Regole di buona creanza e di cortesia cristiana

Gli intrattenimenti e la conversazione

477 Le persone che vivono in società, avendo interessi comuni, sono obbligate a conversare, a parlare frequentemente le une con le altre.

Da qui deriva che uno degli aspetti sui quali la buona creanza richiede un maggior numero di regole è quello della conversazione, che esige dai cristiani una grande prudenza.

478 È quello che consiglia S. Giacomo nella sua epistola.

Anche il Saggio, pur conoscendo il valore che il mondo da all'oro e all'argento, ammonisce che questa prudenza sia così grande, da anteporre l'attenzione alle proprie parole all'apprezzamento che gli uomini hanno naturalmente nei riguardi dell'oro e dell'argento.

Egli dice che bisogna fondere l'oro e l'argento che si ha per farne una bilancia per pesare le proprie parole.

E lo dice certamente a ragione, poiché, come afferma ancora l'Apostolo S. Giacomo, si può essere sicuri che un uomo è perfetto quando non commette peccati con la lingua.

Bisogna anche persuadersi che chi con le sue parole non trasgredisce la buona creanza, sa come vivere correttamente nella società e come tenere un comportamento esteriore molto accorto e regolato. ( Gc 1,26; Sir 28,25; Gc 3,2 )

479 La prudenza che si deve avere nelle parole va garantita da alcune condizioni che trattiamo nell'articolo che segue.

Articolo I - Le condizioni richieste dalla buona creanza al riguardo del linguaggio

480 La buona creanza esige che, come cristiani, non proferiamo mai parole contro la sincerità, contro il rispetto verso Dio e la carità verso il prossimo.

Le nostre parole debbono essere necessarie, utili e pronunziate con prudenza e discrezione.

Sono queste le condizioni che debbono accompagnare sempre le nostre parole.

Sezione prima - La verità e la sincerità che la buona creanza esige nelle parole

481 Secondo l'esortazione di S. Paolo, un comportamento corretto non tollera che si dicano bugie, ma al contrario esige che ciascuno dica la verità quando parla col prossimo, il Saggio considera la bugia un vizio vergognoso in un uomo e la vita dei bugiardi una vita disonorata, ricoperta per sempre dalla vergogna.

Afferma ancora il medesimo Saggio, che la menzogna a cui si sia fatto ricorso per fragilità o ignoranza, non ci toglie la vergogna. ( Ef 4,25; Sir 20,26; Sir 4,28; Sal 55,14 )

482 Per questo il Re Profeta, così illuminato sulle regole della buona creanza e della pietà autentica, afferma che chi vuole vivere giorni felici, deve guardarsi bene dal proferir menzogne.

Il Saggio vuole che si consideri la menzogna un male così riprovevole da preferire un ladro ad uno che dice continuamente bugie, perché la menzogna si trova in bocca ai libertini.

Si può anche aggiungere che è sufficiente essere bugiardo, anche se questo fosse l'unico nostro vizio, per apparire immediatamente libertino.

La motivazione è quella che Gesù Cristo ci ha dato quando, per instillare un maggior orrore per la menzogna, ha affermato che il diavolo ne è il padre e l'autore. ( Sal 55, 14; Sir 20,24-26; Gv 8,44 )

483 La bugia è talmente disonorevole da far sì che tutto quello che anche per poco le si avvicina, sia sempre contrario alla buona creanza.

Perciò non è corretto pronunciare parole equivoche o di doppio senso quando qualcuno ci fa domande o discorre con noi.

Quando non ci sembra opportuno poter dire tutta la verità o quello che pensiamo, è molto meglio scusarsi educatamente di non poter rispondere, che essere ambigui nel parlare.

Il parlare equivoco, dice il Saggio, disonora la persona.

Lo dice anche S. Paolo quando afferma che la doppiezza è ancor più insopportabile negli ecclesiastici. ( Sir 5,15 )

484 La prudenza nelle parole è particolarmente necessaria quando qualcuno ci ha confidato un segreto.

Sarebbe grave imprudenza rivelarlo a chicchessia, anche se con l'obbligo di non dirlo ad alcuno e anche se chi ce l'ha confidato non ci ha proibito di riferirlo ad altri.

Il Saggio dice molto bene al riguardo, che colui che rivela i segreti dell'amico, perde ogni fiducia e si mette nella condizione di non trovare più amici fidati. ( Sir 27,17 )

485 Il Saggio considera questa mancanza più grave che rivolgere insulti ad un amico, perché dopo le ingiurie c'è ancora la possibilità di riconciliarsi, ma quando si è stati così stolti da giungere a rivelarne i segreti, non c'è più speranza di riconciliazione ed invano si cerca di riconquistarlo. ( Sir 27,25-24 )

486 È grave inciviltà anche trarre in inganno una persona a cui si deve rispetto ed è segno di scarsa fiducia e considerazione agire in questo modo nei riguardi di un amico.

Non è assolutamente permesso ingannare alcuno ricorrendo ad un frasario o a termini di difficile comprensione e che hanno bisogno di essere spiegati.

487 Quando ci si trova in gruppo non è per nulla delicato parlare con qualcuno in particolare, ricorrendo ad espressioni che gli altri non comprendono.

Bisogna sempre rendere partecipi tutti quelli che sono nel gruppo di quanto si dice.

Se si ha qualcosa di segreto da comunicare a qualcuno, occorre attendere che si sia separati dal gruppo.

Se questa comunicazione è urgente, bisogna appartarsi in qualche angolo per dirla, dopo aver chiesto permesso agli altri del gruppo.

488 Siccome capita spesso che si diano notizie non vere, bisogna essere molto prudenti nel credervi, a meno che non si sappia che provengono da fonte sicura o si è certi che siano vere.

Non si dirà mai da chi sono state apprese, se si pensa che colui che ce le ha comunicate non ne avrebbe piacere.

489 Si farà in modo di essere così sinceri nella nostra conversazione da acquistare reputazione di uomini sempre in buona fede e di parola, di cui si può essere sicuri e di cui ci si può fidare.

Questa è una raccomandazione che ci da anche il Saggio, che ci ammonisce di mantenere fede alla parola data e di comportarci lealmente col prossimo.

Nulla più della sincerità e della fedeltà alle promesse conferisce onore ad una persona e nulla è più riprovevole che il venir meno alla parola data.

490 Se è buona creanza mantenere la parola data, è invece molto imprudente fare promesse con leggerezza, senza avere riflettuto prima se si potrà mantenerle.

