La storia della Chiesa

Indice

III. Le grandi figure religiose

1. Fra le eminenti figure del secolo, sceglieremo e considereremo quelle che caratterizzano la pietà cattolica di questo tempo: Caterina Emmerick, Giovanni Battista Hirscher, Alban Stolz, Pio X, il cardinale Newman, Teresa di Lisieux e Vincenzo Pallotti.

Oltre al Sailer, che abbiamo già ricordato ( § 112, I, 5 s ), a Clemens Hofbauer ( § 112, I, 5 s ) e ad A. Kolping ( § 116, II, 2 ), dobbiamo sorvolare su una lunga serie di altre insigni personalità religiose.

Vogliamo almeno nominare:

Henri Lacordaire O. P. ( + 1861 ), insigne predicatore, che restaurò l'ordine dei domenicani in Francia, membro dell'Académie francaise, compagno di battaglia di Lamennais, prima che questi uscisse dalla Chiesa;

Federico Ozanam ( + 1853 ), l'acuto professore parigino fondatore delle Conferenze di san Vincenzo ( 1833 ), che offrì un'esemplare soluzione del problema « Chiesa e intellettuali »;

Antonio Rasmini, che tanto ha fatto per la Chiesa e che diede una spinta rinnovatrice alla filosofia italiana;

don Giovanni Bosco259 ( + 1888 ), il grande educatore, carismaticamente dotato e tutto compenetrato dalle sollecitudini della carità, che fu canonizzato nel 1934.

Anche questa galleria di figure religiose è solo una scarna rassegna della ricchezza di santità che è stata elargita alla Chiesa nell'età moderna.

Il lettore deve considerare questi nomi come rappresentanti di una corona di amici di Dio molto più nutrita in molte regioni, anche nella Chiesa ortodossa e nelle chiese della Riforma.

Ma sarebbe una lacuna imperdonabile non ricordare, sia pur brevemente, nella sua travolgente semplicità, il santo Curato d'Ars, Giovanni M. Vianney ( + 1859 ).

Servendosi di un paradosso profondamente cristiano, all'unisono con un detto di san Francesco egli diceva ai suoi parrocchiani: « Noi dobbiamo nutrire un grande amore per tutti gli uomini, per i buoni e per i cattivi.

Chi ha l'amore non può dire che qualcuno faccia del male, perché l'amore perdona tutto ».

2. Caterina Emmerìck ( + 1824 ), la stigmatizzata di Dùlmen, è da ricordare non tanto per la sua singolare pietà, che in qualsiasi epoca troverebbe numerosi paralleli, quanto piuttosto per aver trovato in Clemens Brentano il narratore delle sue sofferenze ( talora poco fedele, anzi molto soggettivo ), avidamente letto per un secolo dal popolo di lingua tedesca.

Nelle biblioteche cattoliche della seconda metà dello scorso secolo, la sua descrizione della « Passione e morte del Nostro Signore e Salvatore » e delle visioni di Caterina Emmerick fu, accanto alle opere di Martin von Cochem, uno dei libri più conosciuti e letti.

3. Le sei restanti figure possiamo ordinarle, a seconda delle loro caratteristiche, in tre gruppi:

quello dei pastori d'anime ( Hirscher, Stolz, Pio X, Pallotti );

accanto a loro, fa mondo a sé il cardinale Newman, una gigantesca figura di combattente, la più possente del secolo;

infine Teresa di Lisieux, religiosa carmelitana, figura singolarissima che partendo da una pietà ( molto profonda ) borghese-morale penetra da sola nel mondo della Sacra Scrittura del Nuovo Testamento e fa della povertà spirituale il punto centrale della vita con Dio.

4. J. B. Hirscher ( 1788-1865, professore a Tubinga [ § 117, I, 4 ] e a Friburgo, scrittore e uomo politico; delle medesime tendenze di Sailer ) è certo uno dei cattolici più influenti nella Germania del XIX secolo.

Gli elementi fondamentali della sua religiosità, di stampo biblico-agostiniano, sono fedeltà alla Chiesa, umiltà, forza religioso-creativa, attività pastorale in un'opera di grande stile, durata tutta una vita.

Egli fu assertore di quella forma di apostolato volta a riavvcinare la Chiesa al popolo, soprattutto nella santa messa.

