La storia della Chiesa

Indice

Secondo Periodo

Il secolo tredicesimo, apogeo del medioevo

Grandezza e limite della teocrazia pontificia

Cultura dell'alto medioevo

Sguardo generale

La seminagione del Cristianesimo sul suolo dei popoli occidentali romano-germanici, fecondata dall'antichità, era terminata.

Si può dire che il raccolto fosse abbondante.

Il XIII secolo è la cornice che racchiude questo quadro rigoglioso.

Esso è di una straordinaria imita che presenta tuttavia una molteplicità quasi incalcolabile, ben lontana da ogni monotonia.

Questo periodo della più ricca attività è anche pieno di contraddizioni, persino di quelle ( eresia, tendenze nazionali e sociali ) che minacciano di far saltare l'unità interna.

Ma la grande cornice dell'unica Chiesa con a capo il Papa, così ben compatta come mai fino allora, tiene insieme, in una tensione feconda ( tralasciando qualche insignificante eccezione ), le varie forze e tendenze.

L'espressione esternamente visibile di questa tesa unità è la duplice vittoriosa lotta ( ma piena di perdite! ) del Papato contro l'Impero degli Hohenstaufen ( § 54 ).

L'unità e la ricchezza della vita interna si esprimono nel modo più efficace:

1) nei nuovi ordini mendicanti universali;

2) nella sintesi dell'alta Scolastica e nel suo correlato artistico, il gotico.

I pericolosi germi disgregatori della Chiesa vengono in luce nei grandi movimenti ereticali ( Càtari e Valdesi ), per combattere i quali la Chiesa dovrà seguire nuove vie.

Verso la fine del periodo si manifesta un rilassamento delle forze centripete; in tutti i campi si annunciano delle forze centrifughe come germi della futura dissoluzione.

§ 52. La prima lotta armata tra il Papato e l'Impero

L'epoca di Federico Barbarossa

Alessandro III - Enrico IV

Il primo dissidio tra il Papato e gli Hohenstaufen per la difesa della libertà della Chiesa ha luogo ancora nel secolo XII ( nella seconda metà, dopo la morte di san Bernardo ).

I grandi antagonisti sono Federico Barbarossa ( 1152-1190 ) e Alessandro III ( 1159-1181 ).

1. a) Bernardo di Chiaravalle aveva messo in guardia la Chiesa di fronte alla politica.

Ma la Chiesa non poteva scegliere liberamente.

Essa, come qualsiasi altra forza, non poteva interrompere lo sviluppo della vita politico-ecclesiastica che si compiva con interna necessità ne poteva rinnegare fondamentalmente tale sviluppo.283

In esecuzione del suo peculiare mandato religioso ( § 34,IV ), nel quale da Gregorio VII era stata volutamente accolta l'idea di potenza e per amore della libertà ad essa indispensabile, la Chiesa dovette aspirare alla forza politica, per combattere, con tutti i mezzi, la potenza che le stava di fronte e che stava rivelandosi un ostile avversario, l'Impero.

È evidente che ciò comportava per la Chiesa pericoli assai gravi per la purezza apostolica.

Naturalmente, con quanto è stato asserito non sono affatto giustificate tutte le singole azioni, le decisioni e le teorie della Curia romana, ne è illustrata a sufficienza la proporzione dell'elemento apostolico nell'ambito dell'esigenza di dominio.

La critica giustificata, sempre attuale e profonda di san Bernardo, basterebbe da sola a contraddire tutto questo.

Si tratta della realtà fondamentale.

E proprio qui sta il miracolo di questa Chiesa, che agisce anche politicamente, nell'aver generato al tempo stesso Francesco e Domenico, Tommaso e Bonaventura e i movimenti così storicamente importanti ai quali essi diedero il nome e che resero testimonianza proprio per la Chiesa concreta di questo tempo.

Il fatto, d'altra parte, che la pericolosa china dell'idea del potere e, più ancora, la politica del potere, coll'andar del tempo prendesse il sopravvento più di quanto fosse utile alla interiorizzazione evangelica, appartiene al dramma della vita divina immanente nella Chiesa e all'incapacità dei suoi capi e dei suoi mèmbri.

