Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se si possa istituire un ordine religioso per lo studio

C. impugn., c. 11

Pare che non sia lecito istituire un ordine religioso per lo studio.

Infatti:

1. Il Salmista [ Sal 71,15 Vg ] dichiara: « Per non aver conosciuto le lettere, entrerò nelle potenze del Signore », « cioè nelle virtù cristiane », spiega la Glossa [ interlin. ].

Ma ai religiosi interessano soprattutto le virtù cristiane.

Quindi non spetta ad essi darsi allo studio delle lettere.

2. Ciò che è causa di dissensi non si addice a dei religiosi che sono raccolti nell'unità della pace.

Ora, lo studio introduce i dissensi: per cui tra i filosofi è nata la diversità delle sètte.

E S. Girolamo [ In Tt 1,5 ] scrive: « Prima che per istigazione del diavolo sorgessero dissidi [ studia ] nella religione, e che si dicesse nel popolo cristiano: Io sono di Paolo, io di Apollo, io di Cefa », ecc.

Quindi nessun ordine religioso può essere istituito per lo studio.

3. La professione della fede cristiana deve essere diversa dalla professione dei gentili.

Ma presso i gentili alcuni facevano professione di filosofia.

E anche adesso alcuni secolari sono detti professori di questa o quella scienza.

Quindi lo studio delle lettere non si addice ai religiosi.

In contrario:

S. Girolamo [ Epist. 53,9 ] così invita Paolino a studiare nello stato monastico: « Apprendiamo sulla terra quella scienza che in noi durerà anche nel cielo ».

E continua dicendo: « Tutto ciò che cercherai di conoscere, mi sforzerò di apprenderlo con te ».

Dimostrazione:

Un ordine religioso può essere istituito per la vita attiva e per la vita contemplativa, come si è visto [ aa. 2,3 ].

Ora, tra le opere della vita attiva le principali sono quelle direttamente ordinate alla salvezza delle anime, come la predicazione e altri compiti del genere [ a. prec. ].

Perciò lo studio delle lettere si addice alla vita religiosa per tre motivi.

Primo, per le esigenze della vita contemplativa, alla quale lo studio può essere di aiuto in due maniere.

In primo luogo direttamente, quale coefficiente della contemplazione: cioè in quanto illumina l'intelletto.

Infatti la vita contemplativa di cui parliamo è ordinata principalmente alla considerazione delle realtà divine, come si è già notato [ q. 180, a. 4 ], e in questa l'uomo può essere guidato dallo studio.

Per cui nei Salmi [ Sal 1,2 ] si dice a lode del giusto che « la sua legge medita giorno e notte ».

E altrove [ Sir 39,1 ] è detto: « Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi, e si dedica allo studio delle profezie ».

- In secondo luogo lo studio delle lettere aiuta indirettamente la vita contemplativa togliendo i suoi pericoli, cioè gli errori in cui cadono spesso durante la contemplazione delle realtà divine coloro che ignorano la Scrittura: nelle Conferenze dei Padri [ 10,3 ], p. es., si legge che l'abate Serapione per la sua ingenuità cadde nell'errore degli Antropomorfisti, i quali pensano che Dio abbia la forma di un uomo.

E S. Gregorio [ Mor. 6,37 ] afferma che « alcuni, passando nella contemplazione i limiti delle loro capacità, cadono in errori perversi; e mentre trascurano di farsi umili discepoli della verità, diventano maestri di errore ».

Da cui le parole del Savio [ Qo 2,3 ]: « Ho pensato di privare il mio corpo del vino per sollevare la mia anima alla sapienza, e per evitare la stoltezza ».

Secondo, lo studio delle lettere è necessario a quegli ordini religiosi che sono istituiti per predicare e per altri ministeri del genere.

Per cui l'Apostolo [ Tt 1,9 ], parlando del vescovo, al quale per ufficio sono affidate queste incombenze, scriveva: « Sia attaccato alla dottrina sicura secondo l'insegnamento avuto, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono ».

- E non si oppone a ciò il fatto che gli Apostoli furono mandati a predicare senza avere studiato: poiché, come nota S. Girolamo [ Epist. 53 ], « ad essi lo Spirito Santo suggeriva quello che ad altri può dare lo studio e la meditazione quotidiana della legge ».

Terzo, lo studio delle lettere si addice alla vita religiosa per quello che è comune a tutti gli istituti.

Esso infatti serve a evitare l'insolenza della carne.

Da cui l'esortazione di S. Girolamo al monaco Rustico [ Epist. 125 ]: « Ama lo studio della Scrittura, e non amerai i vizi della carne ».

Lo studio infatti distrae l'animo dai pensieri impuri, e con la sua fatica macera il corpo, secondo quelle parole [ Sir 31,1 ]: « Le veglie oneste consumano le carni ».

- Inoltre esso serve a eliminare la cupidigia delle ricchezze.

Il Savio infatti diceva [ Sap 7,8 ]: « Stimai un nulla la ricchezza a confronto della sapienza ».

E nel primo libro dei Maccabei [ 1 Mac 12,9 ] si legge: « Noi però non abbiamo alcun bisogno di tali cose », cioè dei beni esterni, « avendo a conforto le scritture sacre che sono nelle nostre mani ».

Lo studio serve infine anche a insegnare l'obbedienza.

Da cui le parole di S. Agostino [ De op. monach. 17.20 ]: « Che perversità è mai questa, di volersi applicare alla lettura [ di cose ] a cui non si vuole ubbidire? ».

È quindi evidente che si può istituire un ordine religioso per attendere allo studio delle lettere.

Analisi delle obiezioni:

1. La Glossa [ ord. di Agost. e di Beda ] applica il testo alla lettera dell'antica legge, di cui l'Apostolo [ 2 Cor 3,6 ] dichiara: « La lettera uccide ».

Perciò « non conoscere le lettere » equivale a non approvare la circoncisione in senso letterale e tutte le altre osservanze carnali.

2. Lo studio è ordinato alla scienza, la quale senza la carità « gonfia » [ 1 Cor 8,1 ], e quindi crea dissensi, secondo le parole dei Proverbi [ Pr 13,10 ]: « Tra i superbi ci sono sempre contese »; ma se è con la carità, allora la scienza « edifica » [ 1 Cor 8,1 ] e produce la concordia.

Per cui l'Apostolo, dopo aver detto ai Corinzi [ 1 Cor 1,5 ]: « In lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza », aggiunge [ 1 Cor 1,10 ]: « Siate tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi ».

- Però S. Girolamo in quel testo non parla degli studi delle lettere, ma di quel gusto della disputa che gli eretici e gli scismatici introdussero nella religione cristiana.

3. I filosofi professavano lo studio delle lettere con attenzione alle scienze profane, mentre ai religiosi si addice di attendere principalmente allo studio della « dottrina secondo la pietà », come dice S. Paolo [ Tt 1,1 ].

Attendere infatti ad altri studi non appartiene ai religiosi, la cui vita è dedicata totalmente al culto di Dio, se non in quanto tali studi sono ordinati alle scienze sacre.

Da cui le parole di S. Agostino [ De musica 6,17.56 ]: « Non potendo noi disinteressarci di quelli che gli eretici ingannano con la suggestione del sapere, ci attardiamo a esaminare anche queste loro vie.

Il che non oseremmo fare se non avessimo visto che lo hanno fatto tanti ottimi figli della Chiesa, spinti dalla stessa necessità di confutare gli eretici ».

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