La storia della Chiesa

Indice

III. Rinascimento e umanesimo come componenti della storia della Chiesa

Un movimento come quello illustrato doveva acquistare una importanza profondamente decisiva per la vita religiosa ed ecclesiastica.

Lo si dimostrò già nei concili riformatori dove si era manifestato, sia in maniera formale che contenutistica, il nuovo atteggiamento individualistico.

Ma il movimento assunse un'importanza decisiva solo

A) con il papato rinascimentale ( in connessione con la politica e l'arte ),

B) con la teologia e la pietà umanistiche.

A. Il papato rinascimentale

1. Già Martino V ( 1417-31 ), il quale, dopo la conclusione dello scisma, aveva fatto il suo ingresso in una Roma sudicia e semidecadente, si preoccupò di abbellire la città.

Poco dopo, il serio Eugenio IV ( agostiniano, 1431-47 ),29 durante il suo forzato soggiorno di parecchi anni a Firenze, centro della nuova cultura ( tra il 1433 e il 1442, interrotto da una permanenza a Roma di tre anni ), a causa della rivoluzione romana ( 1434 ), era entrato in più intimo contatto con il Rinascimento.

In vista di tentativi d'unione con i Greci, egli chiamò numerosi dotti alla cancelleria pontificia, particolarmente esperti della cultura greca ( Ermonao Barbaro, + 1493; Piero del Monte, + 1457; Flavio Biondo, + 1463 ).

a) Una nuova sensibilità artistica e una nuova forma di preghiera ci parlano in maniera penetrante attraverso gli affreschi, eseguiti in quel tempo ( 1448-53 ) dal Beato Angelico in Vaticano, per incarico di Niccolo V.

In lui abbiamo una delle incarnazioni più precoci e più pure di un'arte rinascimentale, interamente ecclesiastico-religiosa.

La libera caratterizzazione individualizzante dei suoi santi,30 che hanno in sé qualcosa di ancora così primigeniamente intatto ( a prescindere dalla cornice architettonica, nella quale egli pone, per es., la scena dell'Annunciazione ), nel Medioevo sarebbe stata impossibile.

Un tratto tipico degli umanisti era la predilezione per i libri e i manoscritti, sia antichi che cristiani, che essi appassionatamente ricercavano, compravano e raccoglievano.31

Al Concilio d'unione di Ferrara-Firenze ( § 66 ) questa raccolta di antichi testi greci assunse una grande importanza pratica.

Fu riscoperta così in parte, anche la teologia dei Padri greci, e così incanalata nuovamente verso l'Occidente.

La diffusione della lingua greca rese possibile il ricupero del Vangelo nel suo testo greco: uno dei più decisivi presupposti della pietà dei secoli futuri ( Erasmo, Riforma ).

b) Un appassionato bibliofilo fu proprio papa Niccolo V ( 1447-1455 ), il quale in un monastero tedesco aveva riscoperto le opere di Tertulliano.

Egli introdusse con pieno diritto di cittadinanza il Rinascimento nella curia romana.

A lui risale la fondazione della Biblioteca Vaticana.

I papi divennero i più grandi mecenati dell'arte rinascimentale.

Solo attraverso le grandi commissioni da loro affidate, le prime imprese dei geni, apparsi in Italia presso le piccole corti principesche e nelle grandi repubbliche cittadine, assursero ad importanza mondiale e furono riunite insieme: basta ricordare il Vaticano, S. Pietro, Bramante, Raffaello e Michelangelo.

2. Per la loro larghezza di vedute, che si rivolse ad elementi di straordinario talento e capacità, mirando unicamente alla loro forza creativa, senza soffermarsi, con uno straordinario atteggiamento di superiorità, su manchevolezze morali e religiose, i papi si son meritata l'imperitura gratitudine della umanità.

La Chiesa cattolica ha così dimostrato che non è affatto esagerato attribuirle un'inesauribile forza creativa in campo culturale.

La dimostrazione di quel tempo, che costringe a rispettosa ammirazione, produce i suoi effetti attraverso i secoli fino ai nostri giorni, attraverso le opere d'arte commissionate e finanziate dai papi.

Molti non-cattolici, che mai hanno avuto la possibilità di avvicinarsi alla grandezza della dottrina della Chiesa, si sono fermati commossi di fronte a San Pietro e al Vaticano.

Davanti ai grandi maestri del Rinascimento, tanti dei quali furono a servizio dei papi e sono tuttavia così moderni, così intimamente affini ai visitatori d'oggi, essi hanno intuito una qualche idea del significato, anzi del carattere extratemporale della Chiesa.

Questo merito dei papi va adeguatamente sottolineato.

3. Con ciò tuttavia non è ancora detto gran che sul valore religioso dell'arte rinascimentale e sul valore cristiano del mecenatismo dei papi.

Questo valore viene spesso sopravvalutato.

a) L'arte del Rinascimento, come tutta l'epoca, è piena di tensioni interne che si spingono fino alla contraddizione.

Essa fu dominata da una duplice antitesi, che spesso non si tradusse in interiore unità: terrestre e ultraterrestre, ecclesiastico-terreno-individualistica.

Non è inquietante il fatto che i maestri del Rinascimento, accanto a temi religiosi, abbiano trattato anche quelli profani e mitologici: quello che importa è lo spirito.

Questo spirito già in molte Madonne del Raffaello è estremamente umano e materno, pieno di sentimento e di tenerezza, ma non più, o non ancora, cristiano-religioso nel vero senso della parola.

La sua Disputa, soggetto quindi puramente religioso e teologico, è preminentemente un prodigio incomparabile di composizione e di disegno, ma non può dirsi un'opera di pietà; essa non illustra neppure quanto, in questo caso, anzitutto si richiederebbe: adorazione; ma un tema prettamente rinascimentale: una disputa solenne, sublime.

