Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se la passione di Cristo abbia causato la nostra salvezza sotto forma di soddisfazione

Infra, a. 6, ad 3; In 3 Sent., d. 20, q. 1, a. 3; C. G., IV, c. 55

Pare che la passione di Cristo non abbia causato la nostra salvezza sotto forma di soddisfazione.

Infatti:

1. Soddisfare spetta alla persona stessa che ha commesso il peccato, come appare evidente nelle altre parti della penitenza: la contrizione e la confessione infatti sono atti personali di chi ha peccato.

Ma Cristo « non commise peccato », come dice espressamente S. Pietro [ 1 Pt 2,22 ].

Quindi egli non poté soddisfare con la sua passione.

2. Non si può mai dare soddisfazione con un'offesa più grave.

Ma con la passione di Cristo fu perpetrata la più grave offesa poiché, come si è visto sopra [ q. 46, a. 6 ], coloro che lo uccisero fecero un peccato gravissimo.

Quindi con la passione di Cristo non si poteva dare soddisfazione a Dio.

3. La soddisfazione esige una certa uguaglianza con la colpa, essendo un atto di giustizia.

Ma la passione di Cristo non pare paragonabile ai peccati di tutto il genere umano, poiché Cristo patì non nella divinità, bensì nella carne, secondo l'espressione di S. Pietro [ 1 Pt 4,1 ]: « Cristo soffrì nella carne »; ora l'anima, nella quale si trova il peccato, è superiore alla carne.

Perciò Cristo con la sua passione non soddisfece per i nostri peccati.

In contrario:

Il Salmista [ Sal 69,5 Vg ] mette sulla bocca di Cristo queste parole: « Pagavo per ciò che non avevo rubato ».

Ora, non può dire di pagare chi non soddisfa perfettamente.

Quindi Cristo con la sua passione soddisfece perfettamente per i nostri peccati.

Dimostrazione:

Soddisfa pienamente per l'offesa colui che offre all'offeso ciò che questi ama in una misura uguale o ancora maggiore di quanto abbia detestato l'offesa.

Ora Cristo, accettando la passione per carità e per obbedienza, offrì a Dio un bene superiore a quello richiesto per compensare tutte le offese del genere umano.

Primo, per la grandezza della carità con la quale volle soffrire.

Secondo, per la dignità della sua vita, che era la vita dell'uomo-Dio, e che egli offriva come soddisfazione.

Terzo, per l'universalità delle sue sofferenze e la grandezza dei dolori accettati, di cui sopra [ q. 46, aa. 5,6 ] abbiamo parlato.

Perciò la passione di Cristo fu una soddisfazione non solo sufficiente per i peccati del genere umano, ma anche sovrabbondante, secondo le parole di S. Giovanni [ 1 Gv 2,2 ]: « Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il capo e le membra formano come un'unica persona mistica.

Perciò la soddisfazione di Cristo appartiene a tutti i suoi fedeli che ne sono le membra.

Come anche quando due uomini sono uniti nella carità uno può soddisfare per l'altro, come vedremo in seguito [ Suppl., q. 13, a. 2 ].

Non è così invece per la confessione e per la contrizione: poiché [ solo ] la soddisfazione consiste in un atto esterno che può essere eseguito con degli strumenti, tra i quali possono venire computati anche gli amici.

2. La carità di Cristo sofferente fu superiore alla malizia dei suoi crocifissori.

Perciò Cristo con la sua passione poté soddisfare più di quanto quelli siano stati capaci di offendere uccidendo: cosicché la passione di Cristo fu una soddisfazione sufficiente e sovrabbondante per i peccati stessi di coloro che lo uccisero.

3. La dignità della carne di Cristo non va misurata solo in base alla natura della carne, ma anche in base alla persona che la assunse: in quanto cioè era la carne di Dio; e sotto questo aspetto la sua dignità era infinita.

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