La storia della Chiesa

Indice

Capitolo secondo

La riforma cattolica

§ 85. Caratteri generali

1. Lo studio della storia della Riforma del secolo XVI non può provocare nel cattolico che un senso di costernazione.

Le perdite e le sconfitte si susseguono in misura impressionante.

Per alcuni la colpa è da attribuirsi a una deplorevole deficienza da parte cattolica.

Le energie cattoliche erano esaurite?

2. Sono l'influsso della storiografia protestante ci si è abituati a suddividere il secolo XVI e la prima metà del secolo XVII in Riforma e Controriforma.

Ma al di fuori della Controriforma propriamente detta, esiste un altro movimento di opposizione alla Riforma, che è assai più importante per la Chiesa e la sua storia: la Riforma cattolica94

Al di là dell'immane realtà delle deficienze da parte cattolica, e delle vittorie riportate dalla Riforma, non dobbiamo dimenticare la Riforma cattolica: occorre considerare i due fatti congiuntamente.

Sin dall'inizio va rivolta l'attenzione anche sul risveglio che conosce la vita cattolica.

Se si guarda con parametri storici di ampio respiro, si tratta ( nonostante le significative opere singole attuate da religiosi, preti, secolari e laici ) di tentativi per nulla appariscenti.

Ma è un rinnovamento; e il risultato, nella seconda metà del secolo e nel secolo XVII, è imponente.

I. Le prima manifestazioni di Riforma nel secolo XVI

1. La Riforma cattolica del secolo XVI, della quale ora dobbiamo parlare e che doveva avere un esito positivo, scaturisce da radici proprie, interne della Chiesa; è una realizzazione cattolica positiva e non è stata provocata dall'attacco protestante.

La prova: a prescindere dai fenomeni di rinnovamento già ricordati durante il Medioevo, nel clero secolare e regolare e nell'ambito della pietà popolare - che nonostante le loro deficienze, pure in molti luoghi, erano come il seme di un futuro raccolto - le prime manifestazioni dalle quali derivò, come conseguente sviluppo, la Riforma cattolica sono antecedenti alla Riforma protestante; altri fattori, a cui va ascritta essenzialmente la rinascita interna della Chiesa, sorgono indipendentemente da essa ( Ignazio e il suo Ordine; Teresa di Gesù § 88 e § 92 ).

E i risultati non sono solo negativi e in funzione della difesa del cattolicesimo, ma hanno carattere nettamente positivo e costruttivo: si tratta di un'effettiva rinascita della pietà cattolica.

2. Accanto a questa naturalmente, come abbiamo già riconosciuto a sufficienza, esiste un'altra radice molto profonda dell'attività cattolica di riforma del secolo XVI: l'attacco protestante.

E la prova più ampia ci viene offerta dal complesso delle « cause della Riforma » che avevano reso pressoché inevitabile la protesta riformatrice.

L'opposizione contro la necessaria riforma della Chiesa ( concilio, § 89 ) che ci riesce così difficile comprendere, condotta dall'interno stesso della Chiesa e in particolare dalla curia, da un peso particolare a questa prova.

Attraverso l'attacco protestante molte forze cattoliche sopite si ridestarono, la Riforma cattolica fu quasi forzata e affrettata, continuamente tenuta desta e orientata.

La Chiesa minacciava di naufragare: l'istinto vitale cattolico reagì.

Al concilio di Trento si può toccare con mano questa interazione.

3. Questo istinto vitale, nel suo significato più profondo, non è se non l'indefettibile forza della santità interiore che la Chiesa porta in sé; essa costituisce la vera e propria matrice dell'intero rinnovamento, la premessa assoluta per il suo sorgere e la sua riuscita.

Come in tutte le svolte decisive della vita della Chiesa, essa si espresse anche qui attraverso un rifiorire dell'ascesi; alla secolarizzazione si reagì con le esigenze di una più alta perfezione spirituale.

Qui bisogna prendere la parola ascesi nel senso più ampio e più profondo.

Nel significato più preciso del termine e senz'alcuna rarefazione spiritualistica fu realizzata una theologia crucis cattolica.

Una theologia crucis che non dimentica, naturalmente, il Risorto vittorioso.

Bisogna ben ammettere che quando si riuscì a diffondere la Riforma, il sacramento - che era assicurato nella dottrina - entrava solo in maniera insufficiente nella spiritualità;95 ne ricevette impulso il moralismo.

Non va neppure dimenticato, che a causa del deserto morale-religioso in costante aumento soprattutto in Germania durante il secolo XVI, il compito si poneva in maniera così elementare, che spesso non si poté fare a meno che accontentarsi delle esigenze più rudimentali.

L'istruzione e lo studio elementari rappresentavano un'urgente necessità di fronte agli sterminati disordini.

La crisi è sentita diversamente dagli spiriti migliori e li porta ben presto, secondo le diverse impostazioni, alle altezze della fede eroica; lo vedremo più avanti.

Sin dall'inizio però, in pieno Rinascimento e di fronte alla critica spesso irreligiosa di molti umanisti, si fissò un programma: non criticare gli altri, ma migliorare se stessi; non cambiare le istituzioni della Chiesa, ma riformare i loro rappresentanti.