Così non è certamente un male che gli artisti rinascimentali abbiano innalzato, accanto alle chiese, anche dei palazzi ( per es. a Verona, Firenze, Siena, Rimini, Perugia, Roma ), ma è un male che lo spirito di mondanità, l'amore per la vita sfarzosa, edonistica della società, che in certo modo sono al loro posto « nei palazzi dei rè » ( Mt 11,8 ), siano entrati negli edifici sacri.

Le chiese non sono più dei luoghi che orientano al cielo, non sono più ascetici luoghi di preghiera, soffusi di una mistica penombra: sotto l'influsso dell'antichità pagana l'accentuazione delle linee orizzontali ne fa dei palazzi solidamente poggianti sulla terra, costruiti sì per azioni sacre, ma anche per fastose cerimonie.

La luce inonda l'interno; in questo luogo solenne, festoso, ci si può recare per sentirsi quasi assorbiti dall'edificio sontuosamente decorato ( la cui facciata e spesso molte altre parti recano, a gloria del committente, stemma e nome)32 e per battere all'unisono con i convenuti.

Tale considerazione non nega naturalmente la sacralità di tante chiese rinascimentali, ne il sublime valore che la loro solenne cornice conferì e conferisce a infinite azioni liturgiche echeggianti di sommesse preghiere e di canti di giubilo.

Occorre tuttavia sottolineare maggiormente la tensione interna di cui si è parlato, essendo essa comunemente elusa.

Tale tendenza nascosta esercitò un influsso ancora più letale, come dimostra lo svolgimento della storia dello spirito.

b) La seconda antitesi ( elemento ecclesiastico-terreno-individualistico ): per l'uomo italiano del Rinascimento non si poneva neppure la questione di un distacco dalla Chiesa nel senso di una contrapposizione, così come ci è data dalla Riforma.

E tuttavia le opere del Rinascimento influirono decisamente in questa direzione.

Un'ineguagliabile gloria della Chiesa e un suo figlio fedele fu Michelangelo.

Le sue creazioni sono quanto di più poderoso ha saputo esprimere il genio umano nel campo delle arti figurative.

Leonardo e Raffaello - che pure per lo più vengono considerati, assieme a lui, come le vette più alte del Rinascimento - gli rimangono molto distanti come espressioni del mondo spirituale e religioso.

Ma proprio nella sua grandezza è insito un pericolo religioso.

Le opere del suo primo e secondo periodo testimoniano una tale sfrenata irruenza dell'elemento soggettivo, che soltanto la sua naturale, profonda fedeltà alla Chiesa preserva un tale atteggiamento personalistico da un soggettivismo di principio.

Ma il pericolo si manifestò nell'influsso sugli altri: Michelangelo ha spianato la strada al pieno scatenamento del soggetto, tanto maggiormente quanto più le sue incomparabili creazioni toccano nel profondo l'uomo, soggiogandolo come una forza della natura.

Non si deve però fraintendere.

Per il cattolico è quasi una rivelazione ( nel senso della sintesi ) sperimentale questo estremo irrompere di un potente soggettivismo personalistico nell'ambito della comunità ecclesiastica, scaturito da un'anima fedele alla Chiesa e da una pietà positivamente ecclesiale.

Il pericolo però si fa palese là dove questo soggettivismo scatenato s'incontra con tendenze ( o sintomi ) separatistiche e contrarie alla Chiesa.

E il mondo d'allora doveva esserne ben presto pieno.

Naturalmente non si deve dimenticare, che lo stesso Michelangelo ha anche sviluppato delle forze che dovevano scongiurare questi pericolosi effetti nei suoi grandiosi ultimi capolavori: il giudizio universale della Sistina, la cupola di san Pietro e l'intenso afflato di religiosità penitente delle sue ultime Deposizioni e Pietà.

4. a) A questo punto ci si deve chiedere come i papi del Rinascimento abbiano ottemperato ai loro principali compiti.

Furono buoni pastori per il gregge di Cristo?

Si notano degli sforzi degni di nota nella storia dei papi di quel tempo, anche nella vita personalmente esemplare di alcuni, come Eugenio IV, o Pio II ( a partire dal suo 40° anno di età ) e Niccolo V.

E si può dire che nell'ambito dell'amministrazione e della direzione ordinaria non se ne conterebbero abbastanza.

Tuttavia, nel complesso, la politica, la ricchezza, la vita fastosa, la cultura profana e il benessere delle loro famiglie, mediante l'innalzamento dei loro nipoti hanno dominato i papi del Rinascimento in misura tale, ed essi hanno servito talmente gli interessi mondani, che molti fra loro hanno rappresentato una profonda alterazione dello spirito di Cristo, di cui pur erano vicari.

I gravi abusi, per così dire sovrapersonali, verificatisi nel periodo di Avignone e dello scisma, la simonia e il nepotismo, avvelenati talora da una vita poco edificante e aggravati dalla tendenza a fare dello Stato della Chiesa quasi un possedimento pontificio di famiglia, denunciano una nefasta terrestrità, e un cedimento troppo grave del papato nei suoi confronti.

b) La vergogna del papato è Alessandro VI ( 1492-1503 ), uomo dotatissimo che i suoi avversari dicevano essere un discendente dei Marranos ( il secondo papa del casato spagnolo dei Borgia ), il papa del Giubileo del 1500, il papa della simonia, dell'adulterio e del veleno.

Il pericolo, tuttavia, che vogliamo mettere qui in evidenza, non è da ricercarsi tanto nella persona moralmente così deplorevole di questo papa; in lui gli errori hanno interessato particolarmente la sfera personale.