Soltanto una Chiesa costituita esclusivamente da Santi, in senso specifico, sarebbe stata in grado di sottrarsi al lento declino.

Non è così però la Chiesa, come è stata predetta dal suo fondatore nel Vangelo.

Gli elementi che essa trovò per la sua crescita, dai quali crebbe storicamente il suo Medioevo, resero possibile lo sviluppo medievale della Chiesa; ma questa conquista dovette inevitabilmente esser pagata.

b) Lo sviluppo della storia della Chiesa, dalle origini del Medioevo attraverso il primo Medioevo fino all'alto Medioevo, considerato nel suo insieme partendo dal nucleo centrale di governo e dal vertice della gerarchia, decorre con imponente intrinseca sicurezza di sé.

Le valutazioni complessive, così come sono state finora espresse nei titoli dei singoli paragrafi e soprattutto nelle usuali osservazioni preliminari a nuovi capitoli di maggiore ampiezza, hanno dunque ragione d'essere.

Ma queste grandi correnti non sono il tutto.

Si costata sempre di nuovo infatti, che con fatica riescono ad imporsi di fronte a controcorrenti.

La molteplicità delle forze in lotta è grande e stupefacente la tenacia che tutte mostrano.

Il grande tema che funge da centro ( assieme a molti altri e attraverso di essi ) nella storia della Chiesa del Medioevo è il problema relativo al rapporto tra Chiesa e Stato, soprattutto nella forma particolare dell'investitura.

Questo problema concernente la libertà della Chiesa nei confronti delle grandi e meno grandi forze politiche, non si era in effetti risolto con l'eroica lotta della riforma gregoriana contro Enrico IV ed Enrico V, come del resto abbiamo già visto.

L'elemento decisivo, e nel tempo stesso fatalmente tragico, consiste nel fatto che, essendo data sin dalle origini una fusione della realtà politica ed ecclesiastica dei vari campi, sin dall'inizio fu resa quasi impossibile una soluzione di principio.

È vero che il successore di Enrico V, Lotario di Sassonia ( 1125-37 ), aveva chiesto a Papa Onorio ( 1124-30 ) la conferma della sua elezione e aveva prestato servizio come scudiere al Papa di san Bernardo ( Innocenzo II ); in realtà però anch'egli assegnava di propria iniziativa vescovadi ( come quello importante di Milano ) e abbazie ( come Montecassino ) e solo a fatica Bernardo di Chiaravalle e Norberto di Xanten lo distolsero dalle sue fondamentali pretese.

2. Le cose assunsero uno sviluppo tale, che le lotte passate tra Impero e Sacerdozio possono dare la sensazione di un preludio rispetto a quanto sarebbe dovuto venire.

Le tensioni si inasprirono fino a una vera lotta per l'esistenza, che doveva terminare con la caduta degli Hohenstaufen, ma che scosse profondamente anche il Papato.

a) Questa lotta ci è tanto familiare a causa delle tante descrizioni, che corriamo il rischio di non riconoscere più sufficientemente la sua intrinseca forza annientatrice.

Ci sarà sempre una certa tensione tra coloro che rappresentano le due forze.

Ma la lotta storica tra Papa e Imperatore nel XII-XIII secolo divenne qualcosa di più: essa scosse le fondamenta dell'organizzazione civile occidentale, a causa delle esagerate pretese avanzate da entrambe le parti: di quelle politiche da parte del Papa, di quelle ecclesiastiche da parte degli Imperatori.

Si trascinava sempre il problema, ancora insoluto, circa la distinzione e il reciproco coordinamento dei due poteri; un coordinamento che, naturalmente, avrebbe dovuto riconoscere « a ciascuno il suo », invece di tendere in realtà, in maniera velata o aperta, a subordinare o a soverchiare.

Che queste differenziazioni e possibili soluzioni non siano costruzioni moderne a-storiche è confermato da alcune affermazioni di Gero di Reichersberg ( + 1169 ), le cui concezioni furono accettate dall'episcopato inglese.

Egli difende la libertà e l'autonomia del Papa, quale successore di Pietro e Vicario di Cristo, contro le violazioni dell'Imperatore, il quale vuoi essere un sacerdos.

Condanna tuttavia anche i soprusi dell'altra parte.

