La storia della Chiesa

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II. Filippo Neri

1. Si è già visto come uno dei punti-forza della riforma cattolica poggiasse, in Italia, sull'Oratorio del Divino Amore e sull'ordine dei teatini, scaturito da questo spirito ( § 86 ).

Di questo spirito è impregnato Filippo Neri, il quale attirò i suoi seguaci, anche servendosi di pratiche pie, nella sala di preghiere di quell'Oratorio.

Egli però non sta soltanto all'inizio del movimento di riforma: visse dal 1515 al 1595; conobbe 15 papi e, durante il loro pontificato, poté sperimentare un cambiamento ecclesiastico-religioso profondo e molteplice, in Europa; partecipò da vicino a trasformazioni estremamente drammatiche nella curia romana.

Egli è parte essenziale di questa trasformazione in seno alla Chiesa, specialmente a Roma.

Il suo stile e la sua opera sono, in parte almeno, in contrasto con l'Ordine del suo amico Ignazio di Loyola.

Il panorama di questo secolo XVII, quasi inesauribile per la Chiesa, acquista nella persona di Filippo un nuovo aspetto.

Se è vero infatti, che quasi tutte le tendenze nel cattolicesimo dell'età moderna sono state realizzate o dall'Ordine di sant'Ignazio o con la sua collaborazione, ne rimane tuttavia fuori un settore spirituale di notevole peso: quello delle forze che scaturiscono più dall'iniziativa personale che da un'organizzazione ben definita e sulla base di una rigida obbedienza.

Di questo ultimo tipo era lo stile e il programma del papato e dell'ordine dei gesuiti.

Essi svolsero, certo, il compito di gran lunga più importante.

Nelle caotiche burrasche di questo secolo e di quello seguente ( in modo particolare di fronte al separatismo nazionale-ecclesiastico e intellettuale-soggettivistico ), la vita poteva esser salvata soltanto attraverso una salda organizzazione e un'energica concentrazione.

Ma a che questa vita non si cristallizzasse, c'era pur sempre - naturalmente nell'ambito della Chiesa, e perciò come fedele espressione della sua natura - una forma più libera, e per taluni anche più attraente, di vita religiosa.

Il suo rappresentante più significativo è Filippo Neri.

Si può definirlo come la miglior personificazione cattolica della libertà del cristiano.

Egli conferma il potere di attrazione che esercita un santo: egli dimostra, con particolare evidenza, che il santo non distrugge ma sublima la realtà naturale e umana.

Anche la sua eredità fu raccolta dal secolo XVII francese, che risulterebbe, senza di essa, impensabile e inspiegabile.

Il suo spirito, che nella storia moderna della Chiesa non sempre è stato posto in sufficiente evidenza, rifiorì nel cardinale Newman ( § 118, III, 8 ).

2. a) La santità di Filippo Neri è ricca di ammaestramenti.

Filippo - ancora laico - comincia ad orientarsi verso Dio, senza sapere ancora con precisione quale strada dovrà seguire.

La sua vocazione gli si svela a poco a poco, nel contatto con i malati: compiere opere di misericordia, questo è per lui il cristianesimo.

Egli fonda con questo spirito una confraternita ( « Confraternita della SS. Trinità » 1548 ) che ha lo scopo di assistere i pellegrini.

Soltanto a 36 anni viene ordinato sacerdote ( 1551 ); entra in una « Confraternita » di preti secolari i quali, senza sottostare a una regola, pregano in comune e mutuamente si spronano al bene.

Filippo vi introduce una maggiore coesione, lasciando tuttavia, di proposito, una certa libertà.

b) Infine ( 1564 ) Filippo Neri realizza la sua opera più importante: la fondazione della Congregazione dell'« Oratorio ».

La formazione dei mèmbri è caratterizzata da discussioni libere, ma impegnative, che si svolgono in piccoli circoli sul tipo dell'umanistica devotio moderna ( § 86 ).

La Congregazione, caratterizzata dal 1574 dalla vita comune, approvata nel 1575 da Gregorio XIII, rimane senza voti e ogni casa è indipendente ( nello spirito di Filippo Neri gli oratoriani non hanno mai avuto dei superiori comuni ).

L'unico vincolo è dato da queste massime: « Se vuoi l'obbedienza spontanea, non comandare troppo ».

« La nostra sola regola è l'amore ».

3. a) Questa configurazione di una vita abbastanza aperta non condusse però ad una pietà superficiale.

Come per Ignazio, come per tutti gli altri santi, anche per Filippo l'ideale era pur sempre « rinunciare alla propria volontà ».150

Al fine di raggiungerlo, egli impose a se stesso, e anche agli altri, delle forme bizzarre di umiliazione; esse lo accostano al poverello d'Assisi ( che veniva insultato come un pazzo ), non a motivo della loro originalità, bensì per il limpido amore di Dio che da quelle traspariva.

Umile, irraggiava mansuetudine e letizia.

b) Filippo era di un'incondizionata sottomissione alla Chiesa; per taluni aspetti un impressionante pendant ( senza essere in antitesi ) del Savonarola ( § 77 ): egli infatti lo venerava come un santo e ne leggeva gli scritti e si ispirava alla sua personalità.

Come Savonarola, egli era un maestro dell'orazione, ma, invece dell'asprezza profetica, egli possedeva mistica dolcezza e mistico ardore, che lo infiammavano fino al venir meno delle forze.151

La celebrazione della messa era per lui la misteriosa fonte di rinnovamento,152 in cui si sentiva travolto dall'Amore: « Desidero morire per essere con Cristo » ( Fil 1,23 ).

