Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se occorra celebrare questo sacramento al coperto e con vasi sacri

In 4 Sent., d. 13, q. 1, a. 2, sol. 5, 6; d. 24, q. 2, a. 2, ad 9

Pare che non occorra celebrare questo sacramento al coperto e con vasi sacri.

Infatti:

1. Questo sacramento rappresenta la passione del Signore.

Ma Cristo non morì al coperto, bensì fuori della porta della città, come dice l'Apostolo [ Eb 13,12 ]: « Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta ».

Quindi questo sacramento non va celebrato al coperto, ma piuttosto all'aperto.

2. Nella celebrazione di questo sacramento la Chiesa deve imitare la condotta di Cristo e degli Apostoli.

Ma la casa in cui per la prima volta Cristo istituì questo sacramento non era consacrata, essendo una comune sala da pranzo, preparata da un capofamiglia, come si legge in S. Luca [ Lc 22,11s ].

E negli Atti [ At 2,46 ] si legge che « gli Apostoli erano assidui al tempio, e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia ».

Perciò neppure adesso occorre che siano consacrati gli edifici dove si celebra questo sacramento.

3. Nulla di inutile deve farsi nella Chiesa, che è governata dallo Spirito Santo.

Ma è inutile fare la consacrazione di una chiesa, di un altare o di simili cose inanimate, che sono incapaci di ricevere la grazia o una virtù spirituale.

Tali consacrazioni quindi non hanno ragion d'essere nella Chiesa.

4. Soltanto le opere divine devono essere commemorate con solennità, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 92,5 ]: « Esulto per l'opera delle tue mani ».

Ma la chiesa e l'altare ricevono la consacrazione per opera di un uomo: come anche il calice, i ministri e altre cose del genere.

Ora, queste ultime consacrazioni non vengono commemorate con solennità dalla Chiesa.

Perciò non deve commemorarsi solennemente neppure la consacrazione di una chiesa o di un altare.

5. La realtà deve corrispondere alla figura.

Ma nell'antico Testamento, che simboleggiava il nuovo, l'altare non veniva fatto con pietre tagliate, a norma dell'Esodo [ Es 20,24s ]: « Farai per me un altare di terra; non lo farai di pietre levigate ».

E ancora nell'Esodo [ Es 27,1s ] si prescrive di fare « un altare in legno di acacia », ricoperto « di rame », o anche « di oro » [ Es 25 ].

Non è quindi opportuna la prescrizione della Chiesa che gli altari siano soltanto di pietra.

6. Il calice con la patena rappresenta il sepolcro di Cristo.

Ma questo « era scavato nella roccia », come si legge nei Vangeli [ Mt 27,60; Mc 15,46; Lc 23,53 ].

Quindi il calice dovrebbe essere di pietra e non soltanto d'argento, d'oro o anche di stagno.

7. Come l'oro è la materia più preziosa per i vasi, così la seta è la stoffa più preziosa per gli indumenti.

Come quindi il calice viene fatto con l'oro, così le tovaglie dell'altare dovrebbero essere di seta, e non semplicemente di lino.

8. L'amministrazione e la regolamentazione dei sacramenti è di competenza dei ministri della Chiesa, come l'amministrazione delle cose temporali sottostà alle norme dei principi secolari.

Da cui le parole dell'Apostolo [ 1 Cor 4,1 ]: « Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio ».

Ora, nell'amministrazione delle cose temporali ciò che viene fatto contro gli statuti dei principi è ritenuto invalido.

Quindi, ammesso che le prescrizioni ricordate siano convenientemente imposte dai superiori ecclesiastici, non si può celebrare validamente senza la loro osservanza.

E così pare conseguirne che le parole di Cristo non sarebbero sufficienti a consacrare questo sacramento: il che è inammissibile.

Pare quindi che le prescrizioni stabilite riguardo alla celebrazione di questo sacramento siano inopportune.

