Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la millanteria sia un peccato mortale

Pare che la millanteria sia un peccato mortale.

Infatti:

1. Si legge nei Proverbi [ Pr 28,25 Vg ]: « Chi si innalza e si dilata boriosamente attizza le contese ».

Ma attizzare le contese è un peccato mortale, poiché si legge nello stesso libro [ Pr 6,19 ] che « Dio odia chi provoca litigi tra fratelli ».

Quindi la millanteria è un peccato mortale.

2. Tutto ciò che è proibito dalla legge di Dio è peccato mortale.

Ora, a proposito di quel testo [ Sir 6,2 ]: « Non ti esaltare nei tuoi pensieri », la Glossa [ interlin. ] precisa: « Si proibisce così la millanteria e la superbia ».

Quindi la millanteria è un peccato mortale.

3. La millanteria è una menzogna.

Ma non è una menzogna ufficiosa o giocosa, come appare evidente dal suo fine.

Infatti, come dice il Filosofo [ Ethic. 4,7 ], « il millantatore inventa sul proprio conto cose superiori alla realtà » talora « senza scopo», ma spesso per « la gloria e l'onore », oppure « per il danaro ».

Dal che appare evidente che non si tratta di una bugia giocosa o ufficiosa.

E così rimane che si tratterà sempre di una bugia dannosa.

Quindi è sempre un peccato mortale.

In contrario:

Come insegna S. Gregorio [ Mor. 31,45 ], la millanteria nasce dalla vanagloria.

Ora, la vanagloria non sempre è un peccato mortale, ma spesso è veniale, e per giunta evitabile solo da chi è molto avanti nella perfezione.

« È solo dei più perfetti », scrive infatti S. Gregorio [ Mor. 8,48 ], « cercare nelle proprie opere la gloria del Creatore senza rallegrarsi egoisticamente delle lodi che se ne ricevono ».

Quindi la millanteria non sempre è un peccato mortale.

Dimostrazione:

Un peccato è mortale quando si contrappone alla carità, come si è già spiegato [ q. 24, a. 12; q. 35, a. 3; I-II, q. 72, a. 5 ].

Ora, la millanteria può essere considerata sotto due aspetti.

Primo, in se stessa, in quanto è una menzogna.

E vista così può essere, secondo i casi, un peccato mortale o veniale.

È mortale quando uno si vanta di cose che offendono la gloria di Dio, sull'esempio del re di Tiro, al quale così parla Ezechiele [ Ez 28,2 ]: « Il tuo cuore si è insuperbito, e hai detto: Io sono un dio ».

Oppure quando uno dice cose incompatibili con la carità del prossimo: come quando per vantare se stesso copre gli altri di contumelie; sull'esempio del Fariseo della parabola evangelica [ Lc 18,11 ], il quale diceva: « Io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano ».

- Talora invece la millanteria è un peccato veniale: quando cioè uno si vanta di cose che non sono né contro Dio né contro il prossimo.

Secondo, la millanteria può essere considerata nelle sue cause, che sono la superbia, la brama del danaro o la vanagloria.

E vista così, qualora essa derivi da atti di superbia o di vanagloria che sono peccati mortali, anche la millanteria sarà un peccato mortale.

Altrimenti è veniale.

- Quando invece uno ricorre alla millanteria per un guadagno, di per sé ciò si riduce a un inganno e a un danneggiamento del prossimo.

Perciò ordinariamente questo tipo di millanteria è più vicina al peccato mortale.

Per cui anche il Filosofo [ l. cit. ] afferma che « chi si vanta per il guadagno è più riprovevole di chi si vanta per la gloria o per l'onore ».

Tuttavia non sempre è peccato mortale: poiché il guadagno può essere tale da non danneggiare gli altri.

Analisi delle obiezioni:

1. Chi si vanta per attizzare contese pecca mortalmente.

Può capitare tuttavia che la millanteria sia causa di contese non intenzionalmente, ma accidentalmente.

E allora non è un peccato mortale.

2. Quella glossa parla della millanteria in quanto derivante da un peccato di superbia, che è un peccato mortale.

3. Non sempre la millanteria implica una bugia dannosa, ma solo quando è contro la carità di Dio o del prossimo, in se stessa o nelle sue cause.

- Il fatto poi che uno si vanti per il gusto di vantarsi è una « vanità », come dice il Filosofo [ l. cit. ].

Per cui ciò si riduce a una bugia giocosa; eccetto forse quando si preferisse una simile millanteria all'amore di Dio, fino a disprezzare per questo i precetti del Signore: poiché allora si agirebbe contro la carità di Dio, nel quale la nostra anima deve riporre il suo fine ultimo.

La millanteria si riduce invece a una bugia ufficiosa quando uno si vanta per acquistare gloria o danaro: purché ciò venga fatto senza danneggiare gli altri, nel qual caso si avrebbe una bugia dannosa.

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