Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se per la redenzione umana ci fosse un mezzo più conveniente della passione di Cristo

In 3 Sent., d. 20, q. 1, a. 4, sol. 2; De rat. fidei, c. 7; Expos. in Symb., a. 4; In Hebr., c. 2, lect. 4

Pare che per la redenzione umana ci fosse un mezzo più conveniente della passione di Cristo.

Infatti:

1. La natura nel suo operare imita le opere di Dio, essendo mossa e regolata da lui.

Ma la natura non compie con due mezzi ciò che può fare con un mezzo solo.

Avendo quindi Dio la capacità di redimere l'uomo con la sola sua volontà, non era conveniente che per la redenzione del genere umano intervenisse anche la passione di Cristo.

2. Le cose attuate con i mezzi naturali vengono compiute in un modo più conveniente di quelle attuate con dei mezzi violenti: poiché, come dice Aristotele [ De caelo 2,3 ], la violenza è « una certa deformazione di ciò che è naturale ».

Ora, la passione di Cristo fu compiuta con una morte violenta.

Sarebbe quindi stato più conveniente che Cristo redimesse l'uomo con la morte naturale, piuttosto che con la passione.

3. Pare convenientissimo che chi detiene una cosa in maniera ingiusta e violenta ne sia semplicemente spogliato dal potere superiore, secondo le parole di Isaia [ Is 52,3 ]: « Senza prezzo foste venduti, e sarete riscattati senza danaro ».

Ma il demonio non aveva alcun diritto sull'uomo, che aveva preso con l'inganno e teneva asservito con la violenza.

Perciò sarebbe stato sommamente conveniente che Cristo avesse spogliato il demonio con il suo potere soltanto, senza la passione.

In contrario:

S. Agostino [ De Trin. 13,10.13 ] afferma: « Per sanare la nostra miseria non c'era un mezzo più conveniente » della passione di Cristo.

Dimostrazione:

Un mezzo è tanto più adatto per raggiungere il fine quanto più numerosi sono i vantaggi che con esso si raggiungono in ordine al fine.

Ora la passione di Cristo, oltre a redimere l'uomo dal peccato, ha procurato molti vantaggi in ordine alla salvezza dell'umanità.

Primo, perché da essa l'uomo viene a conoscere quanto Dio lo ami, e viene indotto a riamarlo: nel che consiste la perfezione dell'umana salvezza.

Da cui le parole dell'Apostolo [ Rm 5,8s ]: « Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi ».

Secondo, perché Cristo ci ha dato un esempio di obbedienza, di umiltà, di costanza, di giustizia e di tutte le altre virtù mostrate nella passione, che sono indispensabili per la nostra salvezza.

Da cui le parole di S. Pietro [ 1 Pt 2,21 ]: « Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme ».

Terzo, perché Cristo con la sua passione non solo ha redento l'uomo dal peccato, ma gli ha anche meritato la grazia giustificante e la gloria della beatitudine, come vedremo in seguito [ q. 48, a. 1; q. 49, aa. 1,5 ].

Quarto, perché mediante la passione è derivata all'uomo un'esigenza più forte di conservarsi immune dal peccato, secondo l'ammonizione dell'Apostolo [ 1 Cor 6,20 ]: « Siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! ».

Quinto, perché con essa fu meglio rispettata la dignità dell'uomo: in modo cioè che come era stato l'uomo a essere ingannato dal demonio, così fosse un uomo a vincerlo; e come un uomo aveva meritato la morte, così fosse un uomo a vincere la morte subendola.

Da cui le parole di S. Paolo [ 1 Cor 15,57 ]: « Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! ».

Quindi fu più conveniente che fossimo liberati dalla passione di Cristo piuttosto che dalla sola volontà di Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. Anche la natura, per compiere meglio una data funzione, ricorre a mezzi molteplici: come si serve di due occhi per vedere.

E così per altre funzioni.

2. Come scrive il Crisostomo [ Atanasio, De incarn. Verbi 4,22 ], « Cristo era venuto per distruggere non la morte propria, che non poteva avere, essendo egli la vita, ma la morte degli uomini.

E così non abbandonò il corpo con una morte sua propria, ma con una morte inflittagli dagli uomini.

Se invece il suo corpo si fosse ammalato e quindi disfatto al cospetto di tutti, non sarebbe stato conveniente per lui, che doveva sanare le infermità altrui, avere il proprio corpo ad esse soggetto.

E qualora senza alcuna malattia lo avesse deposto in qualche luogo per poi riapparire con esso, non si sarebbe creduto alla risurrezione.

In quale modo infatti si sarebbe palesata la vittoria di Cristo sulla morte se egli non avesse mostrato, subendola davanti a tutti, che la morte era stata distrutta mediante l'incorruttibilità del suo corpo? ».

3. Sebbene il demonio avesse sottomesso l'uomo ingiustamente, tuttavia quest'ultimo per il peccato era stato abbandonato giustamente da Dio alla schiavitù del demonio.

Perciò era opportuno che l'uomo venisse redento da tale schiavitù secondo giustizia, cioè mediante la soddisfazione data da Cristo con la sua passione.

E fu anche opportuno per vincere la superbia del demonio, « il quale », come dice S. Agostino [ De Trin. 13, cc. 13,14 ], « è disertore della giustizia e amante della potenza », che Cristo « lo vincesse e redimesse l'uomo non con la sola potenza della divinità, ma anche con la giustizia e l'umiltà della passione ».

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