Tanto la sua fedeltà quanto la sua umiltà dovettero subire non poche prove; fu attaccato con insolita acredine e fu posto all'indice.

Tutto ciò non lo indusse per nulla, neanche per un momento, a tentennamenti di sorta.

Il fine per cui tanto lottò fu di vedere gli ambienti cattolici, e in specie il clero e la classe colta, penetrati di un'alta, vigorosa spiritualità.

Egli curò anche il popolo, fondando orfanotrofi per i quali sacrificò preziosi oggetti delle sue collezioni d'arte.

Egli appartiene alla schiera dei pionieri che prepararono la ricostruzione di un cattolicesimo spirituale di valore universale.

5. a) Alban Stolz ( l'ideatore del calendario popolare e il rianimatore delle leggende cristiane, 1808-83 ) era anch'egli professore e anch'egli lavorò a favore della Chiesa nell'ambiente intellettuale, cercando pure, in maniera originale e profonda, di entrare in contatto immediato col popolo.

La sua opera esercitò una vastissima diretta influenza ed è la miglior prova del come si possano volgarizzare grandi idee, senza diluirle.

Stolz non fu apportatore di nuove idee che avrebbero dovuto marcare la storia dello spirito ma in lui le idee persero il « pallore dell'astrazione » e divennero vita.

b) Dopo una dura crisi spirituale, Alban Stolz era passato dal razionalismo illuminista alla Chiesa.

Ma la crisi non fu da lui superata unicamente con la lotta interiore, come ad es. nel caso del Newman.

Nello Stolz « convertito » si manifesta piuttosto una certa diffidenza nei confronti della ragione.

A lui bastano l'autorità della Chiesa e il dovere dell'obbedienza.

Alban Stolz divenne così il modello dell'atteggiamento cattolico che, specialmente dopo il Vaticano I, fece scuola.

« Quando i dubbi mi assalivano, non mi perdevo in riflessioni per confutarli, ma li respingevo semplicemente, con un atto di buona volontà: voglio credere unicamente da cattolico; soltanto la Chiesa divinamente illuminata conosce con certezza la verità ».

Eppure in tale atteggiamento non vi era nulla di rigido.

Tutto sommato, questo scrittore popolare aveva una vera anima di poeta, « nella quale le mille voci della creazione risuonavano in meravigliosa armonia » ( Hettinger ).

Ciò che fece dello Stolz un conquistatore d'anime non fu soltanto il suo genio poetico e la forza suadente della sua parola, valori per i quali egli occupa un posto preminente nella storia della letteratura tedesca, ma fu in particolar modo il perfetto convergere di tutte le forze spirituali e intellettuali verso un sol punto: Dio.

L'atteggiamento singolare di quest'uomo che procurò alla Chiesa un gran numero di conversioni, proprio in un secolo in cui ci si contentava di essere ostili al protestantesimo anziché veri cattolici, fu l'alta e interiormente aperta comprensione per i cristiani evangelici; nessuna traccia di proselitismo, ma ripugnanza per ogni atteggiamento di fanatica reazione, tipico dei convertiti.

c) Le opere di eminenti teologi ci additano molto bene le grandi idee precorritrici.

Tuttavia non ci dicono come esse possano venir applicate nella pratica della vita cristiana.

Orbene, negli scritti di Alban Stolz si possono riscontrare questi piccoli e talvolta piccolissimi canali e rigagnoli: essi ci offrono un'immagine letteraria dell'apostolato più umile.

Stolz non aveva che uno scopo: insegnare « l'arte nobile e sublime di vivete cristianamente e di ben morire ».

6. a) Uno degli scopi principali della Riforma era il riconoscimento del sacerdozio universale dei fedeli.

Poiché il suo affermarsi era collegato alla negazione del sacerdozio sacramentale, è psicologicamente comprensibile che alle sue aspirazioni, per quanto fossero legittime e centrali, fosse negato, almeno in un primo tempo, l'auspicato successo in seno alla Chiesa cattolica.

Sappiamo comunque dalla storia della Riforma cattolica, o anche dall'opera di Vincenzo de' Paoli, come ( in misura diversa, ma nel complesso sempre più intensa ) nei secoli XVI e XVII si moltiplicassero i tentativi di inserire sempre più i laici nel lavoro di costruzione del regno di Dio.