Il Papa ha diritto soltanto alla spada religiosa.

Si disapprova come Bernardo, e più ancora di lui, l'arrogante pretesa di diritti politici da parte del Papa ( arbitrio della Curia! ).

Egli si adopera dunque per un coordinamento; la sovranità della sfera religiosa ed ecclesiastica è conservata, ma non è usata per pretendere la subordinazione della sfera politica.

b) Da parte ecclesiastica la coscienza della missione e del potere del Papato era divenuta, al di là del singolo Papa, una realtà nei circoli di indirizzo « gregoriano » a Roma, in Italia, in Francia, in Inghilterra, nei grandi ordini ( fuori delle abbazie imperiali ) e anche in Germania.

Dalla metà del secolo anche la coscienza del potere da parte imperiale ( degli Plohenstaufen ) era assurta a ciò che si può definire il fondamento ideale della tendenza della « monarchia universale » sveva, il tentativo cioè di riacquistare, sia nella sfera politica che religiosa, la pienezza di potere di Carlo Magno.

Un contributo importantissimo fu dato in questo senso dalle nuove concezioni sulla dignità imperiale che venivano da Bologna.

Barbarossa vi aderì senza riserve.

La Curia pontificia, di conseguenza, venne a trovarsi in aspro antagonismo con lui.

c) Sceso per la prima volta a Roma nel 1154-55, Federico Barbarossa era stato incoronato imperatore da Adriano IV, non aveva però mantenuto la sua prima promessa, quella cioè di prestare il suo aiuto contro i Normanni che premevano dal Sud.

Adriano dovette riconoscere Guglielmo I ( figlio di Ruggero II ) e conferirgli l'investitura.

Cominciava a profilarsi un distacco dall'Imperatore.

Esso si mutò in contrasto alla Dieta di Besancon nel 1157, quando il legato di Adriano, cancelliere della Chiesa romana, il cardinale Rotando Bandinelli ( il futuro Alessandro III ), parlò, usando un'espressione equivoca, di beneficia del Papa nei confronti dell'Imperatore, ciò che il consigliere e cancelliere imperiale Rinaldo di Dassel tradusse col termine di « feudi », e quando Rolando, a sua volta, replicò all'irritazione dell'assemblea chiedendo da chi l'Imperatore avesse ricevuto la corona, se non dal Papa.284

Nel manifesto che il Barbarossa pubblicò su quanto era accaduto a Besancon, egli respinse la tesi pontificia della corona imperiale come feudo del Papa perché in contraddizione con le disposizioni divine secondo 1 Pt 2,16ss.

Con grande delusione di Adriano, l'intero episcopato tedesco si schierò dalla parte dell'Imperatore.

Il Papa nella sua famosa dichiarazione del 1158 ( nella quale egli distingue beneficium da feudo ) dovette battere in ritirata.

Qui si trattò di una questione politica nella quale Adriano aveva cercato a torto di sostenere la sua concezione, servendosi della sua autorità dottrinale.

Ma in seguito alle crescenti pretese dei diritti imperiali alla Dieta di Roncaglia presso Piacenza nell'anno successivo, 1158, e alla loro realizzazione autocratica in Germania, in Lombardia e nello Stato della Chiesa, la rivalità tra Papa e Imperatore crebbe ancora.

Adriano morì, improvvisamente, mentre stava preparando la scomunica dell'Imperatore.

La rottura fu solo dilazionata.

3. a) E così la cristianità assistette, in misura finora sconosciuta, allo spettacolo degli antipapi.

Già la prima elezione dopo la morte di Adriano fu discorde.

Dalla maggioranza fu eletto il cardinale Rolando Bandinelli con il nome di Alessandro III ( 1159-81 ), una personalità di grande levatura, esperto di entrambi i diritti di cui era stato docente a Bologna,285 capace di essere il degno oppositore del potente Barbarossa.

La minoranza imperiale gli oppose Vittore IV ( 1159-61 ), il primo dei quattro antipapi286 innalzati contro Alessandro.

Ebbe inizio uno scisma che si protrasse per 17 anni.

I Papi si scomunicavano a vicenda.

