Questioni sui Vangeli

Indice

Libro II

Questioni sul vangelo secondo Luca

1 Mentre Zaccaria stava pregando per il popolo sentì dirsi dall'angelo: È stata esaudita la tua preghiera.

Ecco, tua moglie Elisabetta concepirà e partorirà un figlio e tu lo chiamerai Giovanni.

A questo proposito è da notarsi in primo luogo che non è verosimile che egli, uomo già vecchio e marito di una donna vecchia anch'essa, potesse pregare per avere un figlio, dimenticando i desideri della comunità.

In effetti egli stava facendo l'offerta per i peccati del popolo o forse per la sua salvezza e redenzione, tant'è vero che il popolo era in attesa che terminasse l'offerta.

Inoltre è da sottolineare che nessuno prega per una cosa che gli sembra disperato ottenere; e che egli disperasse di poter avere figli lo dimostra il fatto che non prestò fede nemmeno all'angelo, che gli assicurava la cosa.

Se quindi gli si dice: È stata esaudita la tua preghiera, è da intendersi della preghiera che faceva per il popolo.

E siccome la salvezza, la redenzione e la remissione dei peccati del popolo sarebbero avvenute ad opera di Cristo, lo scopo per cui si annunzia a Zaccaria la nascita di un figlio è perché egli era destinato a far da precursore a Cristo.

Quanto poi alle parole che l'angelo rivolse a Zaccaria incredulo: Ecco, sarai muto finché non si realizzeranno queste cose, le dobbiamo intendere nel senso che la profezia fu come muta fino al tempo di Giovanni quanto all'intelligibilità dei termini.

Essa infatti non fu compresa finché non raggiunse il suo compimento nella persona del Signore.

2 Il Signore insegna alle folle stando sulla barca: significa il tempo presente quando il Signore istruisce le genti mediante l'autorità della Chiesa.

Il Signore sale sulla barca di Pietro pregandolo di scostarsi un poco da terra: può significare che, quando si parla a molte persone, bisogna usare il linguaggio moderato.

Non si deve cioè impartire loro soltanto precetti d'indole terrena ma neppure elevarsi al di sopra delle cose terrene per immergersi nell'impenetrabilità dei misteri al punto che la gente non ci capisca assolutamente nulla.

Può anche significare che la predicazione ai gentili doveva iniziare dalle regioni più vicine, con la conseguenza che le parole rivolte allo stesso Pietro: Spingiti al largo e buttate le vostre reti per la pesca si riferirebbero alle genti più lontane, alle quali il messaggio evangelico sarebbe giunto più tardi, come dice Isaia nel testo: Portate le insegne in mezzo a tutte le genti, tanto vicine quanto lontane. ( Is 62,10; Is 57,19 )

Se poi si fa notare che le reti si squarciavano per la grande quantità dei pesci e le barche furono talmente piene che stavano per affondare, questa nota sta ad indicare che nella Chiesa ci sarebbe stata una gran quantità di uomini carnali.

Turbata la pace, sarebbero sorti per loro colpa scismi ed eresie; si sarebbe verificata, e per lungo tempo, nella Chiesa una perdita di fede e di buoni costumi tale che la Chiesa stessa, così ridotta, si sarebbe vista nella necessità di gridare a Cristo: Allontànati da me perché sono peccatore.

Riempita da moltitudini di uomini carnali e quasi sommersa dai loro costumi, in certo qual senso parrebbe voler respingere da sé la guida degli uomini spirituali, nei quali, più che altrove, rifulge la figura di Cristo.

Queste persone a parole non dicono tali cose ai ministri di Dio che si conservano buoni mostrando quasi l'intenzione di allontanarli da sé, ma con la loro condotta e il loro comportamento li invitano ad allontanarsi, sicché non abbiano a sottostare al governo dei buoni.

E la loro pressione si rende più forte perché da un lato li onorano mentre dall'altro con le loro opere li spingono ad allontanarsi.

L'onore che essi tributano è rappresentato da Pietro che si prostra ai piedi del Signore; i loro costumi invece li denotano le parole: Allontànati da me, Signore, perché sono una peccatrice.

Il Signore però non fece così, cioè non si allontanò da loro ma, sospinte le barche a terra, li condusse sulla spiaggia.

Con ciò volle significare che le persone buone e spirituali non debbono lasciarsi turbare dai peccati commessi dal popolo né debbono nutrire il proposito di abbandonare il ministero che hanno nella Chiesa per vivere in maggiore sicurezza e tranquillità.

Ecco dunque Pietro, Giacomo e Giovanni che, sospinte a terra le barche, lasciando tutto lo seguirono.

Ciò può raffigurare la fine dei tempi, quando coloro che aderiscono a Cristo saranno del tutto allontanati dal mare tempestoso di questo mondo.

3 Il Signore disse al lebbroso guarito: Va', mostrati al sacerdote e fa' l'offerta per la tua guarigione secondo le prescrizioni di Mosè, e ciò sia una testimonianza per loro.