È vero, ciononostante, che nell'ancien regime identificare la Chiesa col clero e con la gerarchia sembrò esser norma più o meno comune.

Ma con l'affermarsi generale del pensiero democratico, a partire dalla fine del XVIII secolo, si fecero sempre più intensi anche i tentativi di rendere attivo in seno alla Chiesa il laicato cattolico!

Indirettamente appartengono a questo processo le tappe dalle quali possiamo costatare il crescere della coscienza cristiana del popolo nel XIX secolo: i nuovi circoli di rinnovamento a Mùnster, Monaco e Vienna; il ruolo dei laici nei fatti di Colonia, nel Kulturkampf, l'organizzazione dell'attività caritativa svolta dal laico Ozanam; i diversi tentativi di condurre la comunità a partecipare alla celebrazione della liturgia ( anche mediante l'uso della lingua madre ).

b) Col formarsi delle metropoli e con l'industrializzazione venne ad accrescersi l'indigenza della popolazione.

Il clero, da solo, non era ormai più in grado di farvi fronte.

È confortante vedere come alcuni uomini delle sue file avvertissero in grado considerevole le necessità della situazione e cercassero, affiancati da laici zelanti, di ovviare al male.

Ciò comportava al tempo stesso, secondo la loro intenzione, un approfondimento della santificazione personale di tutti i collaboratori.

Il motto centrale era questo: « apostolato ».

Nel corso della storia della Chiesa l'abbiamo trovato spesso e in sempre diversa applicazione.

Ora lo incontriamo in quella profondissima accezione, nella quale è semplicemente espressa la dedizione completa, avvertita in maniera nuova, alla realizzazione del mandato missionario del Signore.

c) Fra le grandi figure di questo secolo presentiamo il sacerdote secolare, romano di nascita, Vincenzo Pallotti ( 1795-1850 ), che molto ricorda Filippo Neri.

Egli è uno di quegli insigni pionieri dalla cui opera, all'inizio del XX secolo, veniva a profilarsi una situazione che permette di sperare che la futura storia della Chiesa sarà una storia dei laici nella Chiesa.

Dal diario spirituale del Pallotti, risulta chiaro che egli sperimentò Dio originariamente come l'Essere infinito.

Da ciò risultava per lui la volontà di voler guidare il nulla umano ad aprirsi alla grazia, mediante la misericordia divina; ogni cristiano è chiamato ad essere mediatore della misericordia divina.

La vita di Vincenzo Pallotti è un apostolato vasto, sorprendentemente sicuro e realistico, permeato da un ardente amore di Dio e del prossimo.

Egli vede il dolore che lo circonda: malattia, indigenza, ignoranza, ingiustizie sociali di ogni sorta, e se ne preoccupa in qualità di pastore d'anime.

Contemporaneamente egli, come confessore, dedica gran parte del suo tempo alla direzione spirituale, ai bisogni religiosi dei fedeli ( in molti collegi tenuti da religiosi ) e dei soldati.

Nel 1837, anno del colera, si dedicò alla pericolosa cura degli ammalati.

È storicamente importante il fatto che egli abbia moltiplicato e proseguito la sua opera attraverso l'organizzazione; istituì scuole agricole, istituti assistenziali e orfanotrofi e, mediante corsi serali, volle dare una cultura agli adulti, si interessò alla diffusione della buona stampa.

Si occupò delle opere per le missioni.

Organizzò l'assistenza spirituale degli emigranti italiani ( per es. in Inghilterra ).

La cosa più importante resta l'aver fondato, nel 1835, come base per il suo lavoro, una Società per l'apostolato cattolico, avente una organizzazione alquanto elastica, ma orientata appunto verso ogni forma di apostolato.

Tre cerchie di persone devono compiere il lavoro: un ramo di sacerdoti e di fratelli viventi in comunità, un ramo femminile a vita comune ( entrambi senza voti ); essi debbono rappresentare il punto di partenza per impegnare nel lavoro il maggior numero possibile di energie laiche di ogni ceto, fedeli nel mondo, che dovrebbero adoprarsi a realizzare in sé e negli altri quel programma « apostolico ».

L'opera di Vincenzo Pallotti, già meravigliosamente fiorente, dovette sottostare alla legge del Signore: il grano di frumento doveva prima morire.

