Reconciliatio et paenitentia

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Proemio

Origine e significato del documento

1 Parlare di Riconciliazione e Penitenza è, per gli uomini e le donne del nostro tempo, un invito a ritrovare, tradotte nel loro linguaggio, le parole stesse con cui il nostro Salvatore e Maestro Gesù Cristo volle inaugurare la sua predicazione: « Convertitevi e credete al Vangelo », ( Mc 1,15 ) accogliete, cioè, la lieta novella dell'amore, dell'adozione a figli di Dio e, quindi, della fratellanza.

Perché la Chiesa ripropone questo tema e questo invito?

L'ansia di conoscere meglio e di comprendere l'uomo d'oggi e il mondo contemporaneo, di decifrarne l'enigma e di svelarne il mistero, di discernere i fermenti di bene o di male che vi si agitano, da non poco tempo ormai porta molti a rivolgere a questo uomo ed a questo mondo uno sguardo interrogativo.

È lo sguardo dello storico e del sociologo, del filosofo e del teologo, dello psicologo e dell'umanista, del poeta e del mistico: è, soprattutto, lo sguardo preoccupato, eppur carico di speranza, del pastore.

Un tale sguardo si rivela in maniera esemplare in ciascuna pagina dell'importante Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, particolarmente nella sua ampia e penetrante introduzione.

Esso si rivela, altresì, in taluni Documenti emanati dalla sapienza e dalla carità pastorale dei miei venerati Predecessori, i cui luminosi pontificati furono segnati dall'evento storico e profetico di quel Concilio Ecumenico.

Come gli altri sguardi, anche quello del pastore scorge, purtroppo, fra diverse caratteristiche del mondo e dell'umanità del nostro tempo, l'esistenza di numerose, profonde e dolorose divisioni.

Un mondo frantumato

2 Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: Nazioni contro Nazioni, e blocchi di Paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia.

Alla radice delle rotture non è difficile individuare conflitti che, anziché risolversi mediante il dialogo, si acuiscono nel confronto e nel contrasto.

Indagando sugli elementi generatori di divisione, attenti osservatori ne riscontrano i più svariati: dalla crescente sperequazione tra gruppi, classi sociali e Paesi agli antagonismi ideologici tutt'altro che spenti; dalla contrapposizione degli interessi economici alle polarizzazioni politiche; dalle divergenze tribali alle discriminazioni per motivi socio-religiosi.

Del resto, alcune realtà che sono sotto gli occhi di tutti costituiscono come il volto pietoso della divisione, di cui sono frutto, e ne fanno rilevare la gravita con inconfutabile concretezza.

Si possono ricordare, fra tanti altri dolorosi fenomeni sociali del nostro tempo:

- il calpestamento dei diritti fondamentali della persona umana, primo fra essi il diritto alla vita e ad una degna qualità di vita; il che è tanto più scandaloso, in quanto coesiste con una retorica non mai prima conosciuta circa gli stessi diritti;

- le insidie e pressioni contro la libertà dei singoli e delle collettività, non esclusa, anzi più offesa e minacciata, la libertà di avere, di professare e di praticare la propria fede;

- le varie forme di discriminazione: razziale, culturale, religiosa ecc.;

- la violenza e il terrorismo;

- l'uso della tortura e le forme ingiuste ed illegittime di repressione;

- l'accumulo delle armi convenzionali o atomiche, la corsa agli armamenti, con spese belliche che potrebbero servire a sollevare l'immeritata miseria di popoli socialmente ed economicamente depressi,

- l'iniqua distribuzione delle risorse del mondo e dei beni della civiltà, che tocca il suo vertice in un tipo di organizzazione sociale, per cui la distanza fra le condizioni umane dei ricchi e dei poveri si accresce sempre di più.1

La potenza travolgente di questa divisione fa del mondo, in cui viviamo, un mondo frantumato2 fin nelle sue fondamenta.

D'altra parte, poiché la Chiesa, senza identificarsi col mondo ne essere del mondo, è inserita nel mondo ed è in dialogo col mondo,3 non è da meravigliarsi se si avvertono nella sua stessa compagine ripercussioni e segni della divisione che ferisce l'umana società.

Oltre alle scissioni tra le Comunioni cristiane che la affliggono da secoli, la Chiesa sperimenta oggi qua e là nel suo seno divisioni fra le sue stesse componenti, causate dalla diversità di vedute e di scelte nel campo dottrinale e pastorale.4

Anche queste divisioni possono a volte sembrare inguaribili.

