L'anima e la sua origine

Indice

Libro IV

8.12 - Conferme da parte del Salmista e di S. Paolo

Vedi dunque quante verità, non passate, ma presenti, ignoriamo sulla nostra natura, non solo riguardo al corpo, ma anche riguardo all'uomo interiore, e tuttavia non veniamo allivellati alle bestie.

E tu, non perché io non conosco assolutamente nulla della lontana origine della mia anima, ma perché non conosco tutto su di essa - so infatti che l'anima mi è stata data da Dio e che tuttavia non viene dalla natura di Dio -, mi hai creduto degno di tanta offesa.

E quando potrei finire di ricordare tutte le verità che noi ignoriamo sulla natura dello spirito e della nostra anima?

Qui dobbiamo piuttosto esclamare all'indirizzo di Dio quello che ha esclamato il salmista dicendo: Troppo più alta di me la tua saggezza, troppo sublime, e io non la comprendo. ( Sal 139, 6 sec. LXX )

Perché dice di me se non perché arguiva quanto fosse incomprensibile la scienza di Dio partendo da se stesso, atteso che non arrivava a comprendere se stesso?

L'Apostolo veniva rapito al terzo cielo e udiva ineffabili parole che all'uomo non è dato di pronunziare, e dice di non sapere se ciò gli era accaduto nel corpo o fuori dal corpo, ( 2 Cor 12,2-4 ) né teme d'esser paragonato da te alle bestie.

Il suo spirito sapeva d'essere nel terzo cielo, d'essere nel paradiso, e non sapeva se fosse o non fosse dentro il suo corpo.

E ovviamente il terzo cielo e il paradiso non erano lo stesso apostolo Paolo, ma il suo corpo e la sua anima e il suo spirito erano proprio lui.

Ecco, sapeva cose grandi, alte, divine che non erano lui e non sapeva proprio quello che costituiva la sua stessa natura.

Chi in mezzo a tanta conoscenza di realtà occulte non si meraviglia della tanta ignoranza che ha di se stesso?

Chi infine crederebbe, se non lo dicesse lui che non inganna, che noi non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera? ( Rm 8,26 )

È lassù che deve protendersi al massimo la tensione della nostra volontà, perché ci buttiamo agli interessi del nostro avvenire: e tu, perché delle realtà del nostro passato io ne ho dimenticata qualcuna sulla mia origine, mi equipari alle bestie, mentre senti il medesimo Apostolo che dice: Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù nel Cristo Gesù? ( Fil 3,13-14 )

9.13 - S. Paolo offre la conferma anche col suo esempio

Forse, anche perché ho detto che non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera, ( Rm 8,26 ) mi stimi meritevole d'esser deriso e mi giudichi simile agli animali irragionevoli?

E probabilmente qui hai delle attenuanti.

Poiché, preferendo noi con retto e sano giudizio la nostra sorte futura al nostro passato ed essendo a noi necessaria l'orazione, non per quello che siamo stati, ma per quello che saremo, è certamente molto più molesto ignorare che cosa chiedere nella preghiera che ignorare la nostra origine.

Ma ti venga in mente dove hai letto quelle parole o rileggendo rammentale e non voler scagliare contro di me la pietra di tale insulto, perché non colpisca uno che non vorresti.

Le parole: Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera le ha dette lo stesso Apostolo, dottore delle genti.

E non l'ha soltanto insegnato con le sue parole, ma l'ha pure mostrato con il suo esempio.

Contro infatti l'utilità e la perfezione della propria salvezza, pregava per ignoranza che fosse allontanata da lui la spina della carne che diceva essergli stata data perché non s'insuperbisse della grandezza delle sue rivelazioni.

E il Signore, poiché l'amava, non fece quello che lui chiedeva per ignoranza. ( 2 Cor 12,7-9 )

Ma tuttavia dove dice che non sappiamo che cosa sia conveniente domandare nella preghiera, aggiunge immediatamente: Ma lo stesso Spirito intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili.

E colui che scruta i cuori, sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio, ( Rm 8,26-27 ) cioè fa pregare i credenti.