Con tali parole sembrerebbe approvare il sacrificio prescritto da Mosè, ( Lv 14,10 ) mentre la Chiesa non lo ha recepito.

Il comando di Cristo diventa comprensibile se si pensa che non s'era cominciato a offrire il sacrificio, santo fra i santi, ( Lv 6,2-5 ) che è il suo corpo.

Egli non aveva ancora offerto l'olocausto che offrì nella passione.

Quando l'offerta di tale sacrificio si affermò tra i popoli diventati credenti, fu distrutto anche il tempio dove gli antichi sacrifici erano di solito offerti: cosa predetta già nella profezia di Daniele. ( Dn 9,27 )

Non si dovevano dunque abolire i sacrifici figurativi prima che la cosa raffigurata prendesse consistenza mediante l'attestazione degli apostoli che l'annunziavano e la fede dei popoli divenuti credenti.

4 Riguardo al paralitico, in lui si può intendere l'anima debilitata nelle membra, cioè rilasciata nelle opere buone.

Ad essa Cristo pone degli interrogativi: la interpella su ciò che vuole da lei la parola di Dio ma essa è ostacolata dalle turbe finché il tetto, cioè l'oscurità delle Scritture, non le viene aperto e per tal via non perviene alla conoscenza di Cristo: vale a dire finché con fede devota non scende ad accettare l'umiltà di Cristo.

Coloro che lo depongono possono rappresentare i buoni maestri della Chiesa.

Il fatto che viene deposto giacente nel letto significa che l'uomo deve conoscere Cristo mentre è ancora in questo corpo di carne.

Gli si comanda poi di mettersi in spalla il proprio letto e andarsene a casa.

A coloro che mediante la remissione dei peccati ottengono la sanità resta da compiere ancora un'opera con le membra della loro anima.

Sorretti dalla beata speranza, essi non debbono adagiarsi, come in un letto, tra i piaceri carnali quasi che la loro anima sia ancora malata.

Essa deve piuttosto dominare gli affetti carnali e tendere alla quiete che alberga negli intimi recessi del cuore.

5 Non sembri cosa sballata porre il problema di come Giuseppe poté avere due padri.

In effetti Matteo lo dice generato da Giacobbe, ( Mt 1,16 ) mentre Luca lo dice figlio di Eli.

Né si dica al riguardo che una stessa persona abbia avuto due nomi, come è palesemente documentato non solo per quel che riguarda i pagani ma anche i giudei.

Chi ritenesse una simile ipotesi sarebbe contraddetto dalla serie delle generazioni vista nel suo insieme.

Come spiegare infatti quanto precisato nel Vangelo sui nonni, i bisnonni, i bisavoli e tutti gli antenati che, secondo la narrazione stilata dai due evangelisti, portano nomi diversi l'uno dall'altro?

E per ultimo cosa dire del numero stesso delle generazioni?

Luca infatti, contando dal Signore Gesù fino a Davide, enumera quarantatre generazioni, ( Lc 3,23-31 ) mentre Matteo scendendo da Davide fino al Signore, ne elenca ventotto o ventisette. ( Mt 1,6-16 )

In forza di un indubitato mistero infatti quando arriva alla deportazione e poi dalla deportazione riprende il conteggio, un personaggio è elencato due volte.

Occorre pertanto ricercare in che senso Giuseppe poté avere due padri.

A me attualmente vengono alla memoria tre ragioni, in base alle quali ognuno degli evangelisti poté comporre il suo elenco.

Primo: uno dei padri era il padre naturale di Giuseppe, l'altro il padre che lo aveva adottato.

Secondo: ci si potrebbe rifare alla costumanza giudaica per la quale se uno moriva senza figli il più prossimo parente ne sposava la moglie, con la conseguenza che il figlio, nato da questo secondo, veniva ascritto al parente morto. ( Dt 25,5-6 )

Essendo quindi, nell'ipotesi, Giuseppe generato da un secondo marito a nome del primo, non è sconveniente che si dica di lui che ha avuto due padri.

Terzo: un evangelista ha riportato il nome del padre da cui fu generato, l'altro invece quello del nonno materno o di un altro antenato, al quale Giuseppe non era assurdo farlo appartenere come figlio per un certo vincolo di parentela.

Si spiegherebbe così come mai nel giungere fino a Davide Luca non abbia tessuto una serie di generazioni identica a quella di Matteo.

Delle tre motivazioni quella che abbiamo posto per seconda sembra piuttosto fragile, perché fra i giudei colui che alla morte del fratello o di un prossimo parente procreava un figlio usando della moglie di lui, il bimbo che nasceva di solito prendeva il nome del defunto.1

A risolvere dunque questo problema si deve ricorrere o all'adozione o all'origine da qualche antenato, senza tuttavia escludere qualche altro motivo che ora a noi non viene in mente.

In vista di ciò è grandissima la stoltezza di coloro che con faciloneria scendono ad accusare di falsità l'uno o l'altro degli evangelisti e ne cercano la ragione nel fatto che ciascuno tramanda diversi nomi del padre.

