Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se chi si è obbligato con voto a entrare in religione sia tenuto a entrarvi

Supra, q. 88, a. 3, ad 2; In 4 Sent., d. 38, q. 1, a. 4, sol. 1, ad 6; Quodl., 3, q. 5, a. 2

Pare che chi si è obbligato con voto a entrare nella vita religiosa non sia tenuto a entrarvi.

Infatti:

1. Nel Decreto [ di Graz. 2,17,2,1 ] si legge: « Il prete Consaldo, colpito da malattia, ha promesso di farsi monaco; tuttavia egli non si è offerto ad alcun monastero e a nessun abate, e non ha sottoscritto alcuna promessa, ma solo ha rinunziato in mano di un avvocato al proprio beneficio.

Dopo la malattia egli rifiuta di farsi monaco ».

E più in basso, ecco la Analisi: « Decretiamo che il prete suddetto ritenga pacificamente il suo beneficio e la sua chiesa ».

Ora, ciò non sarebbe ammissibile se egli fosse tenuto a entrare in religione.

Quindi non si è tenuti a osservare il voto fatto di entrare in religione.

2. Nessuno è tenuto a fare ciò che non è in suo potere.

Ma entrare in religione non è in potere di colui che vi aspira, poiché richiede il consenso di chi deve riceverlo.

Perciò uno non è tenuto ad adempiere il voto con cui si è obbligato a entrare in religione.

3. Non si può impedire con un voto meno utile un voto più utile.

Ora, adempiendo il voto di entrare in religione si viene a impedire il voto di prendere la Croce in difesa della Terra Santa: il quale è più utile, poiché con esso si ottiene la remissione di tutti i peccati.

Quindi il voto di entrare in religione non è strettamente obbligatorio.

In contrario:

Nella Scrittura [ Qo 5,3 ] si legge: « Quando hai fatto un voto a Dio, non indugiare a soddisfarlo, poiché egli non ama la promessa infedele e stolta ».

E commentando quel testo dei Salmi [ Sal 76,12 ]: « Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli », la Glossa [ P. Lomb. ] ammonisce: « Fare un voto è semplicemente consigliato; ma quando lo si è fatto si esige rigorosamente che si stia alla promessa ».

Dimostrazione:

Il voto, come si è già visto in precedenza [ q. 88, a. 1 ], è una promessa fatta a Dio di cose riguardanti il suo servizio.

Ora, come nota S. Gregorio [ cf. Innocenzo I, Epist: 2 ad Victricium Episc. Rotomag., c. 14, n. 16 ], « se i contratti fatti in buona fede tra uomini non possono essere sciolti per alcun motivo, in che modo si potrà mancare senza castigo a una promessa fatta a Dio ? ».

Perciò si è tenuti rigorosamente ad adempiere i voti fatti, purché si tratti di cose riguardanti Dio.

Ora, è evidente che l'entrata in religione riguarda soprattutto Dio: poiché con essa uno si consacra totalmente al divino servizio, come sopra [ q. 186, a. 1 ] si è visto.

Quindi chi si obbliga a entrare in religione è tenuto a entrarvi nel modo in cui intende obbligarsi mediante il voto: cosicché se uno intende obbligarsi in modo assoluto è tenuto a entrarvi quanto prima, una volta cessati gli impedimenti; se invece obbliga a farlo dopo un certo tempo, o a una data condizione, allora è tenuto a entrare in religione allo scadere del tempo o al verificarsi della condizione.

Analisi delle obiezioni:

1. Il prete suddetto non aveva fatto i voti solenni, ma un voto semplice.

Quindi non era diventato monaco, così da essere obbligato per legge a vivere in monastero e ad abbandonare la parrocchia.

Però in coscienza egli avrebbe dovuto abbandonare ogni cosa ed entrare in religione.

Infatti in una Decretale [ 3,34,10 ] si consigliava al vescovo di Grenoble, il quale aveva ricevuto l'episcopato dopo aver fatto il voto di entrare in religione e senza averlo adempiuto, che « per acquietare la sua coscienza lasciasse il governo della diocesi e adempisse il voto fatto all'Altissimo ».

2. Come si è già visto nel trattare del voto [ q. 88, a. 3, ad 2 ], chi si è obbligato con voto a entrare in un dato ordine è tenuto a fare tutto il possibile per entrarvi.

E se ha inteso obbligarsi puramente e semplicemente alla vita religiosa, se non viene ricevuto in un ordine è tenuto a rivolgersi a un altro.

Se invece ha inteso obbligarsi a entrare solo in un ordine determinato, è tenuto soltanto a ciò che ha promesso.

3. I voti religiosi, essendo perpetui, sono superiori al voto di andare in Terra Santa, che è solo temporaneo.

Da cui le parole di Alessandro III [ Decretales 3,34,4 ]: « Chi muta un servizio temporaneo con l'osservanza perpetua della vita religiosa, in nessun modo ha violato il suo voto ».

Del resto si può sostenere con valide ragioni che si ottiene la remissione di tutti i peccati anche con l'entrata in religione.

Se infatti uno può subito soddisfare per i suoi peccati con delle elemosine, secondo le parole di Daniele [ Dn 4,24 ]: « Sconta i tuoi peccati con l'elemosina », a maggior ragione basterà a soddisfare per tutti i peccati il fatto che uno si consacra totalmente al servizio di Dio abbracciando la vita religiosa, la quale supera ogni genere di soddisfazioni e di pubbliche penitenze, come si rileva dal Decreto [ di Graz. 2,33,2,8 ]; e S. Gregorio [ In Ez hom. 20 ] precisa: « come anche l'olocausto supera il sacrificio ».

Per cui nelle Vite dei Padri [ 6,1 ] si legge che chi entra in religione riceve la stessa grazia che si ottiene col battesimo.

E se anche non ci fosse la remissione di tutta la pena dovuta ai peccati, tuttavia l'ingresso nella vita religiosa rimarrebbe sempre più utile del pellegrinaggio in Terra Santa quanto all'avanzamento nel bene: il quale prevale sull'assoluzione della pena.

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