La storia della Chiesa

Indice

II. Risultanze

1. Lutero aveva giustamente riconosciuto che il Vangelo gravita attorno a poche cose.

Egli tenne conto di ciò operando la « scelta » appena ricordata.

La sua dottrina, pertanto, è di una semplicità seducente.

Assieme alla mancanza di compromesso, con la quale egli sostiene generalmente le sue opinioni, ciò conferisce alla sua dottrina l'attrattiva del radicalismo; si adatta squisitamente a parole di straordinaria efficacia: la « parola », la « dottrina pura », i « vincolati nella coscienza », la « libertà del cristiano », il « Vangelo » contro la « legge » e gli « ipocriti » e la « giustificazione attraverso le opere ».

Lutero prende un punto centrale - la fiducia religiosa nel Padre attraverso Gesù crocifisso ( teologicamente: la giustificazione ) - e lo ritiene il tutto.

Una « semplificazione liberatrice », ma anche una violenta amputazione, un decisivo impoverimento.

Non si può dire però che questa « semplificazione » sia stata attuata sempre con coerenza: perfino l'indagine protestante su Lutero, specialmente quella del secolo XIX, parla spesso di una mancanza di unità in Lutero.

2. Il rapporto tra la dottrina riformata e quella cattolica si può esprimere correttamente con la formula: l'« et » cattolico si contrappone al « solo » protestante.

È necessario però salvaguardare questa formula da una falsa interpretazione da lungo tempo usuale.

Questa formulazione cattolica è « più evangelica » di quanto si creda.

Le formule esclusive protestanti « solo » e « soltanto », stando alla Scrittura, non possono essere prese in senso assoluto.

Esse però hanno un grande valore in quanto mettono in particolare risalto qualcosa di centrale.

Sola Scriptum significa il fatto decisivo che ogni verità cristiana è contenuta nella Scrittura.

Questa, intesa bene, è anche dottrina cattolica.

Per questo, per esempio, anche Tommaso d'Aquino usa senza esitazione l'espressione sola Scriptum.

Al contrario, l'« et » cattolico non intende soltanto una differenza quantitativa, un più o meno nella dottrina della fede; nel suo vero senso non è da intendere in senso additivo, quasi che, secondo la dottrina cattolica, esistano nella Rivelazione due entità in sé distinte, le quali soltanto attraverso la loro unione diano l'intera Rivelazione.

Scrittura e Tradizione, per es., non sono realtà reciprocamente estranee o completamente differenti.

La Tradizione non è una fonte di fede indipendente dalla Scrittura.

La Tradizione nella Chiesa è « l'intera vitale trasmissione della verità nella chiesa gerarchica, il cui organo centrale è la Scrittura ispirata ».

La Scrittura deve essere spiegata.

Essa mantiene il suo senso vero e pieno soltanto se « rimane immersa in questa Tradizione viva della Chiesa » ( Bouyer ).

L'« et » cattolico è da intendere come spiegamento dinamico di più elementi da un'unica radice.

3. L'interpretazione funzionale dell'« et » cattolico porta ad affermare lo speciale sacerdozio sacramentale cattolico con il magistero ecclesiastico, accanto al sacerdozio universale di tutti i fedeli, e con ciò alla differenza in fondo decisiva tra « riformatore» e « cattolico »; si tratta di un concetto di Chiesa differente.

E precisamente tale che il cattolicesimo realizza pienamente il precetto biblico di essere uditore della parola predicata dagli Apostoli e dai vescovi loro successori, mentre le chiese riformate si arrogarono ( e si arrogano ) il diritto di stabilire, in base alla Scrittura normante, quale contenuto e quale ampiezza debba avere ciò che va udito.

Nello stesso tempo si manifesta un'insufficiente comprensione della Chiesa come realtà sacramentale ( e sacramentalmente generante ) e dell'idea sacramentale.

Il rifiuto del magistero vivente - che non è un'entità giuridico-intellettualistica bensì profetico-sacramentale - ha portato necessariamente a una progressiva insicurezza e alla scissione in seno al protestantesimo.

Si è rivelato pericolosa forza dissociativa dell'elemento puramente personalistico-interiore.