Alessandro scomunicò anche l'Imperatore, e prosciolse i sudditi dall'obbedienza: un quadro di deplorevole confusione.

La scomunica, invero, non impressionava più come in passato.

Nonostante le menzionate ingerenze dell'Imperatore nell'ambito della Chiesa, nonostante il massiccio attacco di suo figlio Enrico contro lo Stato della Chiesa, i vescovi tedeschi si schierarono tutti per Barbarossa.

Ciò accadde anche molto più tardi, quando Urbano III ( 1185-87, contesa per i beni toscani, occupazione di Treviri ) cercò invano di mobilitare l'episcopato tedesco contro l'Imperatore.

Con scomuniche, controscomuniche e antipapi, erano stati adottati dei mezzi e delle pratiche che dovevano necessariamente ripercuotersi ai danni della Chiesa.

Quando Alessandro fuggì in Francia, e la Spagna, l'Ungheria, la Norvegia e i grandi Ordini si schierarono dalla sua parte, e l'Inghilterra ( pur senza riconoscere l'antipapa ) si avvicinò all'Imperatore, si profilò una scissione in grande stile, che si sarebbe poi continuamente ripetuta da qui in avanti, finché essa - dopo lo spostamento del centro di gravita politico in Francia - finì nel grande scisma d'Occidente.

Certo, l'analogia rispetto a quanto divenne realtà nel XIV secolo, vista in concreto è, per fortuna, ancora limitata; troppe forze erano discordi, l'antipapa era riconosciuto generalmente solo entro l'ambito di dominio dell'Imperatore.

Ma i primissimi accenni, in certi sviluppi che infine prevalgono, sono sempre di particolare importanza.

b) Dapprima fu l'imperatore a prevalere.

Nell'anno 1167 egli conquistò Roma.

Ma il Papa trovò alleati.

Proprio allora, nel 1167, la peste decimò l'esercito imperiale e portò via il migliore tra gli uomini del Barbarossa, Rinaldo.

Di grande importanza fu l'alleanza delle fiorenti città lombarde che vedevano nuovamente minacciata la loro indipendenza dal regime imperiale.

Barbarossa, dopo aver assediato invano Alessandria, roccaforte degli alleati lombardi ( 1174 ), fu battuto a Legnano ( 1176 ).

A Venezia concluse la pace col Papa ( 1177 ), l'antipapa Callisto III fece ritorno alla sua abbazia, l'Imperatore rinunciò alla pretesa della signoria imperiale su Roma e perciò sul Papa, che però già due volte era dovuto fuggire di fronte alla potenza dell'esercito imperiale ( una volta in Francia, una volta a Benevento presso i Normanni ).

Il Papa riuscì vittorioso.

Anche questa vittoria, tuttavia, chiarì solo in parte la situazione del Papa.

In Germania infatti, Federico non cambiò affatto la sua politica, e a Roma il Papa doveva nuovamente cimentarsi da solo contro le forze « democratiche », cosa che superava le sue forze.

Poi si ebbero nuove ingerenze da parte di Barbarossa.

La sua politica italiana culminante nel matrimonio di Enrico con Costanza, l'erede di Sicilia, acuì la tensione col Papato.

Sotto Urbano III ( 1185-87 ) sembrò imminente un nuovo divampare della lotta.

Le necessità della Terra Santa, la remissività dei Papi Gregorio VIII ( 1187 ) e Clemente III ( 1187-91 ) e poi la crociata stessa, portarono infine la conciliazione.

Dopo la vittoria di Iconio nel 1190, l'Imperatore trovò la morte nel fiume Salef in Cilicia.

4. a) La base ufficiale delle aspirazioni dell'una e dell'altra parte, il Concordato di Worms del 1122, era un compromesso e offriva facile pretesto ad esigenze delimitate con troppo poca esattezza e insufficientemente fondate.

Dietro ad esso stavano, di qua e di là, pretese ufficialmente non risolte, ma che non erano affatto abbandonate.

Tanto più che la coscienza che ambedue le parti avevano di sé, come abbiamo già veduto, era notevolmente cresciuta.

E la questione centrale della gelosa concorrenza era sempre la stessa: la gerarchia ecclesiastica, compreso il Papa, non era soltanto una entità spirituale, ma al tempo stesso detentrice di forza politica.