Per questo motivo bisogna evitare di promettere cose di cui non si sono calcolate bene le conseguenze e che non siano state ponderate in modo da non pentirsene.

491 Se capita che gli altri non credano a quanto si dice, non dobbiamo dispiacercene o peggio ancora abbandonarci a qualche eccesso di impazienza o lasciarci sfuggire parole dure e di rimprovero.

Chi non è convinto dai ragionamenti, lo sarà ancor meno a causa della passione.

492 È vergognoso ricorrere a frodi ed inganni nel parlare; chi agisce così, si mette nella situazione di non avere più alcun credito tra gli altri e si espone ad essere mal considerato, passando per persona che vuoi fare il furbo. ( Sir 34,5-6 )

Il Saggio dice che, dal momento che i sogni sono solo un prodotto dell'immaginazione, non è conveniente raccontarli in pubblico, per quanto belli ed edificanti possano essere.

Raccontarli è indice di animo debole e puerile.

Sezione seconda - Le offese alla buona creanza quando si parla contro la legge di Dio

493 Ci sono alcuni che si fanno vanto di apparire dissacranti nei loro discorsi, mescolando parole della Sacra Scrittura con altre profane, irridendo e scherzando sulle cose sacre e sulle pratiche pie o vantandosi di qualche peccato e di infamanti trasgressioni commesse.

Proprio di questi il Saggio parla quando dice che le loro conversazioni sono insopportabili perché si prendono gioco e si divertono dello stesso peccato.

Anche il loro comportamento pratico è totalmente in contrasto con la buona educazione. ( Sir 27,14 )

494 Le imprecazioni e le bestemmie sono le più gravi offese che si possono fare contro le norme della buona creanza.

Per questo in una società ordinata si ha meno stima di un bestemmiatore che di un carrettiere.

Se ne ha tale disprezzo che l'Ecclesiaste, dandoci un quadro mirabile di quello che è, secondo le regole della buona creanza, dice che i discorsi dello spergiuro fanno sovente drizzare i capelli in testa e alle sue parole orribili bisogna tapparsi le orecchie.

Per sollecitare gli spergiuri a perdere la loro abitudine, aggiunge che il dolore non uscirà mai dalla loro casa, che sarà sempre piena di afflizione.

495 Attenzione quindi, come dice il Saggio, a non avere continuamente in bocca il nome di Dio e a non mescolare nei propri discorsi il nome dei santi, nemmeno se ciò si fa senza pensarci e senza malizia, ma semplicemente per abitudine.

Non si debbono mai pronunziare i nomi di Dio e dei santi senza rispetto e senza una giusta motivazione.

Non è lecito mescolare nei nostri discorsi ordinari queste parole: Gesù, Maria!, oppure Accidenti, mio Dio!

Non è neppure educato usare certe imprecazioni che non significano nulla, come: Per Dio! Santo Iddio! Per tutti i diavoli!, ecc … ( Sir 25,10 )

496 Questo tipo di imprecazioni non debbono essere mai sulla bocca di una persona bene educata.

Se qualcuno pronunzia una di queste espressioni davanti a persone di riguardo, manca al rispetto che è loro dovuto.

Non si può neanche prendere a pretesto, secondo quanto dice il Saggio, che non si offende nessuno, perché, aggiunge, una tale scusa non giustifica davanti a Dio. ( Sir 25,14 )

497 Bisogna perciò limitarsi a dire "Sì, sì, no, no", secondo quanto ci consiglia Gesù Cristo nel Vangelo.

Se poi si volesse garantire solennemente qualche cosa, basta ricorrere a queste affermazioni: "Sicuramente, signore, è così", senza aggiungere altro. ( Mt 5,37 )

498 Non si deve avere minore ripugnanza per le parole sboccate rispetto agli spergiuri.

Esse sono altrettanto contrarie all'educazione, anzi spesso sono più dannose.

San Paolo, che richiede ai cristiani del suo tempo un corretto comportamento in ogni circostanza, li avverte ripetutamente in vari passi delle sue lettere, di stare particolarmente attenti a non pronunziare parole volgari e li esorta esplicitamente a non fare alcun cenno alla fornicazione nei loro discorsi. ( Ef 4,29 )

499 È mancanza di rispetto farsi scappare dalla bocca una parola indecente; non si deve dire neppure per scherzo e per umorismo una parola troppo disinvolta al riguardo, fosse pure per divertire il gruppo.

San Paolo dice che, se vogliamo renderci simpatici a chi ci ascolta, dobbiamo dire qualcosa di edificante.

Così come non si deve ricorrere a parole equivoche, perché sono contrarie alla buona educazione e al vivere civile.

La stessa cosa è di qualsiasi parola che lascia o può lasciare la minima idea o immagine di disonestà. ( Ef 5,3-4 )

500 Quando in un gruppo si incontra una persona che fa discorsi o dice parole un po' troppo disinvolte e che offendono anche minimamente il pudore, bisogna astenersi dal riderne.

Se si può, è meglio far finta di non averle sentite e cambiare discorso.

Se non è possibile, si dimostri con un atteggiamento serio e con un profondo silenzio, che non ci piace affatto questo genere di discorsi.

501 Si può aggiungere che, con tal genere di discorsi, una persona si presenta per quel che è, perché la bocca, dice Gesù Cristo, parla dall'abbondanza del cuore.

Perciò si dimostra di essere spudorati e libertini se si pronunziano parole indecenti e disoneste. ( Mt 12,34 )

Sezione terza - Le offese alla buona creanza quando si parla male del prossimo

502 Le buone maniere verso il prossimo hanno norme così precise da non permettere di venirne meno in nessun modo.

Perciò non ammettono mai di parlar male di nessuno.

503 San Giacomo metteva in guardia i primi cristiani che un simile comportamento è contrario alla legge di Dio, quando affermava che colui che parla male di un fratello, parla male della legge.

È dunque grave sconvenienza trovare sempre da ridere sul comportamento altrui.

Se non se ne vuole dire bene, si deve tacere.

Il Saggio ammonisce che, se uno sente sparlare del prossimo, deve chiudere le orecchie con siepe spinosa e aggiunge di stare così lontani dalla maldicenza da non porgere orecchio ad una lingua malevola.

504 Raccomanda inoltre di non riferire a nessuno quello che un altro ha detto di lui, per non farsi reputazione di malevolo, poiché chi semina maldicenza, sarà disprezzato da tutti.

