prima volta da Anselmo, si basa sull'analisi del concetto di Dio in quanto tale, al di là del quale nulla di più grande può esser pensato.

Questo concetto postula necessariamente, secondo Anselmo, l'esistenza necessaria di un essere corrispondente.276

La prova di Anselmo non deve essere tuttavia intellettualisticamente falsata.

Essa si fonda ancora, essenzialmente, sul pensiero mistico-simbolico e platonico-agostiniano.

4. La scienza che in tal modo viene elaborandosi viene chiamata Scolastica, perché sorge dal lavoro delle scuole.

All'epoca di san Bernardo le scuole delle cattedrali e quelle degli episcòpi erano pur sempre gli istituti di istruzione più importanti.

Tuttavia già nell'XI secolo al posto delle scuole abbaziali e claustrali in decadenza ( nell'era carolingia ) si erano formate delle scuole nuove che facevano capo a singole, notevoli personalità.

Nel secolo XI i maestri più celebri furono Berengario di Tours ( + 1088 ) e Lanfranco ( arcivescovo di Canterbury, + 1089 ) che insegnavano alla famosa scuola di Bec ( Normandia ).

a) Nel XII secolo, dopo le importanti scuole di Laon e Chartres con una quantità di insigni « magistri »,277 balzano in primo piano le scuole parigine.

Da tutti i Paesi confluisce un pubblico internazionale di studenti.

Parigi comincia a diventare il centro della vita intellettuale dell'Occidente.

Per tutto il Medioevo essa ha mantenuto incontestabilmente il primato nella teologia.

A Parigi intorno al 1200 parecchie scuole si unirono in comunità ( universifas ) di tutti gli insegnanti e di tutti gli scolari: la prima università del Medioevo, il modello di molte altre.

Qui Abelardo esplicò la sua attività di importanza storica eccezionale ( sopra 3 a ).

La sua disputa con san Bernardo di Chiaravalle ( § 50,IV ) sul diritto di cittadinanza della dialettica nella teologia è una delle grandi controversie illustrative nella storia della teologia.

Ragione e torto dei due fronti di allora non si potranno forse mai chiarire fino in fondo.

Sin dall'inizio però va evitato un errore molto frequente.

Non è che in questa controversia fra teologia dialettica e « monastica » Abelardo abbia trascurato ad esempio la Sacra Scrittura; anzi, egli ne fa rilevare insistentemente il valore.

D'altra parte, il fatto che il dialettico Abelardo abbia vinto con lo sviluppo successivo e soprattutto con il sistema di Tommaso d'Aquino, non elimina affatto la ragione dell'opposizione di Bernardo.

La teologia astratta non è solo un vantaggio per la conservazione e la fecondazione della Rivelazione, essa contiene anche pericoli e tentazioni.

Soprattutto può cedere facilmente alla tendenza di voler spiegare tutto, invece di rimanere al tempo stesso altrettanto, anzi maggiormente e in primo luogo, consapevole del diritto e della necessità del mistero in tutte le asserzioni cristiane.

Di qui si capisce come fra tutti gli avversari che Bernardo di Chiaravalle combattè con vigore e talvolta anche con violenza col suo atteggiamento profetico, forse nessuno gli fosse più estraneo, nel più intimo, quanto Abelardo.

Non che Bernardo abbia rifiutato ogni dialettica nella teologia.

Con geniale intuizione egli ha trattato magistralmente per esempio del libero arbitrio e della grazia.

Certe lucide definizioni possono far concorrenza a Tommaso d'Aquino ( E. Gilson ).

Egli non era affatto soltanto un avversario della nuova teologia, come per esempio Ruperto di Deutz.

Fu in rapporti positivi con molti dei nuovi magistri, come Guglielmo di Champeaux e Roberto Pullen, il fondatore dello studio di Oxford, la cui sana doctrina egli esalta, appoggiò il giovane Pietro Lombardo e persino Giovanni di Salisbury ( + 1180 ).

Fu un danno rilevante per il nuovo incipiente movimento teologico che il suo largo contributo intelletuale non sia stato affatto accolto dalla Scolastica, o solo in modo insufficiente.