Tuttavia, anche ad essere superficiali, si può asserire che due almeno poterono essere i motivi in forza dei quali giustamente si sarebbe potuto scrivere così.

Anzi, per risolvere il problema, di tali motivi sarebbe stato sufficiente trovarne anche uno solo.

6.1 La genealogia riportata da Luca risulta di settantasette persone.

Esaminiamo il problema di questo numero.

Esso è ricordato dal Signore quando Pietro lo interrogò sul numero delle volte che bisogna perdonare al fratello le colpe da lui commesse.

Gli disse: Non solo sette volte ma settantasette volte bisogna perdonare. ( Mt 18,21-22 )

Con la menzione di questo numero possiamo ritenere, e giustamente, che il Signore comanda di perdonare tutti i peccati.

Tanto è vero che egli stesso, ad opera del quale sono rimessi tutti i peccati, quando si degnò di venire uomo fra gli uomini, secondo la testimonianza del citato evangelista venne nella settantasettesima generazione.

Esistendo peraltro anche l'altra serie di generazioni descritta da Matteo, ( Mt 1,1-17 ) molto a proposito Luca si attiene a quella che, cominciando col battesimo del Signore, fa il computo ascendente e numera le generazioni avvenute con l'intervento di settantasette persone.

Descrivendo tali generazioni in modo ascensionale, cioè andando all'insù, si esprime bene il ritorno o, per così dire, la risalita verso Dio, con il quale siamo riconciliati dopo la remissione dei peccati.

Nel battesimo infatti si rimettono tutti i peccati ( At 2,38 ) come appunto indica quel numero.

E in realtà, se quando il Signore fu battezzato ( Mt 3,13-17 ) non furono a lui rimessi i suoi peccati, tuttavia in quel battesimo anche per la relazione con quel numero di generazioni è significata e consacrata la remissione di tutti i peccati concessa agli uomini gratuitamente dalla misericordia e onnipotenza divina.

6.2 Non a caso infatti né senza motivo il Signore, che veniva a togliere ogni peccato, volle nascere nella settantasettesima generazione.

Se fece così, è perché in quel numero si cela un qualcosa che dice riferimento simbolico con la totalità dei peccati.

La considerazione si basa sui numeri sette e undici, che moltiplicati fra loro formano tale cifra.

Infatti sette per undici e undici per sette fanno settantasette.

Notiamo ora che undici denota un qualcosa di più rispetto al numero dieci e che mediante il numero dieci si raffigura la perfezione della beatitudine.

Vedi, ad esempio, il fatto di quei tali che furono chiamati a lavorare nella vigna e tutti ricevettero un denaro come ricompensa: ( Mt 20,9-10 ) la quale si consegue dalla creatura, rappresentata dal numero sette, quando le si aggiunge la Trinità del Creatore.

È pertanto chiaro che quell'andare al di là del numero dieci raffigura il peccato di colui che per superbia desidera avere un qualcosa di più e in tal modo perde l'interezza della perfezione.

Che se la cosa viene ripetuta sette volte è per significare che tale eccesso è opera di tutto l'uomo. ( Gen 2, 15-3,24 )

Col numero tre infatti si rappresenta la sua parte incorporea di cui è detto che, nell'amare Dio, dobbiamo farlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. ( Dt 6,5; Mt 22,37 )

Col numero quattro invece si designa il corpo, e molti sono i modi secondo i quali riscontriamo che la natura del corpo si può ripartire in quattro componenti.

Risultando dunque l'uomo composto dei due elementi, corporeo e incorporeo, non è assurdo che lo si designi col numero sette.

Quanto poi al movimento, nell'ambito dei numeri non lo si esprime dicendo: Uno, due, tre, quattro, ecc., ma dicendo: Una volta, due volte, tre volte, quattro volte.

Risulta quindi provato quel che dicevo sopra, che cioè l'eccesso dell'uomo che si muove a peccare non è raffigurato da sette più undici ma da sette volte undici.

Con tale espressione si indica l'uomo che, mosso dalla brama di avere qualcosa di più, oltrepassa la stabilità dove risiede la sua perfezione. ( Gen 3,1-7 )

Ad una tal anima molto tempo dopo per bocca del profeta veniva detto: Speravi che, allontanandoti da me, avresti ottenuto qualcosa di più.

Da questa radice di superbia spuntano fuori come piante in una selva tutti gli altri peccati, ( Sir 10,14-15 ) per cui, quando si tratta di rimetterli, ci si suggerisce di perdonare settanta volte sette. ( Mt 18,22 )

Con questo ci si fa comprendere che nessun peccato è escluso dal perdono ma non è rimesso se non a chi si pente e a sua volta chiede perdono alla Chiesa, ivi rappresentata da Pietro.

7 Riguardo all'uomo che aveva la mano destra inaridita, disse il Signore ai giudei: Vi porrò anch'io una domanda: È lecito di sabato fare del bene o causare un male, salvare o rovinare un'anima?