Secondo l'avvertimento del Saggio, se si è inteso una malevolenza contro il prossimo, la si deve seppellire dentro di noi, se ci si vuole comportare bene. ( Gc 4,11; Sir 28,24; Sir 21,28; Sir 19,10 )

505 L'educazione esige che, se si sente parlare male di qualcuno, si giustifichino i difetti e si cerchi di dirne bene, che si volga in bene il proprio giudizio e si metta in risalto qualche buona azione da lui compiuta.

È il mezzo per attirarsi la benevolenza degli altri e per renderci accetti a tutti.

506 È maleducazione ancora peggiore parlare sconsideratamente delle minorazioni di un assente con chi ha gli stessi difetti, dicendo, per esempio, "Ha una testa tanto piccola" davanti ad una persona che l'ha veramente piccola, oppure "È uno zoppo" davanti a chi lo e veramente.

Queste affermazioni offendono i presenti e gli assenti.

È azione veramente cattiva attirare l'attenzione su un difetto fisico, significa che si è meschini e che non abbiamo educazione alcuna.

507 Non è garbato fare riferimento all'interlocutore per sottolineare qualche difetto o sventura accaduta ad un altro, dicendo per esempio: "Quest'uomo è ubriaco come lei l'altro giorno", oppure "il tale ha ricevuto un pugno così forte o uno schiaffo come quello che ha subito lei qualche giorno fa", od ancora "Quel tale è caduto nella stessa pozza d'acqua nella quale cadde lei l'altro giorno"; "Il tale ha i capelli rossi, come lei".

Parlare così suona grave sconvenienza verso colui col quale si conversa.

Ugualmente non bisogna sottolineare i difetti evidenti, come quelli che appaiono sul viso e tanto meno informarsi sulle loro cause.

508 È poi offensivo ricordare a qualcuno un'azione maldestra, indiscreta o sgarbata che ha fatto, se ne può parlare invece in modo impersonale, senza far riferimento esplicito ad alcuno.

Invece di dire, per esempio, "Se dici qualcosa di scortese, ti faccio vedere io", conviene dire: "C'è chi la fa subito pagare quando gli si dice qualcosa di scortese".

509 Una delle più gravi scorrettezze e contemporaneamente una grave mancanza di carità sta nel ricordare determinati incontri antipatici o richiamare alcuni fatti che mettono a disagio o causano umiliazione a colui col quale si parla.

Dire in modo crudo: "Non molto tempo fa è caduto in un grave imbroglio", oppure "Qualche giorno fa ha ricevuto un grave affronto".

Se si parla con uno che vuole apparire giovane, non gli si può dire che lo si conosce da tanto tempo e nemmeno si può dire ad una donna che ha un viso brutto.

510 Una delle cose che urtano di più la buona creanza e la carità è l'insulto.

Gesù lo condanna esplicitamente nel Vangelo; esso non deve mai comparire sulla bocca di un cristiano, perché è meschino anche per chi ha solo un briciolo di educazione.

Non bisogna mai offendere chicchessia e non è permesso fare o dire nulla che possa esserne occasione.

511 Un altro difetto non meno in contrasto con la buona creanza e col rispetto che si deve al nostro prossimo è quello di prenderlo in giro canzonandolo per qualche vizio o difetto che ha o scimmiottandolo con gesti, perché non c'è molta differenza tra prenderlo in giro e insultarlo; solo che con l'ingiuria lo si attacca grossolanamente, senza alcuna delicatezza.

512 Prendere in giro è indegno di una persona educata, perché ferisce la buona creanza e infastidisce il prossimo; perciò non è mai permesso prendere in giro e offendere le persone vive o defunte.

513 Se non è lecito prendere in giro nessuno per qualche vizio o difetto, tanto meno lo è per difetti naturali e involontari.

Farlo è segno di meschinità e bassezza d'animo.

Per esempio, prendere in giro qualcuno che e cieco o zoppo o gobbo, perché chi è nato così non è responsabile.

È anche una vera malvagità prendere in giro qualcuno per una sventura capitatagli o per qualche incidente; canzonandolo lo si ferisce profondamente nell'animo.

514 Tuttavia quando si è derisi per i propri difetti, bisogna saperla prendere con disinvoltura e non far trasparire all'esterno che uno se la prende, perché è segno di buona educazione e di comprensione prendere senza offesa quello che ci viene detto, per quanto, spiacevole, urtante e ingiurioso possa essere.

515 C'è però un tipo di burla che è permessa e che, lungi dall'essere contraria alle regole della buona educazione e del garbo, impreziosisce molto la conversazione e da prestigio a chi vi ricorre.

Consiste nel discorrere vivacemente e con spirito, nell'esprimere qualcosa di piacevole senza offendere nessuno, nemmeno la buona educazione.

È innocente e può contribuire a dare vivacità alla conversazione.

Però non può essere troppo frequente e bisogna saperla usare bene.

Per questo, se si è di animo triste, ci si deve astenere dal ricorrervi, perché si offrirebbe l'occasione per essere preso in giro a propria volta.

Un'ironia troppo banale, volgare e non gradita, non raggiunge lo scopo di divertire gli altri e di rendere più accetto ciò che diciamo per rallegrarli.

516 Per fare bene ironia, non si può essere bizzarri e ridere di tutto senza alcun motivo e neppure ricorrere a parole sciatte, scurrili e banali, ma si deve usare un linguaggio vivace, elevato, a proposito ed all'altezza delle persone che conversano o ascoltano.

Sezione quarta - Le offese alla buona creanza quando si parla sconsideratamente, senza riflettere o senza motivo

517 Si parla in modo sconsiderato quando lo si fa senza discrezione, senza stile e senza fare attenzione a quanto si dice.

Per non cadere in questo difetto, il Saggio ci ammonisce di fare molta attenzione alle parole, per non disonorare noi stessi. ( Sir 1,26 )

518 In realtà, nessuno ha stima di un individuo che parla in modo scriteriato e per questo motivo dobbiamo stare molto attenti, secondo quanto dice il Saggio, a non avere la lingua troppo sciolta.

Il più delle volte si parla a vanvera e senza stile perché si dicono le cose senza aver riflettuto seriamente.