Ma Bernardo è innanzi tutto un rappresentante dell'importante « teologia monastica », che rimane il più possibile vicina alla Scrittura ed evita sillogismi di concetti puramente astratti.

Egli si volge specialmente contro il pericolo dell'atrofizzazione razionalistica della fede attraverso una teologia « dialettica ».

Nell'acutezza puramente oggettiva, critica e tagliente di Abelardo e nell'arditezza personale del pensiero con la quale questi trattava i misteri della Rivelazione, egli, come fautore della tradizione nella fede ( § 15 ) avvertiva qualcosa che poteva ferire l'unicità della Rivelazione come mistero, e l'atteggiamento, il solo giusto, di fronte alla Rivelazione ( essere uditori ), che poteva quindi ledere la Rivelazione come religione e grazia e il rapporto dell'uomo con essa, come rapporto religioso.

Nell'atteggiamento di Bernardo fa spicco il problema, decisivo più di ogni altro, dei limiti della teologia.

È notevole rilevare che nella storia della Chiesa i periodi di decadenza teologica o di insufficienza religiosa della teologia abbiano sempre coinciso col fatto che questi limiti non siano stati conosciuti o non siano stati osservati; ciò significa che la teologia nella sua formulazione scientifica aveva smesso di annunciare la Rivelazione, e parlava piuttosto della Rivelazione solo in maniera astratto-filosofica.

Quando, per di più, ciò avviene usando delle concezioni di propria scelta, come Occam nei suoi discorsi logistici sulle possibilità assolute di Dio ( § 68 ), allora si acutizza il pericolo davanti al quale può trovarsi il messaggio della Rivelazione ad opera della teologia.

Bernardo avvertì proprio intensamente il valore supremo del contenuto religioso della Rivelazione nei confronti della speculazione su di esso.

Nel contempo egli sperimentò come il vecchio pericolo dell'arbitraria brama del sapere, contro la quale già Paolo aveva combattuto, si rinnovava nell'eresia dei Càtari ( o nei loro precursori § 56 ).

Tutto ciò rese quasi impossibile che Bernardo capisse Abelardo.

Il suo giudizio pertanto e la sua lotta contro questo pensatore divennero ingiusti.

La condanna di varie proposizioni di Abelardo nell'anno 1140 fu sollecitata da Bernardo.

Più magnanimo fu Pietro il Venerabile, abate di Cluny, che accolse presso di sé Abelardo, si preoccupò della sua riconciliazione con Roma, avviò quella con Bernardo e, pienamente a conoscenza della relazione passata tra Abelardo ed Eloisa, che egli ricorda senza ritrosia affettata in una lettera a lei diretta, esaltò con sublimi parole lo spirito e la pietà di Abelardo.

Fece seppellire Abelardo vicino al monastero di Eloisa e si prese cura del loro figlio.

c) Il fatto che la conoscenza razionale passasse in primo piano nelle dottrine di fede non aveva nulla a che vedere con un dissolvimento razionalità o con un attentato al patrimonio di fede; in ogni caso la Rivelazione assoluta accettazione era e rimase il dato assolutamente primario, precostituito, certissimo.

Ma però, in questo secolo XII, lo spirito occidentale, arricchito dalla crescita interna e dal contatto con contenuti di vita completamente nuovi, è divenuto o sta per divenire più autonomo e pertanto avverte spontaneamente dei problemi nuovi la cui soluzione non era data negli antichi scrittori ecclesiastici; un nuovo genere di coscienza cerca espressione in un nuovo genere di pensiero.

Ciò significa pure che, con il sorgere della nuova filosofia e teologia specificamente medioevali, ci troviamo ad una svolta decisiva per lo spirito occidentale.

Siamo all'inizio del pieno risveglio spirituale e della formazione spirituale del vero e proprio mondo occidentale, europeo: un processo profondamente impressionante, fatale dopo la separazione tra Chiesa d'Oriente e d'Occidente nell'XI secolo!

