Giobbe

Libro di Giobbe

Libro sapienziale della Bibbia, che prende nome dal protagonista del racconto.

Il testo - la cui redazione finale avvenne in un'epoca successiva all'esilio - presenta la seguente struttura:

prologo ( Gb 1-2 ), che introduce il protagonista dell'opera, Giobbe, l'innocente sul quale si abbatte una serie di sventure;

discorsi di Giobbe con i suoi amici Elifaz, Bildad e Zofar ( Gb 3-31 );

discorsi di un quarto amico, Eliu ( Gb 32-37 ), che costituiscono certamente un'inserzione più tarda;

apparizione di Dio, che risponde a Giobbe, e "conversione" di Giobbe, che giunge a una nuova conoscenza di Dio ( Gb 38-42,6 );

epilogo, con il radicale mutamento della situazione di Giobbe provocata dalla benedizione di Dio ( Gb 42,7-17 ).

I discorsi degli amici di Giobbe riflettono la dottrina, tradizionale in Israele, della retribuzione del giusto e della punizione del malvagio.

Dio benedice il giusto e castiga il malvagio; e poiché nessun uomo può sentirsi giusto davanti a Dio, anche la sofferenza di Giobbe è indiscutibilmente dovuta ai suoi peccati.

Tale dottrina semplicistica e monolitica viene contestata da Giobbe.

La sua protesta è quella di ogni uomo dinanzi al dolore, alla morte, all'ingiusta sofferenza, è la protesta e la ricerca di senso del popolo di Israele che al ritorno dall'esilio, nonostante la fedeltà al suo Dio, incontra nuove e continue sofferenze.

Giobbe rifiuta i discorsi degli amici che si sentono in diritto di parlare in nome di Dio, l'accusano di distruggere la religione ( Gb 15,4 ) e non sanno restare accanto a lui nella sua dolorosa ricerca di un perché al suo dolore, nella sua accorata invocazione "di un arbitro" che, mettendo una mano sulla sua spalla e l'altra su quella di Dio, possa riannodare i fili di un dialogo interrotto ( Gb 9,33 ), costringere Dio a uscire dal suo silenzio ( Gb 30,20; Gb 31,35 ).

E Dio risponde a Giobbe; non gli offre argomenti per conciliare la sofferenza e la propria giustizia al pari dei suoi amici, non da soluzione ai problemi da lui sollevati, accetta il confronto con Giobbe e gli si rivela.

Quel Dio che era un tema di discussione sulla bocca degli amici, ora e colui che Giobbe ha incontrato: "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono" ( Gb 42,5 ).

Dio approva il comportamento di Giobbe, gli ha dato fiducia anche nell'ora delle tenebre, ha accolto quale segno di fede anche le sue domande, ha risposto al suo desiderio di incontrare il vero Dio, che solo conosce il senso delle cose ( Gb 42,2-4 ).

L'epilogo narra la felice condizione di Giobbe benedetto da Dio e così ricorda che non la sofferenza, ma l'amore e la benedizione di Dio sono il destino finale dell'uomo, l'ultima parola sulla sua vita.