Eppure si manteneva alieno da qualsiasi forma di esaltazione.

c) Nella sua santità pur così profonda si annuncia un tratto simpatico per l'uomo moderno: l'ascesi non ha nulla a che fare con la sporcizia del corpo; Filippo la aborriva e curava la pulizia.

Molto più significativo, per la sua modernità, fu il suo metodo di direzione spirituale individuale; anche qui egli rifiutava qualsiasi forma di sistema rigido.

4. Questa libertà interiore, senz'altro geniale, di Filippo Neri rivela tutta la sua portata solo alla luce del contesto storico in cui si manifestò.

Si trattava dell'esistenza della Chiesa.

I severi decreti del Tridentino e la rigida durezza di Paolo IV costituivano, per così dire, i motivi dominanti del secolo.

Poteva sembrare che soltanto l'ordine dei gesuiti possedesse il metodo giusto.

E tuttavia senza lo stile così diverso di Filippo ci sarebbe stata una lacuna nell'opera di rinnovamento cattolico.

Lutero aveva opposto alle leggi ecclesiastiche, da lui condannate come leggi giudaiche, il suo ideale della libertà cristiana.

Come già un tempo Francesco, così Filippo diede al suo tempo la prova sfolgorante che anche l'unione più stretta con la Chiesa e in modo speciale con il papato ( stretti rapporti con Gregorio XIII e in particolare con Gregorio XIV e Clemente VIII ), lungi dal sopprimere necessariamente la libertà personale e la realizzazione del sacerdozio universale, può anche arricchirli.

E tuttavia questa piena aderenza alla Chiesa si univa in lui ad un'impressionante e coraggiosa libertà.

Come san Bernardo con Eugenio III, così ora san Filippo non ebbe timore di richiamare all'umiltà il capo supremo della Chiesa ( Clemente VIII ) e neppure di fargli pervenire qualche ordine se pur moderato.

V'era in lui il fascino del disinteresse assoluto e dell'assenza completa di qualsiasi spinta di dominio.

Egli non esercitò la minima pressione: per questo attirava tutti a sé.

La sua fermezza non aveva alcunché di rigido; il suo comportamento era naturalissimo.

Lo si chiamava, non senza scherzosa confidenza, « Pippo buono », ma vicino a lui ci si sentiva davvero portati alla bontà.

5. Filippo Neri ebbe il merito di aver incoraggiato considerevolmente ricerche e studi, particolarmente nel campo dell'antichità romano-cristiana e in quello della storia della Chiesa.

Egli fondò la famosa Biblioteca Vallicelliana, fu uno dei primi, nei tempi moderni, a interessarsi alle catacombe ( dove aveva trascorso intere notti in preghiera e dove aveva vissuto le sue esperienze interiori ).

Il suo discepolo Antonio Bosio ( + 1629 ) fu il primo a scoprirle scientificamente.

Per le conferenze al primo Oratorio, Cesare Baronio ( 1538-1607 ), il futuro cardinale e prefetto della Biblioteca Vaticana, raccolse il materiale che utilizzò poi nella compilazione della sua poderosa opera storica ( Annales ecclesiastici, fino al 1198; nati come risposta alle « Centurie di Magdeburgo » protestanti di Flacio Illirico ); e fu Filippo Neri a incoraggiare l'autore, spesso sfiduciato, a portare a termine questo colossale lavoro.

Le due iniziative erano tutt'altro che marginali rispetto ad una riforma interna della Chiesa.

Rispondevano, ma questa volta nel senso della Chiesa, al rinascimentale « ritorno alle fonti »: l'immagine dei primi tempi eroici della Chiesa cominciava a tornare alla luce.

Anche Oderico Raynaid ( + 1671 ), il famoso prosecutore del Baronie, era pure oratoriano.

Dalle esecuzioni musicali negli oratori di san Filippo Neri si svilupparono gli inizi dell'Oratorio musicale ( Palestrina collaborò all'opera del santo ).

La diffusione della fondazione in Europa, nell'America del Sud e a Ceylon fu notevole ma, in armonia con la sua struttura interna, dimostrò sempre più il carattere del pusillus grex.

La sua maggior forza d'attrazione si manifestò nel secolo XIX, quando Newman la rinnovò in Inghilterra.

6. Il secolo successivo produsse anche un Oratorio francese, fondato nel 1611 a Parigi da Pierre de Bérulle ( + 1629 ), un genio precoce.

La sua conversione interiore definitiva avvenne in seguito agli Esercizi fatti presso i gesuiti.

Nel suo programma è inserita la lotta contro il calvinismo.

Fu un abilissimo direttore spirituale.

Il suo spirito perdurò nei molti collegi e seminari per sacerdoti, affidati all'Oratorio francese.

Anche quest'Oratorio rinunciò ai voti; era tuttavia sottoposto alla rigida direzione centrale di un superiore generale e di un'assemblea generale.

L'Oratorio francese ebbe una diffusione fuori della Francia dapprima rapida, poi più lenta.

La comunità incorse in seri pericoli per l'influsso che il giansenismo esercitò sui suoi mèmbri, verso la fine del secolo XVII e sino alla metà del secolo XVIII.

Sciolto dalla rivoluzione francese, fu ripristinato nel 1864 e poi recentemente ( 1925 ).

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150 Cfr. a tale proposito le parole di san Bernardo, vol. I, § 50, IV, 8.
151 « Allontanati da me, o Signore, allontanati da me, o Signore! fermati o io muoio ».
152 Fu perciò un fautore della celebrazione regolare e della Comunione frequente.