Più evidente risulta però quello che possiamo definire l'errato fondamento strutturale della « gioia di vivere » rinascimentale in un papa, personalmente più lodevole, come Leone X ( 1513-1521 ), per il quale la cultura raffinata, in particolare quella greca, il teatro e la pesca erano di così grande importanza che, pur conducendo una vita moralmente ineccepibile, egli - « Vicario » del Crocifisso! - fece suo l'aforisma: « Godiamoci il papato, poiché Dio ce l'ha dato », il papa della vergognosa storia delle indulgenze di Magonza e del processo a carico di Lutero, condotto con così scarsa serietà.

c) Questi pontefici, assieme a cardinali di pari valore, e ad essi simili, a vescovi e a canonici in tutto il mondo, avevano portato la Chiesa, dal punto di vista religioso-apostolico, sull'orlo della rovina.

Avevano talmente sfidato il castigo di Dio, che soltanto un miracolo poteva salvare il papato stesso e la Chiesa.

Non è certo tentando di minimizzare questi clamorosi abusi invocanti vendetta al cospetto di Dio, che si può giungere ad una seria, anzi ad una valida ed efficace apologià della Chiesa di quel tempo, ma analizzandoli con deciso rigore.

Allora risulta che la Chiesa riuscì a realizzare ciò che ad un organismo naturale non sarebbe stato possibile: pur avvelenata, essa però rigettò il veleno.

La crisi si fece grave e provocò delle perdite, ma accadde che la Chiesa alla fine si ritrovò non indebolita, ma rinvigorita, non impoverita, ma più ricca di valori spirituali.

Soltanto che un'analisi genuinamente storico-ecclesiastica, quindi cristiana, di queste cose, non può, al di là della purificazione, dimenticare la disgregazione precedente e nella purificazione le debolezze che restano, ne il tremendo giudizio divino.

B. Teologia e pietà umanistiche

Dal punto di vista della storia della Chiesa, il Rinascimento ha assunto un'importanza eccezionale, attraverso il connubio dell'umanesimo con la teologia.

L'umanesimo è un accadimento di straordinaria complessità.

Esso presenta dei profili così netti; contiene, però, anche in questioni di grande importanza ( in relazione alla Scolastica, alla Chiesa sacramentale e gerarchica, al Vangelo ), delle differenze così notevoli, che è un'impresa disperata il voler parlare di esso in poche pagine.

È necessario che il lettore cerchi di rendersi consapevole di quante differenziazioni, oltre al poco che si è detto, avrebbero bisogno le nostre concise asserzioni.

L'umanesimo è anche un fenomeno largamente sociale.

Gli umanisti si conoscono e riconoscono vicendevolmente dalla loro insaziabile passione per libri e manoscritti.

Fanno parte delle loro caratteristiche la socievolezza e l'ampia corrispondenza, avente come oggetto la cura della cultura.

Questo tratto caratteristico non manca neppure in colti asceti eremiti ( cfr. Giustiniani e altri ).

1. Già il primo degli umanisti, Francesco Petrarca ( 1304-1374 ), oppone alla Scolastica, tanto combattuta, un nuovo stile raziocinante per parlare della realtà e della dottrina della salvezza: una "philosophia Christi" moralisticheggiante fondata su Plafone.

Questa fusione di cultura antica e di messaggio cristiano assume, per la prima volta, una notevole importanza sul piano della storia della Chiesa nell'Accademia platonica di Firenze ( fondata, sotto Lorenzo de' Medici, da Marsilio Ficino [ 1433-1499 ] ).

2. a) Il fine che questa accademia platonica si proponeva era corretto dal punto di vista della Chiesa e certamente religioso: una rinascita e un approfondimento del cristianesimo ( compresi la gerarchia e l'elemento sacrale ) mediante il suo intimo legame con l'antica sapienza ( neoplatonica-stoica ).

Partendo dalla Scolastica si voleva risalire alle fonti della Rivelazione e della sapienza.

Ma queste fonti antiche si leggevano con occhi di autentici ammiratori dell'antichità.

Non si cercava ne si trovava semplicemente la religione della Redenzione e della grazia, ma in misura notevole la sapienza stoica.

I due fondamenti preferiti erano senza dubbio Paolo e il Sermone della Montagna: ma l'uno e l'altro si interpretavano per lo più moralmente, ossia come appello all'impegno della propria volontà, o in maniera neoplatonica nel senso di una specie di autosublimazione.

Se ne poneva anche in risalto ( come già avevano fatto gli apologeti del II secolo ) il contenuto generale umano, mentre si lasciavano più nella penombra i dogmi ben definiti e la singolarità della Chiesa fondata dal Signore sul sacramento e sul sacerdozio.

b) In questo processo di decantazione incontriamo quella tendenza - da allora non più scomparsa dalla storia del pensiero cristiano - a mettere in rilievo, nell'ambito generale della "Chiesa", della "Scrittura" e della "Tradizione", ciò che sembra l'elemento più importante, il complesso essenziale.

A rivestire importanza storica ( cioè a costituire l'elemento più attivo ) non sono tanto le tesi enunciate, le opinioni o le interpretazioni esegetiche, quanto il metodo e il modo di pensare.

Gli elementi e le connessioni con cui essi si presentano sono molto diversi.

Come caratterizzante si può ricordare uno spiritualismo, talora per certi aspetti molto libero e talora sfrenato.

Nella teologia filosofica del giovane conte Pica della Mirandola ( + 1497 ) - per il quale il Savonarola, pur amico, tenne un discorso funebre abbastanza critico - esso produce degli effetti pericolosi: Pico è talmente inebriato della forza e della dignità dello spirito e della volontà dell'uomo, da far apparire talora, nella sua oscillante terminologia, la Redenzione quasi come una autoredenzione, e la virtù come conoscenza ( "l'errore socratico" ).

La concezione del logos spermatikòs viene talmente forzata al fine di far risultare l'unità di tutte le religioni, da mettere in pericolo tanto il concetto di verità unica, quanto la dottrina ( naturalmente conservata ) del cristianesimo come sola vera religione.

