Musicam sacram

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II. I partecipanti alle celebrazioni liturgiche

13. Le azioni liturgiche sono celebrazioni della Chiesa, cioè del popolo santo radunato e ordinato sotto la guida del Vescovo o del sacerdote.10

In esse hanno un posto particolare, per il sacro ordine ricevuto, il sacerdote e i suoi ministri; e, per l'ufficio che svolgono, i ministranti, il lettore, il commentatore e i membri della « schola cantorum ».11

14. Il sacerdote presiede la santa assemblea in persona di Cristo.

Le preghiere che egli canta o dice ad alta voce, poiché proferite in nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti,12 devono essere da tutti ascoltate religiosamente.

15. I fedeli adempiono il loro ufficio liturgico per mezzo di quella piena, consapevole e attiva partecipazione che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del battesimo.13

Questa partecipazione:

a) deve essere prima di tutto interna: e per essa i fedeli conformano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano, e cooperano con la grazia divina;14

b) deve però essere anche esterna: e con questa manifestano la partecipazione interna attraverso i gesti e l'atteggiamento del corpo, le acclamazioni, le risposte e il canto.15

Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la « schola » cantano.

16. Non c'è niente di più solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di una assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede.

Pertanto la partecipazione attiva di tutto il popolo, che si manifesta con il canto, si promuova con ogni cura, seguendo questo ordine:

a) Comprenda prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e alle preghiere litaniche; inoltre le antifone e i salmi, i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici.16

b) Con una adatta catechesi e con esercitazioni pratiche si conduca gradatamente il popolo ad una sempre più ampia, anzi fino alla piena partecipazione a tutto ciò che gli spetta.

c) Si potrà tuttavia affidare alla sola « schola » alcuni canti del popolo, specialmente se i fedeli non sono ancora sufficientemente istruiti, o quando si usano composizioni musicali a più voci, purché il popolo non sia escluso dalle altre parti che gli spettano.

Ma non è da approvarsi l'uso di affidare per intero alla sola « schola cantorum » tutte le parti cantate del « Proprio » e dell'« Ordinario », escludendo completamente il popolo dalla partecipazione nel canto.

17. Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio17 per esso, infatti, i fedeli non sono ridotti a partecipare all'azione liturgica come estranei e muti spettatori, ma si inseriscono più intimamente nel mistero che si celebra, in forza delle disposizioni interne, che derivano dalla Parola di Dio che si ascolta, dai canti e dalle preghiere che si pronunziano, e dall'unione spirituale con il sacerdote che proferisce le parti a lui spettanti.

18. Tra i fedeli siano istruiti con speciale cura nel canto sacro i membri delle associazioni religiose di laici, affinché contribuiscano più efficacemente a sostenere e promuovere la partecipazione dei fedeli.18

La formazione di tutti i fedeli al canto sia promossa con zelo e pazienza, insieme alla formazione liturgica, secondo l'età, la condizione, il genere di vita e il grado di cultura religiosa dei fedeli stessi, iniziando già dai primi anni di istruzione nelle scuole elementari.19

19. È degno di particolare attenzione, per il servizio liturgico che svolge, il « coro » o « cappella musicale » o « schola cantorum ».

A seguito delle norme conciliari riguardanti la riforma liturgica, il suo compito è divenuto di ancor maggiore rilievo e importanza: deve infatti curare l'esecuzione esatta delle parti sue proprie, secondo i vari generi di canto, e favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto.

Pertanto:

a) un « coro » o una « cappella musicale » o una « schola cantorum » si abbia e si promuova con cura, specialmente nelle cattedrali e nelle altre chiese maggiori, nei seminari e negli studentati religiosi;

b) « scholae », benché modeste, è opportuno siano istituite anche presso le chiese minori.

20. Le cappelle musicali già esistenti presso basiliche, cattedrali, monasteri e altre chiese maggiori, e che nel corso dei secoli si sono acquistate grandi meriti, custodendo e sviluppando un patrimonio musicale di inestimabile valore, si conservino, con propri regolamenti, riveduti e approvati dall'Ordinario, per una celebrazione delle azioni sacre in una forma più sontuosa.

Tuttavia i maestri di quelle « scholae » e i rettori delle chiese si curino che i fedeli possano sempre associarsi al canto, almeno nell'esecuzione delle parti più facili che loro spettano.

21. Si provveda, specialmente dove non si abbia la possibilità di istituire neppure una « schola » modesta, che ci siano almeno uno o due cantori, convenientemente istruiti, che propongano almeno dei canti semplici per la partecipazione del popolo e guidino e sostengano opportunamente i fedeli nell'esecuzione di quanto loro spetta.

È bene che ci sia un tale cantore anche nelle chiese che hanno una « schola », per quelle celebrazioni alle quali la « schola » non può partecipare, e che tuttavia devono svolgersi con una certa solennità, e perciò con il canto.

22. La « schola cantorum », secondo le legittime consuetudini dei vari paesi e le diverse situazioni concrete, può esser composta sia di uomini e ragazzi, sia di soli uomini o di soli ragazzi, sia di uomini e donne, ed anche, dove il caso veramente lo richieda, di sole donne.

23. La « schola cantorum », tenendo conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo che:

a) chiaramente appaia la sua natura: che essa cioè fa parte dell'assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio;

b) sia facilitata l'esecuzione del suo ministero liturgico;20

c) sia assicurata a ciascuno dei suoi membri la comodità di partecipare alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale.

Quando poi la « schola cantorum » comprenda anche donne, sia posta fuori del presbiterio.

24. Oltre alla formazione musicale, si dia ai membri della « schola cantorum » anche un'adeguata formazione liturgica e spirituale, in modo che dalla esatta esecuzione del loro ufficio liturgico, derivi non soltanto il decoro dell'azione sacra e l'edificazione dei fedeli, ma anche un vero bene spirituale per gli stessi cantori.

25. Ad assicurare più facilmente questa formazione tecnica e spirituale, prestino la loro opera le associazioni diocesane, nazionali ed internazionali di musica sacra, e specialmente quelle approvate e più volte raccomandate dalla Sede Apostolica.

26. Il sacerdote celebrante, i ministri sacri o i ministranti, il lettore, i membri della « schola cantorum » e il commentatore proferiscano le parti loro assegnate in modo ben intelligibile, così da rendere più facile e quasi naturale la risposta dei fedeli, quando è richiesta dal rito.

È bene che il sacerdote e i ministri di ogni grado uniscano la propria voce alla voce di tutta l'assemblea nelle parti spettanti al popolo.21

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10 Cfr. SC 26 e 41-42, LG 28
11 Cfr. SC 29
12 Cfr. SC 33
13 Cfr. SC 14
14 Cfr. SC 11
15 Cfr. SC 31
16 Cfr. SC 30
17 Cfr. SC 30
18 Cfr. Int. Oec. 19 e 59
19 Cfr. SC 19;
S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, nn. 106-108 (AAS 50 [1958] 660)
20 Cfr. Int. Oec 97
21 Cfr. Int. Oec 48