Per quanto tali lacerazioni già ad un primo sguardo appaiano impressionanti, soltanto osservando in profondità si riesce a individuare la loro radice: questa si trova in una ferita nell'intimo dell'uomo.

Alla luce della fede noi la chiamiamo il peccato: cominciando dal peccato originale, che ciascuno porta dalla nascita come un'eredità ricevuta dai progenitori, fino al peccato che ciascuno commette, abusando della propria libertà.

Nostalgia di riconciliazione

3 Eppure, lo stesso sguardo indagatore, se è sufficientemente acuto, coglie nel vivo della divisione un inconfondibile desiderio da parte degli uomini di buona volontà e dei veri cristiani di ricomporre le fratture, di rimarginare le lacerazioni, di instaurare, a tutti i livelli, un'essenziale unità.

Tale desiderio comporta in molti una vera nostalgia di riconciliazione, pur se questa parola non è usata.

Per taluni si tratta quasi di un'utopia, che potrebbe diventare la leva ideale per un vero mutamento della società; per altri, invece, è oggetto di un'ardua conquista e, quindi, un traguardo da raggiungere con un serio impegno di riflessione e di azione.

In ogni caso, l'aspirazione ad una riconciliazione sincera e consistente è, senza ombra di dubbio, un motivo fondamentale della nostra società, quasi riflesso di un'incoercibile volontà di pace; lo è - anche se ciò è paradossale - tanto vigorosamente, quanto pericolosi sono gli stessi fattori di divisione.

Tuttavia, la riconciliazione non può essere meno profonda di quanto non sia la divisione.

La nostalgia della riconciliazione e la riconciliazione stessa saranno piene ed efficaci nella misura in cui giungeranno - per guarirla - a quella lacerazione primigenia, che è radice di tutte le altre ed è il peccato.

Lo sguardo del Sinodo

4 Pertanto, ogni istituzione o organizzazione, volta a servire l'uomo ed interessata a salvarlo nelle sue dimensioni fondamentali, deve rivolgere uno sguardo penetrante alla riconciliazione, per approfondirne il significato e la piena portata e trame le necessarie conseguenze operative.

A questo sguardo non poteva rinunciare la Chiesa di Gesù Cristo.

Con dedizione di Madre e intelligenza di Maestra, essa si applica, premurosa e attenta, a raccogliere dalla società, con i segni della divisione, anche quelli non meno eloquenti e significativi della ricerca di una riconciliazione.

Essa, infatti, sa che specialmente a lei è stata data la possibilità e assegnata la missione di far conoscere il senso vero, profondamente religioso, e le dimensioni integrali della riconciliazione, contribuendo, già solo per questo, a chiarire i termini essenziali della questione dell'unità e della pace.

I miei Predecessori non hanno cessato di predicare la riconciliazione, di invitare ad essa l'intera umanità, nonché ogni ceto ed ogni porzione della comunità umana che vedevano lacerata e divisa.5

Ed io stesso, per un impulso interiore che obbediva a un tempo - ne sono certo - all'ispirazione dall'alto e agli appelli dell'umanità, in due modi diversi, ambedue solenni ed impegnativi, ho voluto mettere a fuoco il tema della riconciliazione: in primo luogo, convocando la VI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi; in secondo luogo, facendo della riconciliazione il centro dell'Anno giubilare, indetto per celebrare il 1950° anniversario della Redenzione.6

Dovendo assegnare un tema al Sinodo, mi sono trovato pienamente consenziente con quello suggerito da numerosi miei Fratelli nell'episcopato, cioè quello, tanto fecondo, della riconciliazione in stretto collegamento con quello della penitenza.7

Il termine e il concetto stesso di penitenza sono assai complessi.

Se la colleghiamo alla metanoia, a cui si riferiscono i Sinottici, allora la penitenza significa l'intimo cambiamento del cuore sotto l'influsso della Parola di Dio e nella prospettiva del Regno. ( Mt 4,17; Mc 1,15 )

Ma penitenza vuol dire anche cambiare la vita in coerenza col cambiamento del cuore, ed in questo senso il fare penitenza si completa col fare degni frutti di penitenza: ( Lc 3,8 ) è tutta l'esistenza che diventa penitenziale, tesa cioè ad un continuo cammino verso il meglio.