Ciò fa in modo che lo stesso Saggio, conoscendo bene le brutte conseguenze di questo vizio, chieda a Dio di non abbandonarla alla leggerezza indiscreta della sua lingua e lo supplica di aiutarlo, rammentandogli la sua potenza e la bontà che gli dimostra come padre e maestro della sua vita. ( Sir 4,34; Sir 23,1; Sir 32,12 )

519 Per discorrere con discrezione e prudenza, non si deve parlare mai se non dopo aver pensato bene a quanto si deve dire; non si deve dire tutto quello che si pensa, ma, secondo l'avvertimento del Saggio, comportarsi in molte occasioni, come se non ne fossimo al corrente.

Se si è a conoscenza di qualche avvenimento di cui si vuole parlare o di cui qualcuno parla, secondo quanto aggiunge il Saggio, si può parlarne o rispondere con osservazioni giuste, altrimenti è meglio tacere.

Come dire che è meglio tacere del timore di lasciarsi sorprendere da parole indiscrete o di mettersi in imbarazzo. ( Sir 5,14 )

520 Per prudenza, si deve anche considerare il momento in cui conviene parlare o tacere, poiché secondo il Saggio, è imprudenza e leggerezza, non rispettare il momento opportuno o lasciarsi trascinare dal solo desiderio di dire qualcosa. ( Sir 20,17 )

521 Secondo San Paolo, è necessario che tutte le nostre parole siano talmente garbate e condite dalla saggezza, da non pronunziarne nemmeno una senza rendersi conto del perché e del come la si dice. ( Col 4,6 )

522 Infine, secondo l'avvertimento del Saggio, si debbono conoscere bene i fatti prima di parlare, non parlare di cose che non conosciamo bene e di farlo con tanta saggezza e garbo, da renderci simpatici col nostro discorso.

Quando qualcuno dice o fa qualcosa inopportuna e ci si accorge che chi ha parlato l'ha fatto avventatamente e, riflettendo su di sé e su quanto ha detto, se ne sente umiliato, bisogna fingere di non accorgersene.

Se poi costui chiede scusa, per prudenza e carità, si deve interpretare in modo favorevole il fatto e non farsi assolutamente burla di chi ha detto qualcosa di irragionevole e tanto meno esprimere disprezzo nei suoi riguardi, poiché si può anche aver interpretato male il suo pensiero.

Un uomo accorto, infine, non deve mai mettere a disagio nessuno. ( Sir 18,19; Sir 20,29 )

523 La prudenza impone di non rispondere alle ingiurie che si ricevono e di non sentirsi obbligati a difendersi.

È meglio prendere tutto per scherzo.

Se un altro volesse intervenire in nostra difesa, si deve far vedere di non essere stati turbati da quanto è stato detto.

Infatti è del saggio non rimanere mai scosso da nulla. ( Sir 21,11 )

524 Il Saggio, per distinguere subito quanti parlano con saggezza e con prudenza da quanti sono sconsiderati, dice mirabilmente che il cuore degli insensati è nella loro bocca e la bocca dei saggi è nel loro cuore.

Questo significa che chi non ha criterio, fa conoscere a tutti, con la molteplicità e l'insipienza delle sue parole, quanto ha dentro di sé, invece coloro che hanno buon senso e nel loro comportamento sono tranquilli e riservati, dicono solo ciò che è bene dire e ciò che è bene che si sappia.

525 Quando ci si trova con persone più anziane di noi o molto avanti negli anni, è buona educazione parlare poco e ascoltare molto, come con le persone di prestigio.

È un avvertimento che ci viene molto a proposito dal Saggio.

È buona educazione che quando un ragazzo si trova con una persona a cui deve rispetto, non parli se non quando ne è richiesto. ( Sir 32,15 )

526 Non bisogna rivelare segreti a chiunque.

Il Saggio ci ammonisce che sarebbe una grave imprudenza.

Prima di renderne partecipe qualcuno, dobbiamo conoscere a fondo la persona a cui si vuole rivelarli ed assicurarsi bene che sia capace di mantenere il segreto e sia fedele nel conservarlo. ( Sir 8,19 )

527 Quelli che sanno dire solo pettegolezzi, sciocchezze e stupidaggini, che fanno dei lunghi preamboli e non lasciano agli altri spazio per parlare, farebbero molto meglio a tacere.

È preferibile passare per taciturni piuttosto che intervenire in un gruppo con continue insulsaggini e banalità od avere sempre qualcosa da aggiungere.

Articolo II - Come si deve parlare delle persone e delle cose

528 È maleducazione parlare continuamente di se stessi e fare confronti fra il proprio comportamento e quello degli altri; dire, per esempio "io mi comporto così… non faccio così…" oppure "una persona come me …", ecc …

Sono discorsi inopportuni e indelicati, perché questi raffronti di sé con gli altri o gli altri tra loro, sono sempre antipatici.

529 Ci sono alcuni talmente pieni di sé che, quando conversano, non fanno altro che parlare di quello che hanno fatto e fanno e pretendono che venga molto apprezzato quello che dicono e quello che fanno.

Questo comportamento nelle conversazioni mette a disagio ed è molto pesante per gli altri.

Vantarsi ed elogiarsi contrasta completamente con la buona educazione ed è anche segno di grettezza.

Un uomo saggio parla di quanto lo riguarda solo quando deve rispondere a qualche domanda e lo fa con molta moderazione, modestia e discrezione.

530 Quando si riferisce qualcosa che abbiamo fatto o che è successa in presenza di una persona molto importante, è grave indelicatezza riferirla al plurale, dicendo per esempio "Andammo, facemmo la tal cosa …"

In tal caso non bisogna lodarsi, né parlare di sé, ma è meglio parlare del fatto come fossimo estranei ed affermare "Il signore mi ha fatto la tal cosa … Il signore si è recato a tal posto …".

531 Così quando un inferiore riferisce quello che una persona a cui deve rispetto ha fatto nei suoi riguardi, non deve riportarlo in modo esplicito, dicendo perentoriamente "Il signore mi ha detto questo … Il signore mi ha fatto visita …" ma deve usare i seguenti termini o altri simili: "Il signore mi ha fatto l'onore di dirmi questo …", oppure "Il signore mi ha fatto l'onore di farmi visita …" oppure, rivolgendosi direttamente alla persona e dicendo "Lei ha avuto la bontà …" "Lei si è degnato di impegnarsi per me …".

532 Quando si parla di altre persone la buona educazione richiede di farlo sempre in modo positivo, perché non si deve mai parlare di chicchessia, se non per dirne bene.

Infatti non c'è nessuno, per quanto malvagio, di cui non si possa dire qualcosa di buono.

