Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se siano ben determinate le figlie della lussuria

Supra, q. 15, a. 3; q. 20, a. 4; q. 53, a. 6; De Malo, q. 15, a. 4

Pare che non sia esatto affermare che le figlie della lussuria sono « l'accecamento, l'inconsiderazione, la precipitazione, l'amore di sé, l'odio di Dio, l'attaccamento alla vita presente, l'orrore o la disperazione del futuro ».

Infatti:

1. L'accecamento, l'inconsiderazione e la precipitazione rientrano nell'imprudenza, che si riscontra in ogni peccato, come anche la prudenza si ritrova in ogni virtù.

Perciò esse non possono venir considerate figlie speciali della lussuria.

2. La costanza è tra le parti potenziali della fortezza, come sopra [ q. 128, a. 1, ad 6 ] si è visto.

Ma la lussuria non si contrappone alla fortezza, bensì alla temperanza.

Quindi l'incostanza non è figlia della lussuria.

3. « L'amore di sé fino al disprezzo di Dio è la causa di tutti i peccati », come dimostra S. Agostino [ De civ. Dei 14,28 ].

Quindi non va posto tra le figlie della lussuria.

4. S. Isidoro [ Quaest. in Dt 16 ] ne enumera quattro soltanto, e cioè: « il turpiloquio, la scurrilità, la buffoneria e le parole stolte ».

Perciò l'enumerazione precedente è eccessiva.

In contrario:

Questo è l'insegnamento di S. Gregorio [ Mor. 31,45 ].

Dimostrazione:

Quando le potenze inferiori sono fortemente impressionate dai loro oggetti, ne segue che le facoltà superiori vengono impedite e turbate nei loro atti.

Ora, è specialmente nei peccati di lussuria, per l'intensità del piacere, che l'appetito inferiore, cioè il concupiscibile, si volge con violenza verso il proprio oggetto, cioè verso il bene dilettevole.

Ne segue quindi che le potenze superiori, cioè la ragione e la volontà, vengono turbate in modo gravissimo dalla lussuria.

Ora, gli atti della ragione in campo pratico sono quattro.

Primo, la semplice intellezione, che intuisce il fine come un bene.

E questo atto viene compromesso dalla lussuria, secondo le parole di Daniele [ Dn 13,56 ]: « La bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore ».

E abbiamo così l'accecamento della mente.

- Il secondo atto è la deliberazione sui mezzi da usare per raggiungere il fine.

E anche questo viene impedito dalla concupiscenza della lussuria: per cui Terenzio [ Eunuch. 1,1 ] poteva dire dell'amore libidinoso: « È una cosa che in sé non ha né deliberazione né misura, e tu non puoi governarlo con la riflessione ».

E così abbiamo la precipitazione, che implica mancanza di deliberazione, come sopra [ q. 53, a. 3 ] si è detto.

- Il terzo atto è il giudizio sulle azioni da compiere.

E anche questo viene impedito dalla lussuria; si legge infatti in Daniele [ Dn 13,9 ] a proposito dei [ due ] vecchi lussuriosi: « Persero il lume della ragione, così da non ricordarsi del giusto giudizio ».

E quanto a ciò viene posta l'inconsiderazione.

Il quarto atto è il comando esecutivo della ragione.

E anche questo viene impedito dalla lussuria: poiché dall'impeto della concupiscenza l'uomo viene impedito dall'eseguire ciò che si era proposto di fare.

Per cui Terenzio [ l. cit. ] così parla di un innamorato che diceva di volersi separare dalla sua amante: « Tutte queste parole saranno sopraffatte dalla prima lacrimuccia bugiarda ».

Dalla parte poi della volontà conseguono due atti disordinati.

Il primo riguarda il desiderio del fine, per cui si ha l'amore di sé, a motivo cioè del piacere che il lussurioso brama disordinatamente, e per opposizione l'odio di Dio, in quanto cioè Dio proibisce la concupiscenza dei piaceri.

- Il secondo riguarda invece il desiderio dei mezzi, per cui si ha l'attaccamento alla vita presente, nella quale il lussurioso vuole godersi il piacere, mentre all'opposto si ha la disperazione della vita futura, poiché chi è troppo preso dai piaceri carnali non si cura di raggiungere i beni spirituali, di cui sente fastidio.

Analisi delle obiezioni:

1. Come dice il Filosofo [ Ethic. 6,5 ], è l'intemperanza che soprattutto distrugge la prudenza.

Perciò i vizi contrari alla prudenza nascono specialmente dalla lussuria, che è la specie principale dell'intemperanza.

2. La costanza nelle imprese ardue e temibili è una parte [ potenziale ] della fortezza.

Ma l'avere costanza nell'astenersi dai piaceri appartiene alla continenza, che è una parte della temperanza, come sopra [ q. 143 ] si è visto.

E così l'incostanza, che è il suo contrario, è posta tra le figlie della lussuria.

Tuttavia anche il primo tipo di incostanza deriva dalla lussuria: poiché questa rammollisce il cuore dell'uomo e lo rende effeminato, come si legge in Osea [ Os 4,11 Vg ]: « La fornicazione, il vino e il mosto tolgono il cuore ».

E Vegezio [ De re milit. 1,3 ] scrive che « teme meno la morte chi in vita ha meno conosciuto i piaceri ».

Del resto, come si è già detto più volte [ cf. q. 118, a. 8, ad 1 ], non è necessario che le figlie di un vizio capitale riguardino la stessa materia.

3. L'amore di sé, rispetto a qualsiasi bene che uno desidera, è la causa universale di tutti i peccati.

Ma esso viene posto tra le figlie della lussuria per il fatto che uno brama per se stesso in modo particolare i piaceri della carne.

4. L'enumerazione di S. Isidoro elenca solo gli atti esterni disordinati, riguardanti specialmente le parole.

Ora, nel parlare ci possono essere quattro tipi di disordine.

Primo, rispetto alla materia di cui si parla: e così abbiamo il turpiloquio.

Poiché infatti « la bocca parla dalla pienezza del cuore », come dice il Vangelo [ Mt 12,34 ], ne viene che i lussuriosi, avendo il cuore pieno di turpi desideri, facilmente escono in parole turpi.

- Secondo, rispetto alla causa.

Poiché infatti la lussuria causa inconsiderazione e precipitazione, è chiaro che fa prorompere in parole leggere e inconsiderate, che si dicono appunto scurrili.

- Terzo, rispetto al fine.

Poiché il lussurioso, cercando il piacere, ordina ad esso anche le sue parole: e così esce in parole allusive, cioè in buffonerie.

- Quarto, rispetto al senso delle parole, che la lussuria perverte per l'accecamento che produce.

E così il lussurioso esce fuori con parole stolte: poiché con le sue parole mostra di preferire i piaceri che brama a qualsiasi altra cosa.

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