Fare penitenza, però, è qualcosa di autentico ed efficace soltanto se si traduce in atti e gesti di penitenza.

In questo senso, penitenza significa, nel vocabolario cristiano teologico e spirituale, l'ascesi, vale a dire lo sforzo concreto e quotidiano dell'uomo, sorretto dalla grazia di Dio, per perdere la propria vita per Cristo, quale unico modo di guadagnarla; ( Mt 16,24-26; Mc 8,34-36; Lc 9,23-25 ) per spogliarsi del vecchio uomo e rivestirsi del nuovo; ( Ef 4,23s ) per superare in se stesso ciò che è carnale, affinché prevalga ciò che è spirituale; ( 1 Cor 3,1-20 ) per innalzarsi continuamente dalle cose di quaggiù a quelle di lassù, dove è Cristo. ( Col 3,1s )

La penitenza, pertanto, è la conversione che passa dal cuore alle opere e, quindi, all'intera vita del cristiano.

In ciascuno di questi significati la penitenza è strettamente congiunta alla riconciliazione, poiché il riconciliarsi con Dio, con se stessi e con gli altri suppone che si sconfigga la rottura radicale, che è il peccato; il che si realizza soltanto attraverso la trasformazione interiore o conversione, che fruttifica nella vita mediante gli atti di penitenza.

Il documento-base del Sinodo ( chiamato anche Lineamenta ), preparato all'unico scopo di presentare il tema accentuandone alcuni aspetti fondamentali, ha consentito alle Comunità ecclesiali, ovunque esistenti nel mondo, di riflettere per quasi due anni su questi aspetti di una questione - quella della conversione e della riconciliazione - che interessa tutti, e di trame, altresì, un rinnovato slancio per la vita e l'apostolato cristiano.

La riflessione si è ulteriormente approfondita, in preparazione più immediata ai lavori sinodali, grazie all'Instrumentum laboris, inviato tempestivamente ai Vescovi e ai loro collaboratori.

Infine, per un mese intero, i Padri sinodali, assistiti da quanti furono chiamati all'assise propriamente detta, hanno trattato con grande senso di responsabilità il tema stesso e le questioni, numerose e svariate, ad esso connesse.

Dal dibattito, dallo studio comune, dall'assidua ed accurata ricerca è scaturito un ampio e prezioso tesoro, che le Propositiones finali riassumono nella sua sostanza.

Lo sguardo del Sinodo non ignora gli atti di riconciliazione ( alcuni dei quali passano quasi inosservati nella loro quotidianità ), che pur in varia misura servono a risolvere le tante tensioni, a superare i tanti conflitti e a vincere le piccole e grandi divisioni, rifacendo l'unità.

Ma la preoccupazione principale del Sinodo era quella di trovare, nel profondo di questi atti sparsi, la radice nascosta, una riconciliazione, per così dire, « fontale », operante nel cuore e nella coscienza dell'uomo.

Il carisma e, nel contempo, l'originalità della Chiesa, per quanto riguarda la riconciliazione, a qualunque livello sia da effettuare, risiedono nel fatto che essa risale sempre a quella riconciliazione fontale.

In forza, infatti, della sua missione essenziale, la Chiesa sente il dovere di giungere fino alle radici della lacerazione primigenia del peccato, per operarvi il risanamento e ristabilirvi, per così dire, una riconciliazione anch'essa primigenia, che sia principio efficace di ogni vera riconciliazione.

Questo la Chiesa ha avuto in vista ed ha proposto mediante il Sinodo.

Di questa riconciliazione parla la Sacra Scrittura, invitandoci a fare per essa tutti gli sforzi;8 ma dice, altresì, che essa è, anzitutto, un dono misericordioso di Dio all'uomo.9

La storia della salvezza - quella dell'intera umanità, come quella di ciascun uomo, in qualsiasi tempo - è la storia mirabile di una riconciliazione: quella per cui Dio, che è Padre, nel Sangue e nella Croce del suo Figlio fatto uomo ha riconciliato con sé il mondo, facendo nascere così una nuova famiglia di riconciliati.

La riconciliazione si fa necessaria, perché c'è stata la rottura del peccato, dalla quale sono derivate tutte le altre forme di rottura nell'intimo dell'uomo e intorno a lui.

La riconciliazione, dunque, per essere piena, esige necessariamente la liberazione dal peccato, rifiutato nelle sue più profonde radici.

