La storia della Chiesa

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§ 77. Disgregazioni religiose - reazioni

1. Un documento impressionante del fermento della vita religiosa di quest'epoca si ha nelle eresie e nei movimenti settari.

Come il nucleo di genuina religiosità in mezzo all'esteriorizzazione a cui abbiamo accennato, così anch'essi sono presupposti e segni premonitori del violento futuro sovvertimento e sono indispensabili per comprendere la Riforma.

Senza di quelli l'appello di Lutero alla serietà, e senza di questi il suo appello alla rottura con Roma non avrebbero potuto trovare l'eco che egli effettivamente ebbe come risposta.

2. I fenomeni di cui ci occuperemo sono piuttosto delle correnti spirituali che non vere e proprie forme di associazione.42

Il nucleo centrale è dappertutto il malcontento per le condizioni e gli abusi della Chiesa, della società, dello Stato, malcontento sfociante nella vecchia esigenza di un ritorno alla povertà e alla semplicità evangelica; esigenza nei confronti dei prelati e della curia romana che già da lungo tempo conosciamo.

La vita apostolica di povertà fu spesso considerata come una condizione preliminare per l'autorità ecclesiastica, laddove emersero vigorosamente delle tendenze verso una concezione spiritualistica della Chiesa ( molto chiaramente in Wiclif e così pure in documenti relativi alle « penitenze » scelte personalmente dai flagellanti ).

Il malcontento si fece allora esplosivo a causa delle tensioni sociali straordinariamente accresciute, le quali di fronte alla Chiesa ricca ( in Germania essa possedeva circa un terzo del patrimonio fondiario ) assunsero anche il carattere di rivoluzione religiosa.

Fu appunto l'unione di questi malcontenti religiosi, politici e sociali, che diede a questi sviluppi portatori di crisi quell'ampiezza che ne costituì l'elemento decisamente pericoloso ( spesso anche laddove in sé non avevano nulla di eretico ).

3. Questi movimenti derivano la loro forza religiosa dalla Bibbia.

La sua diffusione e lettura, enormemente aumentate rispetto ai tempi precedenti ( invenzione della stampa; prima stampa della Bibbia nel 1452 ), manifestarono chiaramente la paradossale pericolosità che in determinate circostanze è insita in essa.

Il Nuovo Testamento predica ed esalta la povertà.

Ma la Chiesa medievale, orientandosi verso la civiltà così come questo orientarsi si traduceva in concreto all'inizio dell'età moderna, aveva abbandonato la povertà per rivolgersi alla ricchezza; la struttura della sua gerarchia e quella della società, da essa guidata, presentavano una scala sociale nella quale la disparità dei ceti era cresciuta sino alla più aperta contraddizione.

A ciò i diseredati opposero la parola di povertà della Bibbia; s'aggiunse l'idea dello stato di natura ( il suonatore di piva di Nikiashauser Hans Bòhm, 1476 ): dalle istanze di povertà e uguaglianza, scaturisce un socialismo ( cristiano, beninteso ).

Tendenze di questo genere assunsero in Germania forma rivoluzionaria, nelle varie sollevazioni di contadini verificatesi a partire dal 1491 e sempre soppresse nel sangue ( Bundschuh; Atmer Konrad; guerra dei contadini ).

La importanza che esse rivestono nella storia della Chiesa è data dall'aver preparato l'anima popolare ad accogliere la critica rivolta da Lutero alla gerarchia ecclesiastica o a fenomeni di « mammonismo » nella Chiesa ( indulgenze, conferimento delle cariche ), e la sua dottrina della libertà del cristiano, nel cui clima, anche temi cristiano-conservatori potevano subire un'interpretazione facilmente pericolosa, come dovevano poi dimostrare gli sviluppi seguenti.

4. Il radicale malcontento, estesosi dappertutto, si accompagnava volentieri con uno sguardo minaccioso e pieno di speranze, volto all'avvenire; idee apocalittiche, nella veste di attesa di una meritata punizione, o di attesa della fine del mondo e della venuta di Cristo per il giudizio, o anche di attesa del « regno millenario » furono frequentemente accarezzate in quel periodo e furono anch'esse attinte alla Bibbia ( Vangeli e Apocalisse ).