Egli stava curando il corpo; perché dunque li interrogò se fosse lecito salvare o rovinare l'anima?

Si può rispondere che il Signore faceva i miracoli per suscitare la fede, nella quale l'anima trova la salvezza, o che la guarigione della mano destra di per se stessa raffigurava la salute dell'anima: la quale, allorché cessa di compiere le opere buone dà l'impressione di avere in certo qual modo la destra inaridita.

Ma si può anche intendere che " anim a" è detto per indicare tutto l'uomo, come quando nel parlare ordinario si dice: C'erano tante anime.

8 Le parole del Signore: Date e vi sarà dato.

Una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi verseranno in seno si possono vedere illustrate dalla massima pronunciata in altra occasione.

Affinché essi vi accolgano nei padiglioni eterni. ( Lc 16,9 )

Quindi il precetto dato al popolo con le parole: Date e vi sarà dato, deve prendersi nel senso che riscontriamo nell'esortazione dell'Apostolo: Colui che viene catechizzato nella parola renda partecipe di tutti i suoi beni colui che lo catechizza. ( Gal 6,6 )

Non avrebbe detto quindi: Vi verseranno in seno se non in quanto, considerati i meriti di coloro che daranno anche un solo bicchiere d'acqua fresca ai discepoli, meriteranno di ricevere la ricompensa celeste. ( Mt 10,42 )

9 Diceva il Signore: Può forse un cieco far da guida a un altro cieco? Non cadranno tutti e due nella fossa?

Il Signore aggiunse, forse, questa frase perché non sperassero che quanto detto prima, e cioè: Vi verseranno in seno una misura, fosse detto nel senso che ciò avrebbero ottenuto dai leviti.

Era infatti la gente a dare le decime a costoro, ( Nm 18,26 ) chiamati appunto ciechi perché non accoglievano il Vangelo.

La remunerazione pertanto di cui si parla, il popolo avrebbe cominciato ad attendersela dai discepoli del Signore, che sarebbero diventati imitatori del Maestro, e come tali egli li presentava aggiungendo: Non c'è discepolo che superi il maestro.

10 Diceva il Signore: Voglio mostrarvi a chi somigli colui che viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica.

Egli è simile all'uomo che scava in profondità e fa poggiare il fondamento sulla pietra.

Dice " scavare " in quanto una tale persona, con l'umiltà cristiana, esclude dal suo cuore ogni bene terreno e non serve Dio in vista di tali beni.

Dicendo " finché non arrivi a trovare la nuda roccia ", vuol significare che quest'uomo segue Cristo gratuitamente e gratuitamente lo serve.

Se ne conclude che nessuno deve servire Dio per ottenere beni superflui, non solo ma nemmeno quei beni che sembrano necessari alla vita presente e che possono essere accettati e posseduti dai giusti senza commettere colpa alcuna, trattandosi però sempre di beni temporali e terreni.

11 Quando parla dei fanciulli che seduti in piazza si lanciano grida gli uni agli altri, è una risposta formulata in ordine opposto rispetto al problema che gli veniva presentato. Infatti le parole: Vi abbiamo suonato un lamento e non avete pianto, si riferiscono a Giovanni, la cui astinenza da cibi e bevande rappresentava la tristezza della penitenza.

Le altre parole invece, e cioè: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, si riferiscono al Signore, che usando come fanno tutti del cibo e delle bevande, raffigurava le allegrezze del Regno.

Quei tali però non vollero né affliggersi con Giovanni né rallegrarsi con Cristo, dicendo del primo che aveva un demonio e, del secondo, che era un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.

Con quel che aggiunge poi, e cioè che alla sapienza fu resa giustizia da tutti i suoi figli, vuol dimostrare che i figli della sapienza sanno bene che la giustizia non consiste né nell'astenersi dai cibi né nel mangiarne.

Consiste piuttosto nel sopportare di buon'animo la scarsità e nella temperanza per la quale non ci si lascia corrompere dall'esagerazione ma si prende o non si prende col debito controllo quel cibo di cui si deplora non l'uso ma l'esagerata bramosia.

Non rappresenta nulla infatti che sorta di alimenti tu prenda per andare incontro alle necessità del tuo fisico, purché nella scelta dei medesimi ti adegui a ciò che usano coloro con cui vivi.

E non conta un gran ché nemmeno la quantità del cibo che prendi.

Vediamo infatti certuni che hanno uno stomaco che si sazia con poco alimento e tuttavia essi, questo poco che loro occorre per saziarsi, lo desiderano con bramosia così ardente che non esiteresti a definire intollerabile e oscena.

Ci sono invece altri che per saziarsi hanno bisogno d'un cibo più abbondante ma loro sono disposti anche a sopportare la scarsità e, magari, riescono a guardare con distacco senza portarle alla bocca le vivande poste già sulla tavola, qualora ciò esigano o impongano ragioni di tempo.

Non conta dunque molto quale o quanto cibo si prenda. Si debbono al riguardo considerare le esigenze personali di ciascuno e le necessità della sua salute.