Il soggettivo non ha solo dei valori; senza un sufficiente legame all'oggettivo, esso porta facilmente al caos dell'iperspiritualismo e dell'interiorismo esasperato ( razionalismo, spiritualismo ).

Così anche l'unilateralità di Lutero è venuta a soggiacere al pericolo

a) di contraddizione interna, che più volte è emersa nel corso dei secoli,

b) di capovolgersi nella posizione opposta.

a) Contraddizione interna.

1) Una prima contraddizione interna era questa: partendo dall'esperienza, unica e personalissima, di determinate difficoltà teologico-religiose da una parte e dalla certezza della salvezza da essa derivate, Lutero fece un'esposizione oggettiva di ciò che era dal punto di vista ecclesiale universalmente obbligante.

Un caso del passato, storicamente contingente e soggettivo, venne elevato a norma universale.

2) Qui sta l'addebito filosoficamente e storicamente più grave da farsi alla dottrina di Lutero.

Col suo esempio e con la sua dottrina, negando il magistero costituito e la Tradizione, egli erige la coscienza del singolo a giudice del contenuto della Bibbia e quindi dell'annuncio della fede cristiana.

Ma ciò non va inteso come abbiamo già detto, stando alle intenzioni di Lutero nel senso di proclamazione della coscienza autonoma come è stato fatto dal secolo XVIII fino al XX.

Lutero infatti non solo è convinto di essere personalmente vincolato dalla parola oggettiva di Dio, ma contemporaneamente egli vincola anche i suoi seguaci, mediante una professione obbligatoria.

Lutero rifiuta radicalmente a tutti gli altri la libertà dell'esegesi scritturistica che egli stesso esercita, e non solo ai cattolici, ma anche agli altri movimenti protestanti: a Zwinglio, ai « sacramentati », agli anabattisti, ecc.

Ciò significa che un dogmatismo soggettivo o un soggettivismo dogmatico è il fondamento del luteranesimo.

Per una felice inconsequenzialità e soprattutto in virtù della forza indistruttibile che emana dalla persona del Signore, quest'impossibilità logica poté diventare una unità vivente - quale si è realizzata attraverso i secoli a partire da Lutero - ma la contraddizione interna non scomparve per questo.

Il continuo dissolversi del protestantesimo in molteplici movimenti ha proprio qui la sua origine.

Contro la sua volontà, ma con uno sviluppo conseguente, Lutero è diventato il padre della coscienza autonoma e con essa del protestantesimo liberale ( von Loewenich ).

3) Prescindendo dal contenuto della dottrina di Lutero, la sua debolezza maggiore sta nel difettoso legame tra fede e morale.

La proposizione: Pecca fortiter, sed crede firmius è di Lutero.

Chi tuttavia traesse la conseguenza che Lutero, come sistema, non abbia attribuito alcun valore alla vita religiosa e morale, esplicantesi nelle buone opere, farebbe un grave torto a lui e al protestantesimo.

La proposizione è una concentrazione esagerata e pericolosa della convinzione che la fede è la sola cosa che serve alla salvezza e che vince anche il peccato ( come sant'Agostino: ama e fa' ciò che vuoi ).

La vera fede può e deve condurre per se stessa anche a una vita cristiana, e lo fa.

Ma qui incomincia la difficoltà di principio.

Il fatto è che con la tesi della giustificazione per la sola fede, nella questione della salvezza, la morale rimaneva per lo meno sottovalutata, anzi diventava qualcosa di accessorio.

Tutto ciò, insieme con la lotta spietata contro « le opere », ha favorito abbastanza spesso le manifestazioni dell'elemento istintivo dell'uomo.

Le lagnanze di Lutero che gli venisse attribuita una dottrina « secondo la carne », come liberazione dai legami morali, e le sue ben note, accorate espressioni circa la vita morale che gli sembrava divenuta peggiore sotto il Vangelo di quanto lo fosse stato sotto il papato, ci dispensano da ogni ulteriore prova.

La convinzione: « la mia volontà non è libera, e non può compiere assolutamente nulla di positivo in ordine alla salvezza; la concupiscenza è invincibile » ha fatto sorgere troppo spesso e con logica conseguenza, l'interrogativo: a che sforzarsi tanto? perché non lasciarsi andare? e nasconde oggettivamente in sé il pericolo del quietismo e del libertinismo.