È bensì vero che il pensiero occidentale proprio nel secolo XII fu nuovamente fecondato dal pensiero greco, è vero che i maestri greci Aristotele e lo Pseudo-Areopagita diverranno i grandi vivificatori filosofici della Scolastica.

Nell'insieme però continua la linea di sviluppo nel senso di un pensiero latino-occidentale il quale si serve più strettamente di categorie razionali e oggettive.

Nel suo insieme questo non è un avvicinamento al mondo del Nuovo Testamento greco-giudaico, così come si era espresso per esempio nella teologia dei Padri greci, ma piuttosto un allontanamento da esso.

Partendo dal modo fondamentale di pensare e di immaginare, si compie una trasposizione della Rivelazione o delle maniere di accettarla.

Era inevitabile che un tale grandioso capovolgimento presentasse anche dei pericoli.

Si trattava di pericoli specifici per la teologia in genere, che però adesso, mediante la struttura sistematica che prendeva corpo nella formulazione astratta della Scolastica, si affermarono con molto più vigore di prima.

L'evoluzione della Scolastica farà risaltare in modo chiarissimo questi pericoli nei suoi grandiosi sistemi di annuncio religioso, e tra di essi.

Non è un caso che il vertice rappresentato da Tommaso con la sua sintesi mai più raggiunta abbia accanto a sé così scarsi equivalenti.

5. Nonostante la vittoria papale nella lotta per la riforma gregoriana, l'opposizione imperiale continuò ancora.

Essa trovò un importantissimo alleato nella rivalutazione dell'antico diritto romano.

Nella lotta per la « libertas » della Chiesa i rappresentanti ecclesiastici avevano raccolto diligentemente dalla codificazione giuridica di Giustiniano tutto quello che poteva sostenere i loro privilegi.

Ma questo diritto di Giustiniano era soprattutto quello della Roma antica, in fondo un diritto pagano, non conosceva affatto una subordinazione del potere politico a quello religioso.

Anzi, tutto l'opposto.

E fu questo che, in ultima analisi, interessò l'opposizione imperiale e che essa assiduamente elaborò.

a) Ciò avvenne quando, a partire dalla fine dell'XI secolo e poi nel XII, all'Università di Bologna ( e a Ravenna ostile a Roma ) lo studio dell'antico diritto romano divenne indipendente ( = i legisti ), come già dicemmo, staccandosi dalle altre materie della facoltà « filosofica ».

Sorse una concezione cesaropapista dello Stato.

Se già Carlo Magno, assumendo l'Impero, si era costantemente ispirato al modello bizantino, questo elemento si rafforzò assai nell'idea dello Stato, allorché il diritto romano fu consapevolmente acquisito.

Un diritto originariamente pagano con una tinta cristiano-bizantina si attesta in Occidente; il governo della Chiesa esercitato da Giustiniano, che ha dato un'impronta tanto durevole alla Chiesa ortodossa, continua ad essere ora un modello per l'Imperatore.

Questa era allora l'unica via per assicurare l'autonomia dello Stato ( che gradatamente inizia a comprendersi come tale ) minacciata o addirittura negata.

In realtà però fu straordinariamente accentuato nei confronti della Chiesa, quasi come era già accaduto nel periodo precristiano.

La recezione di questo diritto romano ha contribuito essenzialmente al disintegrarsi della civitas christianarum gentium medievale.

Dapprima esso penetrò nell'idea imperiale occidentale ( degli Hohenstaufen ).278

Per questo l'autonomia della Chiesa, nel frattempo raggiunta e assicurata, fu nuovamente minacciata e la duplice lotta del Papato contro gli Hohenstaufen nel XII e XIII secolo fu inevitabile.

Questa concezione dello Stato tenne anche a battesimo gli stati moderni nazionali ( Federico II; Filippo il Bello ).

b) Il sovvertimento dell'indirizzo culturale del pensiero occidentale nel XII secolo va più oltre ancora.

In quel tempo nacque anche il diritto canonico come scienza autonoma.279

Quasi come riscontro al « corpus » compatto del diritto romano, il monaco camaldolese Graziano pubblicò verso il 1140 un manuale di diritto canonico, il famoso « Decretum » ( cfr. § 55 ).