I fermenti rivoluzionari nella città di Roma lo colpirono gravemente.

Ebbe però la grazia e la forza di resistere.

E questo ha un senso di alta portata: così lo stesso papa dell'Azione Cattolica, Pio XI, esaltò Pallotti come « profeta dell'apostolato dei laici ».

Recentemente ( 20 gennaio 1963 ) Giovanni XXIII l'ha proclamato santo.

Come tutti i santi, anche Pallotti fu un contemplativo.

Spesso egli esprime il suo ardente anelito alla donazione completa a Dio - Dio soprattutto! - in forma classica e concisa con quelle espressioni rivelatrici ( « Dio », « amore infinito » ) che ritornano continuamente sulle sue labbra.

7. a) La pietà di un papa significa molto di più per la vita della Chiesa che non quella di un professore; soprattutto poi quando questo papa vuole innanzitutto servire e promuovere la vita religiosa, e per di più in forme nuove, atte ad avvicinare il mondo contemporaneo.

È proprio il caso di Pio X ( 1903-14 ), canonizzato già dal suo terzo successore Pio XII, nel 1954.

b) Pio X non aveva cercato l'elezione pontificia, anzi l'aveva scongiurata; l'elezione lo turbò profondamente: lo sgomentava l'enorme peso e la terribile responsabilità che dovevano gravare sulle sue spalle, qualora avesse accettato il supremo ufficio responsabile di milioni di anime.

Quanto siamo lontani dai papi del Rinascimento!

La sua vita come cappellano, parroco e vescovo era stata quella di uno zelante pastore d'anime, che spende vita ed averi per il bene del suo gregge e che, sotto l'aspetto sociale, tenta di migliorarne le condizioni economiche.

Nelle cure da lui dedicate al clero, sia come patriarca di Venezia sia come pontefice, emerse sempre la sua grande sollecitudine per l'elemento essenzialmente religioso.

Nella sua prima enciclica ( 1903 ) annunciava come l'intero suo programma fosse di voler essere semplicemente servo di Dio.

Il suo obiettivo era semplice e globale: « Rinnovare ogni cosa in Cristo ».

c) Pio X è il papa pastore di anime.

Questo significa assai più di quanto possa a prima vista sembrare.

Significa:

1) che la base della guida della Chiesa è la religione, non la teologia quindi, ne altro che possa, in un modo o nell'altro, turbare la piena adesione dell'uomo alla professione della fede.

In Pio X troviamo soltanto cattolicesimo, sotto ogni punto di vista e senza il minimo compromesso.

Da ciò deriva necessariamente

2) l'urto fra di lui e tutto ciò che favorisce tali compromessi, o che anche soltanto sembra favorirli.

Egli possiede una percezione immediata di tutto ciò che non è cattolico, di tutto ciò che non è più cattolico, di tutto quanto è di pericolo per il dogma.

Come conseguenza dell'atteggiamento e dell'esperienza pastorale si ha

3) la valorizzazione del buon funzionamento dell'amministrazione e dell'organizzazione ecclesiastica, senza del quale ne l'idea ne la forza religiosa possono affermarsi con una certa coerenza segnatamente nel mondo moderno.

La vita moderna è diventata troppo instabile e troppo complessa.

Se il Vangelo deve giungere anche oggi e domani all'umanità, ed essa deve essere uditrice del Vangelo, non si potrà fare a meno di una chiara e perfetta organizzazione.

In base a tale concezione Pio X fu anche l'organizzatore del potere centrale ( Congregazioni Romane ) e fu promotore del nuovo Codice di Diritto Canonico.

La tensione, qui oggettivamente esistente fra pietà e diritto, fortemente accentuato, non si manifesta in modo urtante data la religiosità originaria e vigorosa di questo papa.

È evidente, però, che con questo non si elimina in sé il pericolo di un certo giuridismo e di un accentramento eccessivo provocato dal rigido apparato giuridico.

d) Uno dei provvedimenti più importanti nella storia della Chiesa sono le disposizioni di Pio X relative alla santa Comunione: il più spesso possibile e in età più giovane possibile.

Una disposizione inconsuetamente efficace, in piena conformità con la concezione dell'efficacia oggettiva dei sacramenti, in modo speciale della Comunione come pane di vita.