Dobbiamo aggiungere qui che il luteranesimo, quando si rimase fedeli alla sua serietà religiosa ( nella casa del pastore luterano, ad esempio, e nella sua cerchia ), ha ben saputo vincere positivamente nel corso dei secoli questa minacciosa conseguenza, dando prova esemplare di vita cristiana.

b) Capovolgimento di posizioni:

1) il protestantesimo è quasi puramente fideistico e ha portato al razionalismo;

2) vuoi far valere solo il soprannaturale e ha indebolito, anzi distrutto, il concetto di rivelazione;

3) voleva santificare la vita naturale-civile ed è giunto alla secolarizzazione della civiltà.

1) I riformatori non hanno tirato fuori la Bibbia da sotto il banco, come affermò Lutero e, dopo di lui, migliaia di suoi seguaci.

Vero è, però, che essi seguirono il forte impulso e il grande esempio dato loro da Lutero su questo punto: essi lesserò la Bibbia con fervore e intesero la Parola come forza di Dio operante in noi e la predicarono instancabilmente alla lettera.

Il protestantesimo fino ad oggi e persino tra le file dei più liberali ( personalmente almeno ) ha avuto una maggiore venerazione pratica per il Libro sacro.

È anche vero che tale esempio ( e la necessità della difesa ) ha maggiormente avvicinato i cattolici alla Bibbia, fomentandone la lettura, anche se in maniera non ancora sufficiente, fino ai nostri giorni.

Ma anche qui si rivela ancora una volta il pericolo letale dell'unilateralità eretica: il protestantesimo voleva bandire radicalmente la filosofia ( fideismo ) dalla religione ( la « meretrice ragione » ); voleva essere solo immediatamente biblico-religioso.

Quanto esso ha operato, in tal senso, con la scoperta di categorie bibliche costituisce tutto un insieme di grandi meriti.

Rimane tuttavia il fatto - sempre considerato da studiosi di fede evangelica un titolo d'onore - che il protestantesimo, le sue chiese e soprattutto la sua teologia, a partire dal secolo XVI, si son trovate sempre in stretto contatto con la filosofia di volta in volta contemporanea e in dipendenza da essa.

Inoltre nel protestantesimo la realtà religiosa, annunciata dalla Bibbia, fu concepita con una pericolosa unilateralità: a Lutero ( e al protestantesimo in generale ) manca la comprensione per la posizione centrale dell'elemento sacramentale nel Vangelo e nella Chiesa ( sopra § 82,II,7a ).

Egli riconobbe e conservò invece il Battesimo e l'Eucaristia, ma in realtà ha valorizzato soltanto la « parola » della Scrittura.

Del resto anche il riconoscimento unilaterale della Bibbia come autorità religiosa ha causato dei fatali capovolgimenti di posizione: dalla valorizzazione parziale del canone biblico - compiuta da Lutero con criteri puramente religiosi ( non scientifici ) - fino all'innumerevole varietà di posizioni dell'odierna critica biblica protestante, il protestantesimo, attraverso una paradossale, seppur naturale, reazione al pericolo razionalistico, è giunto all'interpretazione diametralmente opposta, sia della figura del Signore, sia della sua dottrina, sia del battesimo, come anche alla distruzione scientifica del valore storico e dell'unità della Bibbia in genere.

2) La causa più profonda di questo capovolgimento sta nel fatto che contraddice al concetto di rivelazione il rivolgersi contro di essa.

Nel regno della natura un rivolgersi contro l'ordine esistente ha talvolta anche una sua giustificazione.

Nel campo della Rivelazione radicalmente indipendente dall'uomo - e quanto spesso gli stessi novatori religiosi l'hanno affermato! - non ci può mai essere diritto per una simile rivolta.

Nel campo naturale i fenomeni morbosi potrebbero dissolvere l'organismo.

Nel campo della Rivelazione cristiana soprannaturale no.

Poiché le è stato promesso che le porte dell'inferno non prevarranno e nella figura della Chiesa è Cristo che sopravvive: dunque la Chiesa, nella sua realtà essenziale, non può mai venir meno alla sua verità e santità.