L'idea apocalittica divenne una vera e propria « epidemia spirituale » nel tardo Medioevo.43

Suo nucleo centrale era l'idea dell'anticristo, idea così spesso impiegata come arma d'attacco nelle lotte tra papato e impero.

Ora, lo sviluppo dell'arte della stampa permetteva di far penetrare le antiche profezie da poco pubblicate e le rappresentazioni dell'anticristo in ampi strati della coscienza popolare.

( L'Aratore di Boemia di Giovanni von Saaz, + 1414 ).

5. Lo sviluppo della vita religiosa, dopo il 1300, presenta sempre nuovi movimenti, i quali tendono a sminuire l'importanza della Chiesa visibile, in quanto non determinante per l'annuncio cristiano: si trattava di correnti spiritualistiche, di concezioni cioè di una pietà unilateralmente interiore.

Ne abbiamo già trovato abbastanza spesso le tracce.

Lo scontento nei confronti della Chiesa reale, visibile e imperante, nei confronti della sua ricchezza, della sua mondanizzazione e della sua attività politica spinse anche adesso, nuovamente, in questa direzione.

È più che evidente che qui ci troviamo dinanzi ad esigenze ortodosse e legittime di una pietà insoddisfatta.

Dall'evoluzione generale della cultura del tempo giunsero loro in aiuto: le tendenze individualistiche dell'umanesimo, gli elementi genuini e pervertiti della mistica più recente, la valorizzazione della vecchia mistica, resa accessibile attraverso l'arte della stampa e più che mai, naturalmente, la critica motivata, ma smodata, nei confronti del clero.

6. Questi fenomeni non si trovano, come abbiamo già accennato, soltanto chiaramente presenti e circoscritti accanto alla vita ecclesiastica ortodossa.

La devozione, accresciutasi smisuratamente nel secolo XV ( proprio anche quantitativamente ) ed esplicantesi in forme svariate di preghiere, di canti religiosi, di edifici sacri, di pellegrinaggi, di indulgenze, di lasciti ecc. ( § 70 ), non è certo senza pericolo, in quella sua forma esasperata; essa offre diretta ospitalità a quelle tendenze insane ed ereticali.

Nell'insieme, ci troviamo dinanzi a un dislocamento di forze dall'equilibrio molto instabile; molte cose si scontrano confusamente, il patrimonio tradizionale appare incerto e minacciato.

7. Una simile atmosfera invocava proprio dei profeti che proclamassero l'ira di Dio, predicassero la penitenza opponendosi alla decadenza ed esigessero conversione.

Ne sentiamo l'eco nei predicatori di penitenza del secolo XV ( § 68,2 ).

In un frate domenicano, Girolamo Savonarola ( nato nel 1452; condannato al rogo nel 1499 ), priore del convento di San Marco a Firenze, la lotta contro la dominante decadenza trovò l'espressione, che assurse a valore di simbolo e prese i toni dell'annuncio apocalittico del castigo.

La sua figura, avvolta nel cupo alone della tragica fine, si è impressa in maniera indelebile nella mente dell'umanità.

Savonarola occupa nella storia della Chiesa, specialmente dell'età moderna, una posizione sotto molti aspetti fondamentale.

a) Il contesto storico è dato in Firenze, in piena effervescenza di Rinascimento tra il 1490 e il 1494; prima e durante la campagna di Carlo VIII rè di Francia, in Italia, questa città, combatte per liberarsi dalla tirannide dei Medici.

In quest'ambiente ( Ferrara, Firenze ) la famiglia dei Savonarola viveva da generazioni, offrendo un modello di austera vita religiosa e morale.

La formazione di Girolamo non poteva essere che umanistica; ma quanto doveva gettare profonde radici in lui proveniva da Tommaso d'Aquino, il « Gigante » che egli leggeva sempre e dinanzi al quale si sentiva un nulla.

A ciò si aggiunse una straordinaria conoscenza della Sacra Scrittura.

b) Il costitutivo essenziale della sua personalità: una fede vigorosa, anzi eroica, una pietà di purezza irreprensibile, uno spirito di rigida penitenza e di austero ascetismo.

Sua fonte particolare: i profeti vetero-testamentari.

Anima della sua missione: la convinzione religiosa di esser inviato da Dio come profeta.