Tale tendenza spiritualistica giunse attraverso il cardinale Bessarione ( § 66 ) e Rodolfo Agricola anche ad Erasmo.

Era una espressione o una preparazione, in una forma dogmaticamente pericolosa, dell'incipiente soggettivismo.

3. La caratterizzazione più sopra delineata ( II,3 ) induce a pensare che il Rinascimento e l'umanesimo siano avvertibili chiaramente e direttamente in singole fortissime personalità e nel loro agire e operare, che non è per nulla unitario, coerente e sistematico, ma piuttosto mosso dall'estro dell'arbitrio.

Un sintomatico esempio è dato dal mecenate dell'Accademia platonica, Lorenzo de' Medici ( + 1492 ), il quale cercò di riunire attorno a sé quanti erano dotati di spirito e di talento artistico.

Egli fece della sua biblioteca la prima biblioteca pubblica; per essa fece erigere la splendida Laurenziana, su disegno di Michelangelo.

Egli unisce in sé elementi di concezioni così estremamente disparate, pietà, violenza, sete di sapere e dissoluto godimento, tanto da poter dire che egli riflette meglio di ogni altro l'ideale del Rinascimento: nel senso di una varietà contrastante e fluttuante di luce e d'ombra, che sfugge ad ogni definizione unitaria.

Come è significativo che alla sua corte siano cresciuti il figlio e il nipote: i futuri papi Leone X e Clemente VII!

4. In Germania l'umanesimo esercitò il suo maggiore influsso durante la seconda metà del secolo XV.33

Esso è da ricollegare ai progressi dell'umanesimo italiano ( fecondato dopo il 1453 dai Greci ), all'incremento economico della Germania in questo periodo, con il conseguente sviluppo delle scuole ( Deventer, Mùnster, Schlettstadt ) e delle università.34

L'epoca aurea dell'arte rinascimentale, che in Germania rimane cristiana, cade agli inizi del secolo XVI.35

5. Ma l'umanesimo in Germania non fu autoctono.

L'entusiasmo per l'antichità romana, non propria, era qui comprensibilmente molto più misurato.

Ne la forma ne il contenuto pagano esercitarono un influsso così immediato e perciò così forte come nel Sud.

Non si dimenticò dunque, nello studio dell'antichità pagana, l'assoluta intangibilità dell'unica verità cristiana, sia della dottrina che dei precetti morali, meno, certo, di quanto poteva essere accaduto in Italia.

La critica alla Scolastica e agli abusi della Chiesa, anche quando fu severa, si distanziò in un primo tempo da attacchi di principio e dallo scetticismo che avrebbe avuto un carattere inibitorio.

Al tempo stesso non si trascurò di dare un contributo costruttivamente cristiano.

Specialmente nell'educazione, attraverso il miglioramento del metodo e la purificazione della lingua, si cercò di valorizzare i risultati dei nuovi studi.

Ma ciò che in Germania rivestì la massima importanza, dal punto di vista della storia della Chiesa, fu il ridestarsi della coscienza nazionale, portato dall'umanesimo con i suoi svariati contrasti con Roma ( lingua, diritto, storia ).

Su questa base si operò un importante lavoro di preparazione alla rottura della Riforma.

6. a) Questa specie più blanda di rinnovamento spirituale si attuò particolarmente nel primo umanesimo tedesco della regione del Reno.

Di pensiero un po' più libero si era nei circoli umanistici della Germania meridionale.

Rivoluzionario divenne l'umanesimo tedesco del giovane gruppo di Erfurt all'inizio del secolo XVI ( Muziano Rufo, + 1526 ).

Qui ci troviamo di fronte ad una vita più rilassata, all'assenza di religiosità e a una gonfia retorica.

Qui la critica non si rivolge più soltanto contro gli abusi ( reali o inventati a piacere, e, sempre sfacciatamente esagerati ), ma si trasforma già in un'ostilità di principio verso là Chiesa e verso il cristianesimo.

A questo gruppo appartenne, per un certo periodo, anche Ulrich von Hutten ( 1488-1523 ).

b) Questo è l'ambiente dal quale uscirono le famigerate.

Epistola obscurorum virorum, nel corso della disputa intorno al famoso ellenista e primo ebraista tedesco Giovanni Reuchiin ( zio di Melantone ), il quale era stato diffamato nella sua fede dal poco simpatico e fanatico Pfefferkorn, prima ebreo, a causa del suo illuminato intervento a favore della letteratura ebraica ( vol. I, § 72 ).

In questa lotta si manifestò nel modo più violento l'ostilità della corrente radicale dell'umanesimo tedesco verso la Chiesa; si affermò uno spirito di scherno demolitore, di gusto aggressivo, sfrenato e incontrollato ( in modo speciale contro il monachesimo e la Scolastica ), un tono radicale così fortemente a-ecclesiastico, anzi antiecclesiastico, da costituire un preludio immediato alla Riforma: con lazzi e sfacciata distorsione, un pugno di intellettuali falliti si era presentato, e con successo, all'opinione pubblica come difensore e fautore di ciò che era moderno, privando i monaci, ritenuti sorpassati - e inoltre ipocriti e sciocchi - della stima e autorità di cui godevano.

La satira letteraria provocò i suoi profondi effetti nella realtà della vita concreta.

c) Un umanista veramente cristiano, una personalità di ineccepibile religiosità fu invece il colto abate benedettino Giovanni Tritemio ( + 1516 ).

Egli si adoprò, armato di vero spirito riformatore, a sollevare il suo monastero di Sponheim.

Visto che qui non poteva far nulla, passò a Wùrzburg nel monastero scozzese che ivi si trovava e del quale egli più tardi ( 1506 ) divenne abate.

Egli possedeva una vasta anche se forse poco critica cultura;36 le sue opere ascetiche hanno valore anche oggi.