In contrario:

Le norme stabilite dalla Chiesa risalgono a Cristo stesso, il quale disse [ Mt 18,20 ]: « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro ».

Dimostrazione:

In ciò che accompagna la celebrazione eucaristica possiamo considerare due intenti: il primo è di rappresentare quanto avvenne nella passione del Signore; l'altro è di manifestare il rispetto verso questo sacramento, nel quale Cristo è presente secondo verità, e non solo in figura.

Di conseguenza anche le consacrazioni delle cose adibite per questo sacramento vengono fatte sia per il rispetto dovuto al sacramento, sia per rappresentare l'effetto di santità proveniente dalla passione di Cristo, secondo le parole dell'Apostolo [ Eb 13,12 ]: « Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue », ecc.

Analisi delle obiezioni:

1. Di regola questo sacramento deve essere celebrato dentro un edificio, che sta a significare la Chiesa, secondo le parole di S. Paolo [ 1 Tm 3,15 ]: « Sappi come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente ».

Infatti « fuori della Chiesa non c'è posto per il vero sacrificio », osserva S. Agostino [ Prospero, Sent. 15 ].

E poiché la Chiesa non doveva restringersi ai confini della nazione giudaica, ma doveva stabilirsi in tutto il mondo, conseguentemente la passione di Cristo non si svolse dentro la città di Gerusalemme, ma all'aperto, in modo che tutto il mondo facesse da casa alla passione di Cristo.

Tuttavia, come è previsto nel Decreto [ di Graz. 3,1,30 ], « è concesso a coloro che sono in viaggio, se manca la chiesa, di celebrare la messa all'aperto o sotto una tenda, purché si abbia la pietra consacrata e l'altra sacra suppellettile occorrente ».

2. Poiché l'edificio in cui si celebra questo sacramento sta a significare la Chiesa, per cui viene anche detto chiesa, è giusto che venga consacrato: sia per rappresentare la santità conseguita dalla Chiesa per i meriti della passione di Cristo, sia per significare la santità richiesta in coloro che devono ricevere questo sacramento.

- L'altare poi significa Cristo medesimo, di cui l'Apostolo [ Eb 13,15 ] dice: « Per mezzo di lui offriamo un sacrificio di lode a Dio ».

Quindi la consacrazione dell'altare indica la santità di Cristo, di cui si legge [ Lc 1,35 ]: « L'essere santo che nascerà da te, sarà chiamato figlio di Dio ».

Perciò il Decreto [ di Graz. 3,1,32 ] prescrive: « Gli altari siano consacrati non solo con l'unzione del crisma, ma anche con la benedizione sacerdotale ».

Di regola quindi non è lecito celebrare questo sacramento se non all'interno di edifici consacrati.

Da cui questa norma dei Canoni [ ib., 3,1,15 ]: « Nessun sacerdote osi celebrare la messa fuori dei luoghi consacrati dal vescovo ».

E per lo stesso motivo, dato che i pagani e gli altri infedeli non appartengono alla Chiesa, nella medesima Distinzione [ can. 28 ] si legge: « Non è lecito consacrare una chiesa nella quale si seppelliscano cadaveri di infedeli; se però essa si presta a essere consacrata, venga riadattata allo scopo, dopo aver tolto i cadaveri e raschiate le mura o le pareti di legno.

Se invece la chiesa è stata prima consacrata e poi adibita a cimitero è permesso di celebrarvi la messa, purché siano dei fedeli coloro che vi sono stati sepolti ».

Tuttavia in caso di necessità questo sacramento può essere celebrato anche in edifici non consacrati o violati, però con il consenso del vescovo: « Ordiniamo che la messa non venga celebrata ovunque, ma in luoghi consacrati dal vescovo o da lui consentiti » [ can. 12 ].

Non però senza l'altare portatile consacrato: « Concediamo, se le chiese sono state incendiate, di celebrare la messa nelle cappelle su una tavola consacrata » [ can. 30 ].