Questa coscienza d'essere profeta lo induce a predicare la penitenza in uno stile apocalittico e trascinatore, invocando la riforma, tanto necessaria, della Chiesa sul modello di quella apostolica, la cui fede integra e il cui amore perfetto egli vorrebbe far rivivere contro lo spirito paganeggiante del Rinascimento e segnatamente contro di esso annidatesi nella curia romana.

La sua predicazione si scaglia contro un tempo moralmente corrotto, in cui la « vendetta è sinonimo di diritto, ove la rapina è costume, ove la violenza e il veleno i mezzi usuali per impadronirsi dell'agognata potenza ».

Questo mondo gli appare così in rovina, che per il giovane studente rappresenta quasi una tentazione alla fede.

Ma egli reagisce col grido d'implorazione rivolto al Signore: « Ferisci il mio cuore col Tuo amore affinché io Ti trovi! ».

c) La sua predicazione piena di minacce - per lui, priore di San Marco - è strettamente vincolata agli avvenimenti nazionali.

L'Italia, Roma e Firenze vengono insistentemente apostrofate; con Roma però, « la Babilonia », egli intende la Chiesa e più da vicino ancora il clero, e non ultimo il suo moltiplicarsi e il moltiplicarsi delle loro messe ( « Oh, se ve ne fosse penuria! » ).

In una critica aspra ed esuberante egli accusa i monaci e i prelati responsabili di « questa tempesta », di « questi mali ».

In particolare: « Il capo è ammalato », « Guai a quel corpo ».

Il contenuto globale delle prediche si concentra in tre punti:

1) La Chiesa deve venir castigata;

2) con ciò rinnovata;

3) ciò accadrà fra breve.

Sono palpabili con mano reminiscenze di motivi antichissimi ( Gioacchino da Fiore ) e recenti; esse spiegano, nel raggio d'irradiazione di un'esuberante personalità, i potenti effetti prodotti.

d) Savonarola era un grande uomo di preghiera e un mistico, uno scrittore ascetico di straordinario valore, un carattere eroico in lotta per la Chiesa e per la libertà della coscienza cristiana.

Nella virtù dell'umiltà non raggiunse forse del tutto il grado eroico della rinuncia completa alla propria volontà, ma in lui era presente l'umiltà del profeta ricordata in Gv 3,30 ( « Bisogna che egli cresca ed io diminuisca » ).

Egli diceva chiaramente di non essere affatto giustificato dalla sua missione e dalle cognizioni particolari a lui affidate.

E, infine, la sua tenacia nelle istanze profetiche non degenerò mai in un'istintiva e passionale protesta.

e) Il primo compito affidato al Savonarola fu la guida del suo convento.

Esso, però, si collega intimamente con tutta la sua opera di riforma della Chiesa e soprattutto del clero tanto aspramente biasimato.

Egli cerca di ristabilire nel suo convento l'antica disciplina, quindi lotta per costituirvi una congregazione di osservanza.

Fu qui, sul piano giuridico, dove l'opposizione della curia cercò di imporsi, ma non per aiutare la Riforma, bensì per impedirla e per spezzare così l'influenza esercitata dal frate.

Savonarola aveva attaccato senza alcun riguardo Alessandro VI eletto simoniacamente.

Quella critica cozza contro la resistenza del papa: gli viene interdetta la predicazione.

Si tenta pure di ricondurre il suo convento riformato all'indirizzo più mite.

Tutta l'opera a cui il profeta aveva dedicato la sua vita viene minacciata.

Egli rifiuta l'obbedienza appellandosi al superiore comando di Dio.

I suoi avversar! politici si alleano con i suoi avversari ecclesiastici; sfruttano un giudizio di Dio mandato a monte per sollevare la feccia del popolo ( non il « popolo » ); si imprigiona il profeta e, dopo averlo sottoposto alla tortura, gli si strappano deposizioni ambigue, aggravate poi con il falso e si finisce con il condannarlo a morte come eretico, scismatico e sostenitore di dannose innovazioni.

Il frate però mantenne la sua parola: « Io ho parlato così perché Dio l'ha voluto ».

Nel suo tormento fisico e morale in carcere e di fronte agli infami avversari egli riconosce e confessa che la mano di Dio grava su di lui.

Facendo sua la commovente confessione del salmo « Miserere », egli invoca il Padre della misericordia affinché gli rimetta i peccati.