Accanto a tutto questo, però, si riscontrano in lui non solo una strana predilezione per ogni forma di occultismo, ma anche grossolane forme di superstizione e di credenza nelle streghe.

7. Desiderio Erasmo da Rotterdam ( 1466-1536 ) è il rè del nuovo regno spirituale dell'umanesimo.

Olandese appartenente all'impero, egli fu soprattutto un europeo; fu il maggiore latinista d'Occidente e fu lui a dare all'umanesimo valore universale.

Egli ha lasciato una traccia profonda nella storia della filologia, della critica storica e della teologia; la sua opera è decisiva.

Con un deciso ritorno al testo greco originale della Bibbia ( da lui pubblicato a stampa, per la prima volta in greco, nel 1516 ), e attraverso la pubblicazione degli scritti di molti Padri della Chiesa, egli ha dato alla teologia un ampio contributo positivo.

Per un'intera vita egli ha contribuito al miglioramento delle condizioni della Chiesa, lottando contro il meccanicismo nella religione ( richiamando ad una migliore giustizia interiore e all'adorazione in spirito e verità ), contro ogni sorta di giustizia attraverso le opere ( sebbene qui sia andato troppo oltre, v. sotto ) per un rinnovamento della pietà cristiana e criticando le deficienze della Chiesa, perché venissero eliminate.

Il suo zelo per la Riforma è spesso pienamente sincero.

a) Sia la storia della valutazione di quest'uomo, fin dall'inizio del secolo XVI, come pure l'intera sua opera, dimostrano però incisivamente, quanto sia difficile valutare questo grande uomo in modo giusto dal punto di vista ecclesiale e collocarlo al posto dovuto.

Relativamente facile, invece, è respingere, come ingiusto, il giudizio estremista secondo cui egli non sarebbe più stato di fede cattolica.

D'altra parte, però, non si possono ignorare i danni da lui arrecati alla Chiesa.

Sia nella vita che nella dottrina di Erasmo si ripercuote, in maniera nefasta, una delle carenze fondamentali dell'umanesimo: quel certo disinteresse per il dogma ( e la tendenza allo spiritualismo ).

Erasmo infatti, assieme alla critica mossa dall'umanesimo alla Scolastica e alla sua precisione concettuale, fa sua anche la sottovalutazione del dogma esattamente definito.

Che egli abbia condannato la indisponente tendenza di alcuni rappresentanti della tarda Scolastica a voler spiegare ogni cosa teologicamente è certamente lodevole.

Ma egli si spinse molto più oltre.

Sia nella sua vita che nella sua dottrina egli mostra interesse per la vita pratica morale e religiosa ( sebbene egli non ne rappresenti, ne dottrinalmente ne praticamente, un esempio ascetico da imitare ), non così invece per il dogma e per l'ardore e la pienezza della fede.

Il dogma e la Chiesa come istituzione vengono accettati, non costituiscono però per lui un motivo profondo di vita.

Nella lotta scatenata dalla Riforma, Erasmo si schiera per la Chiesa cattolica e la sua dottrina; ma non si può dire che egli viva di essa; ancora negli anni trenta egli è dell'opinione che la scissione causata dalla Riforma si sarebbe potuta sanare qualora cattolici e luterani si fossero uniformati alle sue direttive.

Un "a-dogmatismo" così circoscritto comportava, specialmente allora, un indebolimento della Chiesa, perché proprio in quella situazione era necessario rifarsi al centro del dogma e alla sua chiarezza.37

Lutero ha identificato bene in Erasmo l'aspetto poco vincolato al dogma, anche se, nello stesso tempo, gli muoveva rimproveri del tutto fuori luogo in rapporto alla dottrina sulla grazia.

b) La pietà di Erasmo, poi, è tutt'altro che esemplare sul piano ecclesiale.

Questo grande uomo, infatti, è immerso con una forza straordinaria quale centro di attrazione e di repulsione, nella problematica storica, sia profana sia ecclesiastica, delle "cause della Riforma".

E qui va sottolineato come ciò che nell'ambito di una solida situazione e di uno sviluppo regolare avrebbe potuto forse rivestire una importanza minima, alle soglie di una grande rivoluzione può assumere un valore decisivo, come una delle sue forze più importanti.

1) In realtà la difficoltà di puntualizzare esattamente la statura ecclesiastica di Erasmo è data dal problema relativo al diritto dell'uomo medio, forse addirittura del mediocre, nell'ambito del messaggio cristiano.

Sin dall'inizio della sua storia, la Chiesa non si è mai dichiarata favorevole, bensì contraria al rigorismo.

Essa fu sempre dell'opinione che il Signore abbia preparato il Regno anche per gli uomini di modeste capacità intellettuali.

Ma la Chiesa non ha mai rinnegato il comandamento « ama Dio sopra tutte le cose », né la salvezza della croce.

È importante vedere come vengano trattati, nei circoli dell'umanesimo devoto, i temi della perfezione, dell'amar Dei, dei consigli evangelici e delle gioie della preghiera ( Giustiniani ).

Occorre poi notare che proprio questo problema dell'« amore di Dio sopra tutte le cose », quale comandamento capitale per tutti i cristiani, sta proprio al centro della problematica riformatrice di Lutero.

Soltanto così l'analisi fatta per Erasmo acquista tutto il suo peso.

È già stato accennato al fatto che il giudizio sul valore della sua pietà è stato molto oscillante nel corso della storia.

Vi furono persone molto devote alla Chiesa, che leggevano le sue opere, le veneravano e le raccomandavano.

Ma proprio qui ci si vede ricondotti alla sua mediocrità religiosa, quale suo difetto predominante.

Erasmo fu un uomo di centro, ma di un debole centro.

Di questa mediocrità fa parte soprattutto la sua indeterminatezza, la sua riluttanza a lasciarsi condizionare.

