Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se le cerimonie dell'antica legge avessero allora la virtù di giustificare

Supra, q. 100, a. 12; q. 102, a. 5, ad 4; III, q. 62, a. 6; In 4 Sent., d. 1, q. 1, a. 5, sol. 1, 3; In Gal., c. 2, lect. 4; c. 3, lect. 4; In Heb., c. 9, lect. 2

Pare che le cerimonie dell'antica legge avessero allora la virtù di giustificare.

Infatti:

1. L'espiazione del peccato e la consacrazione di un uomo sono atti che appartengono alla giustificazione.

Ma nella Scrittura [ Es 29,21 ] si dice che i sacerdoti e le loro vesti venivano consacrati con l'aspersione del sangue e con l'unzione dell'olio; inoltre si dice [ Lv 16,16 ] che il sacerdote, aspergendo il sangue del vitello, « espiava il santuario per l'impurità degli Israeliti, per le loro trasgressioni e per tutti i loro peccati ».

Quindi le cerimonie dell'antica legge avevano la virtù di giustificare.

2. Ciò che rende un uomo piacevole a Dio è un elemento della giustizia, poiché sta scritto [ Sal 11,7 ]: « Giusto è il Signore, ama le cose giuste ».

Ora, alcuni piacevano a Dio mediante le cerimonie, secondo l'accenno del Levitico [ Lv 10,19 ]: « Come potevo piacere al Signore nelle sue cerimonie, con l'anima in pianto? ».

Quindi le cerimonie dell'antica legge avevano il potere di rendere giusti.

3. Le cose riguardanti il culto divino incidono più sull'anima che sul corpo, secondo le parole della Scrittura [ Sal 19,8 ]: « La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima ».

Ma stando al Levitico [ Lv 14 ] le cerimonie dell'antica legge mondavano i lebbrosi.

Perciò a maggior ragione potevano mondare le anime, giustificandole.

In contrario:

L'Apostolo [ Gal 2,21 ] scrive: « Se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano », cioè senza motivo.

Ma ciò è assurdo.

Quindi le cerimonie dell'antica legge non giustificavano.

Dimostrazione:

Come sopra [ q. 102, a. 5, ad 4 ] si è detto, nell'antica legge si conoscevano due tipi di immondezza: la prima spirituale, dovuta alla colpa, la seconda invece corporale, che rendeva inabili al culto divino: come veniva detto immondo il lebbroso, o chi aveva toccato un morto; e questa immondezza non era che un'irregolarità.

Ora, le cerimonie dell'antica legge avevano il potere di purificare da quest'ultima immondezza: poiché tali cerimonie erano un rimedio per togliere le immondezze legali.

E così l'Apostolo [ Eb 9,13 ] riconosce che « il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca che si sparge su quelli che sono contaminati li santificano, purificandoli nella carne ».

Siccome poi l'immondezza che veniva purificata da queste cerimonie era più del corpo che dell'anima, l'Apostolo [ Eb 9,10 ] denomina le cerimonie stesse « giustizie della carne », cioè « prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate ».

Esse invece non avevano il potere di espiare dall'immondezza dell'anima, cioè dalla colpa.

E questo perché l'espiazione dai peccati la può compiere soltanto Cristo, « che toglie i peccati del mondo », come dice il Vangelo [ Gv 1,29 ].

Poiché dunque il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo non si era ancora realmente compiuto, le cerimonie dell'antica legge non potevano contenere in sé realmente, come i sacramenti della nuova legge, la virtù che emana dal Cristo incarnato e immolato.

Perciò esse non potevano purificare dal peccato, come insegna l'Apostolo [ Eb 10,4 ], essendo « impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri ».

Per questo l'Apostolo [ Gal 4,9 ] le chiama « poveri e deboli elementi »: deboli certamente, perché non possono purificare dal peccato; ma questa debolezza proviene dal fatto che sono poveri, in quanto non contengono la grazia.

Tuttavia nel tempo della legge l'anima dei fedeli poteva unirsi con la fede a Cristo incarnato e immolato: e così dalla fede essi venivano giustificati.

E di questa fede l'osservanza delle cerimonie era una professione, in quanto esse prefiguravano Cristo.

Dunque nell'antica legge venivano offerti certi sacrifici per i peccati: non perché essi stessi mondassero dal peccato, ma perché erano professioni di quella fede che mondava dal peccato.

E la legge stessa lo lascia comprendere in base al suo modo di esprimersi.

Nel Levitico [ Lv 4-5 ] infatti si legge che nell'oblazione delle vittime per il peccato « il sacerdote pregherà per lui, e gli sarà perdonato »: come per dire che il peccato non era perdonato in forza del sacrificio, ma per la fede e la devozione degli offerenti.

Si noti però che la stessa espiazione delle immondezze legali, compiuta dalle cerimonie dell'antica legge, era una figura dell'espiazione dei peccati che oggi avviene per opera di Cristo.

È chiaro quindi che nello stato dell'antica legge le cerimonie non avevano il potere di giustificare.

Analisi delle obiezioni:

1. La suddetta santificazione dei sacerdoti, dei loro figli e delle loro vesti, o di qualsiasi altra cosa, mediante l'aspersione del sangue, altro non era che un'abilitazione al culto divino, e un mezzo per togliere gli ostacoli « alla purificazione nella carne », di cui parla l'Apostolo [ Eb 9,13 ]: in vista di quella santificazione mediante la quale « Gesù santificò il popolo con il proprio sangue » [ Eb 13,12 ].

- E anche l'espiazione si restringeva a tali immondezze legali, senza togliere il peccato.

Si parla infatti anche dell'espiazione del santuario, il quale non poteva essere soggetto di peccato.

2. I sacerdoti piacevano a Dio con le cerimonie per l'obbedienza e per la devozione, nonché per la fede in ciò che esse prefiguravano; non invece per le cose stesse in sé considerate.

3. Le cerimonie istituite per la purificazione dei lebbrosi non erano ordinate a eliminare la malattia della lebbra con la sua immondezza.

E ciò è evidente per il fatto che tali cerimonie erano usate soltanto per chi era già mondato: « Il sacerdote », dice il libro del Levitico [ Lv 14,3s ], « uscirà dall'accampamento e lo esaminerà: se riscontrerà che la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso, ordinerà che si prendano, per la persona da purificare », ecc.; dal che risulta che il sacerdote era costituito giudice della lebbra già mondata, non di quella da mondare.

Quindi tali cerimonie venivano usate per togliere l'immondezza di una irregolarità.

- Dicono però che se un sacerdote in qualche caso avesse sbagliato nel giudicare, talvolta il lebbroso veniva mondato miracolosamente per virtù divina, non comunque in virtù dei sacrifici.

Come anche avvizziva miracolosamente il fianco di una donna adultera che avesse bevuto l'acqua in cui il sacerdote aveva riversato le maledizioni, come risulta dal libro dei Numeri [ Nm 5,27 ].

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