Quel che conta è l'adattabilità dell'animo, è la serenità con cui si sa fare a meno delle cose quando il bisogno o la necessità obbliga a farne a meno, di modo che nel cuore del cristiano si realizzi quanto dice l'Apostolo: So stare nella scarsità e so stare nell'abbondanza.

Sono assuefatto in tutto e per tutto: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e alla scarsità.

Tutto posso in colui che mi dà forza. ( Fil 4,12-13 )

E dice altrove: Né saremo nell'abbondanza se mangeremo, né saremo nel bisogno se non mangeremo. ( 1 Cor 8,8 )

E ancora: Non sono infatti regno di Dio il mangiare e il bere, ma la giustizia e la pace e la gioia.

Siccome poi gli uomini di solito provano molto gusto nel cibo materiale, aggiunge: Nello Spirito Santo. ( Rm 14,17 )

È dunque resa giustizia alla sapienza da tutti i suoi figli, che intendono come nell'uso dei beni terreni si deve stare alle diverse circostanze, mentre non si può essere variabili quando si tratta della libertà interiore con cui di tali cose si sa fare a meno e dell'amore con cui si aderisce ai beni eterni.

Queste cose vanno ritenute con continuità e per sempre.

12 Dice il Signore: Nessuno, quando accende una lucerna, la copre con un vaso o la pone sotto il letto, ma la mette sul candeliere perché chi entra veda la luce.

Colui che per timore di fastidi temporali nasconde la parola di Dio, mette le cose mondane al di sopra della diffusione della verità anzi, temendo di predicare la parola, quasi l'occulta con un coperchio.

Colui pertanto che si comporta in questo modo il Signore lo chiama vaso e letto sotto il quale, al dire di lui, viene posta la lucerna.

13 Nella regione dei Geraseni il Signore curò un uomo in cui era una legione di demoni.

Egli è simbolo dei popoli pagani, dediti al culto di un gran numero di demoni.

Egli non aveva vestiti: non aveva cioè la fede.

Non abitava in una casa: non trovava requie nella sua coscienza.

Stava tra i sepolcri: provava gusto in opere morte, cioè nei peccati.

Era legato da ceppi e catene di ferro: sono le leggi dure e pesanti con cui anche tra i pagani si pone un freno ai peccati pubblici.

Rotti tali legami egli era dal demonio sospinto nel deserto: il pagano trasgrediva queste sue leggi e dalla passione era indotto a perpetrare delitti che oltrepassano i limiti del comune senso di moralità.

Ai demoni fu concesso di entrare nei porci che pascolavano sui monti: sono, questi porci, il simbolo degli uomini immondi e superbi, sui quali i demoni esercitano il dominio mediante il culto idolatrico.

Essi precipitarono nel lago: conseguito dalla Chiesa il debito onore e liberato il popolo pagano dal potere dei demoni, coloro che ancora ricusano di credere in Cristo, sommersi dalla loro cieca abissale stravaganza praticano i loro riti sacrileghi in luoghi nascosti.2

I porcari fuggono e riferiscono l'episodio: sono la figura di quei capi degli empi che, sebbene lontani dall'accettare le norme del Cristianesimo, stupiti e ammirati parlano fra le genti della potenza di Cristo.

I Geraseni escono a vedere l'accaduto e trovano l'uomo, vestito e sano di mente, seduto ai piedi di Gesù e, conosciuto quel che era accaduto, fortemente intimoriti, pregano Gesù di allontanarsi da loro.

Sono la figura di tutti coloro ( e sono molti ) che, allettati dalla loro vita antecedente, magnificano la legge cristiana, ma non vogliono sottomettervisi, dicendo che è impossibile praticarla; tuttavia ammirano il popolo credente, che vedono guarito dalla sciagurata condotta di prima.

Quel tale vuole rimanere con Cristo, ma gli si dice: Torna a casa tua e narra le grandi opere che si sono operate in te.

Il testo può essere ben interpretato in base alle parole dell'Apostolo quando dice: Il morire per essere con Cristo sarebbe per me cosa molto, ma molto migliore; restare in questo corpo è però più necessario a voi. ( Fil 1,23-24 )

Dobbiamo intendere, tutti e ciascuno, che una volta rimessi i peccati, occorre ristabilire in sé una buona coscienza e mettersi al servizio del Vangelo perché anche gli altri conseguano la salvezza, e solo dopo cercare il riposo con Cristo.

Non si deve, cioè, con troppa fretta cercare di raggiungere Cristo, trascurando per questo il servizio della predicazione richiesto dalla redenzione dei fratelli.

14 La terra compie l'intero suo giro in ventiquattro ore, e ciò anche noi osserviamo.

Una cosa simile avvenne quando fu dato l'incarico di predicare il Vangelo della Trinità ai settantadue discepoli: settantadue infatti è il prodotto di tre per ventiquattro.