Da qui in avanti accanto ai menzionati « legisti » si ebbero i « decretalisti ».280

Al sorgere della prima Scolastica, incominciò a poco a poco a formarsi nella Chiesa un pensiero giuridico-formale, che fu applicato alla realtà religiosa « Chiesa »: possibilità, vantaggi e pericoli incalcolabili.

La vittoriosa rappresentazione delle esigenze gregoriane nel XIII secolo ( sul piano teorico-sistematico e attraverso le grandi figure della curia e sul trono pontificio ) rientra nei vantaggi; ma non appena il pensiero canonistico acquistò il primato sulla teologia ( i grandi Pontefici della seconda metà del XII secolo e del XIII sono in prevalenza canonisti ), preannuncia gravi squilibri.

Del resto il deleterio predominio del pensiero giuridico-formale ( parallelo a quello logico-f ormale ) nel XIV secolo documenta fin troppo chiaramente i pericoli.

Che i Cistercensi reagissero con diffidenza contro lo studio del diritto, è istruttivo per la separazione delle forze.

6. Il pensiero teologico in qualche modo nasconde sempre in sé la possibilità, e quindi il pericolo, di eresia.

Fino a questo momento il Medioevo aveva conosciuto singoli eretici, ma non eresie complete.

Con la maturazione dei popoli medioevali e del loro pensiero, esse penetrano di nuovo nella Chiesa, come la zizzania tra il buon grano.

C'è da rimandare a certi elementi o tendenze ereticali in Abelardo e Roscellino ( rappresentante maggiore del nominalismo nella prima Scolastica ) e Gilberto de la Porrée ( verso il 1080-1154, maestro e vescovo, che a causa di distinzioni logico-linguistiche nella speculazione trinitaria fu sospettato di eresia ).

Di fronte a queste aberrazioni di minimo significato di singoli, sorte dallo studio della teologia, stanno le eresie popolari a fondamento pratico.

a) Ora però si costata che la fede cristiana era davvero penetrata profondamente nella coscienza dell'Occidente.

Il pensiero teologico resistette alla tentazione.

Non c'erano vere e proprie eresie dogmatiche come nell'Antichità.

Esse erano state possibili soltanto nell'ambiente greco poiché la cultura filosofica, in un certo senso, era universalmente diffusa.

Al contrario nel XII e XIII secolo la cultura in Occidente era ancora in mano soltanto di una sottile élite.

Più importante è un altro elemento che rimane caratteristico sin nel sorgere ( non nel contenuto ) della prima eresia del tardo Medioevo, quella di Wiclif: la spinta decisiva al sorgere delle formazioni ereticali di questo periodo viene prevalentemente dalla vita ecclesiastica.

I loro sostenitori sono gli stati della nascente borghesia cittadina ( nelle regioni più progredite: Francia meridionale, Italia settentrionale, Roma ).

In misura rilevante è la vita lussuosa dell'alto clero divenuto ricco, che muove alla critica e fa sorgere l'esigenza di una Chiesa apostolicamente povera ( cfr. ancora § 56 ).

La distribuzione delle forze si manifesta pienamente se ci ricordiamo del risveglio evangelico-apostolico, già illustrato, in seno al monachesimo.

Di conseguenza queste eresie non rimangono nell'ambito delle discussioni teoretiche.

Anzi, esse mostrano come seconda proprietà un carattere a tendenza comunitaria: l'eresia diventa setta.

b) Le sette aiutano a capire quanto la cristianizzazione fosse penetrata profondamente, o non ancora, nell'intimo delle masse.

Si vide cioè, che non si era riusciti a inserire, con sufficiente ampiezza, l'elemento laicale nello slancio verso la perfezione, in una forma ad esso adeguata e propria.

