Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se il Figlio di Dio abbia assunto l'anima

In 3 Sent., d. 2, q. 1, a. 3, sol. 2; C. G., IV, c. 32; De Verit., q. 20, a. 1; Comp. Theol., c. 204; In Ioan., c. 1, lect. 7; In Rom., c. 1, lect. 2

Pare che il Figlio di Dio non abbia assunto l'anima.

Infatti:

1. S. Giovanni [ Gv 1,14 ] presenta il mistero dell'incarnazione dicendo soltanto: « Il Verbo si fece carne », senza accennare all'anima.

Ora, si dice che egli si è fatto carne non perché si è mutato in carne, ma perché ha assunto la carne.

Quindi non ha assunto l'anima.

2. L'anima è necessaria al corpo per vivificarlo.

Ma tale necessità non sussisteva per il corpo di Cristo, come pare, essendo egli lo stesso Verbo di Dio, del quale il Salmo [ Sal 36,10 ] dice: « È in te la sorgente della vita ».

Quindi con la presenza del Verbo l'anima sarebbe stata superflua.

Ora, « Dio e la natura non fanno nulla di inutile », come dice anche il Filosofo [ De Caelo 1,4; 2,11 ].

Quindi il Figlio di Dio non assunse l'anima.

3. L'unione tra l'anima e il corpo costituisce la natura comune, che è la specie umana.

« Ma in Gesù Cristo Signore », come dice il Damasceno [ De fide orth. 3,3 ], « non c'è una specie comune ».

Quindi egli non assunse l'anima.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ De agone christ. 21 ]: « Non diamo retta a coloro che dicono assunto dal Verbo di Dio solo il corpo umano, e che intendono le parole: "Il Verbo si fece carne" in modo da negare che quell'uomo abbia avuto l'anima, o qualunque altra cosa umana che non fosse la carne ».

Dimostrazione:

Come dice S. Agostino [ De haeres. haer. 49 e 55 ], prima Ario e poi Apollinare pensarono che il Figlio di Dio avesse assunto la carne senza l'anima, poiché il Verbo avrebbe fatto nella carne le veci dell'anima.

Dal che seguiva che in Cristo non c'erano due nature, ma una soltanto, poiché è l'unione dell'anima con la carne che costituisce la natura umana.

Ma questa opinione è insostenibile per tre motivi.

Primo, perché contraddice all'autorità della Scrittura, nella quale il Signore parla della sua anima: « L'anima mia è triste fino alla morte » [ Mt 26,38 ], e ancora: « Ho il potere di dare la mia anima » [ Gv 10,18 ].

Apollinare però replicava che nei testi citati l'anima ha un senso metaforico, come quando nell'Antico Testamento si parla dell'anima di Dio [ Is 1,14 ]: « I vostri noviluni e le vostre feste sono in odio all'anima mia ».

- Tuttavia, come osserva S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 80 ], gli Evangelisti riferiscono che Gesù si meravigliava, si adirava, si contristava, sentiva fame.

Il che dimostra che egli aveva una vera anima, così come il fatto che mangiasse e dormisse e si sentisse stanco dimostra che aveva un vero corpo umano.

Altrimenti, se volgiamo in metafore queste affermazioni perché l'antico Testamento dice di Dio cose simili, viene negata la veridicità del Vangelo.

Altro è infatti ciò che viene annunziato profeticamente per mezzo di figure, e altro ciò che viene scritto storicamente dagli Evangelisti secondo la realtà degli avvenimenti.

Secondo, il suddetto errore contrasta con l'utilità dell'incarnazione, che è la liberazione dell'uomo.

Come infatti argomenta S. Agostino [ Vig. di Tapso, De unit. Trin. 19 ], « se prendendo la carne il Figlio di Dio omise di assumere l'anima, o non la credette bisognosa di medicina stimandola innocente, o non la volle beneficiare della redenzione non ritenendola cosa sua, o non poté curarla giudicandola assolutamente insanabile, o la respinse come cosa di nessun prezzo e di nessuna utilità.

Ora, di queste affermazioni due sono delle bestemmie contro Dio.

Come infatti lo si potrebbe dire onnipotente se non poté soccorrere l'anima disperata?

O come lo si potrebbe chiamare Dio di tutte le cose se non fece l'anima nostra?

Delle altre due ipotesi una ignora lo stato dell'anima, l'altra la sua preziosità.

Dimostra forse di capire lo stato dell'anima chi tenta di separarla dalla colpa di una volontaria trasgressione, mentre per il dono della ragione essa è suscettibile di ricevere la legge?

O come si riconosce la nobiltà dell'anima dicendo che è stata disprezzata per abiezione?

Se guardi alla sua origine, l'anima vale più della carne; ma se guardi al peccato, è più colpevole, essendo intelligente.

Io poi so che Cristo è la sapienza perfetta, e non dubito che la sua sia una sapienza misericordiosissima: con la prima quindi non poté disprezzare l'anima, che vale di più ed è capace di saggezza, e con la seconda la assunse perché più gravemente ferita ».

Terzo, questa tesi va contro la verità stessa dell'incarnazione.

Infatti la carne e le altre parti dell'uomo ricevono la loro natura specifica dall'anima.

Tanto è vero che separate dall'anima le ossa e la carne sono ossa e carne solo in senso improprio, come insegna il Filosofo [ De anima 2,1; Met. 7,10 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Nella frase: « Il Verbo si fece carne », il termine carne sta per tutto l'uomo, come se si dicesse: « il Verbo si fece uomo »; cioè come in quel testo di Isaia [ Is 40,5 ]: « Ogni carne vedrà la salvezza di Dio ».

E il motivo per cui la carne è stata posta a indicare tutto l'uomo sta nel fatto che con essa il Figlio di Dio apparve visibile.

Il testo citato infatti continua: « E noi abbiamo visto la sua gloria ».

Oppure la ragione, come dice S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 80 ], sta nel fatto che « nella totalità di questa unione il Verbo sta al primo posto, la carne invece all'ultimo ed estremo.

Volendo dunque l'Evangelista esaltare dinanzi a noi l'amore che Dio ha per l'umanità, ha nominato il Verbo e la carne omettendo l'anima, che è inferiore al Verbo, ma superiore alla carne ».

- Era poi ragionevole che nominasse la carne anche perché, data la sua maggiore distanza dal Verbo, pareva meno assumibile.

2. Il Verbo è la fonte della vita quale sua prima causa efficiente.

L'anima invece è principio di vita per il corpo in quanto ne è la forma.

Ora, la forma è un effetto della causa efficiente.

Per cui, data la presenza del Verbo, si potrebbe a maggior ragione concludere che il corpo di Cristo ha un'anima: come dalla presenza del fuoco si può concludere che il corpo a cui il fuoco aderisce è caldo.

3. Non è errato, anzi è necessario affermare che in Cristo c'era la natura costituita dall'unione dell'anima con il corpo.

Il Damasceno intende solo negare che in Gesù Cristo Signore ci sia la specie comune quale terzo elemento risultante dall'unione tra la divinità e l'umanità.

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