Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se la passione di Cristo abbia agito sotto forma di sacrificio

Supra, q. 47, a. 4, ad 2; infra, a. 6, ad 3; q. 49, a. 4; In Ephes., c. 5, lect. 1; In Hebr., c. 7, lect. 1

Pare che la passione di Cristo non abbia agito sotto forma di sacrificio.

Infatti:

1. La realtà deve corrispondere alla figura.

Ora, nei sacrifici dell'antica legge, che erano figura del sacrificio di Cristo, non si offriva mai della carne umana: anzi, tali sacrifici erano ritenuti abominevoli, secondo il rimprovero del Salmo [ Sal 106,38 ]: « Versarono il sangue innocente, il sangue dei figli e delle figlie sacrificati agli idoli di Canaan ».

Quindi la passione di Cristo non può essere considerata un sacrificio.

2. S. Agostino [ De civ. Dei 10,5 ] insegna che « il sacrificio visibile è il sacramento, o segno sacro, del sacrificio invisibile ».

Ma la passione di Cristo non è un segno, bensì la realtà stessa significata dagli altri segni.

Quindi la passione di Cristo non è un sacrificio.

3. Chi offre un sacrificio compie qualcosa di sacro, come dice il nome stesso di sacrificio.

Ma quanti uccisero Cristo non fecero qualcosa di sacro, bensì perpetrarono una grave iniquità.

Quindi la passione di Cristo fu piuttosto un maleficio che un sacrificio.

In contrario:

L'Apostolo [ Ef 5,2 ] scrive: « [ Cristo ] ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore ».

Dimostrazione:

Il sacrificio è propriamente un'opera compiuta per rendere a Dio l'onore che a lui solo è dovuto, al fine di placarlo.

Da cui le parole di S. Agostino [ De civ. Dei 10,6 ]: « Vero sacrificio è ogni opera compiuta allo scopo di aderire a Dio in una santa società, che tende cioè a quel bene supremo grazie al quale possiamo essere veramente felici ».

Ora, Cristo « nella passione offrì se stesso per noi » [ De civ. Dei 10,6 ]; e tale azione, cioè l'accettazione volontaria della passione, fu sommamente gradita a Dio, in quanto procedente dalla carità.

È quindi evidente che la passione di Cristo fu un vero sacrificio.

E nel medesimo libro [ De civ. Dei 10,20 ] il Santo rileva che « di questo vero sacrificio erano segni molteplici e vari i sacrifici dei giusti dell'antico Testamento, quali parole molteplici esprimenti un'unica cosa, per poterla molto raccomandare senza creare fastidio ».

« E poiché in ogni sacrificio », scrive ancora S. Agostino [ De Trin. 4,14.19 ], « si devono considerare quattro cose: a chi viene offerto, da chi viene offerto, che cosa viene offerto, per chi viene offerto, così l'unico e vero mediatore volle riconciliarci con Dio mediante il sacrificio di pace, restando una cosa sola con colui al quale lo offriva, unificando in sé gli uomini per i quali lo offriva ed essendo lui stesso l'unico offerente e l'unica vittima ».

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la verità corrisponda in parte alla figura, non le corrisponde però in tutto: poiché la realtà deve superare la figura che la rappresenta.

Era giusto quindi che la figura di questo sacrificio, in cui viene offerta per noi la carne di Cristo, fosse non la carne umana, bensì la carne degli animali che prefiguravano tale offerta.

La quale costituisce il sacrificio assolutamente perfetto.

Primo, perché trattandosi di un corpo appartenente alla natura umana, giustamente viene offerto per gli uomini, e da essi viene assunto sotto il Sacramento.

Secondo, perché essendo una carne passibile e mortale, era adatta all'immolazione.

Terzo, perché essendo senza peccato, la carne di Cristo era capace di purificare dai peccati.

Quarto, perché essendo la carne dell'offerente medesimo, era accetta a Dio per la carità con la quale egli la offriva.

Di qui le parole di S. Agostino [ De Trin. 4,14.19 ]: « Che cosa gli uomini potevano prendere di più conveniente, da offrire per loro stessi, della carne umana?

Che cosa di più adatto all'immolazione di una carne mortale?

E che cosa di più puro per la purificazione dai vizi dei mortali della carne concepita senza il contagio della concupiscenza in un seno verginale?

Che cosa poi si poteva offrire e accettare con maggiore gradimento che la carne del nostro sacrificio, che è il corpo del nostro sacerdote? ».

2. S. Agostino in quel testo parla dei sacrifici visibili figurali.

Tuttavia la passione stessa di Cristo, pur essendo la realtà significata dai sacrifici figurali, sta a significare certe cose che noi dobbiamo osservare, secondo le parole di S. Pietro [ 1 Pt 4,1s ]: « Poiché dunque Cristo soffrì nella carne, anche voi armatevi degli stessi sentimenti; chi ha sofferto nel suo corpo ha rotto definitivamente col peccato, per non servire più alle passioni umane, ma alla volontà di Dio, nel tempo che gli rimane in questa vita mortale ».

3. La passione di Cristo fu un maleficio dalla parte di coloro che lo uccisero, ma dalla parte di colui che la subiva fu un sacrificio.

Per cui si dice che questo sacrificio fu offerto da Cristo stesso, non dai suoi crocifissori.

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