Il grandioso risveglio della fine dell'XI secolo e del principio del XII, aveva trovato proprio nei laici un'eco duratura ( umiliati; conversi; movimento femminile; predicazione itinerante; ideale della povertà ); c'erano anche alcune ( poche ) cognizioni sorprendentemente profonde, concernenti una « vita apostolica » dei laici o un ideale di perfezione vincolante tutti i cristiani, in virtù delle rinunce battesimali ( espressamente dunque anche coloro che non erano ne preti ne monaci e non volevano rinunciare alla proprietà privata.281

Purtroppo quegli inizi e queste cognizioni non erano abbastanza forti per porre accanto all'ordine delle tre classi dominanti ( monaco, clero, cavaliere ) una pietà autonoma, laicale-secolare.

Accadde pertanto che la cura spirituale dei « poveri » ora scoperti, per così dire, come elemento nuovo della civitas Dei fosse tentata dai predicatori itineranti e dagli ordini in forma prettamente monastico-clericale ( monasteri femminili; conversi laici ).282

Caratteristico è un atteggiamento ostile nei confronti della gerarchia ufficiale, che detiene ed esercita il potere.

Questi movimenti sono rivolti contro i sacerdoti di vita indegna e i loro sacramenti.

Senza esser giunti alla formazione di un concetto di Chiesa chiaramente ereticale e di una condanna completa del sacerdozio sacramentale, la tendenza mira assolutamente ad una interiorizzazione spiritualistica, ossia unilaterale; la realtà oggettiva dell'ufficio e l'effetto del sacramento passano in seconda linea, la dignità soggettiva è postulata con maggiore insistenza.

Comunque, non vanno ignorati almeno certi inizi di una contestazione di fondo.

È chiaro che l'efficacia oggettiva dei sacramenti viene a trovarsi in pericolo.

Non va dimenticato però, che proprio in questo punto centrale la tradizione gregoriana aveva tracciato la strada, con la sua lotta contro l'inabilità dei preti consacrati simoniacamente e dei sacramenti da essi amministrati, con l'esigenza della ri-ordinazione.

Solo Innocenzo III spiegherà e salvaguarderà la realtà dell'opus operatum.

c) I seguaci del prete Pietro di Bruys ( arso verso il 1132-40 ad Arles; = i petrobrusiani ) furono combattuti da san Bernardo e da Pietro il Venerabile; i seguaci di un laico di nome Tanchelm, da san Norberto.

Le idee di Pietro di Bruys si svilupparono fino alla negazione fondamentale del peccato d'origine, del battesimo dei bambini, del sacerdozio degli indegni, della tradizione e dei sacramenti.

Nella Bretagna il nobile Eudo de la Stella ( + verso il 1148 ) capeggiò un movimento dello stesso genere; nel Périgord « chierici, sacerdoti, monaci e monache » si unirono attorno ad un eretico di nome Ponno, non meglio identificato.

Fuori della Francia, troviamo una setta in Lombardia guidata da un giurista, Ugo Spezoni, intorno al 1170.

Enrico di Losanna, che operò anche a Le Mans, fu monaco, poi eremita, poi « facondo » predicatore itinerante di un movimento ereticale di povertà.

La sua strada è caratteristica per le linee di collegamento che portarono dalla riforma ecclesiastica cluniacense alla formazione delle sette.

Per lui, in fondo, esisteva soltanto la responsabilità del singolo ( semplice vita apostolica ) di fronte a Dio.

Più volte condannato, egli finì impenitente.

Suo ultimo campo d'azione furono Poitiers, Bordeaux, Albi e Tolosa.

Di qui fu scacciato in seguito alla predicazione di san Bernardo.

d) Non come fautore di idee ereticali, ma per la sua critica impetuosa e rivoluzionaria è da ricordare il canonico agostiniano e teologo Arnaldo da Broscia ( impiccato nel 1155 a Roma, per motivi politici ).

In lui la spiritualità finisce nel vortice dei movimenti democratico-politici ( la sua predicazione appoggia l'aspirazione dei romani alla libertà repubblicana ).

Come teologo sostenne il suo maestro Abelardo.

Bernardo fu suo avversario e lo fece cacciare dalla Francia e dalla Svizzera.

La critica estremamente violenta di Arnaldo alla gerarchia ricca e simoniaca e al clero mondanizzato non fu per sé una ribellione contro la Chiesa; essa si attiene positivamente all'ideale della povertà e della « vita apostolica ».