Il fatto poi che li manda a due a due è un richiamo mistico alla carità, sia perché due sono i comandamenti della medesima carità ( Mt 22,39 ) sia perché nessuna carità può esistere se non ci sono almeno due persone.

15 Se ciò che in te è luce diviene tenebra, quanto saranno fitte le stesse tenebre! ( Mt 6,23 )

Chiama luce la buona intenzione della mente con cui ci si muove ad operare, tenebre invece le opere stesse.

E questo perché gli altri ignorano con che spirito le facciamo o anche perché noi stessi non ne conosciamo il risultato: non sappiamo cioè che fine facciano e che profitto rechino a coloro a pro' dei quali, anche se di buon animo le facciamo.

Capita infatti molto spesso che, usando male dei nostri benefici coloro per i quali li compiamo ci si rovinino, sebbene noi li abbiamo compiuti mossi da misericordia e da buone intenzioni.

16 E ora a voi, farisei, [ che ] ripulite l'esterno del bicchiere e del bacile.

Quanto dice contro i farisei e i dottori della legge qui e nei passi seguenti ( Lc 11,37-54 ) è lo stesso di ciò che è detto prima, e cioè: Aveva indurito il volto contro Gerusalemme, ( Lc 9,51 ) per cui diceva apertamente i loro vizi e i loro peccati.

17 Lo Spirito Santo è chiamato dito di Dio ( Mt 12,28 ) a motivo della divisione dei doni che da lui vengono dati agli uomini e agli angeli in maniera propria a ciascuno di loro.

Fra le nostre membra infatti non ce n'è alcun altro in cui più che nelle dita si noti la distinzione.

18 Il digiuno si pratica o nella tribolazione o nel godimento: nella tribolazione per placare Dio dei peccati commessi, nel godimento quando si fa diminuire il gusto delle cose carnali in proporzione con la crescita dell'amore per le cose spirituali.

Quando dunque al Signore fu posta la domanda perché i suoi discepoli non digiunassero, rispose parlando di tutt'e due le specie di digiuno.

Al digiuno che si suole praticare nella tribolazione si riferiscono le parole: I figli dello sposo digiuneranno quando sarà loro tolto lo sposo.

Allora infatti saranno desolati e si troveranno oppressi dalla tristezza e dal lutto finché ad opera dello Spirito Santo non saranno arrecati consolazione e godimento.

Ricevuto il dono dello Spirito e rinnovati nella vita spirituale, gli uomini assai più facilmente potranno dedicarsi anche all'altra specie di digiuno, cioè quello che si pratica nella gioia.

Prima però di ricevere il dono, dice che essi sono come dei vestiti vecchi, ai quali non è opportuno cucire stoffa nuova.

A loro cioè non si adatta nessuna dottrina che, sia pure in maniera parziale, tenda a regolare la vita nuova.

Se si facesse una simile cucitura, si lacererebbe in certo qual modo la dottrina nel suo insieme, dal momento che non si può convenientemente accettare e diffondere quella parte, di per sé minuscola, che riguarda il digiuno dai cibi, mentre nella stessa dottrina presa globalmente si insegna quel digiuno generale che non riguarda solo il desiderio dei cibi ma ogni godimento derivante dal gusto delle cose materiali.

Una pezza, diciamo così, di tale dottrina, come ad esempio quella parte che riguarda i cibi, afferma il Signore che non la si deve offrire ad uomini ancora schiavi del trascorso genere di vita poiché, a quanto sembra, ne deriverebbe come uno strappo e, d'altra parte, il nuovo non s'adatterebbe al vecchio.

Dice inoltre il Signore che gente siffatta è simile a otri vecchi che, a quanto egli soggiunge, è più facile siano spaccati dal vino nuovo, cioè dai precetti spirituali, anziché riescano a contenerlo.

Gli apostoli erano infatti otri nuovi quando, dopo l'ascensione del Signore, sperando e pregando ne attendevano desiderosi la consolazione da cui sarebbero stati rinnovati.

Fu allora che ricevettero lo Spirito Santo e, per essere pieni di tale Spirito ad opera del quale potevano parlare nelle diverse lingue di tutti i presenti, furono definiti pieni di vino dolce. ( At 2,1-13 )

Era infatti venuto il vino nuovo, adatto agli otri nuovi.

19 Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. È da intendervi Adamo e in lui tutta l'umanità.

Gerusalemme è la città celeste della pace, ( Eb 12,22 ) dalla cui beatitudine egli decadde.

Gerico, etimologicamente uguale a " luna", rappresenta la nostra condizione mortale in quanto la luna nasce, cresce, invecchia e tramonta.

I briganti sono il diavolo e i suoi angeli, che spogliarono l'uomo della veste dell'immortalità e, infertegli delle ferite inducendolo a peccare, lo lasciarono mezzo morto.

In effetti l'uomo è vivo per quella parte che gli è dato comprendere e conoscere Dio, mentre è morto per quella parte che si corrompe sotto il peso dei peccati.