Non sarebbe corretto tuttavia parlare in bene di una persona che avesse commesso qualche colpa pubblica o qualcosa di infamante; in tal caso, è opportuno manifestare solo la nostra comprensione.

533 Nei nostri interventi dobbiamo anche dimostrare che abbiamo stima per gli altri, per cui non solo non dobbiamo contentarci di dirne bene, ma dobbiamo farlo con calore, o se si dice qualcosa a loro onore, non aggiungere un "ma", che toglierebbe tutta la stima che era apparsa nel nostro dire.

534 Discorrendo di persone, bisogna sempre farlo in modo rispettoso e con termini di grande stima, eccetto che si tratti di persona di livello inferiore, e anche in questa circostanza, si ricorrerà ad espressioni garbate che denotino la considerazione che abbiamo per essa.

535 La buona creanza ci vieta di chiamare le persone ad alta voce, o dalle scale o da una finestra; sarebbe prendersi una libertà che va contro il rispetto che dobbiamo alle persone con le quali si sta.

Si deve allora inviare qualcuno a cercare la persona di cui si ha bisogno, oppure andare noi stessi.

536 Se è la persona di riguardo, con la quale si sta che cerca qualcuno, non si deve permettere che vada a rintracciarlo, ma l'educazione vuole che siamo noi a rendere prontamente questo servizio.

Quando si incontra un superiore non è educato chiedergli come sta, a meno che sia malato o indisposto.

Ciò è permesso solo nei riguardi di persone che siano di uguale o inferiore livello sociale.

537 Se si vuole esternare la nostra soddisfazione per lo stato di salute di una persona a cui si deve riguardo, prima di rivolgersi a lui, è consigliabile chiedere ad un suo domestico notizie sul suo stato di salute e quindi rivolgersi a lui con queste parole: "Sono molto contento che godiate un'ottima salute".

Quando si chiede a qualcuno come sta, questi deve rispondere: "Sto benissimo, per grazia di Dio e sono disposto a rendervi i miei umili servigi" oppure ricorrere ad espressioni simili che l'intelligenza suggerisce.

538 La buona educazione non permette di lamentarsi quando si è in compagnia, anche se si soffre qualche dolore ed indisposizione, perché infastidisce gli altri e qualche volta può dare l'impressione che lo si faccia per potersi prendere maggiori libertà.

539 Vi sono persone che, quando si trovano con altri, non fanno che parlare di argomenti che li interessano molto e talora di cose a cui sono particolarmente affezionate; se amano un gatto, un cane, un uccellino o qualche altro animale, ne farebbero oggetto continuo della loro conversazione.

Anche in compagnia di altre persone sono capaci di rivolgersi ad essi di tanto in tanto, interrompendo la conversazione in corso.

Spesso, per far questo, non prestano attenzione a quello che dicono gli altri.

540 Tutti questi modi di fare rivelano grettezza e meschinità di animo e sono in contrasto con le norme della buona creanza, col rispetto che si deve alle persone con cui si discorre e non sono sopportabili in una persona ben educata.

Queste manie sono segno di meschinità d'animo, ed è volgare manifestarle con tanto compiacimento e sottolinearle cosi marcatamente.

541 Ci sono altri che quando hanno fatto un viaggio, hanno concluso un affare o superato qualche difficoltà, piacevole o incresciosa che sia, non fanno altro che parlare di quello che è loro capitato, che hanno visto, sentito o fatto.

Sono convinti che tali avvenimenti, perché piacciono a loro, debbano interessare anche a coloro che li ascoltano.

È segno di amor proprio e di compiacimento per tutto quello che fanno o che accade loro.

Articolo III - Diversi modi di conversare

542 Sono molti i modi di esprimersi con i quali riveliamo le nostre diverse emozioni ed inclinazioni.

Questi modi sono: lodare, adulare, interrogare, rispondere, contraddire, esprimere il proprio parere, discutere, interrompere e correggere.

La buona creanza al riguardo delle lodi. L'adulazione

543 È sempre di cattivo gusto lodarsi e vantarsi da se stessi; un cristiano deve farsi conoscere solo per il proprio comportamento e lasciare che siano le sue azioni a parlare.

A proposito della bocca: non deve mai parlare di sé, né in bene né in male.

544 Quando si ricevono lodi, non bisogna esultare: si darebbe a vedere che ci piace essere lodati; bisogna invece schermirsi educatamente e dire, per esempio, "Voi mi confondete … io non faccio che il mio dovere", ecc. …

Ancor meglio e più saggio sarebbe non aggiungere nulla, ma cambiar discorso, cosa non sconveniente.

Se è una persona di grado molto superiore che ci loda, bisogna inchinarsi garbatamente per ringraziarla e poi mantenersi modesti, senza dire nulla, perché ogni risposta sarebbe mancanza di rispetto.

545 Quando si sente lodare qualcuno, è buona educazione approvare quanto si sente o almeno unirsi all'applauso.

Bisogna però guardarsi dal fare paragoni tra questa persona ad un'altra.

Non bisogna mai lodare esageratamente una persona, perché l'educazione dice che bisogna farlo senza eccessi e senza paragoni con altre.

Bisogna poi stare attenti a non lodare qualcuno in presenza di suoi avversari.

546 Se trovandosi in gruppo, si presenta l'occasione di lodare i propri parenti, si può farlo, ma con moderazione e misura.

Quando viene lodato un parente in nostra presenza, non si debbono accentuare le lodi che gli si rivolgono, ma per educazione, si deve mostrare riconoscenza verso colui che le ha fatte.

547 Quando si fa un regalo a qualcuno, non è buona educazione lodarlo e magnificarlo troppo, quasi per spingere la persona a cui è fatto, ad apprezzarlo di più.

Se però altri ne fanno le lodi, si può aggiungere che ci saremmo augurati che fosse ancora migliore e più degno dei meriti della persona a cui è fatto.

Sarebbe del tutto sgarbato ricordare a qualcuno il bel regalo che gli è stato fatto, perché potrebbe sembrare quasi che gli si rivolga un rimprovero.

548 È doverosa educazione elogiare un dono ricevuto e non metterlo subito da parte.

Sarebbe poi una grave mancanza di educazione avere a ridire su un regalo ricevuto, soprattutto in presenza di colui che lo ha fatto.

Una persona che si comporta così merita di non riceverne più.

549 Quando si mostra a qualcuno o a un gruppo un oggetto da ammirare, non conviene tesserne grandi elogi ed esaltarlo troppo, come fanno alcuni.

