Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 1 - Se la millanteria si contrapponga alla veracità

In 4 Ethic., lect. 15

Pare che la millanteria, o iattanza, non si contrapponga alla veracità.

Infatti:

1. Alla veracità si contrappone la menzogna.

Ma talora può esserci millanteria senza menzogna, come quando uno fa ostentazione della propria eccellenza.

Il libro di Ester [ Est 1,3s ], p. es., racconta che « Assuero fece un grande banchetto, per mostrare le ricchezze e la gloria del suo regno, e la grandezza ed eccellenza ( iactantia ) del suo potere ».

Quindi la millanteria non si contrappone alla veracità.

2. La millanteria è posta da S. Gregorio [ Mor. 23,6 ] come una delle quattro specie della superbia, e consiste nel vantarsi di avere ciò che non si ha.

Per cui si legge in Geremia [ Ger 48,29s ]: « Abbiamo udito l'orgoglio di Moab, il grande orgoglioso, la sua superbia, la sua alterigia, l'altezzosità del suo cuore.

Conosco bene la sua millanteria, dice il Signore, l'inconsistenza delle sue chiacchiere, le sue opere vane ».

E S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] afferma che la millanteria nasce dalla vanagloria.

Ma la superbia e la vanagloria si contrappongono alla virtù dell'umiltà.

Quindi la millanteria non è il contrario della veracità, bensì dell'umiltà.

3. La millanteria viene causata dalle ricchezze: si legge infatti nella Sapienza [ Sap 5,8 ]: « Che cosa ci ha giovato la nostra superbia?

E la millanteria delle ricchezze che cosa ci ha portato? ».

Ma l'eccedere nelle ricchezze appartiene al peccato di avarizia, che è il contrario della giustizia, o della liberalità.

Quindi la millanteria non si contrappone alla veracità.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,7; 4,7 ] contrappone la millanteria alla veracità.

Dimostrazione:

La millanteria, o iattanza, consiste propriamente nell'innalzare se stessi con le parole: infatti le cose che un uomo vuole gettare lontano ( iactare ), le scaglia in alto.

Ora, uno innalza propriamente se stesso quando dice di sé cose superiori alla realtà.

E ciò può avvenire in due modi.

Infatti talora uno dice di se stesso cose che sono a lui superiori non secondo ciò che egli è, ma secondo ciò che di lui pensano gli uomini.

E l'Apostolo si rifiutò precisamente di fare questo, scrivendo ai Corinzi [ 2 Cor 12,6 ]: « Evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me ».

Altre volte invece uno si innalza sopra se stesso parlando di sé al di sopra della verità delle cose.

E poiché uno va giudicato per quello che è in se stesso, piuttosto che per quello che è nell'opinione altrui, è chiaro che la millanteria in senso proprio si ha quando uno si innalza al di sopra di ciò che è in se stesso, e non quando si innalza al di sopra di ciò che è nell'opinione altrui: sebbene si possa parlare di millanteria in entrambi i casi.

Perciò la millanteria propriamente detta si contrappone per eccesso alla veracità.

Analisi delle obiezioni:

1. L'argomento vale per la millanteria che eccede i limiti dell'opinione altrui.

2. Nel peccato di millanteria si possono considerare due cose.

Primo, la specie dell'atto: e da questo lato esso si contrappone alla veracità, come si è detto [ nel corpo; q. 110, a. 2 ].

- Secondo, la sua causa, dalla quale esso deriva ordinariamente, anche se non sempre.

E da questo lato la millanteria nasce dalla superbia come dalla causa movente e determinante: poiché per il fatto che uno si innalza interiormente al di sopra di sé con l'arroganza, segue d'ordinario che vanti esteriormente meriti personali superiori alla realtà; sebbene talvolta ciò derivi non dall'arroganza, ma da una certa vanità, per il gusto prodotto dall'abitudine.

Perciò l'arroganza, con la quale uno si innalza sopra di sé, è una specie della superbia; essa però non si identifica con la millanteria, ma ne è solo la causa più frequente: ed è per questo motivo che S. Gregorio mette la millanteria tra le specie della superbia.

- Il millantatore d'altra parte tende per lo più a conseguire la gloria dalla propria millanteria.

E così S. Gregorio può dire che quest'ultima, come dalla causa finale, nasce dalla vanagloria.

3. Anche l'opulenza causa la millanteria sotto due aspetti.

Primo, quale motivo occasionale: poiché uno può insuperbirsi delle proprie ricchezze.

Per cui nei Proverbi [ Pr 8,18 ] le ricchezze sono denominate superbe.

- Secondo, quale causa finale; poiché secondo il Filosofo [ Ethic. 4,7 ], alcuni millantano se stessi non solo per la gloria, ma anche in vista del guadagno, fingendo quei meriti e quel credito dal quale possono avvantaggiarsi economicamente: fingono, p. es., di essere « medici, oppure sapienti e indovini ».

Indice