La Chiesa santa è anche la Chiesa dei peccatori.

Molte cose in essa, e anche nei suoi ministri, sono esposte al peccato; ma nel suo nucleo centrale, protetto dallo Spirito Santo, la Chiesa non può peccare e deflettere dalla verità.

Gli abusi a carico della Chiesa e nella Chiesa stessa, e perfino l'oscuramento della sua dottrina, rendono bensì d'obbligo la critica e l'esigenza di riforma, ma entro l'unità; essi non possono mai giustificare un rifiuto o una scissione della Chiesa stessa, neppure qualora dovessero crescere in misura spaventosa, come avvenne alla fine del Medioevo.

Nessun fenomeno, nella storia della Chiesa, ha provocato tanto oscuramento del concetto e della funzione della Rivelazione, in modo così paradossale e pur contro lo scopo coscientemente perseguito, quanto il protestantesimo che, proprio in nome di quella Rivelazione, sferrò il suo attacco contro la Chiesa.92

3) Secolarizzazione della civiltà: il protestantesimo ha fortemente accentuato la dignità della professione civile, come servizio di Dio.

Contro le affermazioni protestanti si deve costatare che ciò coincide con la posizione di fondo della dottrina cattolica.

Va rilevato, naturalmente, che nel tardo Medioevo essa era stata assai oscurata.

È un merito cospicuo, poi, che il protestantesimo sia riuscito ( e lo abbia attuato nel suo ambito ) là dove il Medioevo aveva fallito in modo così massiccio, cioè a declericalizzare la pietà cristiana, vale a dire a formare secondo il Vangelo il cristiano-laico adulto.

Solo che l'atteggiamento unilaterale del protestantesimo è degenerato anche in questo caso nel contrario: anche qui vi furono, è vero, i grandi movimenti del calvinismo, del metodismo e del pietismo che avevano raggiunto una cristianizzazione considerevolmente profonda di tutta la vita pubblica e privata delle masse da essi conquistate, ma questa non era la regola.

Anzi, invece di inserire l'elemento laicale-civile nella pietà, ne ha operato, dopo vari secoli, la laicizzazione.

Ne fanno prova i successivi sviluppi della civiltà moderna, della quale il protestantesimo stesso ha reclamato spesso, a gran voce, la paternità, così che non si può porre in dubbio la paternità metodica delle conseguenze enunciate.

Ciò fa sì, storicamente, che il cattolicesimo sia meno direttamente responsabile dell'acuta laicizzazione della civiltà moderna; tuttavia ciò non scusa la sua mediocrità ne i suoi errori se, dopo tutto, non è riuscito, per parte sua, a ricondurre la civiltà al messaggio cristiano, o se neppure l'ha tentato.

La tragedia di tutti questi contraccolpi, che sono tra loro strettamente connessi, si fonda sul rapporto di fondo che Luterò ebbe con la religione.

Come nel processo della sua personale evoluzione religiosa, così anche nel suo sistema, hanno la precedenza l'esperienza e l'aspirazione dell'uomo, nonostante affermazioni teoretiche in contrario.

È vero che si esalta Dio, come causa unica, totale, mentre l'uomo viene ridotto a nulla.

Ma primariamente ed inevitabilmente è lo sforzo dell'uomo che viene valorizzato.

La lode di Dio, elemento oggettivo, non costituisce il fondamento.

Questa in sostanza, è concepita come antropocentrico-moralistica e non come teocentrica.

La logica conduce Lutero ad una religiosità più intensa, non ad una religione più essenziale.

Ne risulta quella situazione grottesca, tanto lamentata dagli stessi cristiani evangelici, per cui nella religione della « sola fede » l'uomo che conduce una vita corretta è considerato un buon cristiano.

4. Lutero rivela tutta la pericolosità del soggettivismo unilaterale, peculiare all'istinto particolaristico dei tedeschi.

Un altro difetto tedesco si rivela nella mancanza di senso politico.