Si dimostrerebbe una compiacenza adulatoria verso il proprietario, oppure che non si è mai visto qualcosa di simile, o ancora, che non si capisce niente sul valore degli oggetti.

Non bisogna però dimostrarsi del tutto indifferenti quando ci si trova di fronte a qualcosa di straordinario, perché in simili occasioni dobbiamo essere nel medesimo tempo modesti e giusti.

550 Se un oggetto viene mostrato ad un gruppo, non è opportuno cercare di essere il primo a farne le lodi, ma dobbiamo aspettare che sia la persona più qualificata a esprimere il suo giudizio e poi assentire in modo garbato e deferente, eccetto che questa persona chieda prima il nostro parere.

In tal caso conviene per buona educazione dirlo con semplicità e senza alcuna esagerazione.

551 Bisogna comportarsi così in tutte le occasioni nelle quali si è tenuti a giudicare qualche oggetto o qualche azione.

Senza ricorrere ad espressioni esagerate, proclamando, per esempio, davanti a tutto quello che si vede: "Quanto è bello! … È meraviglioso!", soprattutto se ci troviamo di fronte a persona a cui si deve deferenza e prima che costei abbia espresso il suo giudizio.

Sarebbe come voler imporre il proprio giudizio, mostrando in tal modo mancanza di rispetto.

552 Adulare è dire bene di qualcuno quando non c'è ragione per farlo, o dire di lui più del dovuto per compiacenza o per motivi di interesse personale.

È viltà comportarsi così ed è sempre a svantaggio di chi è adulato, perché fa credere che egli ha scarso senso critico e molta presunzione permettendo che lo si lodi per qualità che non può attribuirsi, né da cristiano, né con ragione.

Articolo IV - Come fare domande, informarsi, discutere ed esprimere il proprio parere

553 È una grave mancanza di educazione fare domande a una persona cui si deve deferenza ed a chiunque altro, se non è molto inferiore a noi o nostro dipendente o che si sia obbligati a chiedere informazioni.

In questo caso bisogna procedere con tatto e molta prudenza.

554 Quando si vuole sapere qualcosa da persona cui si deve deferenza, è buona educazione parlargli in modo tale che si senta spinto a dare risposte pur senza aver ricevuto domande dirette.

Se si vuole sapere, per esempio, da una persona se intende recarsi in campagna od in altro luogo, sarebbe grave inciviltà e mancanza di riguardo, domandargli direttamente: "Signore, andrete in campagna?".

Questa richiesta diretta è indisponente e di tono troppo familiare; è meglio volgere la domanda così: "Voi andrete senza dubbio in campagna o vi recherete in quel luogo, non è vero?".

Questo tono nel dire le cose non ha nulla di offensivo, se non la curiosità, che è giustificabile, quando si pone in termini rispettosi.

555 Si manca inoltre alla buona educazione se ci si rivolge ad una persona dicendole direttamente: "Voi mi capite?" oppure: "Comprendete bene?" "Non so se mi spiego", ecc. …

In tal caso bisogna arrivare al punto senza ricorrere a queste frasi.

556 Quando si arriva in un gruppo non è educato informarsi subito di quello di cui si parla.

Farlo è segno di troppa familiarità e rivela che non si conosce il modo corretto di comportarsi.

Dopo essersi seduti, ci si deve accontentare di ascoltare chi parla e cercare di introdursi nella conversazione al momento giusto.

557 Quando si conversa, non è corretto informarsi e voler sapere, sia pure con garbo, dove uno è stato o da dove viene, quello che ha fatto e quello che intende fare.

Questo tipo di domande sono troppo confidenziali e non sono bene accette.

A meno che si abbia un particolare dovere di sapere qualcosa che riguarda la persona con la quale si parla o che si riferisce a lei, non dobbiamo fare domande a suo riguardo.

558 È sgarbato e imprudente prevenire la domanda di qualcuno rispondendo prima che abbia finito di parlare, anche se si capisce quanto vuole chiedere.

Così pure è sgarbato rispondere per primo ad una persona a cui si deve rispetto, quando chiede qualcosa in presenza di persone a noi superiori, anche se si trattasse di cose banali e ordinarie, per esempio, se volesse sapere l'ora; dobbiamo lasciar rispondere a chi è più qualificato, eccetto che si rivolga esplicitamente a qualcuno in particolare.

In questo caso si ha l'obbligo di rispondere.

559 Un'altra grave mancanza è limitarsi semplicemente ad un "sì" o un "no" nel rispondere, sia ai nostri genitori che a qualsiasi altra persona.

Si deve sempre aggiungere un appellativo di rispetto, per esempio: "Sì, padre", oppure "Sì, signore".

Non bisogna però ripetere troppe volte questi appellativi per non risultare noiosi o molesti.

560 Quando nel rispondere siamo obbligati a contraddire qualcuno a cui dobbiamo deferenza, non possiamo farlo in modo rude, ma dobbiamo ricorrere a perifrasi, come: "Perdonatemi, Signore", oppure "Vi domando perdono se oso dire che …".

In un gruppo dove si tratta un determinato argomento non è educato esprimere il proprio parere, se non siamo direttamente interpellati, soprattutto quando ci troviamo con persone di rango superiore.

561 In un gruppo di persone riunite per discutere è necessario attendere il proprio turno per parlare.

Bisogna poi scoprirsi il capo, salutare chi presiede e i presenti, e poi intervenire, esprimendo con chiarezza il proprio parere.

562 Non si deve sostenere con ostinazione la propria opinione, poiché non è giusto difendere la propria tesi credendola irrinunciabile.

Sarebbe molto meschino contestare per farla prevalere, poiché non bisogna intestardirsi talmente nella propria opinione da non accettare quella degli altri.

Quindi non occorre infervorarsi od incollerirsi per obbligare gli altri a seguire la propria idea.

La passione infatti non è il mezzo più adatto e saggio di cui servirsi per convincere della ragionevolezza della propria opinione.

Non sono quindi da condannare o da disprezzare le ragioni altrui.

Anzi è proprio dell'uomo retto stimare e lodare il parere altrui, e riferire il proprio unicamente perché si è richiesti.

Articolo V - Quello che la buona creanza permette nelle discussioni, negli interventi e nelle repliche

563 San Paolo esortava il discepolo Timoteo ad evitare le discussioni; nulla infatti è più contrario alle regole del buon comportamento.

