Summa Teologica - III

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Articolo 10 - Se Cristo fosse insieme viatore e comprensore

In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 1, sol. 3, ad 3; d. 18, q. 1, a. 2; De Verit., q. 10, a. 11, ad 3; q. 26, a. 10, ad 14, 15; q. 29, a. 6; Comp. Theol., c. 231

Pare che Cristo non fosse insieme viatore e comprensore.

Infatti:

1. Chi cammina verso la felicità finale è viatore; chi invece si riposa nel fine raggiunto è comprensore.

Ma non è possibile che uno cammini verso la meta e insieme l'abbia già raggiunta.

Cristo dunque non poteva essere insieme viatore e comprensore.

2. Tendere alla beatitudine o raggiungerla non è compito del corpo, ma dell'anima.

Per cui S. Agostino [ Epist. 118,3 ] scrive che « alla parte inferiore, ossia al corpo, non ridonda dall'anima la beatitudine stessa dell'anima capace di godere e di intendere ».

Ma Cristo, sebbene avesse un corpo passibile, con l'anima tuttavia godeva pienamente di Dio.

Quindi Cristo non era viatore, ma soltanto comprensore.

3. I santi che sono con l'anima in cielo e con il corpo nel sepolcro godono nell'anima della beatitudine, sebbene i loro corpi soggiacciano alla morte, e tuttavia non sono detti viatori, ma solo contemplanti.

Quindi per lo stesso motivo, sebbene il corpo di Cristo fosse mortale, dato però che la sua anima godeva di Dio egli era semplicemente comprensore, e per nulla viatore.

In contrario:

La Scrittura [ Ger 14,8 ] dice: « Perché vuoi essere come un forestiero nel paese e come un viandante [ viator ] che si ferma solo una notte? ».

Dimostrazione:

Si dice viatore chi tende alla beatitudine e comprensore chi l'ha già raggiunta, secondo l'esortazione di S. Paolo [ 1 Cor 9,24 ]: « Correte in modo da conquistare il premio »; e ancora [ Fil 3,12 ]: « Mi sforzo di correre per conquistarlo ».

Ma la beatitudine perfetta dell'uomo si riferisce all'anima e al corpo, come si è visto nella Seconda Parte [ I-II, q. 4, a. 6 ]: all'anima per quello che le è proprio, e che consiste nel vedere Dio e nel godere di lui, al corpo invece in quanto esso « risorgerà spirituale, pieno di forza, glorioso e incorruttibile », come dice S. Paolo [ 1 Cor 15,42ss ].

Ora Cristo, prima della morte, con la sua intelligenza vedeva Dio perfettamente, e così aveva la beatitudine propria dell'anima.

Ma quanto al resto la beatitudine gli mancava, poiché la sua anima era passibile e il corpo passibile e mortale, come risulta dalle cose già dette [ a. 4; q. 14, aa. 1,2 ].

Quindi era comprensore quanto al possesso della beatitudine propria dell'anima, e insieme viatore in quanto tendeva alla beatitudine per ciò che di essa gli mancava.

Analisi delle obiezioni:

1. È impossibile camminare verso una meta e averla già raggiunta sotto il medesimo aspetto.

Ma non è impossibile sotto aspetti diversi: come uno può essere maestro quanto alle cose che già conosce, e discepolo quanto a quelle che non conosce ancora.

2. La beatitudine principalmente e propriamente riguarda la parte spirituale dell'anima, ma secondariamente e quasi strumentalmente richiede i beni del corpo, che secondo il Filosofo [ Ethic. 1,8 ] concorrono alla beatitudine appunto « come strumenti ».

3. Due sono i motivi per cui non c'è parità fra Cristo e le anime sante dei defunti.

Primo, perché le anime sante non sono passibili come lo era l'anima di Cristo.

Secondo, perché i corpi dei defunti non fanno nulla per tendere alla beatitudine, mentre Cristo con le sofferenze fisiche tendeva alla beatitudine rispetto alla gloria del suo corpo.

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