Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se gli ordini religiosi di vita contemplativa siano superiori a quelli di vita attiva

C. impugn., c. 1

Pare che gli ordini di vita contemplativa non siano superiori a quelli di vita attiva.

Infatti:

1. In una Decretale [ 3,31,18 ] si legge: « Come un bene maggiore va preferito a un bene minore, così l'utilità pubblica è preferibile all'utilità privata: e in questo caso l'insegnamento è superiore al silenzio, la sollecitudine alla contemplazione e il travaglio al riposo ».

Ora, l'eccellenza di un ordine religioso si desume dalla superiorità dei bene a cui è ordinato.

Quindi gli istituti religiosi ordinati alla vita attiva sono superiori a quelli ordinati alla vita contemplativa.

2. Tutte le religioni, come si è visto [ aa. 1,2; q. 186, a. 7; q. 187, a. 2 ], sono ordinate alla perfezione della carità.

Ma a commento di quel testo di S. Paolo [ Eb 12,4 ]: « Non avete ancora resistito fino al sangue », la Glossa [ P. Lomb. ] afferma: « In questa vita non c'è una carità più perfetta di quella dei santi martiri, i quali lottarono fino al sangue contro il peccato ».

Ora, combattere fino al sangue è proprio degli ordini religiosi militari, che sono di vita attiva.

Quindi gli ordini di vita attiva sono quelli più eccellenti.

3. Un ordine è tanto più perfetto quanto più austere sono le sue osservanze.

Ma nulla impedisce che una religione di vita attiva sia di osservanza più rigida di quelle di vita contemplativa, e quindi superiore ad esse.

In contrario:

Il Signore [ Lc 10,42 ] afferma che « la parte migliore » è quella di Maria, in cui viene raffigurata la vita contemplativa.

Dimostrazione:

La distinzione degli ordini religiosi viene desunta principalmente dal fine, come si è detto [ a. 1 ], e secondariamente dalle pratiche ascetiche.

E poiché una cosa non può dirsi superiore a un'altra se non per ciò in cui si distingue da essa, così la superiorità di una religione sull'altra va desunta principalmente dal fine, e secondariamente dagli esercizi particolari.

Il confronto però non è della stessa specie: poiché il confronto che si basa sul fine, il quale viene ricercato per se stesso, è assoluto, mentre il confronto che si basa sulle pratiche ascetiche è relativo, poiché queste non valgono per se stesse, ma in rapporto al fine.

Perciò gli istituti religiosi più eccellenti sono quelli ordinati a un fine assolutamente parlando più alto: o perché è un bene maggiore, o perché è ordinato a un numero più grande di beni.

Se invece il fine è identico, allora un ordine è superiore all'altro in modo secondario non in base al numero delle pratiche ascetiche, ma in base alla maggiore efficacia di esse per raggiungere il fine.

Infatti le Conferenze dei Padri [ 2,2 ] riferiscono l'affermazione di S. Antonio, il quale preferiva la discrezione ai digiuni, alle veglie e a tutte le altre austerità, poiché con essa uno modera tutte queste cose.

Così dunque si deve notare che le opere della vita attiva sono di due generi.

Le une derivano dalla pienezza della contemplazione, come l'insegnamento e la predicazione.

Per cui anche S. Gregorio [ In Ez hom. 5 ] affermava che le parole della Scrittura [ Sal 145,7 ]: « Diffondono il ricordo della tua bontà immensa », « si riferiscono ai perfetti che tornano dalla contemplazione ».

E ciò è da preferirsi alla semplice contemplazione.

Come infatti illuminare è più che risplendere soltanto, così comunicare agli altri le verità contemplate è più che contemplare soltanto.

- Ci sono invece altre opere della vita attiva che consistono totalmente in occupazioni esterne: come fare elemosine, ricevere i pellegrini e altre cose del genere.

E queste sono inferiori alla contemplazione, salvo forse nei casi di necessità, come sopra [ q. 182, a. 1 ] si è visto.

Così dunque il primo posto fra gli istituti religiosi spetta a quelli che sono ordinati all'insegnamento e alla predicazione.

I quali sono inoltre i più vicini alla perfezione dei vescovi: come anche negli altri esseri « l'infimo del grado superiore viene a toccare ciò che è sommo nel grado inferiore », secondo l'insegnamento di Dionigi [ De div. nom. 7,3 ].

- Il secondo posto spetta invece agli ordini consacrati alla contemplazione.

- Il terzo infine a quelli che si dedicano alle occupazioni esteriori.

La superiorità poi di un ordine sull'altro in ciascuno dei tre gradi suddetti può essere desunta dal valore degli atti del medesimo genere: come tra le opere della vita attiva redimere i prigionieri vale più che ospitare i pellegrini; e nelle opere della vita contemplativa la preghiera è superiore allo studio.

Inoltre la superiorità può essere desunta dalla pluralità dei compiti, oppure dall'avere leggi più adatte per raggiungere il fine prestabilito.

Analisi delle obiezioni:

1. La Decretale citata parla della vita attiva in quanto è ordinata alla salvezza delle anime.

2. Gli ordini militari sono ordinati per loro natura più a spargere il sangue dei nemici che a spargere il proprio sangue, il che costituisce invece la prerogativa dei martiri.

Tuttavia nulla impedisce che questi religiosi in qualche caso conseguano il merito del martirio, e quindi siano superiori agli altri religiosi: come anche le opere della vita attiva sono talora da preferirsi alla contemplazione.

3. L'austerità delle osservanze non è la cosa che più vale nella vita religiosa, come dice S. Antonio [ l. cit. nel corpo ].

In Isaia [ Is 58,5 ] infatti si legge: « È forse questo il digiuno che io bramo: che l'uomo affligga per tutto il giorno l'anima sua? ».

Tale austerità viene tuttavia considerata necessaria nella vita religiosa per mortificare la carne; facendola però senza discrezione può essere pericolosa, come nota S. Antonio [ l. cit. ].

Perciò un ordine non è superiore per il fatto che ha osservanze più austere, ma per il fatto che le sue osservanze sono ordinate con maggiore discrezione al fine prestabilito.

Come per la continenza è più efficace la mortificazione della carne ottenuta con la fame e con la sete mediante la privazione del cibo e della bevanda che non quella ottenuta con la nudità e col freddo mediante la privazione delle vesti; o anche con il lavoro manuale.

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