Proprio questo è stato messo in evidenza dal suo migliore biografo nell'ambito degli studi recenti, Huitzinga.

E questo, data la situazione d'allora della Chiesa e la straordinaria forza di Erasmo, è già molto grave.

Solo la santità poteva salvare quei tempi, non la semplice correttezza.

2) L'opera di Erasmo e la sua personalità sono molto complesse.

Non è difficile formulare un chiaro giudizio sulla sua posizione in seno alla storia della cultura.

La ricchezza e la varietà della sua così ammirevole attività richiede soltanto lode incondizionata.

Ma nell'evoluzione della Chiesa del secolo XVI la sua immagine è molto meno chiara.

Di lui abbiamo testimonianze di una pietà infantile.

Se si possa annoverare qui la devozione, durata tutta la vita, per sant'Anna, alla quale egli dedicò un rhythmus iambicus, non sembra sicuro, considerato come egli stima il cattolicesimo volgare;38 in ogni caso essa non rappresenta nulla di decisivo per un intelletto così acuto, in modo speciale poi se viene attribuito così poco valore al semplice senso letterale della Scrittura e viene tentata invece un'allegoresi platonizzante, del tutto insufficiente, di san Paolo, sia nella preghiera che nella fede.

3) Erasmo era e voleva essere un dotto, e proprio in quanto teologo, un teologo che non seguì le orme della Scolastica.

Ed era nel diritto di farlo.

Ma non fu neppure un puro biblista come Lutero.

Mentre quest'ultimo, proprio nell'interpretazione del Vangelo, prendeva sul serio le parole così com'erano, sentendosi responsabile di ogni parola inutile, in Erasmo aveva la precedenza proprio la parola non vincolante e imprecisa anche nella professione.

Erasmo non fu mai uno scettico ottuso, ma il suo atteggiamento spiritualistico-intellettualistico non rispetta affatto il mistero rivelato, razionalmente inspiegabile.

Si potrebbe dire piuttosto che, per tutto l'uomo e per tutta l'opera, sia caratteristico quell'atteggiamento ambiguo dell'« Elogio della follia »; quella geniale irresolutezza a cui, anche nella professione ortodossa, la consapevolezza di quanto non è da definirsi rigorosamente ed è pertanto non-obbligante, conferisce un tono decisivo.

Erasmo biasimò e criticò molto, scrisse trattati morali e fece proposte per il miglioramento della Chiesa.

La sua condotta morale fu ineccepibile, non fu mai un crapulone, si consacrò con passione, per tutta la vita, al lavoro intellettuale.

Non fu però certo un eroe, ne in campo morale ne in campo religioso.

Non fu un grossolano cacciatore di benefici, ma la fama del suo nome ( e prima ancora la consapevolezza del valore delle sue capacità e delle sue opinioni) fu per lui al centro delle sue preoccupazioni, non spontaneamente, ma consapevolmente.

Cercava di ottenere denaro dai ricchi e dai prìncipi, talvolta in maniera non del tutto dignitosa.

Spesso infido, non mise mai a repentaglio il suo nome e tanto meno la sua vita con un incondizionato impegno per le sue opinioni o per i suoi amici.

In lui non troviamo una solidità compatta e imponente, ne tanto meno un'armonia sistematicamente configurata.

Lo caratterizza l'indeterminatezza.

Il che rende difficile l'esatta delineazione del suo valore.

Se vogliamo esser giusti, non dobbiamo dimenticare che la gioventù di Erasmo, figlio illegittimo, fu dura e priva d'amore, che fu rinchiuso in convento e che fu sempre un omino debole e timido, di gracile costituzione.

Ma per un genio, quale fu Erasmo, e al centro della problematica così vasta nella quale venne a trovarsi, e in considerazione del ruolo di guida che egli assunse in teologia, non era sufficiente una vita religiosa, non bastava un pregare che - per ripeterlo una volta ancora - merita al massimo l'attributo di « corretto ».

Qui è necessario usare come misura le categorie della pienezza e del fuoco ardente.

Si può, anzi si deve, cercare il fervore della fede.

Purtroppo non lo si trova.

Erasmo non fa parte dei grandi oranti e degli spiriti ardenti di fede.

c) A Oxford ( 1499 ), Erasmo fu discepolo di John Colei ( 1467-1519 ) - discepolo di Marsilio Ficino, consigliere religioso di Tommaso Moro e critico della pietà popolare, e del quale è noto il moralismo - e si entusiasmò ben presto per i due elementi che caratterizzano la sua teologia: lo stoicismo di Cicerone ( che viene considerato in generale come platonico ) e il Nuovo Testamento.

A differenza della biasimata Scolastica ufficiale, era una teologia la sua che usava una terminologia viva e varia, per nulla astratta ( e corredata di quale straordinaria conoscenza dei Padri! ); attraverso una fusione di antichità e cristianesimo si doveva raggiungere una rinascita cristiana.

d) Il risultato di questa fusione è una molteplicità di difficile sistemazione.

Ciò che Erasmo oggi mette in marcata evidenza, domani non lo fa rilevare con la stessa fermezza.

Ancora una volta ci accorgiamo che egli nella sua più intima essenza è un a-dogrnatico.

Non gli si confà la vigorosa determinatezza del dogma, della sostanziosa dottrina definita una volta per sempre.

La sua teologia, inoltre, non è neppure espressione di un pensiero sacramentale.

Sarebbe veramente difficile dimostrare che il sacerdozio sacramentale nel sacerdote Erasmo, goda di quel riconoscimento pieno che la fede cattolica gli attribuisce.

Avviene così che quell'accentuazione cristiana centrale della migliore giustizia interiore e dell'adorazione in spirito e verità, presa così da sola e staccata dal culto sacramentale, acceda facilmente a una concezione moralistica o spiritualistica del messaggio cristiano.