Per la prima volta dai tempi dei primi cristiani è resa possibile in tutta la Chiesa cattolica, e in essa ai fedeli di ogni classe, un'epoca sacramentale.

C'è solo da augurarsi che l'ardore religioso che personalmente vivificava questo papa diventi operante anche nella vita dei molti che hanno corrisposto al suo invito alla Comunione frequente.

Pio X infatti ha decisamente legato la Comunione alla messa, che, a sua volta, doveva ridiventare la cena sacrificale comunitaria, e in cui il « popolo di Dio », i laici « non solo pregano durante la messa, ma fanno della messa la loro preghiera ».

Pio X segna l'inizio della moderna pietà liturgica.

Egli ha posto le premesse e preparato il contesto per molte feconde decisioni dei pontificati successivi.

e) Importanza storica ha pure il problematico intervento di Pio X nella lotta contro il modernismo, già trattato a suo luogo ( § 117, II, 6 b ).

8. John Henry Newman ( 1801-90 ), docente universitario, oratore e scrittore, sacerdote e cardinale; convertito ( 1845 )260 come il cardinale Henry Edward Manning ( + 1892 ) ma di tutto altro spirito; anzi quest'ultimo, tragicamente, fu per tutta la vita avversario spirituale del Newman, che combatté come troppo liberale.

Manning era un temperamento autoritario, teologicamente chiuso, ma, come sacerdote, dotato d'una estrema dedizione alla sua carica e al suo ministero, uno dei primi esempi per la sua attività sociale in lotta contro la miseria del proletariato e del lavoro dei bambini nelle fabbriche.

Ambedue - nel loro tempo « i rappresentanti maggiori del cattolicesimo inglese » - provengono dal grande movimento dei convertiti, iniziato in seno alla Chiesa alta, dopo l'abrogazione delle leggi ostili alla Chiesa.

Inoltre, essi sono eredi del colto e irenico cardinale Nicholas Wiseman ( 1865 ), sotto il quale la gerarchia cattolica inglese era stata ricostituita da Pio IX.

Newman però non può essere collocato accanto alle altre personalità religiose del XIX secolo; il suo genio le supera tutte.

Nessun altro come lui ha esplicato una così forte influenza religiosa ( specialmente dopo la sua morte, nel secolo XX ).

È estremamente importante, sin dall'inizio, non perdere di vista in lui, accanto e nell'elemento intellettuale, la dimensione religiosa della santità che lo contraddistinse.

a) Questo genialissimo, autentico gentiluomo proveniva da una famiglia di contadini dell'Inghilterra centrale.

La sua genuina grandezza sta nell'aver accolto in sé tutte le forze e i problemi del suo tempo e di averli superati in una sintesi creatrice.

Il complesso dei problemi da affrontare si chiamava natura e soprannatura, soprannatura contro naturalismo, fede e scienza, Chiesa e cultura: il grande problema che assillava Leone XIII, la cui prima nomina di cardinali, non invano e con l'evidenza di una dimostrazione, chiamò a far parte del supremo senato della Chiesa proprio questo convertito, per molto tempo considerato con diffidenza dagli stessi cattolici.

b) Newman costituisce, nei tempi moderni, l'esempio più affascinante di un'eroica lotta interiore, della più perfetta libertà di coscienza, di una sintesi cattolica di fondo tra fede e scienza, tra spiccata, forte personalità e vita nella e della Chiesa.

E tale sintesi viene sublimata dalla dolorosa via del ritorno alla Chiesa cattolica di questo signore adamantino del regno dello spirito.

Nonostante fosse di una lealtà lineare, per la quale è difficile trovare un valido parallelo, sebbene dotato di una personalità spiccatissima e unica, per tutta la sua vita dopo la conversione, fu guidato dal supremo principio dell'ubbidienza verso la Chiesa e della difesa della sua verità oggettiva e del suo ministero visibile.

c) Sul piano filosofico, la sua sintesi si presenta come il superamento del male che affligge il secolo: il relativismo.

Ma è un superamento conseguito non già attraverso la negazione delle difficoltà, bensì mediante la loro consapevole ed esplicita affermazione e mediante il conseguente superamento interiore, e questo nella misura possibile ad un lucido intelletto.