Il male consisteva soprattutto nella mondanità del clero; la riforma del clero divenne perciò la grande parola d'ordine.

E sempre di nuovo bisogna includere nell'analisi la realtà della communio sanctorum: la grande letteratura e i circoli orientali in senso ascetico-mistico, le congregazioni che si formano attorno al concetto del « divino amore », dei « consigli evangelici » nuovamente esaltati e delle « gioie della vita di preghiera » ( Giustiniani ), sono quasi come un flusso di vita soprannaturale che feconda il terreno arido e sterile per una novella fioritura.

4. Nonostante le riserve già espresse e altre differenziazioni che ricorderemo, si può dire che il successo di tale riforma fu insperabilmente grande, anche se molto diverso, secondo i paesi.

Si ebbe così la prova più convincente dell'importanza dell'organizzazione ecclesiastica nella vita religiosa.

I diversi sviluppi in Germania da una parte, in Italia e nella Spagna dall'altra, lo dimostrano.

Al di qua delle Alpi lo spirito mondano si era affermato su più vasta scala che non in Germania; la curia e il collegio dei cardinali n'erano impregnati nella misura scandalosa che conosciamo.

E tuttavia il rinnovamento cattolico in Germania fu molto più lento che nel sud e, in massima parte, dovette essere fomentato da forze straniere.

Cerchiamo di spiegare, almeno in parte, questo fatto:

1) Gli italiani, nonostante la mondanizzazione, nel complesso avevano conservato intatta la Chiesa e le sue strutture, l'autorità d'ordine divino e i mezzi di grazia.

In Germania comune era invece l'atteggiamento personale-soggettivo nella pietà.

È chiaro che non si deve intendere questo « personale-soggettivo » soltanto in senso spregiativo.

Quell'atteggiamento poco vincolato all'autorità, invero, si manifesta anche nella pratica religiosa, prevalentemente non liturgica, con la sua massiccia fede nei meriti.

D'altra parte, nella pietà dei tedeschi troviamo anche quella maggiore serietà, di cui parla Clemens Maria Hofbauer.

Ma il prevalere dell'atteggiamento personale divenne decisivo quando in Germania ebbe inizio il distacco dall'autorità ecclesiastica, personificata dalla Roma lontana e straniera.

Si sa che i rappresentanti dell'alta gerarchia in Germania erano prìncipi-elettori e la loro vita fastosa non rappresentava che in maniera imperfetta e per nulla attraente l'autorità ecclesiastica.

2) Un secondo motivo: la Riforma anticattolica aveva conquistato la maggior parte delle forze della nazione, mentre il cattolicesimo si consumava in una difesa ben poco centrata; rimanevano a disposizione ben poche forze positive e nessuna grande personalità.

La Germania per questo, dal punto di vista religioso-cattolico, era assai più esaurita della Spagna, dell'Italia e della Francia.

3) A partire ali'incirca dalla metà del secolo, s'aggiunse, come causa immediata di debolezza, l'enorme scarsità di clero, causata in parte dalla caotica confusione conseguente alla Riforma.

Il livello religioso-morale di questo clero così decimato ( senza dire del livello teologico ) era spaventosamente ridotto.

L'opera cattolica di riforma intrapresa da sacerdoti tedeschi e stranieri, formatisi nel sud, nel « Germanicum » esigeva dedizione eroica in una snervante guerriglia quotidiana, senza speranza di nuove prospettive, in una situazione che, per molti anni ancora, andò sempre più peggiorando.

Molti resoconti di visite della fine del secolo parlano con forza commovente di queste situazioni.

5. A ciò corrispondeva anche, nel nord e nel sud, una diversa coscienza del proprio valore ecclesiastico, fattore questo che abbiamo sempre riconosciuto come determinante per il decorso degli avvenimenti.

Dopo la defezione di Lutero, la situazione dei cattolici in Germania non era gran che dissimile da quella di un esercito colto di sorpresa.

Si serrarono in certo qual modo le file, testimoniando un'ammirevole fedeltà alla Chiesa.

Ma il lavoro fu, per troppo tempo, puramente difensivo, sconnesso, più zelante che illuminato e preciso.

Mancava la coscienza del proprio valore e la fiducia in se stessi, cose che vengono da una grande riserva interiore.

Inoltre la curia deluse taluni dei suoi paladini più fedeli nel nord.

Il vescovo suffraganeo di Frisinga, Marius, nel 1538, dopo una vita dedicata interamente alla lotta contro la Riforma, non nutriva più alcuna speranza di salvezza, deluso dall'atteggiamento di Roma.

Il capitolo del duomo di Basilea contava espressamente sulla vittoria decisiva della Riforma.

Alla fine di una vita a servizio della Chiesa, da Cochlaus e da Eck ci vengono scoraggiate parole di rassegnazione ( § 90, 2 a e b ).

Diversa era la situazione nei paesi meridionali, almeno nei più alti circoli ecclesiastici, vicino al papa e alla curia.