Ciò, in Erasmo, appare in parte avviato e in parte effettuato.

Le sue esigenze di vita dello spirito, d'uniformare la propria vita a quella di Cristo, non sono intese in senso paolino, ma appaiono più ( come negli apologeti del II sec. ) in una specie d'attenuazione moralistica.

Il loro contenuto si concentra nella realizzazione della vita in devota moralità, anzi in una corrispondente deistica cultura, che non è sempre sufficientemente profonda per pronunciare un sì deciso a Cristo e a tutta la Chiesa, e un chiaro no a tutto quello che non è cristiano.

È stato detto, a ragione, che Erasmo non conduce neppure ad una seria vita di pietà nel mondo, ma a una vita ascetica secolarizzata, alla quale importa soprattutto l'indipendenza dei dotti ( Iserloh ).

Di quanto si è detto essenzialmente nulla di mutato si può riscontrare neppure nel tono più edificante del vecchio Erasmo; neppure lui - nonostante il suo atteggiamento corretto nei confronti della Chiesa cattolica - riesce ad affermare in maniera liberatrice e salvatrice tutto il dogma sotto forma di confessio, vale a dire ad affermare la Chiesa mediatrice per noi di fede e di salvezza.

e) In questa semplificazione è insito innanzitutto un grave impoverimento della presentazione del messaggio cristiano.

Ma la minaccia maggiore, il pericolo del dissolvimento interno, consiste nel fatto che questa religione appare più o meno identica con qualsiasi vera religione e con qualsiasi morale genuina, già esistite.

L'antichità saggia di Cicerone, di Seneca, ecc. non è quindi solo assai affine al cristianesimo, bensì, nel senso di un concetto esageratamente accentuato del logos spermatikós, ad esso identica.

Queste tendenze, portate alle loro ultime conseguenze, conducono inevitabilmente a concezioni che colpiscono al cuore il cristianesimo.

Erasmo non solo non ha tratto queste conseguenze, ma le ha addirittura respinte mediante la sua ortodossa professione di cattolicesimo.

Quando però gli illuministi del secolo XVIII si appellarono a lui, tirarono delle conseguenze logiche da premesse che egli aveva espresso in modo molto sprovveduto.

f) Resta come risultato positivo il serio approfondimento della vita religiosa personale propugnata da Erasmo.

In questo senso egli trova talora delle commoventi espressioni.

Un uomo comune potrebbe considerarsi con esse a buon diritto esemplare.

Erasmo no.

Manca la piena realizzazione religiosa delle categorie cristiane, lo slancio della fede attinta da Giovanni, della crescita nel Signore crocifisso della quale parla Paolo, così come sarebbe stato consono alla forza del grande spirito di questo uomo, alla capacità del suo linguaggio e al compito impostogli dalla situazione storica.

Erasmo era un genio.

Ed era un teologo.

In funzione della generale situazione spirituale egli era l'esperto nelle controversie del tempo: egli sarebbe anche dovuto essere la parte geniale e Lutero quella congeniale nella controversia.

Ma poiché la sua religione si mantiene sì in una formale correttezza nei confronti del Vangelo, senza peraltro attingerne la pienezza religiosa, Erasmo resta un espositore corretto, operante dall'esterno, della dottrina cattolica, ma non un annunciatore profondo o addirittura santo, reso ardente dal carisma.

La sua intima indipendenza di fronte alle tesi del dogma cattolico e la sua conoscenza delle possibilità di riforma insite in esse, gli diedero la possibilità spirituale di comprendere quanto stava a cuore a Lutero, senza doverne sostenere le tesi.

Egli però non si spinse fino alla comprensione del vero e proprio elemento centrale della Riforma.

Anche il suo modo di criticare le deficienze della Chiesa rende sospetti.

Egli non si esprime affatto religiosamente, nel modo per es. usato dal Savonarola, o che troveremo in Adriano VI.

Le reali pecche vengono esagerate senza misura, e quindi poste in luce con malizia e sarcasmo ( invece di compiangerle ).

Per i molti valori religiosi ancora esistenti, e in modo particolare per i valori della pietà popolare, nonostante la devozione per sant'Anna che abbiamo già ricordata, egli non dimostra alcuna comprensione; egli insiste troppo nel volerla staccare dalla « carne », « liberare dal corpo » ( Alfons Auer ), mentre, com'è già stato detto, la sua spiritualizzazione non supera l'allegoresi e non sfiora neppure la pienezza esigila da san Paolo.

Soltanto più tardi la bufera della Riforma aprì gli occhi al grande umanista sul pericolo insito in talune sue asserzioni.

Egli confessò che non le avrebbe fatte se avesse potuto prevederne le conseguenze.

Quanto il dogma e il sacramento fossero estranei alla sua realtà più intima, lo dimostra infine la sua vita.

Egli era sacerdote.

Ma così come i sacramenti occupano chiaramente nelle sue esposizioni un posto di secondaria importanza, come egli di rado celebrava la messa, similmente egli morì senza sacramenti.

g) Una critica particolare merita quello che in Erasmo si può chiamare il principio della Bibbia.

In esso si annida un vero pericolo per l'unità della dottrina cristiana.

Come di frequente accade quando si interpreta Erasmo, è necessario distinguere la correttezza della professione da una parte, da vita e pensiero radicati nella pienezza della realtà cattolica dall'altra.

Indubbiamente Erasmo ha sempre riconosciuto nella Chiesa e nel suo magistero la suprema istanza nella interpretazione della Sacra Scrittura e si è sempre dichiarato pronto a sottomettersi alle sue decisioni.

Ma la prassi del suo metodo filologico-esegetico ci pone di fronte in ultima analisi al dotto conoscitore della lingua che decide in quanto esperto.

Il cattolico Erasmo non conosceva un principio della Scrittura nel senso della Riforma.

