Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo tredicesimo - III

III. Alla ricerca dell'uomo

Contrariamente a quanto noi immaginiamo, non è l'uomo che va alla ricerca di Dio, ma Dio per primo va alla ricerca dell'uomo.

L'originalità del cristianesimo è appunto di proporci un Dio che ha l'iniziativa in tutto, prima ancora che l'uomo se ne renda conto.

È Dio che entra nella nostra vita, all'ora imprevista, all'incrocio inatteso, che suscita in noi i primi desideri, le prime domande, i primi passi, che ci invita a una reciprocità d'amore.5

Questo carattere d'iniziativa è uno dei tratti più vigorosamente sottolineati dalla rivelazione vetero-testamentaria: non è l'uomo che scopre Dio; è Jahvè che si manifesta quando vuole, a chi vuole e come vuole.

Per primo ha scelto ( Abramo, Mosè, i profeti ), promesso, stretto alleanza, salvato.

Questa iniziativa risplende ancor più nell'intervento decisivo dell'incarnazione.

« Non siamo noi che abbiamo amato Dio, ma è Lui che ci ha amati e ci ha mandato suo Figlio » ( 1 Gv 4,10 ).

Quando ci rendiamo conto che cerchiamo Dio, scopriamo che era lui che ci cercava, che aveva mosso in noi il movimento di ritorno verso di lui.

Il Nuovo Testamento parla di un'azione che « apre il cuore » al mistero del Vangelo ( At 16,14 ), di « un'attrazione » interiore del Padre ( Gv 6,44 ), di una « illuminazione » nuova, paragonabile alla creazione della luce al primo mattino ( 2 Cor 4,4-6 ), di una « unzione » di Dio ( 2 Cor 1,22 ), di una « testimonianza » dello Spirito ( 1 Gv 5,6 ), di una « rivelazione » interiore ( Mt 11,25; Mt 16,17 ).

Una cosa è certa: è sempre Dio che precede; è lui il primo che si rivolge alla sua creatura e la chiama con quel nome che le destina da sempre.

Il ricercatore non è l'uomo, è Dio.

Si può fuggirlo, fuggirlo instancabilmente; si stancherà meno di cercarci che noi di fuggirlo.

« Un uomo aveva due figli … » ( Lc 15,11 ).

« Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? » ( Lc 15,4 ).

E quando il « cercato » ritorna, scopre che era Dio che lo cercava, che camminava con lui, che lo precedeva per accoglierlo, per prenderlo con lui e metterlo là dove lui è ( Gv 14,3 ).

Ma, paradosso non meno grande, in questo gioco del cercatore e del cercato, Dio non esercita ne pressione, ne costrizione.

Da quando ci ha creati liberi, la sua Onnipotenza si affida alla nostra libertà.

Ci ama abbastanza, è abbastanza potente per affrontare il più grande rischio: quello di essere messo in scacco dal nostro rifiuto.

Perché vuole dei figli non dei robots.

Dio non vuole prendere nulla che non sia liberamente donato.

Preferisce l'amore misconosciuto all'amore che si impone.

Quello che vuole sono dei figli liberamente generati, liberamente compiuti, liberamente realizzati, che scaturiscono, liberamente nello Spirito: « Abba, Padre ».

Ma quando il Cercatore e il cercato si « incontrano », il cercato scopre che l'amore di Dio lo copriva con la sua ombra, a sua insaputa, prima ancora di conoscere il suo nome e il suo volto: se ha trovato Dio, è « per grazia ».

Ma quando lo ha trovato tutto si illumina, tutto acquista un senso: non che il mistero scompaia, ma la luce aumenta e si proietta su ogni realtà.

Come a san Paolo, folgorato da tanta luce e da tanto amore, non gli resta che balbettare e glorificare Dio ( Ef 1 ).

Il cercato scopre anche che se Dio lo cerca è per introdurlo nel mistero della sua stessa vita.

Perché Dio che cerca è un Dio che condivide.

Il suo progetto è di ri-generare in ciascuno di noi dei figli, di infondere in essi il suo Spirito, affinchè vivano della sua vita.

Colui che cerca ci invita alla condivisione più inaudita che ci sia, dandoci accesso al « focolaio » più unito, più legato dall'amore: quello della Trinità.

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5 Su questo tema: J.-P. TOKKELL, Dietì^ qui es-tu?, Paris, 1974, pp. 23-59.