Il Papa possedeva lo Stato della Chiesa, ma da solo non lo poteva difendere.

I vescovi godevano ( in gran parte anche nell'Italia settentrionale ) di beni imperiali; era naturale che l'Imperatore esigesse da loro giuridicamente ed economicamente l'osservanza dei loro obblighi nei confronti dell'Impero.

Anche la coscienza della sovranità politica dell'Imperatore però si era sviluppata.

Pur riconoscendo che già l'idea imperiale carolingia e ottonica poggiava sulle stesse concezioni di quella sveva, difficilmente si potrà negare che quelle si erano formate in maniera molto più frammentaria, mentre ora teoricamente, le loro pretese furono formulate dalla scienza del diritto, in maniera esplicita e più precisa di prima.

La « riforma dell'Impero » e la restaurazione della « gloria dell'Impero » offrirono l'appiglio per le aspirazioni dell'Imperatore.

Ma Federico Barbarossa, al di là di tutto ciò, tendeva palesemente ad una posizione politica e politico-ecclesiastica nell'Impero, nell'Italia imperiale ( città lombarde ) e nello Stato della Chiesa, quale s'era avuta per esempio sotto Enrico III, quindi molto prima del concordato di Worms.

b) Nell'idea imperiale, più spiccatamente secolarizzata, concorrono molte tendenze problematiche.

In passato era stata chiamata, a torto, « pagana ».

Non si può negare tuttavia che la sua piena realizzazione avrebbe rappresentato una minaccia per il primato pontificio, avrebbe significato un ritorno ai tempi di Pipino, vincolando il primato ecclesiastico alla potestas specificamente medievale.

Contro questa minaccia il Papa insorse, a ragione.

I giureconsulti di Bologna, basandosi sull'antico diritto romano-bizantino, avanzavano delle tesi audaci che non lasciavano alcun margine per una vera indipendenza della Chiesa.

Rinaldo di Dassel parlava in maniera radicale.

È difficile stabilire fino a che punto le concezioni autocratico-imperiali di Rinaldo fossero condivise dall'Imperatore: che non gli fossero del tutto estranee lo dimostra la significativa canonizzazione del suo lontano modello, Carlo Magno, il Signore della Chiesa, ad opera di uno dei suoi antipapi, Pasquale III ( 1164-68 ).

Il fatto che in seguito alla sconfitta subita a Legnano e a causa della sua morte improvvisa in Oriente, non sia riuscito a instaurare un vero dominio cesaropapista sulla Chiesa, non prova che egli non vi abbia aspirato.

c) I diritti imperiali, dichiarati dal Barbarossa alla Dieta di Roncaglia ( 1158 ) ( erano stati preparati da giuristi di Bologna ), perseguivano degli scopi immediatamente politici: restaurazione del potere imperiale nella parte italiana dell'Impero ( soppressione dell'autonomia delle città lombarde, la quale era andata sviluppandosi in connessione con la lotta contro la Chiesa; ricupero delle regalie delle quali erano investiti vescovi italiani ).

Ma tenuto conto delle forze in giuoco essi dovevano avere una assai forte ripercussione nell'ambito ecclesiastico e politico-ecclesiastico.

In pratica, le mire dell'Imperatore tendevano il più possibile ad una completa investitura.

Fondandosi sulle investiture di regalie, esigeva dai vescovi il giuramento di vassallaggio, tanto nell'Italia imperiale quanto in Germania.

Poiché tendeva alla sovranità su Roma e sullo Stato della Chiesa, a maggior ragione il suo dominio sull'Italia settentrionale doveva sembrare alla Curia una grave minaccia per la propria libertà di movimento e una insopportabile ricaduta nei tempi più duri per la Chiesa.

La libertà di movimento politico era diventata appunto il presupposto della posizione di potere spirituale e ierocratica del Papa.

Ancora più pericolosi, e a ragione, dovettero apparire alla Curia i piani di Federico, quando, col matrimonio di suo figlio con Costanza di Sicilia ( 1186 ), andò profilandosi una morsa attorno allo Stato della Chiesa.

Le dichiarazioni di Rinaldo di Dassel non lasciano alcun dubbio circa le mète a lunga scadenza.