A questo scopo, secondo quanto dice l'Apostolo, sono da evitare tutte le discussioni sciocche ed inutili, perché provocano solo litigi.

Infatti, quando si vuole evitare una cosa, bisogna eliminarne l'occasione.

Il motivo che ne dà San Paolo è che chi è al servizio del Signore, non deve essere litigioso. ( 2 Tm 2,14-23-24 )

564 Quindi, quando si è insieme, è necessario stare attenti a non opporsi al parere degli altri e non proporre nulla che possa portare al litigio o alle contestazioni.

Se però gli altri dicessero una cosa falsa o a sproposito, esprimiamo con semplicità e con tutta deferenza il nostro parere, in modo che coloro che la pensano differentemente non si sentano contrariati.

565 Se qualcuno ci contraddice, dobbiamo far vedere che ci adeguiamo volentieri al suo parere, tranne se il suo giudizio sia in contrasto con le massime cristiane e le norme del Vangelo.

In tal caso siamo obbligati a sostenere quello che diciamo, ma dobbiamo sempre farlo in modo così umile e rispettoso, che chi è contraddetto, lungi dall'offendersi, ascolti volentieri le nostre motivazioni e vi aderisca, almeno che non sia testardo e irragionevole.

La parola dolce, come dice il Saggio, conquista molti amici ed addolcisce i nemici.

566 Con una persona portata a contraddire dobbiamo evitare, per buona creanza, di esprimere il nostro parere su qualche argomento, perché, come dice ancora il Saggio, la prontezza nel disputare, attizza il fuoco della collera.

Siccome coloro che hanno la parola facile sono soggetti a sostenere con ostinazione la loro opinione, seguendo quanto dice il medesimo Saggio, non dobbiamo metterci a discutere con costoro, per non portare legna al fuoco.

Soprattutto, come Egli ci consiglia, non si deve mai contraddire la parola di verità.

Perciò, se non si conosce bene qualche argomento, conviene sempre tacere ed ascoltare gli altri. ( Sir 6,5; Sir 28,12-13; Sir 8,4; Sir 4,30 )

567 Quando ci troviamo coinvolti in una conversazione o in un dibattito, come avviene di solito nei circoli accademici, dobbiamo ascoltare con attenzione quanto dicono gli altri; se si è pregati e sollecitati ad intervenire, allora possiamo esprimere il nostro parere sull'argomento della discussione.

Se però ignoriamo l'argomento, non dobbiamo vergognarci di scusarci e di non parlarne.

568 Se crediamo vera l'opinione che è sostenuta, dobbiamo appoggiarla, ma con tale moderazione, da far arrendere senza umiliazione colui che la contrasta.

Se le ragioni portate dagli altri dimostrano che abbiamo torto, non dobbiamo ostinarci a sostenere una causa perduta, ma dobbiamo per primi riconoscere il nostro errore.

È il modo migliore per uscirne con onore.

569 In un dibattito non si deve volerla vinta a tutti i costi: è sufficiente esporre il proprio parere sostenuto da valide motivazioni.

Quando prevale il parere degli altri, perché sono la maggioranza, allora si deve accondiscendere al loro.

570 Non è educato contraddire nessuno, eccetto che si tratti di persona di rango molto inferiore al nostro, che parla a sproposito e che ci costringe a contraddirlo per timore delle conseguenze.

Allora bisogna farlo con tanta dolcezza e garbo, da indurre colui che è stato contraddetto a ringraziarci.

Sarebbe grave mancanza di educazione interrompere una persona mentre parla, domandandogli, per esempio, "Che cosa è questo? Chi ha detto o fatto quest'altro?".

Una tale interruzione diventa ancora più maldestra quando chi parla lo fa solo con allusione.

571 È una forma di maleducazione che irrita, interrompere qualcuno mentre sta raccontando un fatto, per dirlo meglio noi.

Quando qualcuno ha cominciato a raccontare un fatto, non è meno maleducato dire che già lo si conosce e che sappiamo dove si vuole arrivare.

Se il racconto non è chiaro, equivarrebbe a prenderlo in giro e dargli motivo di offendersi; sorridere significherebbe che non corrisponde al vero.

È anche offensivo aggiungere: "Scommetto che non è così".

Questa maniera di intervenire mostra rozzezza e può provenire solo da una persona molto maleducata.

572 Se nella conversazione qualcuno fa un po' di confusione, non è permesso interromperlo per correggerlo; ad esempio: se qualcuno nomina una persona o una città per un'altra.

Si deve attendere che chi parla si corregga da solo oppure capiti l'occasione di ritornare sull'argomento.

In tal caso uno si può intromettere per correggere l'errore, senza metterlo in imbarazzo.

573 Se si trattasse poi di un episodio che conviene chiarire nell'interesse di qualcuno, allora si può spiegare come stanno le cose, avendo cura di farlo sempre con garbo e con molta attenzione.

Per non obbligare una persona a ripetere due volte la stessa cosa, si presti molta attenzione a quello che dice nella conversazione.

Sarebbe cattiva educazione dire, per esempio: "Che sta dicendo, signore? Non ho capito!" oppure espressioni simili.

574 Quando qualcuno fa fatica a trovare le parole giuste ed è esitante, non si suggeriscono o si aggiungono le parole non pronunziate bene, perché è indelicato e sgarbato.

Bisogna attendere che lui stesso lo richieda.

Se non si è obbligati o se la cosa non è importante, è errore intromettersi per rimproverare qualcuno.

575 Sarebbe indelicatezza ergersi pubblicamente a giudice e censore.

Il prossimo deve essere giudicato bene e non ci si deve preoccupare delle azioni altrui, eccetto se abbiamo una responsabilità particolare sul loro comportamento e siamo incaricati di istruirli e di portarli a bene operare.

Come pure se fossimo noi ammoniti o rimproverati da qualcuno, per buona educazione, non dobbiamo risentirci, anzi testimoniargli molta gratitudine, perché più gliene dimostriamo, più ci comportiamo da veri cristiani e più ne guadagneremo in stima.

576 Se dovessimo essere insultati, è bene ricordare che l'uomo saggio non si offende per questo, ma, ben lungi dal volersi difendere, non da alcuna risposta.

È segno di animo gretto e meschino non essere capaci di accettare un insulto, mentre invece un animo cristiano non manifesta alcun risentimento e in realtà non ne prova.

Il Saggio ammonisce di dimenticare tutte le ingiurie che subiamo dal prossimo.