Si manifesta « un radicale annichilamento di sé nell'infinità di Dio e un anelito d'amore verso la rinascita di tutto il vivo corpo della Chiesa » ( Mario Ferrara ).

Dopo che a lui e ai suoi due compagni fu accordata la confessione e la comunione ( Savonarola si comunicò da solo ), egli fu sconsacrato, seguendo il cerimoniale in uso, fu « separato dalla Chiesa militante », poi impiccato, il suo cadavere bruciato, le ceneri sparse nell'Arno.

f) Savonarola è un impressionante, tipico esempio di predicazione penitenziale a sfondo apocalittico, sconvolgente, ma dai risultati spesso oscillanti; è una denuncia degli acuti contrasti dell'epoca rinascimentale; degli abusi della Chiesa, delle aberrazioni del papato, del grande conflitto monastico fra lassismo e osservanza, ma anche dell'inesauribile ricchezza della vita religiosa, pur sull'orlo della rovina.

Il caso Savonarola costringe a rendersi conto della distinzione essenziale che esiste, nella Chiesa, fra persona e funzione.

E la stessa lotta del Savonarola è un esempio incisivo di un problema centrale del cattolicesimo moderno, la definizione del giusto rapporto fra ufficio, gerarchia e individuo, Chiesa e coscienza individuale.

g) Ci sono, è vero, già in quel tempo, delle opinioni relative alla scomunica e all'elezione simoniaca del papa che depongono a discarico del predicatore renitente.

Ciononostante però, il problema riceve una sua significativa soluzione accostandolo al caso di Giovanna d'Arco, verificatosi nello stesso secolo.

Anche lei dichiarava di dover anteporre quanto le dicevano le « voci » a quello che, eventualmente, le avesse detto il papa e di rinunciare alla messa pasquale e alla sepoltura cristiana piuttosto che fare qualcosa che si opponesse alla sua coscienza e alle sue « voci ».

Quest'atteggiamento, assunto dalla Pulzella d'Orléans, condannata da un tribunale ecclesiastico, con la canonizzazione è stato riconosciuto dalla Chiesa come cattolico.

Il caso del frate domenicano tuttavia è soltanto simile, ma non esattamente identico a questo.

Savonarola agì positivamente contro la scomunica, una scomunica per altro dettata da considerazioni politiche di un libertino che sedeva sul trono pontificio.

È fuori dubbio che Savonarola non solo rimase in seno alla Chiesa, ma che vivesse di essa.

Il suo atteggiamento è dettato dal suo cattolicesimo intatto, di pienezza evangelica.

Quella interpretazione del « Miserere » dopo la terribile tortura e la sua solenne professione di fede prima dell'ultima comunione lo testimoniano ancora una volta.

Fu un grosso equivoco chiamarlo un pre-riformatore.

Ciò non esclude che la parvenza rivoluzionaria, che rivestiva il suo operare e la sua predicazione, a qualcuno potesse far sembrare legittimo un rifiuto d'obbedienza, veramente rivoluzionario, così come presto sarebbe stato sostenuto da Lutero.

Dobbiamo anche considerare però che il Savonarola, sia nella sua critica al Borgia, sia alla curia e a talune delle sue concezioni di fondo ( concezione giuridica della potestas, simonia, mondanizzazione ), come nei suoi postulati positivi ( penitenza, Sacra Scrittura, libertà della coscienza cristiana ), sostiene delle idee che ritroviamo al centro degli interessi della Riforma.

La persona e la fine del grande frate, considerate nella prospettiva dell'opposizione ad un uomo come Alessandro VI, illuminarono intensamente il pauroso disordine in cui era piombata la Chiesa.

Non si sarebbe dovuta avverare la sua parola: « Roma, tu cadrai in rovina »?

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42 Costituiscono un'eccezione gli ussiti ( § 67 ).
Molto presto essi dichiararono la loro simpatia per Lutero.
43 Di segni premonitori nell'alto Medioevo ne troviamo presso i Catari, gli Albigesi, i Valdesi, in modo speciale in Gioacchino da Fiore ( § 56, § 62 ) e nei Fraticelli ( § 58 ).
Nel tardo Medioevo s'aggiungono poi i Taboriti e i Fratelli boemi ( § 67 ).