È certo che quando Barbarossa respinge le pretese di Adriano,287 obiettando che il riconoscimento di una sovranità assoluta del Papa sulla città di Roma avrebbe ridotto la sua realtà di imperatore romano ad una pura apparenza e a un titolo, si svela immediatamente tutta la problematica dell'idea imperiale del Medioevo il cui contenuto, in effetti, non poté mai venir definito con assoluta chiarezza.

Quello però che, pure con tutta l'esagerazione ierocratica, rimaneva inconfutabile era il diritto del Papa alla piena indipendenza della sfera spirituale, cosa che non era appunto possibile raggiungere fuori dall'indipendenza politica.

Trovandosi entrambe le parti in un acuto processo di formazione interna e di conseguente coscienza di sé, gli attriti dovevano trasformarsi in lotte senza tregua.

d) Barbarossa, che corrispondeva alla figura ideale di imperatore dell'epoca cavalleresca, non era personalmente ostile alla Chiesa.

Nella sua prima venuta a Roma, aveva liberato la città e il Papa da Arnaldo da Brescia; dopo aver partecipato ancora giovanetto alla seconda crociata, con dedizione religiosa guidò assieme ai rè di Francia e d'Inghilterra la terza crociata ( e come tale lui e non il Papa - § 49,2b - figurava essere il capo dell'Occidente ).

Ma si trattava appunto d'una questione di principio.

Il fatto più importante per la storia della Chiesa rimane naturalmente questo: primo, che la legittima difesa della sua indipendenza sospinse il Papato, data l'effettiva situazione politica, in una direzione che difendeva gli interessi ecclesiastico-religiosi, servendosi ampiamente di mezzi mutuati da un altro ordine, estraneo: gli stessi mezzi che difendevano il patrimonio spirituale, minacciavano la sua purezza.

In secondo luogo, la lotta dei due poteri si era talmente trasformata in un conflitto di competenze, che ben difficilmente poteva essere risolta senza la sconfitta di una delle due parti.

Proprio qui però si manifesta quella tragedia per cui la sconfitta dell'Impero doveva infine trasformarsi, e si trasformò di fatto, in un decisivo e fatale indebolimento del Papato.

5. a) Anche in Inghilterra le pretese della Corona presero un indirizzo che provocò le proteste e la reazione di Roma.

Rè Enrico II ( 1154-1183 ) aveva tentato con successo di trarre dei vantaggi dal conflitto tra l'Imperatore e Adriano IV.

Al tempo degli antipapi di Barbarossa, in lotta con Alessandro III, egli continuò il suo gioco.

La possibilità di aderire all'antipapa lo pose in una situazione favorevole che egli sfruttò.

Le sue richieste di Clarendon del 1164 per il ripristino « delle antichissime usanze » di influenza sulla sfera ecclesiastica, sono considerevoli.

Esse contengono gli elementi necessari sia per vincolare completamente la Chiesa inglese alla Corona ( elezione, giuramento di vassallaggio, più intenso sfruttamento finanziario dei vescovadi vacanti ), sia per impedire validamente la libera comunicazione con Roma e perfino la facoltà di interdizione e scomunica.

Il potere dei prìncipi nell'ambito della Chiesa era stato veramente così autonomo soltanto nelle Chiese nazionali « libere da Roma » nel periodo che precedette il primo Medioevo; ma ora viene esplicitamente respinta l'influenza religiosa che, nel frattempo, la curia aveva raggiunto; l'appello a Roma è proibito; anche il clero deve comparire, per affari temporali, dinanzi ai giudici secolari; l'elezione del vescovo dipende dal rè, al quale i vescovi devono prestare giuramento di vassallaggio e di fedeltà.

Enrico si dichiarò pronto, è vero, a rinunciarvi teoricamente, ma non in pratica.

( In questa lotta cadde vittima Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury, che difese inflessibilmente i diritti della Chiesa ).288

b) Se si prendono in considerazione anche le opposizioni che venivano al Papa da piccole unità politiche italiane ( Sicilia ) e da forze politiche esclusivamente romane, dobbiamo dire che all'inizio dell'alto Medioevo esisteva solo in senso molto limitato una supremazia del Papato in campo politico.

