Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se tutti i precetti morali appartengano alla legge naturale

Infra, q. 104, a. 1

Pare che non tutti i precetti morali appartengano alla legge naturale.

Infatti:

1. Sta scritto [ Sir 17,9 ]: « Inoltre pose davanti a loro la disciplina, e diede loro in eredità la legge della vita ».

Ora, la disciplina è il contrario della legge naturale: poiché la legge naturale non si apprende, ma si ha per istinto di natura.

Quindi non tutti i precetti morali sono di legge naturale.

2. La legge divina è più perfetta di quella umana.

Ma la legge umana aggiunge alla legge naturale delle determinazioni riguardanti i buoni costumi: e ciò è evidente dal fatto che la legge naturale è identica presso tutti, mentre queste determinazioni sono varie.

Perciò a maggior ragione doveva aggiungere qualche precetto alla legge naturale la legge divina, in cose riguardanti i buoni costumi.

3. Induce ai buoni costumi non solo la ragione naturale, ma anche la fede: infatti S. Paolo [ Gal 5,6 ] parla della « fede che opera per mezzo della carità ».

Ora, la fede non rientra nella legge naturale: poiché le verità di fede superano la ragione.

Quindi non tutti i precetti morali della legge divina appartengono alla legge naturale.

In contrario:

S. Paolo [ Rm 2,14 ] afferma che « i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge »: e ciò va inteso delle cose riguardanti i buoni costumi.

Perciò tutti i precetti morali sono di legge naturale.

I precetti morali, distinti da quelli cerimoniali e giudiziali, hanno per oggetto cose che riguardano direttamente i buoni costumi.

Ora, siccome i costumi umani sono giudicati in rapporto alla ragione, che ne è propriamente il principio, vanno considerati buoni quei costumi che concordano con la ragione, e cattivi quelli che ne discordano.

Ma come ogni giudizio della ragione speculativa deriva dalla conoscenza naturale dei primi princìpi, così ogni giudizio della ragione pratica deriva, come si è visto [ q. 94, aa. 2,4 ], da alcuni princìpi noti anch'essi per natura.

Dai quali però si procede in vari modi nel formulare i vari giudizi.

Infatti nelle azioni umane ci sono delle cose talmente chiare che si possono approvare o disapprovare con una breve riflessione, in base ai suddetti princìpi universali.

Ce ne sono invece altre che richiedono molta riflessione sulle diverse circostanze, la cui diligente considerazione non è di tutti, ma solo dei sapienti: come non è di tutti, ma soltanto dei filosofi, lo studio delle conclusioni particolari delle scienze.

Ci sono infine delle cose per giudicare delle quali l'uomo ha bisogno di essere aiutato dalla rivelazione divina: come avviene nelle realtà di fede.

Perciò è evidente che tutti i precetti morali, sia pure in maniera diversa, appartengono alla legge naturale: poiché questi precetti hanno per oggetto i buoni costumi, e questi sono tali perché concordano con la retta ragione, dato che qualsiasi giudizio della ragione umana deriva in qualche modo dalla ragione naturale.

Infatti ci sono alcune cose che la ragione naturale di qualsiasi uomo giudica subito e direttamente come da farsi o da non farsi: tali, p. es., sono i precetti: « Onora il padre e la madre », « Non uccidere », « Non rubare » [ Es 20,12.13.15; Dt 5,16.17.19 ].

E questi precetti appartengono in senso assoluto alla legge naturale.

- Ci sono invece altri precetti per i quali i sapienti giudicano necessaria un'indagine più sottile.

E questi, pur essendo di legge naturale, esigono un'istruzione da parte di persone sagge: tale è, p. es., il precetto [ Lv 19,32 ]: « Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi.

Onora la persona del vecchio ».

- Ci sono infine altri precetti per giudicare i quali la ragione umana ha bisogno dell'insegnamento di Dio che ci istruisca nelle cose divine, come questi, p. es.: « Non ti farai idolo né immagine alcuna »; « Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio » [ Es 20,4.7; Dt 5,8.11 ].

Sono così risolte anche le obiezioni.

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