Summa Teologica - III

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Articolo 8 - Se l'anima di Cristo durante la passione godesse tutta intera della fruizione beata

In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 3, sol. 2, ad 5; De Verit., q. 10, a. 11, ad 3; q. 26, a. 10; Quodl., 7, q. 2; Comp. Theol., c. 232

Pare che durante la passione l'anima di Cristo non godesse tutta intera della fruizione beata.

Infatti:

1. È impossibile soffrire e godere simultaneamente, trattandosi di atti contrari.

Ora, durante la passione l'anima di Cristo era soggetta al dolore nella sua totalità, come si è dimostrato sopra [ a. prec. ].

Quindi non poteva godere.

2. Il Filosofo [ Ethic. 7,14 ] insegna che se la tristezza è grave esclude non solo il godimento contrario, ma qualsiasi godimento; e viceversa.

Ora, il dolore di Cristo nella sua passione fu sommo, come si è spiegato [ a. 6 ]; e così pure è sommo il godimento della fruizione beata, come si è visto [ I-II, q. 34, a. 3 ].

Quindi è impossibile che tutta l'anima di Cristo abbia sofferto e goduto nello stesso tempo.

3. La fruizione beata nasce dalla conoscenza e dall'amore verso Dio, come spiega S. Agostino [ De doctr. christ. 1, cc. 4,22 ].

Ma non tutte le potenze dell'anima sono capaci di conoscere Dio e di amarlo.

Perciò non tutta l'anima di Cristo aveva la fruizione.

In contrario:

Il Damasceno [ De fide orth. 3,19 ] afferma che la divinità di Cristo « permise alla carne di compiere e di soffrire quanto le era proprio ».

Per lo stesso motivo quindi, essendo la fruizione una proprietà dell'anima di Cristo, in quanto era beata, la passione non poteva impedirle tale godimento.

Dimostrazione:

Come si è spiegato sopra [ a. prec. ], la totalità dell'anima può riferirsi o all'essenza o alle potenze.

Se dunque si parla della totalità essenziale, allora tutta l'anima di Cristo godeva della fruizione, essendo essa la sede della parte superiore, a cui spetta la fruizione di Dio: per cui, come a motivo dell'essenza dell'anima la sofferenza viene attribuita alla sua parte superiore, così viceversa a motivo della sua parte superiore la fruizione viene attribuita alla sua essenza.

Se invece parliamo della totalità dell'anima rispetto a tutte le sue potenze, allora non tutta l'anima aveva la fruizione: né direttamente, poiché la fruizione non può essere l'atto di una parte qualsiasi dell'anima, e neppure per ridondanza, poiché mentre era viatore Cristo non aveva la ridondanza della gloria dalla parte superiore all'inferiore, né dall'anima al corpo.

Poiché invece la parte superiore dell'anima non era impedita nell'operazione sua propria dalla parte inferiore, ne seguiva che essa godeva perfettamente durante la passione di Cristo.

Analisi delle obiezioni:

1. Il godimento della fruizione non è direttamente contrario al dolore della passione: poiché non riguarda il medesimo oggetto.

Nulla infatti impedisce che in un medesimo soggetto si trovino delle qualità contrarie, però non sotto il medesimo aspetto.

Per cui nella parte superiore della ragione ci può essere la fruizione per il suo atto proprio, e la sofferenza della passione secondo il proprio soggetto.

Invece all'essenza dell'anima appartiene la sofferenza della passione dalla parte del corpo di cui è forma, e la gioia della fruizione dalla parte della potenza di cui costituisce il soggetto.

2. L'affermazione di Aristotele è vera per la ridondanza reciproca che naturalmente avviene da una potenza all'altra.

Ma in Cristo ciò non avvenne, come si è spiegato sopra [ nel corpo; a. 6 ].

3. Il terzo argomento è valido per la totalità dell'anima in relazione alle sue potenze.

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