In questo superamento, Newman divenne un grande modello: la filosofia e la storia dell'età moderna hanno messo così profondamente in evidenza le difficoltà contro cui urtano la conoscenza e la professione scientifico-religiosa della fede, che nessun pensatore ( e tanto meno colui che ha delle mansioni direttive in campo intellettuale, religioso o ecclesiastico ) può disinteressarsene; d'altra parte l'indagine storica ha scoperto molteplici valori in molti campi, sistemi e religioni al di fuori del cristianesimo.

Queste nozioni oggi nascono, per così dire, con noi.

Il relativismo costituisce per noi un pericolo sempre in agguato.

Nessuno più di Newman ha conosciuto le difficoltà che gravano sulle nostre tesi cristiane, cattoliche, e nessuno ha sentito più fortemente di lui gli argomenti favorevoli ai nostri avversari e ha lasciato loro liberamente la parola.

Ma proprio lui è giunto a questa conclusione: non vi è nulla di più certo dell'esistenza di Dio; e non esistono che due strade possibili: quella che porta all'ateismo o quella che porta a Roma.

Quest'espressione suona dura.

Eppure è l'intera vita di questo grande uomo che sta a dimostrare come essa non voglia affatto significare mancanza di carità per i cristiani non cattolici.

Come Agostino e Tommaso, è profondamente consapevole del fatto che ogni verità sta anche nel mistero.

E sono sue le parole famose: « Se ad un banchetto mi si chiedesse di fare un brindisi al papa e alla verità, brinderei sì al papa, ma, col dovuto rispetto, prima alla verità ».

d) Newman è considerato il più insigne apologeta della chiesa moderna.

La sua apologetica ha la potenza invincibile della più pura nobiltà, scevra da qualsiasi ostinazione, ma ardente per la verità del Vangelo.

Essa possiede anche la forza che viene dall'umiltà: ossia giammai forza il mistero in favore di una dimostrazione meramente intellettualistica o addirittura armonizzante.

In una formulazione avveduta, egli distingue peraltro con estrema chiarezza le diverse affermazioni e, in una magistrale serenità di spirito, egli sta irremovibile su un saldo fondamento.

In terzo luogo, la sua apologetica possiede quella forza che scaturisce da un'immensa fiducia - la fiducia di un genio - nella forza immanente, di per se stessa convincente, della verità.

Perciò egli era contro ogni pavido chiudersi in se stessi, nei confronti dell'esterno; non una quiete da cimitero egli voleva, ma una dinamica intellettuale e una vita spiritualmente conquistatrice, il superamento interno del pensiero moderno con le cui correnti intellettuali bisognava restare, secondo lui, in fecondo contatto, come lo erano stati i teologi medievali.

È significativo il fatto che uno spirito, così ecclesiale ed ecclesiasticamente così notevole, abbia formulato le sue osservazioni critiche in maniera esplicita in rapporto a certi scabrosi problemi della storia dei dogmi.

Egli ammise con schiettezza che i papi Liberto e Onorio « avevano compiuto delle azioni non del tutto giustificabili … che costituiscono un vero tradimento della verità ».

Circa l'infallibilità dei concili, egli si espresse in questi termini: « Il IV concilio modificò il III. Il V modificò il IV ».

« La più recente dichiarazione, relativa all'infallibilità ( in occasione del Vaticano I ), non necessita tanto di annullamento quanto di integrazione …

Siamo pazienti e abbiamo fede!

Un nuovo papa e un nuovo concilio possono riportare la barca nella giusta posizione ».

e) Newman è una guida religiosa perché le sue lotte e le sue vittorie intellettuali e spirituali sono ancorate al fiducioso abbandono in Dio.

Il suo motto è « Dio e anima ».

Come per sant'Agostino, così anche per lui, Dio è una realtà immensa, vicinissima, sconvolgente.

E questa realtà - non un mero pensiero - è talmente in lui che senza di essa egli non può nemmeno pensare; appunto perché penetrato da questa realtà egli diventa ( ancora in analogia con Agostino ) un grande uomo di preghiera e un grande predicatore.

f) Newman ebbe molto a soffrire per le diffidenze da cui fu circondato.