Egli però ha preparato la strada al principio della Scrittura della Riforma; già i suoi contemporanei ne riconobbero giustamente il nesso.

h) Erasmo esercitò un'influenza amplissima.

La vita intellettuale dei secoli XVI, XVII e XVIII è inconcepibile senza di lui.

L'elemento individualistico nel suo atteggiamento intellettuale e nella sua pietà, l'edizione del Nuovo Testamento greco, la sua critica al testo della Bibbia e la sua critica spesso demolitrice nei confronti della Chiesa fanno di Erasmo una delle cause immediate della Riforma.

È pur vero che, partendo dalla sua posizione teologica di fondo, egli venne in urto con essa in punti decisivi.

Erasmo mette in risalto la capacità propria dell'uomo, la sua volontà, la sua intelligenza; seguendo la tradizione cattolica, egli insegna la cooperazione di grazia divina e di volontà umana nel processo della salvezza.

Purtroppo, anche su questa particolare questione le sue dichiarazioni sono tutt'altro che coerenti.

Da una parte egli dice che la philosophia Christi, che egli stesso chiama rinascita ( Gv 3,3 ), « non è altro che un rinnovamento dell'inclinazione naturale ben dotata ».

Ma nella sua opera De libero arbitrio egli si stacca decisamente da Pelagio e perfino da Duns Scoto, attribuendo la maggior parte ( anche del merito ) alla grazia di Dio, ed esige che l'uomo non si glori del buono che c'è in lui.

Naturalmente egli non accetta, da buon cattolico, che nell'uomo non vi si trovi che peccato.

Nella sua famosa replica del De servo arbitrio Lutero ha, ingiustamente, deformato le tesi di Erasmo.

8. Da parte ecclesiastica non si procedette tuttavia contro il pericolo latente nell'atteggiamento di spiriti come Erasmo, nei confronti del dogma e della Chiesa.39

Segno davvero caratteristico per questo tempo, che, anche per quanto concerne taluni capi della Chiesa, era così profondamente dominato dalla mancanza di chiarezza teologica, da non considerare gran che pericoloso l'intellettuale, l'erudito, il poeta e il saggio, anche se la sua opera metteva in pericolo le fondamenta dell'esistenza cristiana, oppure da minimizzarne l'incombente minaccia.

L'insidia del relativismo ( la « tiepidezza » di cui parla il Vangelo ) si era profondamente infiltrata nella Chiesa stessa; minacciava una vasta auto-disgregazione dall'interno.

In questa direzione si muove anche l'effettivo influsso del pensiero di Erasmo.

Da questo punto di vista il tremendo colpo della Riforma che divise l'umanesimo e scosse nella Chiesa molti dalla loro spensieratezza umanistica, dal disinteresse relativistico e dalla sopravvalutazione della cultura nei confronti della fede, costringendoli a mantenersi vigili, assume, nel senso della redenzione portata da Cristo, un profondo significato positivo nel piano salvifico di Dio.

Indice

29 Egli liquidò il tentativo del concilio di Basilea di democraticizzare la costituzione della Chiesa, alleandosi con Federico III ( 1445 ) e con i Prìncipi elettori ( Concordati dei Prìncipi 1447 ); cfr. § 66.
Un'azione frenante fu esercitata naturalmente dalla Pram-matica Sanzione di Bourges ( 1438 ).
30 Le sue rimanenti opere le eseguì quasi esclusivamente in monasteri e chiese dei domenicani ( Cortona, Perugia ); San Marco a Firenze con i suoi affreschi, oltre 40, illustranti la passione del Signore e con figure di santi, costituisce l'insieme più avvincente.
31 Sin dal primo Medioevo la riproduzione dei testi era sempre stata il fondamento della cultura.
Ora i libri riscoperti diventano la fonte della nuova cultura.
Cfr. Cusano, Fico della Mirandola, Lorenzo il Magnifico.
Nel secolo XVI i raccoglitori di libri sono innumerevoli.
L'umanista è, per definizione, bibliofilo e raccoglitore di libri.
32 Si pensi alla perfetta assurdità e all'incongruenza religiosa risultanti dal nome del costruttore sulla facciata di una cattedrale gotica.
Non se ne troverebbe minimamente il posto.
33 Le prime manifestazioni si ebbero presso la Cancelleria di Stato di Praga sotto Carlo IV ( 1347-78 ); ivi si trovarono Cola di Rienzo e Petrarca e negli anni 1442-50 Enea Silvio Piccolomini ( il futuro Pio II ).
34 Anche le università di Praga, di Heidelberg, di Vienna e di Ingolstadt, che nel loro complesso erano permeate dello spirito del tardo Medioevo, ricevettero un nuovo impulso dal primo umanesimo.
35 Al primo posto va qui ricordato Aibrecht Diirer ( + 1521 ), il più tipico rappresentante del rinascimento tedesco; accanto a lui altri maestri di Norimberga come, per esempio Peter Vischer, Veit Stob ecc.
La pietà popolare invece si esprime con maggiore efficacia nelle opere di Mattia Grunewaid ( + 1525 ) o di Tilman Riemenschneider ( + 1531 ).
In questi artisti pero sono riscontrabili anche influssi della cosiddetta pre-Riforma, per es., di Wessel Gansfort ( § 67).
36 Ai suoi contemporanei il suo sapere sembrava cosi straordinario, che la sua fama quale « luce del mondo » ( così si espresse Hegius dopo essersi recato da lui in pellegrinaggio ) oscurò quella di Cusano.
37 V. sopta, p. 72 ( § 76, III, B ) e sotto, p. 80 riguardo alla confusione teologica.
38 Soltanto ai principianti Erasmo concede l'aiuto della realtà sensibile.
39 Soltanto la facoltà teologica di Parigi condannò nel 1527 trentadue proposizioni relative alla punizione degli eretici, che Erasmo respinse, a ragione, come non-cristiana.