Egli non si accorse come fosse impossibile costruire una comunità universale con una stabile dottrina su una base così angusta e così inesattamente definita, quale quella costituita dal suo concetto di chiesa, di tendenza ( nonostante tutto ) in certo qual modo « spiritualistica ».93

Inoltre, nell'unilaterale sopravvalutazione della sua istanza basata sulla coscienza e sulla Scrittura, ebbe scarsissimo interesse per il diritto del "già storicamente avvenuto".

Egli spezzò la continuità di ciò che era venuto crescendo attraverso i secoli.

Certo, il giovane Lutero possedeva sensibilità notevole per il diverso carattere del pensiero teologico ed ecclesiastico nelle diverse epoche; ma gli mancava la comprensione del processo organico di sviluppo che vi è immanente ed è guidato da Dio.

Sulla base di cognizioni storiche, che in quel tempo erano necessariamente insufficienti, il suo sapere si arrogò il potere sulla vita: dodici o quattordici secoli vennero eliminati dallo sviluppo storico come contraddicenti all'essenza della Chiesa fondata da Cristo.

Dal punto di vista della storia dello spirito, siamo qui di fronte al tentativo di un singolo uomo di compiere un salto a ritroso di 1400 anni, con la pretesa di trovare i princìpi vivi che determinarono nei primi secoli il contenuto e il ritmo di vita della Chiesa: un tentativo che a priori doveva essere condannato a fallire.

Dal punto di vista teologico, egli presuppone che il Signore abbia, sin dall'inizio, permesso alla sua Chiesa di errare.

5. Il risultato dell'opera di Lutero non fu quindi, come egli credeva, una restaurazione del cristianesimo primitivo, ma ( nel senso già accennato ) una rivoluzione.

Non pochi protestanti, pur con spiegazioni diverse, oggi lo ammettono.

In tal modo però viene a cadere quella giustificazione a cui Lutero sempre si richiamava.

Con quest'ammissione si ha la confutazione più severa delle pretese di Lutero, per lo meno fin quando ci si attiene alla comprensione, per Lutero univocamente dogmatica, di un cristianesimo unitario nella dottrina.

Se si abbandona questa base necessaria per l'esistenza stessa del cristianesimo, si rinuncia alla stessa Riforma come dottrina.

Essa viene abbassata ad un punto di partenza, che dovrebbe sottoporsi ad un processo sempre da svilupparsi nuovamente e da alimentarsi con sempre nuovi contenuti, ma pur sempre storicamente contingente.

È dimostrabile che questa è una conseguenza logica delle posizioni di principio della Riforma; ma non si tratta del loro compimento, bensì della loro eliminazione.

6. Vogliamo sottolineare ancora una volta che l'opera di Lutero è ricca di elementi cristianamente assai positivi: l'elemento cristocentrico del suo fondamento, cioè la fede divina in Gesù Cristo crocifisso, la quale ci salva dalla dannazione del peccato; la sua alta valorizzazione della Bibbia, la sua molteplice e ricca esegesi; la sua serietà religiosa all'insegna della croce.

Tra gli effetti esercitati sulla Chiesa cattolica sono da annotare, come frutti positivi: il pratico appello ai cattolici e ai loro pastori di destarsi; più tardi il controllo della vita della Chiesa provocato dalla concorrenza, il quale contribuì ad eliminare a poco a poco i precedenti abusi.

Ma venne maturandosi anche una serie di tristi risultati per la Chiesa: a causa della confusione delle soluzioni e della reciproca esasperazione delle confessioni, la forza religiosa stessa si affievolì.

Risultato più profondo: il cristianesimo fu diviso, quindi fu offesa la volontà esplicita del Signore.

La Chiesa fu molto contratta nella sua forza di espansione ( nelle missioni e nella crescente lotta nel mondo civilizzato ).

A quest'indebolimento è sostanzialmente imputabile l'indisturbata avanzata dell'incredulità.

Una dimostrazione esplicita la da l'illuminismo e una più concreta il secolo XIX.

Il fatto più deplorevole che, a partire dalla Riforma, caratterizza immediatamente tutta la storia della cristianità e più particolarmente il paese della Riforma, la Germania, è la divisione in due campi cristiani in antagonismo tra loro.

