Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 1 - Se l'astinenza sia una virtù

Supra, q. 143; In Rom., c. 14, lect. 2

Pare che l'astinenza non sia una virtù.

Infatti:

1. Come dice S. Paolo [ 1 Cor 4,20 ], « il regno di Dio non consiste in parole, ma nella virtù ».

Ora il regno di Dio, come egli dichiara [ Rm 14,17 ], non consiste nell'astinenza: « Il regno di Dio non è né cibo né bevanda »; cioè, come spiega la Glossa [ ord. ], « la giustizia non sta nel mangiare o nel non mangiare ».

Quindi l'astinenza non è una virtù.

2. S. Agostino [ Conf. 10,31 ] così parla al Signore: « Tu mi hai insegnato a prendere il pasto come una medicina ».

Ora, regolare la dose delle medicine non appartiene alla virtù, ma all'arte medica.

Quindi anche il regolarsi nel mangiare non è l'atto di una virtù, ma di un'arte.

3. Ogni virtù, come dice Aristotele [ Ethic. 2,6 ], « consiste nel giusto mezzo ».

Invece l'astinenza non consiste nel giusto mezzo, ma in una privazione, come dice il suo nome.

Quindi l'astinenza non è una virtù.

4. Una virtù non ne esclude mai un'altra.

L'astinenza invece esclude la pazienza: dice infatti S. Gregorio [ Past. 3,19 ] che « spesso l'impazienza scaccia dal porto della tranquillità le anime di coloro che praticano l'astinenza ».

E aggiunge che « i pensieri degli astinenti talora sono colpiti dal vizio della superbia »: per cui viene esclusa l'umiltà.

Quindi l'astinenza non è una virtù.

In contrario:

S. Pietro [ 2 Pt 1,5s ] ammonisce: « Aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza e alla conoscenza l'astinenza »; nelle quali parole l'astinenza è enumerata fra le altre virtù.

Quindi l'astinenza è una virtù.

Dimostrazione:

Il termine astinenza implica una sottrazione di alimenti.

Esso perciò può avere due significati.

Primo, può indicare la semplice sottrazione del cibo.

E in questo senso l'astinenza non indica né una virtù, né un atto virtuoso, ma un atto indifferente.

- Secondo, può indicare tale atto in quanto è regolato dalla ragione.

E allora l'astinenza può indicare o l'abito o l'atto di una virtù.

E ciò risulta anche dal passo citato di S. Pietro [ 2 Pt 1,5s ], dove si dice che « l'astinenza va unita alla conoscenza »: in modo cioè che ci si astenga dai cibi nella giusta misura, « secondo le esigenze delle persone con cui si vive e i bisogni della propria persona e della propria salute » [ Agost., De quaest. Evang. 2,11 ].

Analisi delle obiezioni:

1. L'uso o l'astinenza del vitto considerati in se stessi non appartengono al regno di Dio: infatti l'Apostolo [ 1 Cor 8,8 ] afferma che « non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio: né infatti, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualcosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio ».

Invece l'una e l'altra cosa appartengono al regno di Dio in quanto sono ragionevolmente praticate per motivi di fede e per amore di Dio.

2. Regolare il vitto nella quantità e nella qualità in ordine alla salute del corpo spetta alla medicina, ma spetta all'astinenza il farlo secondo le disposizioni interiori, in vista del bene di ordine razionale.

Da cui le parole di S. Agostino [ De quaest. Evang. 2,11 ]: « Rispetto alla virtù non ha alcuna importanza la qualità e la quantità degli alimenti, purché uno ne usi secondo le esigenze di coloro con i quali convive e secondo le esigenze della propria persona e della propria salute; interessa invece la facilità e la serenità con cui uno ne sopporta la privazione quando la necessità o il dovere lo impongono ».

3. È compito della temperanza tenere a freno i piaceri che attirano troppo l'animo, come è compito della fortezza rafforzare l'animo contro i timori che spingono ad abbandonare il bene di ordine razionale.

Come quindi il pregio della fortezza sta in una specie di eccesso, che si riflette nei nomi di tutte le virtù connesse, così il pregio della temperanza consiste in una specie di privazione, che si riflette nel suo nome e in quello di tutte le sue parti.

Essendo quindi l'astinenza una parte della temperanza, essa viene denominata da una privazione.

E tuttavia in rapporto alla retta ragione consiste in un giusto mezzo.

4. I vizi ricordati provengono dall'astinenza in quanto essa non è conforme alla retta ragione.

Infatti la retta ragione fa astenere « come si deve », cioè con l'animo ilare, e « per lo scopo dovuto », cioè per la gloria di Dio e non per la propria.

Indice