Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se la perfezione religiosa richieda che la povertà, la castità e l'obbedienza siano consacrate da un voto

De perf. vitae spir., cc. 12, 15; C. impugn., c. 1

Pare che la perfezione religiosa non richieda che le tre disposizioni suddette, cioè la povertà, la castità e l'obbedienza, siano consacrate da un voto.

Infatti:

1. Il modo di avviarsi alla perfezione deriva dall'insegnamento del Signore.

Ora il Signore [ Mt 19,21 ], nel dare il programma della perfezione, disse soltanto: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri », senza accennare in alcun modo a un voto.

Quindi il voto non è richiesto per il tirocinio della vita religiosa.

2. Il voto consiste in una promessa fatta a Dio; per cui il Savio, dopo aver detto [ Qo 5,3 ]: « Quando hai fatto un voto a Dio non indugiare a soddisfarlo », subito aggiunge: « Perché dispiace a lui la promessa infedele e stolta ».

Ma quando la realtà è presente, non si richiede la promessa.

Quindi per la perfezione religiosa basta che uno osservi la povertà, la castità e l'obbedienza, senza bisogno di un voto.

3. Scrive S. Agostino [ De adult. coniug. 14.16 ]: « Tra i nostri servizi i più graditi sono quelli che, pur essendo a noi lecito anche non prestarli, tuttavia offriamo per amore ».

Ma le cose che si fanno senza voto è lecito non prestarle, mentre quelle che si fanno con voto siamo tenuti a farle.

Perciò sarebbe più gradito a Dio che uno osservasse la povertà, la castità e l'obbedienza senza farne voto.

E così il voto non è richiesto dalla perfezione religiosa.

In contrario:

Nell'antica legge i Nazarei si santificavano con un voto, come si legge nella Scrittura [ Nm 6,2 ]: « Quando un uomo o una donna farà un voto speciale, il voto di nazireato, per consacrarsi al Signore », ecc..

Ora essi prefiguravano, come spiega S. Gregorio [ Mor. 2,52 ], quelli che « raggiungono la vetta della perfezione ».

Quindi il voto è richiesto dallo stato di perfezione.

Dimostrazione:

E proprio dei religiosi, come si è visto [ q. 184, a. 5 ], essere in uno stato di perfezione.

Ora, lo stato di perfezione richiede l'obbligo rispetto alle pratiche della perfezione.

E tale obbligo si contrae nei riguardi di Dio mediante il voto.

D'altra parte, in base a quanto abbiamo detto [ aa. 3,4,5 ], è evidente che la povertà, la castità e l'obbedienza sono requisiti della perfezione cristiana.

Quindi lo stato religioso esige che ci si obblighi con un voto a queste tre cose.

Da cui le parole di S. Gregorio [ In Ez hom. 20 ]: « Quando uno offre in voto a Dio onnipotente tutto il suo avere, tutta la sua vita e tutto ciò che gli piace, compie un olocausto »; e aggiunge che ciò è proprio di coloro « che abbandonano il mondo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il Signore [ Lc 9,62 ] ha detto che la perfezione consiste nel seguirlo non in una maniera qualsiasi, ma col proposito di non tornare indietro: « Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio ».

E sebbene alcuni dei suoi discepoli siano tornati indietro, Pietro al Signore che domandava [ Gv 6,67 ]: « Forse anche voi volete andarvene? », rispose anche a nome degli altri: « Signore, da chi andremo? ».

Per cui anche S. Agostino [ De cons. Evang. 2,17.34 ] fa notare che, « come riferiscono S. Matteo e S. Marco, Pietro e Andrea lo seguirono senza aver portato le navi alla riva con il pensiero di ritornare, ma seguendo chi aveva loro rivolto il comando ».

Ora, questa stabilità nella sequela di Cristo viene assicurata dal voto.

Perciò il voto è richiesto dalla perfezione della vita religiosa.

2. Secondo S. Gregorio [ l. cit. nel corpo ], la perfezione religiosa richiede che si offra a Dio « tutta la propria vita ».

Ma l'uomo non può offrire a Dio la propria vita tutta in una volta, poiché essa non esiste tutta insieme, bensì in fasi successive.

Quindi l'uomo può offrire a Dio tutta la vita solo con l'obbligazione dei voti.

3. Tra le cose che ci è lecito non prestare c'è anche la propria libertà, che per l'uomo è la cosa più cara.

Perciò quando uno spontaneamente si priva con un voto della libertà di sottrarsi alle pratiche relative al servizio di Dio, fa una cosa accettissima al Signore.

Da cui l'esortazione di S. Agostino [ Epist. 126 ]: « Non ti rincresca di aver fatto i voti: anzi, rallegrati perché non ti è più lecito quello che sarebbe stato lecito con tuo danno.

Beata necessità che ti costringe a cose migliori! ».

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