Ciononostante la nostra tesi principale, relativa alla supremazia del Papato, ha ragione d'essere.

Lo sviluppo si effettuò, in modo conseguente, secondo la superiorità dell'idea religiosa nei confronti di quella politica.

La radicale trasformazione del mondo attraverso l'opera di Bernardo, Francesco, Domenico, Bonaventura e Tommaso a servizio della Chiesa guidata dal Papato ( e come sua espressione la quasi impensabile fecondità del gotico ) rese possibile tutto ciò.

Anche adesso, in un primo tempo, sperimenteremo ancora una volta la forza tenace del potere temporale.

E, ciononostante, l'analisi del gioco delle forze da il diritto di concludere che nella lotta, divenuta inevitabile, l'Impero doveva soccombere; esso infatti era orientato verso l'antico diritto imperiale ( senza dimenticare gli influssi romano-bizantini ).

Barbarossa e i suoi successori Enrico VI e Federico II giunsero « troppo tardi ».

A partire da Gregorio VII e dalla « fine » della lotta per le investiture ( § 48 ) la potenza politica e politico-ecclesiastica del Papato era invece molto cresciuta; l'idea della sua supremazia era già diventata un elemento costitutivo della coscienza occidentale; di fronte a un tale Papato l'Impero non poteva più attribuirsi le prerogative degli Ottoni e di Carlo Magno.

S'aggiunga inoltre, che l'Occidente non era più una unità ( in senso universale ).

La formazione dei particolarismi « nazionali » aveva compiuto notevoli progressi, soprattutto mediante il rafforzamento della monarchia uni-taria in Francia.289

Costituiva un grave disconoscimento dell'effettiva situazione la dichiarazione di Rinaldo di Dassel, cancelliere di Barbarossa, secondo la quale accanto al suo Signore gli altri prìncipi erano dei rè di provincia ( « reguli » ).

E appunto da questo stesso spirito ha origine la sua espressione: l'Imperatore può disporre del Papato come se si trattasse di un vescovado del suo Impero.

e) Nell'anno 1179, mentre regnava una certa tranquillità, due anni prima della sua morte, Alessandro III convocò l'XI Concilio ecumenico, il terzo Lateranense.

Esso era nuovamente espressione della volontà d'indipendenza del Papato.

L'interesse suo principale fu rivolto alla piena libertà dell'elezione del Papa.

Per questo, d'ora in avanti, sarà necessaria la maggioranza dei 2/3; dell'Imperatore ( e neanche del clero e del popolo romano ) non venne fatta neppure menzione.

La norma in questione è valida ancora oggi, e fu solo leggermente ritoccata da Pio XII ( e da Paolo VI. N.d.E. ).

6. a) Quando Barbarossa morì ( 1190 ), la situazione per il Papato divenne estremamente pericolosa.

Fino ad ora il pericolo per Roma era venuto solo dal Nord.

I bellicosi Normanni nel Sud, contro i quali i Papi prima della riforma gregoriana avevano assunto una posizione offensiva, erano divenuti, sotto Gregorio VII e Urbano II, il sostegno e lo scudo dei Papi.

Questi avevano, al tempo stesso, gelosamente vigilato per impedire la formazione di uno stato normanno unitario.

Ma con il trattato stipulato con Guglielmo I nel 1154 ciò si era tuttavia avverato.

Ora il nuovo Imperatore, il potente e geniale Enrico VI, mediante il suo matrimonio con Costanza, poteva disporre del regno normanno delle due Sicilie, e quindi del Sud-Italia.

Inoltre aveva in Germania un potere veramente grande.

Già quando suo padre era ancora in vita, egli aveva occupato lo Stato della Chiesa.

Ora si ebbe un radicale mutamento nella funzione politico-ecclesiastica del Regno di Sicilia.

La Sicilia sotto il diretto dominio dei rè tedeschi: per la prima volta nella storia, il Papato e lo Stato della Chiesa si trovano di fronte la pericolosa morsa della potenza imperiale ( Germania, Italia settentrionale, Italia meridionale ).