Il suo pensiero, come abbiamo già detto, era di una rettitudine integerrima: e proprio di lui si diffidava nel modo più acre, sia nella chiesa da lui lasciata, sia in quella in cui era entrato.

Egli fece olocausto della propria vita alla verità.

Nella sua vita c'è la forza di attrazione della tragedia, di una tragedia però che porta alla speranza, perché permeata d'amore.

Da lui non emana la tristezza del pessimismo, al contrario, dalla sua parola traspare quella fede pronta al sacrificio, nella Provvidenza, che sa fino a qual punto la sofferenza e il peso dei problemi insoluti, e quindi gli ostacoli, facciano parte, anche di fronte alla volontà migliore e alla forza più geniale, dell'essenza della storia, in questo mondo segnato dal peccato d'origine.

« È questo un fatto altrettanto certo - scrive il cardinale Newman - quanto l'esistenza del mondo o l'esistenza di Dio ».

g) Newman ha narrato la storia della sua lotta interiore che lo portò dalla chiesa anglicana, da lui amata con riconoscenza per tutta la sua vita, alla chiesa cattolica nell'Apologià prò vita sua.

È un'opera che è doveroso leggere perché consacrata dallo stesso spirito che pervade le maggiori Confessioni di Agostino.

Newman stesso, con una espressione di san Paolo 1 Cor 13,12: « noi ora vediamo, infatti, come per mezzo di uno specchio; … ora conosco solo in modo imperfetto », formulò il senso di tutta la sua vita nel suo epitaffio:261 « Ex umbris et imaginibus in veritatem ».

h) L'intera opera del cardinale Newman possiede, inoltre, una particolare forza per il fatto che egli, a somiglianza delle grandi figure del '600 francese, è uno scrittore di alto rango, di una sobrietà classica, ma intimamente sotteso dal dinamismo della vita.

9. In questa scelta non può mancare la « piccola » Teresa del Bombiti Gesù ( + 1897 ), in parte per l'azione straordinaria, universale e misteriosa, ch'essa esercita, in parte per il carattere singolare della sua santità.

Ella non è quella santa sentimentale quale fu creduta per lungo tempo da certa devozione di maniera, finché non fu pubblicata la redazione originale della sua autobiografia, che era stata rielaborata in base a criteri non troppo illuminati.

In essa piuttosto in estrema semplicità trova rappresentazione, in maniera viva e attraente, l'immediato essere-in-Dio.

Il centro di questa pietà è la sua vissuta convinzione di fede che l'uomo è un nulla di fronte a Dio: la dottrina della povertà interiore è costituita per la fede cristiana.262

Che ciò non fosse possibile se non nella e dalla Chiesa è il fondamento assoluto e fuori discussione di tutto il suo essere.

Ma la perfetta umiltà di questa fanciulla, uscita da un ambiente confortevole, borghese ( se è lecito usare l'aggettivo « perfetto » parlando di una persona umana ), possiede una forza eroica ed è sorretta al tempo stesso, con avvincente libertà e mitezza, da una grande coscienza di sé e della propria missione alle quali si aggiunge una magnanima comprensione ( quasi enigmatica nel suo divenire ) per i non-cristiani, per gli increduli e perfino per gli scomunicati.

L'ampiezza della sua concezione trae chiaramente la sua origine dalla realizzazione del comandamento centrale del Signore, secondo il suo motto: « Tutto è amore, tutto è grazia ».

Anche se in lei non troviamo una forza potentemente creativa, è tuttavia lecito accostare la trasparenza cristallina della sua infanzia spirituale a quella di san Francesco.

In lei va pure sottolineata la preziosa integrità della sua pietà, restia per esempio, a sovraccaricare la figura di Maria, offertaci dai Vangeli, con delle strane ( come ella stessa dice ) interpretazioni, e questo proprio perché Maria è il suo modello.

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259 Esalta il metodo preventivo: educazione al senso di libertà e di responsabilità, mediante un rapporto di fiducia fra educatore ed educando.
Nel 1859 fondò la congregazione dei salesiani, i quali continuano la sua opera.
260 Sul protestantesimo anglosassone cfr. § 120, II.
261 Che non fu posto sulla sua tomba.
262 Simili concezioni le troviamo in Lutero: per es. le ultime parole da lui scritte: « Siamo dei mendicanti, questo è vero » ( § 78 ).