S'intenda quello Spirito che Dio ha mandato nei nostri cuori e che grida: Abbà, Padre, ( Gal 4,6 ) e per mezzo del quale noi gridiamo: Abbà, Padre. ( Rm 8,15 )

Infatti è stata adoperata l'una e l'altra espressione: " noi abbiamo ricevuto lo Spirito che grida: Abbà, Padre ", e " noi abbiamo ricevuto lo Spirito nel quale gridiamo: Abbà, Padre ", per spiegare in che senso dica " che grida ".

Lo dice nel senso " che fa gridare ", perché noi gridiamo per mezzo di lui che ci fa gridare.

Mi insegni dunque il Signore anche questo, quando vorrà e se lo crederà utile a me, perché io sappia donde abbia origine secondo la mia anima.

Ma me lo insegni quello Spirito che scruta le profondità di Dio, ( 1 Cor 2,10 ) non un uomo che ignora lo spirito dal quale un otre è gonfiato.

Lungi da me tuttavia paragonarti per questo alle bestie.

L'ignoravi infatti non per insufficienza, ma per inavvertenza.

10.14 - La Scrittura ci fornisce delle conoscenze altrimenti impossibili alla natura

Ma probabilmente, benché le verità delle quali si va in cerca sull'origine delle anime siano più alte di quelle che riguardano il modo del nostro prendere e rendere il fiato, tu tuttavia confidi d'avere appreso quelle medesime verità più alte dalle Scritture sante, dalle quali mediante la fede abbiamo imparato verità che gli ingegni umani di nessuna levatura potrebbero trovare.

La conoscenza infatti che la carne è destinata a risorgere in avvenire e a vivere senza fine è certamente di gran lunga superiore a tutte le nozioni che i medici hanno potuto acquisire con le loro esplorazioni nella carne e che l'anima non percepisce con nessun senso, benché con la sua presenza animi tutti gli organi che essa non conosce; e sapere che l'anima rinata e rinnovata nel Cristo è destinata ad essere beata in eterno è una conoscenza di gran lunga più bella di tutte le conoscenze che ci mancano sulla sua memoria, intelligenza, volontà.

Ora, tutte queste conoscenze che ho dichiarate superiori e migliori, non le potremmo acquisire in nessun altro modo che credendo alla parola di Dio.

È dunque su questa parola di Dio che tu probabilmente stimi di confidare per non trattenerti dal pronunziare una sentenza definitiva sull'origine delle anime.

Se fosse così, in primo luogo non avresti dovuto attribuire alla stessa natura umana, ma a un dono di Dio, che l'uomo sappia investigare e discutere sulla propria costituzione e natura. Hai scritto infatti: " In che cosa differirebbe l'uomo dalle bestie, se non sapesse questo?"

Che bisogno ci sarebbe allora di leggere per saperlo, se lo dobbiamo già sapere per il fatto stesso che siamo diversi dalle bestie?

Come infatti non mi leggi nulla perché io sappia che vivo, non potendolo ignorare in forza della mia natura, così, se è naturale conoscere anche l'origine delle anime, perché mai mi presenti su di essa le testimonianze delle Scritture perché io vi creda?

Differiscono forse dalle bestie soltanto quelli che leggono le Scritture?

Non siamo stati creati così da essere diversi dalle bestie anche prima che possiamo giungere ad un qualche studio letterario?

Come va, ti prego, che attribuisci alla nostra natura così tanto che essa sappia già trattare e discutere dell'origine delle anime per il fatto stesso che differisce dalle bestie, e poi la fai di nuovo così priva della medesima conoscenza da non potersela procurare con mezzi umani, ma solo credendo a testimonianze divine?

11.15 - Bisogna sapere di non sapere

In secondo luogo, anche su questo t'inganni. Infatti le testimonianze divine che hai voluto riportare per la soluzione della nostra questione non ce ne danno la chiave.

È un'altra la verità che esse dimostrano, ed è una verità tale che senza di essa veramente non possiamo vivere nella pietà della fede cristiana: cioè la verità che abbiamo Dio come datore, come creatore, come formatore delle nostre anime.

Ma in che modo Dio le faccia, se ispirandole nuove o se traendole dai genitori, le Scritture non lo dicono, fatta eccezione per quella che Dio diede al primo uomo.

Leggi diligentemente quanto io ho scritto al nostro fratello, servo di Dio, Renato: poiché l'ho dimostrato in quel libro, non è stato necessario che lo scrivessi anche in questo.