Certamente fino agli anni trenta, anzi - per quanto riguarda Paolo III e Giulio III - ancora negli anni quaranta o persino cinquanta, non si erano compresi i pericoli che minacciavano la Chiesa attraverso la Riforma.

E soltanto in modo insufficiente si era colta la serietà della lotta religiosa, della fede e della preghiera della parte opposta.

All'inizio, per Leone X la Riforma non era che una bega di frati; su tali beghe egli celiava volentieri, senza preoccuparsene troppo.

Più tardi, le questioni di fede erano state sacrificate a considerazioni d'ordine politico ( Federico il Saggio, candidato della curia all'impero, § 81,III ).

Si era infine creduto di aver compiuto l'atto risolutore con qualche solenne condanna.

Anche il pontificato di Clemente VII fu completamente politico.

Il papa aveva valutato così poco il pericolo che correvano religione e Chiesa nel nord, da allearsi con la Francia e con Milano contro l'imperatore, obbligandolo ad aggiornare la repressione della Riforma.

Egli non agì diversamente dal cattolicissimo rè di Francia: con mero intento politico e assai meno coerenza.

Perfino Paolo III soggiacque allo stesso spirito quando, alla metà di gennaio del 1547, ritirò improvvisamente le truppe pontificie dalla guerra di Smalcalda ( che egli aveva messe a disposizione soltanto per sei mesi ) e passò dalla parte della Francia; cosa che giovò soltanto al luteranesimo.

Il voltafaccia politico del papa ebbe, in quel frangente, l'effetto di un salvataggio per la ribellione protestante.

6. Questo quadro pauroso non deve indurci a dimenticare l'altro aspetto, veramente grandioso, della situazione.

La naturalezza con la quale i capi della Chiesa e i suoi chiaroveggenti difensori, i teologi, in mezzo alla defezione generale rimasero fedeli a tutta l'essenza della Tradizione e la naturalezza della loro fede inconcussa nell'indefettibilità della Chiesa hanno in sé qualcosa di commovente.

Anche a coloro, che in Italia erano consci della gravita degli abusi ecclesiastici e conoscevano veramente il protestantesimo, come ad esempio il cardinale Contarini, non passò mai per la mente che il pericolo, già concretamente costatabile, potesse realizzarsi.

È vero che l'impressione che grave fosse la situazione della Chiesa, se il capo ( = Leone X ) poteva darsi al gioco, alla musica e alle facezie invece di pensare seriamente alle necessità del gregge ( Tizio da Siena ), fu resa da molti in maniera insistente e persino crassa.

Le prediche del primo periodo del Tridentino, in parte, ne ridondano.

E tuttavia ciò che domina le coscienze è la naturale convinzione che la Chiesa è indefettibile.96

Si può dire che fu questa inconcussa stabilità e questa sicurezza di sé a salvarne la vita.

Il secolo successivo doveva esserne la prova schiacciante.

Quando i capi protestanti di tutte le confessioni, compreso Calvino e la sua chiesa, avevano ormai bruciato tutte le energie di cui potevano disporre e la loro opera ebbe a subire un progressivo dissolvimento in movimenti ereticali interni, la Chiesa, poc'anzi data per morta, era in piedi in tutto il suo vigore.

Essa non solo era sopravvissuta allo sfacelo di un'epoca, ma, in mezzo alla rovina universale, aveva realizzato un'opera grandiosa; partendo da inizi insignificanti, essa diede vita a due secoli di santi.

Forse mai altra volta la Chiesa diede prove più luminose della propria indefettibile forza interiore.

L'immutabile fedeltà al patrimonio essenziale della Tradizione ricevette anche sensibilmente una brillante giustificazione.

7. Tutto ciò rimane vero, pur ricordando che questa grandiosa riforma interna della Chiesa fu ben lontana dall'eliminare gli abusi e soprattutto le cause di essi nell'alto clero, ne rendere accessibile ai fedeli cattolici, nella pienezza necessaria e possibile, la predicazione del Crocifisso e della fede in lui, secondo la sua santa parola.

Nella rivoluzione protestante si scorse troppo e soltanto l'errore.

Si fece poco caso ai problemi da essa posti; e coloro che li percepirono, come Contarini, Seripando e una dozzina di altri, che avevano letto con intelligenza nuova la Lettera di san Paolo ai Romani, rimasero una minoranza.

Da parte dei novatori, a loro volta ( anche per la poca comprensione dei cattolici ), ci si era irrigiditi ciecamente e non si vedeva come nella Chiesa romana le questioni che loro stavano fondamentalmente a cuore fossero in gran parte chiaramente assicurate e che certe tesi teologiche non aspettavano che di essere interpretate in maniera più adeguata, per esprimere, fuor dal loro guscio, il nocciolo genuino della verità evangelica.

Indice

94 Mi si consenta di ricordare come questa proposizione fosse già contenuta nella prima edizione di questo libro, dell'anno 1931.
95 v. § 75,III.
96 Più tardi però il pericolo fu maggiormente avvertito da alcuni singoli: il cardinal Carpi, ancora nel 1563, crede di vedere avvicinarsi il funerale di Roma.