Per questo si dice che fu lasciato mezzo morto. ( Gen 3 )

Quanto al sacerdote e al levita che, avendolo visto, passarono oltre dall'altra parte della strada rappresentano il sacerdozio e il ministero dell'Antico Testamento, incapaci di giovare alla salvezza.

Il samaritano, etimologicamente il " custode", rappresenta in forza dello stesso nome il nostro Signore.

La fasciatura delle ferite è il freno imposto ai peccati, l'olio è la consolazione derivante dalla buona speranza che viene dalla remissione della colpa e porta alla riconciliazione e alla pace; il vino è l'esortazione ad agire con spirito il più possibile fervente.

Il suo giumento è la carne con cui si è degnato venire tra noi.

Essere posti in sella al giumento è credere nell'incarnazione di Cristo.

La locanda è la Chiesa, dove trovano ristoro i pellegrini che dal paese remoto tornano alla patria eterna.

Il giorno successivo è il tempo dopo la resurrezione del Signore.

I due denari sono i due precetti della carità che gli apostoli ricevettero in dono dallo Spirito Santo per cui si misero a predicare il Vangelo ai presenti.

Ovvero sono le promesse della vita presente e della futura, di cui fu detto: In questo tempo riceverà sette volte tanto e nell'altro mondo otterrà la vita eterna. ( Lc 18,30; Mt 19,29 )

L'albergatore è quindi l'Apostolo. Ciò che spende in più concerne il consiglio di cui Paolo dice: Riguardo alle vergini non ho un'ingiunzione da parte del Signore, ma io stesso consiglio. ( 1 Cor 7,25 )

Potrebbe però riguardare anche il fatto che egli lavorava manualmente ( 1 Cor 4,12 ) per non gravare nessun fratello infermo nello spirito a causa della novità usata nell'annunziare il Vangelo, ( 2 Ts 3,8-9 ) sebbene a lui fosse consentito ricavare il sostentamento dal Vangelo. ( 1 Cor 9,14 )

20 Marta lo ospitò nella sua casa: simboleggia la Chiesa che vive nel tempo e accoglie il Signore nel suo cuore.

Sua sorella Maria, seduta ai piedi del Signore e intenta ad ascoltarne la parola, simboleggia la stessa Chiesa, ma quale essa sarà nell'altro mondo allorché, terminata ogni attività e servizio richiesti dal bisogno, si darà soltanto alla fruizione della sapienza.

Marta dunque è occupata in molti servizi, come la Chiesa, che attualmente si dedica alle opere di misericordia.

La lagnanza poi che la sorella non l'aiuti offre al Signore l'occasione per proferire quella sentenza che mostra la Chiesa di adesso preoccupata e turbata nelle molteplici faccende, mentre di cose necessarie ce n'è una sola: alla quale però si perviene attraverso i meriti acquistati servendo.

Di Maria al contrario dice che ha scelto la parte migliore, che non le sarà mai tolta.

Intendiamo " migliore " nel senso che ad essa è finalizzata l'altra e poi perché non verrà mai tolta.

L'attività nel servire, sebbene buona, verrà invece abolita quando cesseranno i bisogni di colui che si serviva.

21 Il fatto dell'amico dal quale si recò quel tizio per avere in prestito tre pani è certo narrato con valore di similitudine.

È l'immagine di colui che, trovandosi in mezzo alle tribolazioni, prega Dio affinché gli conceda di comprendere la Trinità, e così venir consolato degli affanni della vita presente.

Ma è un confronto dal meno al più.

Infatti se quell'amico, che era un uomo, si alza dal letto e dà [ i pani ] non per l'amicizia ma perché costretto dall'importunità fastidiosa quanto più Dio ci darà i suoi doni!

Egli infatti senza mai stancarsi dona con estrema generosità i beni che gli chiediamo e, se vuole che li chiediamo, è proprio perché chi chiede diventi capace dei suoi doni.

Nel particolare che i pani erano tre si rappresenta anche il fatto che nella Trinità unica è la sostanza.

Quanto a quell'altro amico che il richiedente dice essere venuto da un viaggio e nel particolare che lui non ha nulla da offrirgli, è da intendere l'appetito umano, che dev'essere soggetto alla ragione.

Quell'uomo invece era schiavo di abitudini secolaresche, che il Signore chiama " viaggio" perché tutte le realtà temporali sono passeggere.

Ora, quando l'uomo si converte a Dio, anche le voglie mondane sono sottratte alle abitudini, ma se non interviene a consolarlo interiormente il godimento di una sapienza spirituale, che gli annuncia la Trinità del Creatore, quell'uomo, schiacciato dagli affanni della vita mortale, viene a trovarsi in grande imbarazzo.

Gli si comanda infatti d'astenersi dalle gioie esteriori senza che dentro ci sia il nutrimento della dottrina della salvezza che sola potrebbe infondergli gioia.

Segno di questa angustia interiore è la mezzanotte, nella quale è costretto a insistere con tutta forza per ricevere i tre pani.