Tu vorresti però che io definissi il problema che tu hai definito, cacciandomi così nelle medesime stretture nelle quali ti sei cacciato tu e per cui hai sproloquiato contro la fede cattolica con spropositi tanto numerosi e tanto vistosi, che se li ricordi e li ripensi con sincerità e umiltà vedi senza dubbio quanto ti sarebbe giovato aver saputo non sapere e quanto ti gioverebbe saper di non sapere almeno adesso.

Se quello infatti che ti piace nella natura dell'uomo è l'intelligenza, poiché realmente, se non l'avesse, non ci distingueremmo in nulla dalle bestie per quanto concerne l'anima, cerca con la tua intelligenza di capire che cosa vada al di là della tua intelligenza, per non finire col non avere l'intelligenza di nulla, e non voler disprezzare uno che per aver l'intelligenza verace di ciò che è al di sopra della sua intelligenza ha tanto d'intelligenza da capire di non arrivare ad averne l'intelligenza.

Per quale ragione poi sia stato detto nel salmo santo: L'uomo quand'è in onore non comprende, si mette alla pari degli animali irragionevoli e si fa simile ad essi, ( Sal 50,13 ) sappilo leggere e capire, perché sii tu stesso a guardarti con umiltà da questa vergogna piuttosto che rovesciarla con superbia sopra un altro.

È stato detto infatti di coloro che, stimando vita solamente questa vita, vivono secondo la carne e non sperano nulla dopo la morte, come le bestie; non di coloro i quali non negano di conoscere ciò che conoscono e riconoscono di non conoscere ciò che non conoscono, ed inoltre trovano più sicuro rendersi conto della loro infermità piuttosto che presumere della loro forza.

11.16 - Si rispettino i segreti di Dio

Non dispiaccia pertanto, o figlio, alla tua giovanile baldanza la mia senile titubanza.

Se ciò infatti che stiamo cercando sull'origine delle anime non potrò saperlo per mezzo dell'insegnamento né di Dio, né d'un qualche uomo spirituale, io sono più disposto a difendere come sia giusto che Dio abbia voluto che noi ignorassimo anche questa verità come tante altre, piuttosto che avanzare temerariamente una risposta che o sia così oscura da non poterla non solo rendere intelligibile all'intelligenza degli altri, ma da non intenderla nemmeno io stesso, o sia tale che giovi anche agli eretici, i quali tentano di persuadere che le anime dei bambini sono monde da ogni colpa proprio con questo argomento: che la medesima colpa non si ritorca e non ricada su Dio come causa, perché dandole alla carne peccatrice avrebbe costretto ad esser peccatrici le anime innocenti, alle quali previde che non sarebbe venuto in soccorso nemmeno il lavacro della rigenerazione e nessuna grazia del battesimo, che le liberasse dalla dannazione eterna: un fatto gravissimo, perché sono innumerevoli le anime dei bambini che escono dal loro corpo prima del battesimo.

Non sia mai infatti che per voler sciogliere questo nodo io dica le assurdità che hai dette tu: " A causa della carne l'anima meritò d'esser macchiata e diventare peccatrice ", pur non avendo antecedentemente nessun peccato per poter dire che se lo sia meritato giustamente; e: " Anche senza il battesimo si sciolgono i peccati originali " e: " Il regno dei cieli sarà concesso alla fine anche a persone non battezzate ".

Se io non temessi di spargere questi e simili veleni contro la fede, non temerei probabilmente di prendere una decisione definitiva su questo argomento.

Quanto meglio faccio dunque a non dissertare e a non affermare nei riguardi dell'anima ciò che non conosco, separandomi dagli altri, ma a ritenere semplicemente ciò che vedo insegnato esplicitamente dall'Apostolo: a causa d'un solo uomo tutti gli uomini che nascono da Adamo finiscono nella condanna, ( Rm 5,18 ) ad eccezione di coloro che rinascono nel Cristo, nella maniera in cui ha stabilito che rinascano, ( Gv 3,3 ) prima della loro morte corporale, e che sono stati predestinati alla vita eterna dal misericordiosissimo elargitore della grazia, il quale è per coloro che ha predestinati alla morte eterna anche il giustissimo distributore del castigo, non solo per i peccati che aggiungono volontariamente, ma anche, nel caso dei bambini che non vi aggiungono nessun altro peccato, per il solo peccato originale.