Perciò, uno stretto legame interno unisce conversione e riconciliazione: è impossibile disgiungere le due realtà, o parlare dell'una tacendo dell'altra.

Al tempo stesso, il Sinodo ha parlato della riconciliazione di tutta la famiglia umana e della conversione del cuore di ogni persona, del suo ritorno a Dio, volendo riconoscere e proclamare che l'unione degli uomini non può darsi senza un cambiamento interno di ciascuno.

La conversione personale è la via necessaria alla concordia fra le persone.10

Quando la Chiesa proclama la lieta novella della riconciliazione, o propone di realizzarla attraverso i Sacramenti, esercita un vero ruolo profetico, denunciando i mali dell'uomo nella loro sorgente contaminata, indicando la radice delle divisioni e infondendo la speranza di poter superare le tensioni e i conflitti per giungere alla fratellanza, alla concordia e alla pace a tutti i livelli e in tutti i ceti dell'umana società.

Essa cambia una condizione storica di odio e di violenza in una civiltà di amore.

Essa offre a tutti il principio evangelico e sacramentale di quella riconciliazione « fontale », dalla quale scaturisce ogni altro gesto o atto di riconciliazione, anche a livello sociale.

Di tale riconciliazione, frutto della conversione, tratta la presente Esortazione.

Infatti, come era accaduto al termine delle tre precedenti Assemblee del Sinodo, gli stessi Padri hanno voluto anche questa volta consegnare al Vescovo di Roma, pastore universale della Chiesa e capo del Collegio episcopale, nella sua qualità di Presidente del Sinodo, le conclusioni del loro lavoro.

Ho accettato, come un grave e grato dovere del mio ministero, il compito di attingere all'ingente dovizia del Sinodo per offrire al Popolo di Dio, quale frutto del Sinodo stesso, un messaggio dottrinale e pastorale sul tema della penitenza e riconciliazione.

Tratterò, pertanto, nella prima parte, della Chiesa nel compimento della sua missione riconciliatrice, nell'opera di conversione dei cuori per il rinnovato abbraccio fra l'uomo e Dio, fra l'uomo e il suo fratello, fra l'uomo e tutto il creato.

Nella seconda parte sarà indicata la causa radicale di ogni lacerazione o divisione fra gli uomini e, prima di tutto, nei confronti di Dio: il peccato.

Infine, segnalerò quei mezzi che consentono alla Chiesa di promuovere e di suscitare la piena riconciliazione degli uomini con Dio e, di conseguenza, degli uomini fra di loro.

Il Documento, che ora consegno ai figli della Chiesa, ma anche a tutti coloro che, credenti o no, ad essa guardano con interesse e animo sincero, vuol essere una doverosa risposta a quanto il Sinodo mi ha chiesto.

Ma è anche - tengo a dichiararlo per soddisfare un debito di verità e di giustizia - opera del medesimo Sinodo.

Il contenuto di queste pagine, infatti, proviene da esso: dalla sua lontana o prossima preparazione, dall'Instrumentum laboris, dagli interventi nell'aula sinodale e nei circuli minores e, soprattutto, dalle sessantatre Propositiones.

Si trova qui il frutto del lavoro congiunto dei Padri, tra i quali non mancavano i rappresentanti delle Chiese Orientali, il cui patrimonio teologico, spirituale e liturgico è cosi ricco e venerando anche in ordine alla materia che qui ci interessa.

Inoltre, il Consiglio della Segreteria del Sinodo ha valutato in due importanti sedute i risultati e gli orientamenti dell'assise sinodale appena conclusa, ha messo in evidenza la dinamica delle suddette Propositiones e ha tracciato, poi, le linee ritenute più idonee per la stesura del presente Documento.

Sono grato a tutti coloro che hanno compiuto questo lavoro, mentre, fedele alla mia missione, voglio qui trasmettere ciò che, nel tesoro dottrinale e pastorale del Sinodo, mi appare provvidenziale per la vita di tanti uomini in quest'ora magnifica e difficile della storia.

Giova farlo - e risulta quanto mai significativo - mentre è ancor vivo il ricordo dell'Anno Santo, interamente vissuto nel segno della penitenza, conversione e riconciliazione.