La replica che gli viene da dentro casa: La porta è chiusa e i bambini sono a letto simboleggia il tempo in cui c'è fame della parola: la sua comprensione manca, e quei figli del padrone di casa che avevano predicato in tutto il mondo la sapienza del Vangelo, come chi distribuisce il pane, sono ormai col Signore in quella pace che ci è occulta.

A forza di pregare tuttavia si riesce, da chi lo desidera, ad ottenere da Dio direttamente quella comprensione, sebbene manchino uomini dediti a predicare la sapienza.

22 A proposito del pane, del pesce e dell'uovo che il Signore presentò come contrapposti alla pietra, al serpente e allo scorpione.

Nel pane è da vedersi la carità, la cui forza d'attrazione è superiore a tutte le altre e riguarda una cosa talmente necessaria che senza di essa il resto non vale nulla, come una mensa dove manca il pane.

Contraria alla carità è la durezza di cuore, paragonata alla pietra.

Nel pesce è da vedere la fede nelle cose invisibili a motivo dell'acqua del battesimo o anche perché il pesce si cattura in luoghi che l'occhio non riesce a vedere.

Per il fatto poi che la fede non s'infrange, sebbene sottoposta ai latrati del mondo, che l'attornia come un mare in tempesta, la si paragona a buon diritto al pesce, il cui contrario è il serpente a causa del veleno della falsità, della quale gettò i semi fin dall'inizio quando incitò al male il primo uomo. ( Gen 3 )

Nell'uovo è da vedersi la speranza.

L'uovo infatti è un feto incompleto nel quale tuttavia si pone speranza quando lo si cova.

All'uovo il Signore contrappone lo scorpione, di cui bisogna temere l'aculeo velenoso che ha dietro.

È infatti contrario alla speranza volgere all'indietro lo sguardo, dal momento che la speranza, essendo orientata a cose future, si protende verso ciò che è davanti. ( Fil 3,13; 1 Cor 13,13 )

23 Dice il Signore agli scribi e ai maestri dei giudei: Avete portato via la chiave della scienza: non siete entrati voi e non avete permesso d'entrare a quelli che lo volevano.

Si riferisce al fatto che nella divina Scrittura loro personalmente non volevano riconoscervi l'umiliazione di Cristo né acconsentivano agli altri di riconoscervela.

24 Il Signore dice ai discepoli: L'anima vale più del cibo e il corpo più del vestito.

È evidente: chi ti ha dato il più ti darà senza dubbio anche il meno.

25 Il Signore, quando dice: Siano cinti i vostri lombi, inculca la continenza da ogni affezione per le cose mondane, e quando parla di lucerne accese si riferisce ancora alla continenza, che dev'essere da voi praticata per un fine giusto e con retta intenzione.

26 Il Signore disse a Pietro: Chi, secondo te, è l'amministratore fedele e saggio che il padrone ha messo a capo della sua famiglia perché dia loro a suo tempo la misura di frumento?

Dice la misura perché si abbia riguardo alla capacità di ognuno degli uditori.

27 Il Signore disse: Quando vedete la nube che si leva a ponente.

Allude al suo corpo che sarebbe risorto da morte.

Da allora infatti la pioggia della predicazione evangelica si diffuse ovunque sulla terra.

Quanto al vento australe che soffia prima della burrasca, vi intendiamo le tribolazioni minori che precedono il giudizio.

28 Il Signore disse parlando della possibilità di aumentare la statura del corpo: Voi non riuscite a compiere questa pur minima cosa.

Minimo vuol dire che tale è per il Signore ogni opera compiuta mediante il corpo.

29.1 Inculcando ai discepoli di non preoccuparsi per il cibo disse: E non inorgoglitevi né montatevi la testa.

Succede infatti che all'inizio l'uomo cerchi tali cose per soddisfare il bisogno, ma poi quando le ha in abbondanza comincia anche a insuperbirsi per quanto ha.

Un tale comportamento somiglia a quello del ferito che si vanta per avere in casa molti impiastri, mentre sarebbe certo meglio per lui non avere ferite e così non aver bisogno di alcun impiastro.

29.2 Molto a proposito il Signore paragona l'idropico a un animale caduto in un pozzo: egli infatti soffriva per il troppo liquido.

Analogamente è di quella donna che il Signore aveva detto essere legata già da diciotto anni e che egli intendeva sciogliere da quel legame: la paragona a un giumento che si scioglie per andarlo ad abbeverare.

Orbene, noi vogliamo paragonare ( credendo d'essere nel giusto ) l'idropico a un ricco avaro.

Come infatti l'idropico quanto più abbonda di liquido superfluo tanto più ha sete, così questo ricco quante più ricchezze possiede e di esse fa cattivo uso, tanto più scottante è il desiderio con cui le brama.

Riguardo invece a quella donna che la malattia aveva reso talmente curva che non si poteva raddrizzare, paragoniamo ad essa ogni anima debilitata e schiacciata dal peso di dottrine mondane al punto che non le riesce di pensare alle cose divine.

Indice

1 Retract. 2,12
2 De civ. Dei 18,54