Essendo infatti la santità di Cristo la fonte di tutta la santità della Chiesa, in caso di necessità basta per la celebrazione di questo sacramento l'altare consacrato.

Ed è questa la ragione per cui non si consacra mai una chiesa senza consacrarne l'altare, mentre talvolta senza consacrare la chiesa si consacra un altare con le reliquie dei santi, « la cui vita è nascosta con Cristo in Dio » [ Col 3,3 ].

Si legge perciò [ can. 26 ]: « Ordiniamo che gli altari privi di corpi o di reliquie di martiri siano possibilmente abbattuti dai vescovi del luogo ».

3. La chiesa, l'altare e gli altri oggetti inanimati ricevono la consacrazione non in quanto capaci di ricevere la grazia, ma perché con la consacrazione acquistano una certa virtù spirituale che li rende atti al culto divino: cioè nel senso che gli uomini traggono da essi una certa devozione per essere meglio disposti alle cose di Dio, se ciò non è impedito da irriverenza.

Per cui anche nella Scrittura [ 2 Mac 3,38s ] si legge: « In quel luogo c'è veramente una potenza divina, poiché colui che ha la sua dimora nei cieli è custode e difensore di quel luogo ».

E così i suddetti oggetti prima della consacrazione vengono purificati ed esorcizzati, per sottrarli alla virtù del demonio.

E per la stessa ragione vengono riconciliate le chiese « che siano state macchiate da un'effusione di sangue o di seme »: poiché il peccato ivi commesso rivela un influsso demoniaco.

Per cui nel Decreto [ di Graz. 3,1,21 ] si legge in proposito: « Dovunque troviate chiese di ariani, consacratele senza indugio come chiese cattoliche, con le preghiere sacre e i riti prescritti ».

Per questo motivo alcuni dicono con ragione che entrando in una chiesa consacrata si ottiene la remissione dei peccati veniali, come anche con l'aspersione dell'acqua benedetta, in base alle parole del Salmo [ Sal 85,2s ]: « Hai benedetto, Signore, la tua terra; hai perdonato l'iniquità del tuo popolo ».

E per la virtù che la consacrazione conferisce alla chiesa, tale consacrazione non può essere ripetuta.

Da cui la prescrizione del Concilio di Nicea [ Decr. di Graz. 3,1,20 ]: « Non si deve rinnovare la consacrazione delle chiese consacrate a Dio se non nel caso che siano state bruciate, oppure macchiate da spargimento di sangue o di seme: poiché come non si deve mai ribattezzare un bambino già battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, così non si può riconsacrare un luogo dedicato a Dio se non nei casi sopra elencati; purché chi lo consacrò avesse la fede nella santa Trinità ».

Altrimenti sì, poiché quanti sono fuori della Chiesa non possono consacrare.

Anzi nella medesima Distinzione [ can. 18 ] si legge: « Le chiese e gli altari dubbiamente consacrati siano consacrati ».

Per il fatto poi che la consacrazione conferisce una virtù spirituale a questi oggetti, nella stessa Distinzione [ can. 38 ] si stabilisce: « Il legname di una chiesa consacrata non venga usato per altri scopi, ma solo per un'altra chiesa, oppure sia bruciato, o destinato a un monastero; non deve invece essere adibito a usi profani ».

E ancora [ can. 39 ]: « Le tovaglie dell'altare, la cattedra, il candelabro e il velo, quando siano consunti dal tempo, vengano bruciati e le loro ceneri gettate nel battistero, oppure seppellite nelle pareti o in fosse sotto il pavimento, perché non siano profanate dai piedi di coloro che entrano in chiesa ».

4. Dato che la consacrazione dell'altare significa la santità di Cristo, e la consacrazione dell'edificio la santità di tutta la Chiesa, è conveniente ricordare con solennità la consacrazione di una chiesa o di un altare.

Ed è per questo ancora che la solennità della dedicazione dura otto giorni, per indicare la beata risurrezione di Cristo e dei membri della Chiesa.

