Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se gli abiti possano dissolversi o diminuire per la sola mancanza di esercizio

II-II, q. 24, a. 10; In 1 Sent., d. 17, q. 2, a. 5

Pare che gli abiti non possano dissolversi o diminuire per la sola mancanza di esercizio.

Infatti:

1. Gli abiti sono più duraturi delle qualità passibili, come si è visto sopra [ q. 49, a. 2, ad 3; q. 50, a. 1 ].

Ora, le qualità passibili non si perdono e non decadono per mancanza di esercizio: infatti la bianchezza non diminuisce se cessa dall'impressionare la vista, né cessa il calore se non riscalda.

Perciò neppure l'abito decade o si dissolve per mancanza di esercizio.

2. La distruzione e il decadimento sono due mutazioni.

Ma nulla può essere mutato senza una causa movente.

Siccome quindi la mancanza di esercizio non comporta alcuna causa movente, sembra che essa non possa produrre il decadimento o la distruzione di un abito.

3. Gli abiti della scienza e della virtù risiedono nell'anima intellettiva, che è al disopra del tempo.

Ma le cose che sono sopra il tempo non vengono né distrutte né logorate dalla durata del tempo.

Quindi neppure questi abiti vengono distrutti dal fatto che uno per lungo tempo non li esercita.

In contrario:

Il Filosofo [ De long. et brev. vitae 2 ] afferma che « la corruzione della scienza » non è soltanto « l'errore », ma anche « la dimenticanza ».

E altrove [ Ethic. 8,5 ] nota che « molte amicizie si dissolvono per mancanza di contatti ».

E per lo stesso motivo anche altri abiti virtuosi decadono o si perdono per mancanza di esercizio.

Dimostrazione:

Come dice il Filosofo [ Phys. 8,4 ], una cosa può muovere in due modi: primo, direttamente, cioè mediante la natura stessa della propria forma, come il fuoco quando riscalda; secondo, indirettamente, come fa tutto ciò che toglie un ostacolo.

Ora, la mancanza di esercizio produce la distruzione o il decadimento degli abiti in questo secondo modo: cioè togliendo quegli atti che ostacolavano le cause di tale distruzione o decadimento.

Infatti abbiamo detto sopra [ a. 1 ] che gli abiti vengono distrutti o menomati direttamente da agenti contrari.

Ora, crescendo col passare del tempo tutte le disposizioni contrarie ai vari abiti, che invece andrebbero eliminate con gli atti, è chiaro che tali abiti vengono menomati, oppure totalmente distrutti per la prolungata mancanza di esercizio; come è evidente nel caso della scienza e della virtù.

È infatti evidente che l'abito di una virtù morale rende l'uomo pronto a scegliere il giusto mezzo negli atti e nelle passioni.

Ora, se uno non fa uso dell'abito virtuoso nel moderare le proprie passioni e i propri atti, necessariamente sorgono molti atti e passioni contrari alla virtù, a motivo delle inclinazioni dell'appetito sensitivo e di altre cause che muovono dall'esterno.

Perciò la virtù viene distrutta o menomata dalla cessazione del suo atto.

- E la stessa cosa vale per gli abiti intellettivi, che rendono l'uomo pronto a giudicare le realtà presentate dall'immaginativa.

Quando perciò un uomo si astiene dall'esercitare un dato abito intellettivo insorgono delle immaginazioni estranee, che orientano talvolta in senso contrario: per cui senza l'uso frequente di tale abito che in qualche modo le taglia e le soffoca, quest'uomo diviene meno pronto a giudicare rettamente, e talora acquista addirittura una disposizione contraria.

Quindi la mancanza di esercizio può menomare o anche distruggere un abito intellettivo.

Analisi delle obiezioni:

1. Anche il calore potrebbe perdersi cessando di riscaldare se nel frattempo crescesse il freddo, che ne è l'elemento distruttivo.

2. Come si è spiegato [ nel corpo ], la mancanza di esercizio è causa movente della distruzione e del decadimento quale removens prohibens [ cioè in quanto rimuove l'impedimento ].

3. La parte intellettiva dell'anima per se stessa è al disopra del tempo; non così però la parte sensitiva.

Perciò quest'ultima col passare del tempo viene ad alterarsi, sia rispetto alle passioni dell'appetito che rispetto alle facoltà conoscitive.

Per cui il Filosofo [ Phys. 4, cc. 12,13 ] afferma che il tempo è causa di dimenticanza.

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