Esiste, però, la forza del Testamento di Gesù Cristo ( Gv 17,21ss ) ed esiste Dio che può creare l'unità contro ogni resistenza dell'uomo, fatto di cui oggi si moltiplicano i segni premonitori nell'adempimento del comandamento cristiano dell'amore verso i fratelli separati.

7. Quando si parla di « spiritualismo » ( sopra cap. 4 ) occorre anche salvaguardare questo termine da equivoci.

Lutero non era affatto uno spiritualista.

Qui si usa il termine ( come dimostra il testo ) in un'accezione approssimativa.

Nel suo senso pieno esso può essere applicato a ragione ai fanatici ( nell'epoca moderna se ne danno più esempi ); riferito a Lutero o, in genere, alle grandi chiese della Riforma, significa che esiste una profonda tendenza a limitare la realtà ecclesiastico-religiosa all'interiorità e a sottovalutare invece la realtà corporeo-materiale, visibile, il singolo atto di pietà, a ritenerli nocivi o poco importanti.

Non può esservi dubbio: ciò non corrisponde al contenuto globale della Scrittura.

Di questo spiritualismo mitigato, comunque, porta una grossa responsabilità il cattolicesimo.

L'elemento « spiritualistico » della Riforma era una reazione comprensibile nei confronti dell'estrema cosalizzazione della pietà nel tardo Medioevo e di certe corrispondenti concezioni teologico-pratiche che giungevano sino all'opus operatum, grossolanamente esteriorizzato e giurisdizzato, dei sacramenti, dal macchinoso apparato ecclesiastico dei pellegrinaggi e delle indulgenze, alla pretesa possibilità di azione nel regno di Dio dell'al di là a suffragio dei defunti.

8. In tutta questa esposizione non abbiamo ancora trattato direttamente del tema, cui abbiamo già accennato all'inizio, del Lutero cattolico.

Esso non va dimenticato.

Avevamo sottolineato come fondamentale una distinzione tra le aspirazioni religiose di fondo di Lutero e le loro formulazioni teologiche, perché queste ultime non rappresentano sempre delle rappresentazioni adeguate di quelle.

Esse non sono neppure unitarie.

Come già s'è detto, non esiste una dottrina di Lutero.

La contraddittorietà, quasi incredibile di cui da 400 anni risentono le ricerche su Lutero, documenta questa tesi e ne puntualizza contemporaneamente la portata.

Va poi data particolare importanza al fatto che partendo dal punto che stava maggiormente a cuore a Lutero, la giustificazione per la sola fede, nessuna strada teologicamente convincente porta al suo rifiuto della Chiesa gerarchico-sacramentale.

Due problemi particolari rivestono in questo contesto una specifica importanza:

1) la riconciliazione delle formulazioni di tono giuridico relative alla giustificazione con quelle relative ad un mutamento interiore;

2) la puntualizzazione del carattere di eccezione delle tesi radicali sull'assoluta incapacità della volontà umana nel De servo arbitrio di fronte alla convinzione fondamentale di una cooperazione da Dio donata e richiesta all'uomo credente nel contesto delle dichiarazioni che precedono e che seguono quest'opera.

La dottrina di Lutero per cui nulla serve, o può servire al processo salvifico se non attraverso Dio, attraverso la sua grazia, quindi nella fede, questo suo articolo fondamentale ( così egli lo definiva ) è una dottrina del tutto cattolica.

Ma anche altre formulazioni riguardanti il « peccato che rimane » in chi è giustificato, che Lutero enuncia in rapporto alla lettera di san Paolo ai Romani e con ciò il famoso justus simul et peccator, permettono benissimo un'interpretazione cattolica ( così come potrebbero esser confortate da paralleli desunti da san Bernardo di Chiaravalle o dal cardinal Pole [ sopra, § 83,II,7b ] ).

Tenendo presente tutto ciò s'impone il problema già una volta accennato ( § 82,II,9 ), di ricavare dall'imponente mole di tutta l'opera di Lutero il vero e proprio riformatore e controllare le sue dottrine in relazione all'intero contenuto della Scrittura ed eventualmente correggerle.

Ciò che occorre fare perché il risultato sia valido è un concorde lavoro di entrambe le confessioni.

Ma già oggi non sembra più utopistico l'affermare che il Lutero cattolico è una realtà notevolmente maggiore di quanto si fosse finora ritenuto.