Che questa mia Esortazione, affidata ai Fratelli nell'episcopato e ai loro collaboratori Presbiteri e Diaconi, ai Religiosi e Religiose, a tutti i Fedeli, agli uomini e alle donne di retta coscienza, possa essere non soltanto uno strumento di purificazione, di arricchimento e approfondimento della propria fede personale, ma anche un lievito capace di far crescere nel cuore del mondo la pace e la fratellanza, la speranza e la gioia, valori che scaturiscono dal Vangelo accolto, meditato e vissuto giorno per giorno sull'esempio di Maria, Madre del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale piacque a Dio riconciliare a sé tutte le cose. ( Col 1,19s )

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1 Giovanni Paolo II, Discorso inaugurale alla 3° Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, III. 1-7
2 La visione di un mondo « frantumato » traspare dall'opera di non pochi scrittori contemporanei, cristiani e non cristiani, testimoni della condizione dell'uomo in questa nostra tormentata epoca
3 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 43-44;
Decreto sul ministero e la vita sacerdotale Presbyterorum Ordinis, 12;
Paolo VI, Ecclesiam suam
4 Sulla divisione nel corpo della Chiesa scriveva con parole di fuoco, agli albori della stessa Chiesa, l'apostolo Paolo nella pagina famosa della 1 Cor 1,10-16.
Agli stessi cristiani di Corinto si rivolgerà, anni dopo, S. Clemente Romano per denunciare le lacerazioni in seno a quella comunità: cfr. Lettera ai Corinzi, 1II-V1; LVII: Patres Apostolici, ed. PUNK, 1, 103-109; 171-173.
Sappiamo che dai più antichi Padri la tunica inconsutile di Cristo, non lacerata dai soldati, è diventata immagine dell'unità della Chiesa:
S. Cipriano, De Ecciesiae catholicae untiate, 1: CCL 3/1, 254 s.;
S. Agostino, In Iohannis Evangelium tractatus, 118, 4: CCL 36, 656 s.;
S. Beda il Venerabile, In Marci Evangelium expositio, IV, 15: CCL 120, 630; In Lucae Evangelium expositio, VI, 23: CCL 120, 403; In S. Ioannis Evangelium expositio, 19: PL 92, 911 s
5 L'Enciclica Pacem in terris, testamento spirituale di Giovanni XXIII, viene spesso considerata un « documento sociale » e anche un « messaggio politico », e in verità lo è se si prendono queste espressioni in tutta la loro ampiezza.
Il discorso pontificio è infatti - cosi appare a più di venti anni dalla sua pubblicazione -, più che una strategia in vista della convivenza di popoli e nazioni, un pressante richiamo ai valori supremi, senza i quali la pace sulla terra diventa una chimera.
Uno di questi valori è proprio la riconciliazione fra gli uomini, e a questo tema si è tante volte riferito Papa Giovanni XXIII.
Di Paolo VI basterà ricordare che, convocando la Chiesa intera e tutto il mondo a celebrare l'Anno Santo del 1975, volle che « rinnovamento e riconciliazione » fossero l'idea centrale di quell'importante evento.
Ne si possono dimenticare le catechesi che a tale idea-maestra egli consacrò anche ad illustrazione di quel Giubileo
6 « Questo tempo forte, durante il quale ogni cristiano è chiamato a realizzare la sua vocazione alla "riconciliazione col Padre nel Figlio" - scrivevo nella Bolla di indizione dell'Anno giubilare della Redenzione - raggiungerà pienamente il suo scopo soltanto se esso sfocerà in un nuovo impegno di ciascuno e di tutti al servizio della riconciliazione non solo fra tutti i discepoli di Cristo, ma anche fra tutti gli uomini »: Bolla Aperite portas Redemptori, 3
7 Il tema del Sinodo era più precisamente: Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa
8 « Vi supplichiamo in nome di Cristo: Lasciatevi riconciliare con Dio »: 2 Cor 5,20
9 « Ci gloriarne pure in Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione »: Rm 5,11; Col 1,20
10 Il Concilio Vaticano II ha rilevato al riguardo: « In verità gli squilibri, di cui soffre il mondo contemporaneo, si collegano con uno squilibrio più fondamentale, radicato nel cuore dell'uomo.
È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si contrastano a vicenda.
Da una parte, infatti, come creatura egli fa l'esperienza dei suoi molteplici limiti; dall'altra, si sente illimitato nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore.
ollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre.
Peggio: debole e peccatore, non di rado, fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe ( Rm 7,14ss ).
Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono, anche tante e così gravi discordie nella società »: Cost. past. su la Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 10