Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se era conveniente che Cristo fosse tentato

In Matth., c. 4

Pare non conveniente che Cristo venisse tentato.

Infatti:

1. Tentare vuol dire « mettere alla prova », il che si fa solo per quanto non si conosce.

Ma il potere di Cristo era noto anche ai demoni: dice infatti S. Luca [ Lc 4,41 ] che [ Cristo ] « non permetteva ai demoni di parlare, perché sapevano che egli era il Cristo ».

Perciò non pare conveniente che Cristo fosse tentato.

2. Cristo era venuto per distruggere le opere del diavolo, come dice S. Giovanni [ 1 Gv 3,8 ]: « Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo ».

Ma chi subisce le opere di qualcuno non intende distruggerle.

Pare quindi un'incongruenza che Cristo accettasse di essere tentato dal diavolo.

3. La tentazione può derivare da tre fonti, cioè « dalla carne, dal mondo e dal demonio ».

Ma Cristo non fu tentato né dalla carne né dal mondo.

Quindi non doveva esserlo neppure dal demonio.

In contrario:

Nel Vangelo [ Mt 4,1 ] si legge: « Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo ».

Dimostrazione:

Cristo volle essere tentato, primo, per aiutare noi contro le tentazioni.

Per cui S. Gregorio [ In Evang. hom. 16 ] dice: « Non era indegno del nostro Redentore sottoporsi alla tentazione, dal momento che era venuto anche per lasciarsi uccidere: in modo da vincere così le nostre tentazioni mediante le sue, come con la sua morte vinse la nostra morte ».

Secondo, per nostro ammonimento: affinché nessuno, per quanto santo, si creda sicuro e immune dalla tentazione.

E per questo motivo volle essere tentato proprio dopo il battesimo: poiché, come dice S. Ilario [ In Mt 3 ], « il demonio sferra i suoi attacchi soprattutto contro i santi, in quanto una vittoria riportata su di essi è più agognata ».

Per cui si legge [ Sir 2,1 ]: « Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione ».

Terzo, per darci l'esempio: cioè per insegnarci a vincere le tentazioni del demonio.

Per cui S. Agostino [ De Trin. 4,13.16 ] afferma che Cristo « si prestò a essere tentato dal diavolo per essere nostro mediatore nel vincere le tentazioni non soltanto con l'aiuto, ma anche con l'esempio ».

Quarto, per stimolarci ad avere fiducia nella sua misericordia.

Per cui si legge [ Eb 4,15 ]: « Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato ».

Analisi delle obiezioni:

1. Come spiega S. Agostino [ De civ. Dei 9,21 ], « Cristo si diede a conoscere ai demoni per quel tanto che egli volle, cioè non per quanto è vita eterna, ma per certi effetti temporali del suo potere », in base ai quali essi potevano congetturare che Cristo era il Figlio di Dio.

Siccome però vedevano in lui anche alcuni segni dell'umana debolezza, non ne erano sicuri.

Per questo dunque il demonio volle tentarlo, come risulta dalle parole evangeliche [ Mt 4,2s ]: « Dopo che ebbe fame, il tentatore gli si accostò »; poiché, come dice S. Ilario [ l. cit. ], « il demonio non avrebbe osato tentare Cristo se in lui non avesse riconosciuto, mediante la fame, la condizione umana ».

E ciò risulta anche dal modo di presentare la tentazione: « Se tu sei il Figlio di Dio ».

« Che significa questo esordio », scrive infatti S. Gregorio [ Ambr., In Lc 4, su 4,3 ], « se non che il diavolo sapeva che il Figlio di Dio doveva venire, ma non pensava che sarebbe venuto in un debole corpo? ».

2. Cristo era venuto per distruggere le opere del demonio non con la forza della sua potenza, ma piuttosto sopportando le pene provenienti dal demonio e dai suoi accoliti, in modo da vincerlo non con la forza, ma con la giustizia: « Il diavolo », scrive infatti S. Agostino [ De Trin. 13,13.17 ], « doveva essere vinto non con la potenza di Dio, ma con la giustizia ».

Nella tentazione di Cristo dunque bisogna distinguere l'accettazione dovuta alla sua volontà e l'attuazione dovuta al demonio; l'offrirsi alla tentazione fu infatti un atto della sua volontà, come risulta dalle parole evangeliche [ Mt 4,1 ]: « Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo ».

E S. Gregorio [ In Evang. hom. 16 ] spiega che ciò fu opera dello Spirito Santo, nel senso che « il suo Spirito lo condusse là dove lo avrebbe trovato uno spirito maligno per tentarlo ».

Il fatto invece di « essere preso, posto sul pinnacolo del tempio e infine su un'altissima montagna », egli lo subì da parte del diavolo.

« Non c'è da meravigliarsi », continua infatti il Santo, « che Cristo abbia accettato di essere trasportato su una montagna dal diavolo, lui che poi permise alle sue membra di crocifiggerlo ».

Che Cristo poi fosse portato dal demonio va inteso non nel senso di una costrizione ma, come scrive Origene [ In Lc hom. 31 ], nel senso che egli « seguiva il demonio verso il luogo della tentazione come un atleta che procede spontaneamente ».

3. S. Paolo [ Eb 4,15 ] dice che « Cristo fu provato in ogni cosa a somiglianza di noi, escluso il peccato ».

Ora, la tentazione che proviene dal nemico può essere senza peccato, poiché di per sé consiste in una pura suggestione esteriore.

Invece la tentazione della carne non può essere senza peccato, poiché deriva dal piacere e dalla concupiscenza; e al dire di S. Agostino [ De civ. Dei 19,4 ] « c'è sempre qualcosa di peccaminoso quando la carne ha voglie contrarie a quelle dello spirito ».

Così dunque Cristo volle essere tentato dal nemico, ma non dalla carne.

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