Per il problema della giustificazione siamo già a buon punto.

Ma neppure nel problema dell'autorità della Scrittura di fronte alla Tradizione, nel problema dei sacramenti in relazione alla parola, nel problema della natura del ministero ecclesiastico e dell'autorità ecclesiastica, luteranesimo e cattolicesimo si escludono a vicenda.

È un fatto di primaria importanza per la storia della Chiesa ( cosa che realmente dovrebbe trovare espressione solo alla fine della nostra corsa attraverso i secoli ) che la ricerca cattolica si lasci oggi realmente interrogare dalla Riforma.

Essa così ripensando nuovamente le proprie posizioni e comprendendo in maniera più acuta - perché più profonda - la sua realtà cattolica, scopre che molte asserzioni di Lutero non erano eretiche.

Quanto più noi scindiamo, motivatamente, le difettose soluzioni teoriche e le rappresentazioni pratiche della Chiesa del tardo Medioevo da ciò che è legittimamente cattolico e autenticamente cristiano, tanto più spesso scopriamo la strada per una comprensione di Lutero molto più feconda di prima.

Ma Lutero stesso e i suoi seguaci fino ad oggi, si son ritenuti in molti punti, non necessariamente e indebitamente assai più non-cattolici ( nel senso di antipapali e antiromani ) di quanto lo giustifichino i fatti.

Si riscopre un Lutero più cattolico di quanto si pensasse.

9. Ora, se forse il problema della « responsabilità » non può esser eluso, esso deve, comunque, venir limitato alle effettive proporzioni del suo significato e deve venire disintossicato mediante una più alta problematica storica.

Dobbiamo renderci conto ancora una volta per quale fatalità avvenne nel secolo XVI la scissione della fede che colpì tutto l'Occidente.

Fatale, poiché essa sorse e prese vigore da cause infinite e profonde, che sottendevano per più aspetti tutta la vita, cause nascoste e palesi, secolari e recenti; essa sorse da disposizioni ereditarie e da cattive abitudini acquisite, da buona volontà falsamente orientata e da raffinata malizia, da debole tiepidezza e dal più duro egoismo, dalla mancanza di fede e dall'amore divenuto impotente.

Esaminiamo i fatti.

Osserviamoli in profondità.

Soltanto chi è cieco può negare i valori culturali e spirituali degli ultimi 400 anni - anni della divisione confessionale; - e solo chi svuota nel modo più radicale il concetto di « Provvidenza » può rifiutare loro un senso nel piano salvifico di Dio.

Ma tutto ciò non cancella la divisione.

E la cosa più tremenda e perniciosa rimane proprio questa scissione con le infinite afflizioni, le discordie e l'indebolimento che essa ha arrecato alla cristianità.

Dobbiamo soffrire insieme la tragedia di questa situazione.

Da questo proviene quel profondo senso di responsabilità che non si accosta a queste cose con arroganza; anzi, al contrario, le tratta con ogni cautela.

La pace confessionale acquista allora un intimo valore autonomo, che la toglie dall'atmosfera delle faziosità di parte, delle considerazioni economiche e della tolleranza meramente esteriore, facendo di essa un problema di coscienza, più ancora di cuore, nel senso della formula programmatica cristiana « professare la verità nella carità » ( Ef 4,15 ): l'unica garanzia che protegge questa pace confessionale e che può aprire la strada alla riunificazione dei cristiani.

Solo se visto così, il problema è posto nella luce voluta dal Fondatore, espressa da Gv 17,21 : affinché siano tutti una sola cosa.

Indice

92 La verità storica esige questa precisazione.
Che a larghi strati del protestantesimo sia sempre riuscito e riesca tutt'oggi di ovviare alle conseguenze anticristiane è una prova grandiosa della forza immanente della Rivelazione del Cristo, cosa che ogni cristiano deve costatare con gioia.
Ma la minaccia di fondo rimane.
E si può scoprirla anche nell'odierna ricerca riformata in quantità veramente impressionante.
93 Questa « insicurezza » tuttavia, rappresenta, a tutt'oggi, per molti teologi protestanti, un particolare pregio di conio prettamente biblico.