Né la consacrazione di una chiesa o di un altare è opera dell'uomo soltanto, in quanto implica una virtù soprannaturale.

Per cui il Decreto [ di Graz. 3,1,17 ] prescrive: « Si celebri ogni anno solennemente la festa della dedicazione della Chiesa.

Che poi la dedicazione debba durare otto giorni lo si trova indicato nella Scrittura [ 1 Re 8,66 ], quando si parla della dedicazione del tempio ».

5. Nei Canoni [ Decr. di Graz. 3,1,31 ] si legge: « Gli altari non vengano consacrati col crisma se non sono di pietra ».

E ciò è richiesto innanzitutto dal simbolismo dell'Eucaristia: sia perché l'altare significa Cristo, e S. Paolo [ 1 Cor 10,4 ] afferma che « la pietra era Cristo », sia perché il corpo di Cristo fu sepolto in un sepolcro di pietra.

Lo richiede poi anche l'uso universale del sacramento: infatti la pietra è solida e facile a trovarsi ovunque.

Il che non era necessario nell'antica legge, trovandosi allora l'altare in un luogo soltanto.

- Quanto poi all'antica prescrizione di fare l'altare di terra o di pietre non levigate, essa aveva lo scopo di impedire l'idolatria.

6. Nella medesima Distinzione [ can. 44 ] si legge: « I sacerdoti anticamente si servivano di calici non d'oro, ma di legno.

Poi il Papa Zefirino prescrisse di celebrare la messa con patene di vetro; in seguito Urbano fece fare tutto d'argento ».

In seguito poi fu stabilito [ can. 45 ] che « il calice del Signore con la patena sia fatto tutto d'oro o d'argento, o per lo meno il calice sia di stagno.

Non sia però di bronzo né di oricalco: poiché sotto l'azione del vino si arrugginisce, e provoca il vomito.

Nessuno poi osi cantare la messa con un calice di legno o di vetro »: poiché il legno è poroso, e rimarrebbe in esso il sangue consacrato, mentre il vetro è fragile e potrebbe rompersi.

E lo stesso vale per la pietra.

Quindi per rispetto verso il sacramento fu stabilito che il calice sia fatto della materia suddetta.

7. La Chiesa, quando si poté farlo senza pericolo, prescrisse nei riguardi dell'Eucaristia ciò che meglio rappresenta la passione di Cristo.

Ora, per il corpo che si pone sul corporale non si corre tanto pericolo quanto per il sangue contenuto nel calice.

Quindi, pur escludendo il calice di pietra, il corporale è bene che sia di lino, che è il panno in cui fu avvolto il corpo di Cristo.

Da cui le parole del Papa Silvestro, riferite dal Decreto [ di Graz. 3,1,46 ]: « Per consiglio di tutti stabiliamo che nessuno osi celebrare il sacrificio dell'altare con panni di seta o colorati, ma celebri con panni di puro lino benedetti dal vescovo, come il corpo di Cristo fu sepolto in una candida sindone di lino ».

- Inoltre il panno di lino è indicato per la sua bianchezza a significare la purità della coscienza; e per il molto lavoro necessario a prepararlo sta a significare la passione di Cristo.

8. L'amministrazione dei sacramenti è di competenza dei ministri della Chiesa, ma la loro consacrazione viene da Dio stesso.

Perciò i ministri della Chiesa non hanno da disporre nulla circa la forma della consacrazione, ma possono dare delle disposizioni circa l'uso del sacramento e il modo di celebrarlo.

Se un sacerdote quindi proferisce le parole della consacrazione sulla debita materia con l'intenzione di consacrare, facendo a meno di tutto il resto, cioè dell'edificio sacro, dell'altare, del calice e del corporale consacrati e delle altre suppellettili prescritte dalla Chiesa, consacra senza dubbio realmente il corpo di Cristo, ma pecca gravemente non rispettando il rito della Chiesa.

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