Gesù Cristo ci chiede non solo di perdonare ai propri nemici, ma di ricambiare col bene i torti e i dispiaceri che possiamo aver ricevuti.

A chi volesse difenderci, dobbiamo dire che non siamo stati per nulla offesi. ( Sir 10,16; Mt 5,44 )

Articolo VI - I complimenti e alcuni modi impropri di parlare

577 Ci sono due modi per complimentarsi.

Il primo consiste nell'esprimere un sentimento di congratulazione per testimoniare la gioia per qualche felice avvenimento accaduto alla persona che incontriamo o che andiamo a visitare; o un sentimento di condoglianza, per cui attestiamo a qualcuno colpito da una disgrazia, il dolore che proviamo; o anche un sentimento di ringraziamento, testimoniando la nostra riconoscenza per i benefici ricevuti da qualcuno, la gratitudine che sentiamo nei suoi riguardi e gli assicuriamo la nostra affezione e fedeltà al suo servizio; o solamente una attestazione di sottomissione nei suoi riguardi e di fedeltà al suo servizio.

Qualche volta un complimento può anche sottintendere una lamentela per qualche torto ricevuto.

Questi diversi complimenti debbono essere rivolti con naturalezza, senza affettazione ed apparire spontanei, perché quando la bocca parla dall'abbondanza del cuore, convince molto di più di quello che potrebbe esser detto dopo attenta preparazione che, essendo meno naturale, non sarà mai accettata allo stesso modo.

579 Un'altra forma di complimento è la lode, che richiede più prudenza e abilità dei complimenti per convincere della sua sincerità.

Per renderla accetta infatti, si deve indurre chi stiamo lodando a credere che siamo convinti dei suoi meriti; solo così la lode sarà sincera e cortese.

Inoltre chi fa questo tipo di complimenti deve guardarsi dall'innalzare queste persone al di sopra dei loro meriti e dal dare lodi esagerate, che si distruggono da sole.

Questo tipo di complimenti sarà ragionevole se basato sulla sincerità e sulla verità, di modo che, grazie all'equilibrio, alla saggezza e alla moderazione che le parole contengono, non venga offesa la modestia di colui che li riceve o di colui che li fa.

580 Per questo chi loda deve ricordarsi che, quantunque sia necessario apprezzare gli altri, non bisogna però esagerare, ma farlo con molta prudenza e moderazione, seguendo il consiglio del Saggio, che a ragione ci dice di non lodare nessuno prima della sua morte, poiché c'è sempre da temere che chi le fa manchi di sincerità e chi le riceve rischi di cadere nella vanità.

Perciò questi complimenti debbono essere rari e fatti con molta prudenza e circospezione. ( Gv 11,50 )

581 I complimenti, per essere efficaci, debbono essere fatti senza cerimonie.

Per renderli accetti la loro ritualità deve essere spontanea.

Debbono essere brevi e quando sono rivolti a persone qualificate, debbono essere fatti più con le riverenze che con lunghi discorsi.

582 Nel rispondere ai complimenti ci si attenga alle medesime regole; se i complimenti sono fatti per favori concessi, questi vanno minimizzati, ma non al punto da sopprimerli, perché in tal caso ne sarebbe offuscato l'apprezzamento di chi li ha ottenuti.

Bisogna anche evitare di dire che faremmo la stessa cosa a tutti, perché significherebbe che si ha scarsa stima e considerazione della persona alla quale sono stati rivolti, in quanto siamo disposti a fare a lei ciò che si farebbe a tutti.

583 Nel conversare si debbono usare sempre termini educati, comuni ed intelligibili, attinenti a quello di cui si parla, senza ricorrere a vocaboli ricercati e a un linguaggio affettato.

Si debbono evitare specialmente tutte quelle espressioni improprie, non francesi e dialettali.

Quantunque non stia bene servirsi di termini ed espressioni troppo ricercate nel parlare, si eviti un linguaggio scorretto, che molti usano spesso perché non prestano sufficiente attenzione al loro modo di parlare.

Sarebbe per esempio molto brutto dire "Uscite questo cavallo dalla scuderia", quando bisogna dire "Fate uscire questo cavallo dalla scuderia".

584 Bisogna astenersi da certi termini ridicoli e del tutto inutili quando si racconta qualche fatto o si rende conto di un impegno assolto.

Dire per esempio: "Egli dice. Ella dice. Ora è così. Mi ha detto così. Ecc. …" è sgarbato e nello stesso tempo urta dire ad una persona: "Lei ha mancato di parola; lei mi ha ingannato".

È meglio fare ricorso ad altre espressioni, come per esempio: "Signore, non s'è più ricordato", oppure: "Forse non ha potuto fare ciò che mi ha fatto sperare".

585 Dopo che una persona ha parlato sarebbe grave maleducazione dire: "Se ciò che lei dice è vero, siamo mal ridotti", oppure "Se ciò che dice il signore è vero, non abbiamo più motivo di stupirci che…, ecc…".

Non bisogna mai lasciar intendere di dubitare di quanto dice un galantuomo.

È più rispettoso dire: "Secondo quanto dice … certo che siamo imbarazzati"; oppure: "Quello che dice il signore fa intendere che …".

586 Sarebbe ancora un pessimo modo di parlare quello di dire: "Lei scherza dicendo questo!"

E non è cosa migliore ricorrere ad espressioni usate da alcuni come complimento: "Lei si diverte su di me trattandomi così".

Sono espressioni offensive, perché non possiamo far intendere ad un galantuomo che si stia prendendo gioco di noi.

In questi casi si deve ricorrere ad un'altra circonlocuzione, dicendo: "Sarebbe uno scherzo dire …".

587 Non è mai consentito ricorrere ad un linguaggio imperioso, eccetto che si tratti di persona di rango molto inferiore, in quanto queste espressioni così imperative non sono accette e non possono essere usate da chi ha un minimo di educazione.

Perciò, invece di ricorrere a frasi troppo autoritarie come: "Vada! Venga! Faccia questo!".

È meglio usare perifrasi e rivolgersi loro dicendo: "Vuole andare?", oppure: "Consideri opportuno dire … Oserei pregarla, signore … Potrei avere da lei questo favore? …".

Nei rapporti con persone di rango molto inferiore, si potrebbe dire loro educatamente: "Vuole farmi questo favore? … Vuole per amicizia farmi questo? … Mi rincresce di chiederle questo …".

Sono tutte espressioni richieste dalla buona educazione nei riguardi di persone di cui si ha bisogno.

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