Ostacolarne la realizzazione o farla saltare, divenne da qui in avanti, fino al XVI secolo, un obiettivo costante dei Papi e della Francia, la sua chiusura invece l'obiettivo dei sovrani tedeschi.

b) Dopo la vittoria politica su Tancredi di Sicilia e sul rè d'Inghilterra Riccardo Cuor di Leone ( che dovette riconoscere il suo Paese come feudo dell'Impero ) e dopo l'incoronazione di Enrico in Palermo a rè di Sicilia e il suo rifiuto di prestare al Papa il giuramento di vassallaggio per la Sicilia, la completa dipendenza del Papato da Enrico sembrò soltanto una questione di tempo.

Di fronte alla potenza, ai piani ( monarchia ereditaria! ) e all'energia di Enrico non sembrava esservi più scampo.

Ancora più brutalmente di suo padre, egli si ingerì continuamente nelle investiture.

Egli si sentiva nel modo più completo padrone della Chiesa, di Roma ( politicamente inquieta ) e dello Stato della Chiesa.

Egli nominava le sedi episcopali in Germania, nel Nord-Italia e in Sicilia.

Se nelI'VIII secolo c'era stato il pericolo che il Papa diventasse un vescovo territoriale longobardo, ora sembrava a portata di mano la possibilità di fare del Papa un vescovo imperiale.

La morte improvvisa del giovane sovrano, appena trentaduenne, nel 1197, cambiò ogni cosa.

Il suo erede, il futuro Federico II, aveva appena 3 anni.

Il vero e proprio successore divenne Innocenze III ( Ranke ).

Venivano a mancare i grandi avversari.

Il Papato era libero.

Era venuto il momento per l'apogeo della sovranità pontificia medievale, per il pontificato di Innocenze III.

c) Il legame della Sicilia alla potenza imperiale rappresentò per questo Papa l'obiettivo di lotta della sua vita.

Vedremo tuttavia attraverso quanti ostacoli che venivano frapposti in Germania, in Inghilterra e nel Sud-Italia, egli dovette condurre la sua opera e quanto poco, egli, ciononostante, abbia potuto definitivamente assicurarla, anzi con quale profonda conseguenzialità sia scaturita dal suo pontificato la lotta di annientamento dei Papi contro gli Hohenstaufen.

La sconfitta dell'Impero sarà univoca; non però la vittoria del Papato o della Chiesa.

Questa vittoria, infatti, si ebbe soltanto a prezzo della perdita irrimediabile della controparte imperiale universale.

Una cristianità occidentale universale, spirituale e politica sotto la guida diretta del Papa, sorretto da un « imperatore » che non fosse nulla più che il braccio secolare della Chiesa dopo un successo troppo effimero sotto Innocenze III, apparve come una utopia.

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283 Del resto questa situazione obbligata si esprime con sufficiente chiarezza anche nei richiami dello stesso san Bernardo, il monaco politico.
284 Rolando fu espulso dalla Germania assieme alla legazione pontificia.
285 Rolando Bandinelli fu anche teologo, e come tale subì l'influsso di Abelardo.
286 Il quarto fu elevato al papato dalla nobiltà romana.
Anche se l'elezione di tutti e tre in se stessa non risale direttamente al Barbarossa, fu lui a rendere possibile l'esistenza di questi antipapi, usandone come strumento nella lotta politico-ecclesiastica contro Alessandro III.
287 Riconoscimento dei pieni diritti di sovranità sullo Stato della Chiesa ( senza sorveglianza imperiale ); trasformazione del giuramento di vassallaggio dei vescovi italiani in un giuramento di fedeltà; riconoscimento del possesso papale dei beni matildini, del ducato di Spoleto, della Corsica e della Sardegna come parti dello Stato della Chiesa.
288 Più tardi quando Enrico dovette difendersi contro i suoi figli rivoltosi, vennero nuovamente avanzate le richieste curiali e si parlò ancora dell'Inghilterra come feudo di san Pietro.
289 Consolidamento della monarchia con Luigi VI ( 1108-1137 ), Luigi VII ( crociata ), Filippo II Augusto ( 1180-1223 ), conflitto con Innocenze III a causa del suo divorzio; le guerre contro gli Albigesi, § 56, furono guidate dal Papa e non dal rè.
Analogamente si svolgono le cose in Inghilterra.