Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se lo scandalo sia un peccato

In 4 Sent., d. 38, q. 2, a. 2, sol. 1; In Rom., c. 14, lect. 2

Pare che lo scandalo non sia un peccato.

Infatti:

1. I peccati non avvengono per necessità: poiché ogni peccato è volontario, come sopra [ I-II, q. 71, a. 6; q. 74, a. 1; q. 80, a. 1 ] si è detto.

Invece nel Vangelo [ Mt 18,7 ] si legge: « È necessario che avvengano scandali ».

Quindi lo scandalo non è un peccato.

2. Nessun peccato nasce dal sentimento della pietà: poiché, come dice il Vangelo [ Mt 7,18 ], « un albero buono non può produrre frutti cattivi ».

Ma certi scandali derivano dal sentimento della pietà: infatti nel Vangelo [ Mt 16,23 ] si legge che il Signore disse a Pietro: « Tu mi sei di scandalo »; e S. Girolamo [ In Mt 3 ] spiega che « l'errore dell'Apostolo, derivando da un sentimento di pietà, non pare che fosse una sollecitazione diabolica ».

Perciò lo scandalo non sempre è un peccato.

3. Lo scandalo non è che un inciampo.

Ma non tutti quelli che inciampano cadono.

Quindi ci può essere lo scandalo senza il peccato, che è una caduta spirituale.

In contrario:

Lo scandalo è « una parola o un'azione meno retta » [ cf. a. prec. ].

Ora, un atto umano privo di rettitudine ha natura di peccato.

Quindi lo scandalo implica sempre un peccato.

Dimostrazione:

Come si è detto [ a. prec. ], ci sono due tipi di scandalo: quello passivo, che si produce in chi viene scandalizzato, e quello attivo, proprio di colui che scandalizza, dando un'occasione di rovina.

Ora, lo scandalo passivo in colui che viene scandalizzato è sempre un peccato: infatti egli non viene scandalizzato se non in quanto cade in una rovina spirituale, cioè nel peccato.

Tuttavia lo scandalo passivo può verificarsi senza un peccato da parte di colui la cui azione offre occasione di scandalo: come quando ci si scandalizza del bene compiuto da un altro.

- Così pure lo scandalo attivo è sempre un peccato in colui che scandalizza.

Poiché o l'atto che egli compie è un peccato oppure, se ha solo l'apparenza di peccato, esso andava ugualmente omesso in forza della carità verso il prossimo, che impegna ciascuno a procurare la salvezza altrui: per cui chi non se ne astiene agisce contro la carità.

Tuttavia, come si è notato [ a. prec. ], ci può essere uno scandalo attivo senza il peccato di chi è esposto allo scandalo.

Analisi delle obiezioni:

1. L'affermazione evangelica: « È necessario che avvengano scandali » non va intesa nel senso di una necessità assoluta, ma nel senso di una necessità condizionale, per cui è necessario che le cose già conosciute o preannunziate da Dio avvengano, prese però « in senso composito », come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 14, a. 13, ad 3; q. 23, a. 6, ad 2 ].

- Oppure che avvengano gli scandali è necessario in vista del fine: cioè perché servono « a manifestare quelli che sono i veri credenti » [ 1 Cor 11,19 ].

- Oppure è necessario che avvengano gli scandali data la condizione attuale degli uomini, i quali non si guardano dai peccati.

Come se un medico, osservando la dieta sbagliata di certuni, dicesse: « È necessario che questi tali si ammalino »; il che va inteso sotto la condizione: se non cambiano dieta.

E così pure è necessario che avvengano gli scandali, se gli uomini non cambiano la loro cattiva condotta.

2. Lo scandalo in quel testo indica un impedimento qualsiasi.

Infatti Pietro voleva impedire la passione di Cristo per un sentimento di pietà verso di lui.

3. Nessuno inciampa spiritualmente senza subire un ritardo nel suo avanzamento sulla via di Dio: il che avviene con un peccato almeno veniale.

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