Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se il Figlio di Dio abbia assunto la mente, cioè l'intelligenza umana

In 3 Sent., d. 2, q. 1, a. 3, sol. 2; C. G., IV, c. 33; De Verit., q. 20, a. 1; Comp. Theol., c. 205; In Ioan., c. 1, lect. 7

Pare che il Figlio di Dio non abbia assunto la mente, cioè l'intelligenza umana.

Infatti:

1. Dove è presente la realtà non è necessaria la sua immagine.

Ma in virtù della mente l'uomo è a immagine di Dio, come dice S. Agostino [ De Trin. 12,7.10 ].

In Cristo perciò, essendo presente lo stesso Verbo divino, non era necessaria la mente umana.

2. Una luce intensa fa scomparire una luce più debole.

Ma il Verbo di Dio, il quale è « la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo », come dice il Vangelo [ Gv 1,9 ], sta alla mente umana come una luce più forte sta a una luce più tenue: infatti anche la mente è una luce, al modo di una lampada illuminata dalla prima luce, secondo l'espressione dei Proverbi [ Pr 20,27 ]: « Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore ».

Quindi in Cristo, che è il Verbo di Dio, non c'era bisogno della mente umana.

3. L'assunzione della natura umana da parte del Verbo di Dio viene detta incarnazione del Verbo.

Ma l'intelligenza o mente umana, non essendo l'atto di un corpo, non è né carne né un atto della carne, come dimostra Aristotele [ De anima 3,4 ].

Pare dunque che il Figlio di Dio non abbia assunto la mente umana.

In contrario:

S. Agostino [ Fulg., De fide ad Petrum 14 ] esorta: « Ritieni fermissimamente, senza ombra di dubbio, che Cristo Figlio di Dio ha la carne della nostra stirpe e l'anima razionale.

Egli dice della sua carne: "Palpate e osservate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho" [ Lc 24,39 ].

E dimostra di avere l'anima dicendo: "Depongo la mia anima e la riprendo di nuovo" [ Gv 10,17 ].

Dimostra infine di avere anche l'intelletto dicendo: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore" [ Mt 11,29 ].

E di lui dice il Signore per bocca del profeta: "Ecco, il mio servo avrà intelligenza" » [ Is 52,13 ].

Dimostrazione:

Come dice S. Agostino [ De haeres. 55 ], « gli Apollinaristi dissentirono dalla Chiesa cattolica riguardo all'anima di Cristo affermando, come gli Ariani, che Cristo aveva preso soltanto la carne senza l'anima.

Contraddetti in tale questione dalle testimonianze evangeliche, dissero che all'anima di Cristo mancava la mente [ o anima razionale ], di cui il Verbo stesso avrebbe fatto le veci ».

Ma questo errore va confutato per gli stessi motivi sopra ricordati.

Primo, perché contraddice il racconto evangelico, che parla del meravigliarsi di Cristo [ Mt 8,10 ].

Ora, la meraviglia non può darsi senza intelligenza, poiché implica il confronto dell'effetto con la causa: nasce cioè in colui che, vedendo un effetto di cui ignora la causa, è spinto a ricercarla, come dice Aristotele [ Met. 1,2 ].

Secondo, perché compromette l'utilità dell'incarnazione, che è la liberazione dell'uomo dal peccato.

Infatti l'anima umana non è capace né del peccato né della grazia giustificante se non per la sua intelligenza.

L'assunzione della mente umana era quindi particolarmente necessaria.

Per cui il Damasceno [ De fide orth. 3,6 ] afferma che « il Verbo di Dio assunse il corpo e l'anima intellettuale e razionale »; e poi soggiunge: « Si è unito tutto a tutto, per elargire la salvezza a tutto quello che io sono: poiché ciò che non fu assunto non può essere risanato ».

Terzo, perché è incompatibile con la verità dell'incarnazione.

Stando infatti il corpo all'anima come la materia alla propria forma, non può essere vera carne umana quella che non viene perfezionata dall'anima razionale umana.

Se quindi Cristo avesse avuto un'anima priva di intelligenza, non avrebbe avuto una vera carne di uomo, ma di bestia, differendo l'anima nostra da quella delle bestie solo per l'intelligenza.

Per cui dice S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 80 ] che secondo questo errore il Figlio di Dio « avrebbe assunto una bestia con la figura di un corpo umano ».

- E ciò ripugna ancora una volta alla veracità divina, che non sopporta la falsità della finzione.

Analisi delle obiezioni:

1. Dove è presente la realtà in se stessa non è necessaria la sua immagine per farne le veci: come i soldati non veneravano l'immagine dell'imperatore dove egli era presente.

L'immagine e la cosa sono però necessariamente simultanei quando l'immagine risulta dalla presenza stessa della cosa: come l'impronta nella cera viene impressa dal segreto, e l'immagine di un uomo in uno specchio si ha quando egli è presente.

Allo stesso modo dunque l'unione del Verbo di Dio con la mente umana era necessaria per il perfezionamento di quest'ultima.

2. Una luce forte fa scomparire la luce debole di un'altra sorgente luminosa, però non attenua, ma anzi rinvigorisce la luce del corpo illuminato.

Come alla presenza del sole scompare la luce delle stelle, ma cresce il chiarore dell'aria.

Ora, l'intelligenza o mente dell'uomo è come una luce derivata dalla luce del Verbo divino.

Perciò la luce del Verbo divino non fa scomparire, ma rafforza la ragione umana.

3. Sebbene la facoltà intellettiva non sia l'atto di alcun corpo, tuttavia l'essenza stessa dell'anima umana, che è la forma di un corpo, deve essere più nobile per avere tale facoltà.

È quindi necessario che alla potenza intellettiva corrisponda un corpo meglio disposto.

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