I suoi singoli argomenti si trovano quasi tutti in san Bernardo; non va dimenticato però che la sua critica alla Chiesa mira agli elementi fondamentali.

Egli nega ogni potere politico del Papa e della gerarchia e ogni diritto derivato da esso ( regalie temporali, tasse, guerra ecc. ).

In tal senso egli designa già la « donazione di Costantino » come « falso » e « favola eretica ».

e) Si vede facilmente come in questi movimenti, anche se in modo ancora a-sistematico, si sviluppassero delle concezioni profondamente estranee all'atteggiamento di fondo, che caratterizza il Medioevo, di universalismo, oggettivismo e clericalismo ( § 34,III ).

Con ciò il XII secolo, molto prima che il Medioevo raggiungesse il suo apice, tradisce già degli indici decisivi per il suo dissolvimento.

Molto importanti per questo dissolvimento della vita medioevale ( sostanzialmente cristiana ) che si sta ora preparando, sono, in questo periodo ( a causa del contatto con l'Oriente ), le riaffioranti idee manichee, panteistiche e dualistiche ( § 16 ) dei Càtari.

Assieme ai Valdesi essi divennero l'espressione più significativa e più pericolosa delle forze ereticali.

Esse produssero però tutti i loro effetti solo nel XIII secolo ( § 56 ).

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274 Dopo le sue avventure amorose con Eloisa, che poi entrò in convento, egli si fece monaco.
274a Vedi a tale proposito il titolo del § 55,II, nota 300.
275 Era solo un inizio e per giunta discusso.
Ancora il celebre benedettino Ruperto di Deutz reagisce negativamente.
Nel 1117 si reca a Laon per tenere lì una disputa contro i nuovi « maestri », poiché egli sosteneva che la teologia prende vita dalla fede e non dalle rationes dei magistri che, con la loro arte Elosofica della distinzione, fanno violenza alla Scrittura.
276 Lo storico italiano Ernesto Buonaiuti scorge già qui il primo accenno al razionalismo; secondo lui, nonostante tutte le tesi contrarie ( per esempio in Gioacchino da Fiore § 62,3 ) questo principio, affermatesi con la Scolastica, ha dato l'avvio ad una delle maggiori tragedie intellettuali-religiose. Qui il pericolo giustamente riconosciuto nella teologia è smisuratamente esagerato.
Inizi di una conoscenza razionale di Dio sono riscontrabili già nel discorso all'Areopago di san Paolo ( At 17,27; Rm 1,8s ), negli Apologisti ( § 14 ).
277 Per esempio Manegoldo di Lautenbach, + 1103; Anselmo di Laon, + 1114; Roscellino di Compiègne, + verso il 1120; Gilberto de la Porrée, + 1154.
278 Cfr. a questo proposito il significato simbolico della canonizzazione del primo imperatore cristiano-tedesco, Carlo Magno, per opera dell'antipapa creato dal Barbarossa nell'anno 1165!
Il Barbarossa fu anche il primo che designò nuovamente l'Impero romano come Sacrum Imperiimi.
279 Nell'ambito della teologia erano già state curate la raccolta e la silloge di sentenze giuridiche nel secolo XI ( Alessandro II, Umberto di Silva Candida, Anselmo da Lucca ).
280 Vedi § 55,la.
281 Gero di Reichersberg vuole che la « regola apostolica » porti i ricchi e i poveri, i cavalieri e i servi della gleba, i commercianti e i contadini, insomma tutti, alla rinuncia di ogni cosa che non si concili col nome di cristiano.
Anche nel mondo tutti devono vivere sotto l'abate supremo, secondo la « regola evangelica » e diventare perciò « regulares » ( Jakob von Vitry ).
282 É degno di nota che il loro numero elevato verso la metà del XII secolo improvvisamente scompare.
Alcuni fenomeni di crisi ( tra cui numerose rivolte ) stanno ad indicare che essi, anche nei monasteri, non erano sempre religiosamente soddisfatti nel modo dovuto.