Questo è tutto ciò che io definisco in tale questione, perché, salva la mia fede, l'arcano agire di Dio abbia i suoi segreti.

12.17 - Il secondo attacco personale di Vittore ad Agostino

Ora è venuto già il momento di dover rispondere, per quanto il Signore si degni concedermelo, anche a quel punto dove, parlando dell'anima, hai fatto il mio nome per la seconda volta e hai detto: " Noi non consentiamo, come invece sostiene il peritissimo vescovo Agostino, che l'anima si dica incorporea e insieme spirituale ".

Discutiamo pertanto se l'anima sia da ritenersi incorporea, come ho detto io, o corporea, come hai detto tu.

Dopo discuteremo se anch'essa si chiami spirito secondo le nostre Scritture, sebbene si dica spirito, in senso proprio, non tutta l'anima ma anche una sua qualche parte.

E prima di tutto vorrei sapere come tu definisca un corpo.

Se infatti non è corpo se non quanto risulta di membra carnali, non sarà corpo nemmeno la terra, nemmeno il cielo, nemmeno una pietra, né l'acqua, né le stelle, né alcuna di simili realtà.

Se corpo è invece quanto risulta di parti che più grandi e più piccole occupano spazi più grandi e più piccoli, sono corpi anche coteste realtà che ho ricordate: corpo è l'aria, corpo è questa luce visibile, corpi sono tutti i corpi celesti e i corpi terrestri, come si esprime l'Apostolo. ( 1 Cor 15,40 )

12.18 - L'incorporeità dell'anima

Ora, se qualcosa di simile sia l'anima è oggetto d'una ricerca ingarbugliatissima e sottilissima.

Ma tu comunque, e te ne faccio i più grandi complimenti, confermi che Dio non è corpo.

D'altra parte però torni di nuovo a preoccuparmi dove dici: " Se l'anima non ha corpo, potrebbe essere, come piace ad alcuni, una sostanza aerea e inconsistente di una vanità assoluta".

Da queste tue parole sembra infatti che tu creda essere sostanza vana tutto ciò che è privo di corpo.

Se è così, come osi dire che Dio non ha corpo e non temi conseguentemente che Dio sia una sostanza vana?

Ma se per un verso è vero che Dio non ha corpo, come hai già confessato, e se per l'altro verso sia lungi da te dire che Dio è una sostanza vana, allora non è vero che sia una sostanza vana tutto ciò che non ha corpo.

Perciò chi dice che l'anima è incorporea, non segue che la voglia far apparire sostanza vana ed inconsistente, perché anche di Dio, che non è qualcosa di vano, confessa ugualmente che è incorporeo.

Nota però quanto ci corra tra quello che dico io e quello che tu mi fai dire.

Io infatti non dico nemmeno che l'anima è di una sostanza aerea: altrimenti confesserei che è un corpo.

L'aria è appunto un corpo, secondo tutti coloro che parlando dei corpi sanno quello che dicono.

Tu viceversa, perché io ho detto incorporea l'anima, hai creduto che l'abbia detta non solo d'una vanità assoluta, ma per questo una sostanza aerea, mentre e io non ho detto che l'anima è corpo come l'aria, e non può essere vano ciò che si riempie d'aria.

E non te l'hanno potuto far capire nemmeno i tuoi otri.

Quando infatti si gonfiano, che cos'altro si comprime dentro di essi se non dell'aria?

Tanto poco sono vani che per la loro medesima pienezza sopportano anche dei pesi.

Che se eventualmente ti sembra una cosa l'alito e un'altra cosa l'aria, mentre lo stesso alito è aria in movimento, come si può dimostrare anche con un ventaglio agitato, perché tu conosca con certezza che i vasi concavi di qualsiasi genere da te creduti vuoti sono pieni, immergili nell'acqua dalla parte dalla quale si riempiono e renditi conto con i tuoi occhi come non vi possa entrare una sola goccia d'acqua, perché la respinge l'aria di cui sono pieni.

Al contrario, se si collocano con la bocca verso l'alto o su di un fianco, allora ricevono il liquido che vi si versa o che vi penetra, uscendone l'aria che si libera da dove trova d'uscire.

Ciò si potrebbe dimostrare più facilmente alla presenza d'un fatto che per mezzo d'uno scritto.

Ma non è il caso di fermarsi qui più a lungo, perché, sia che tu capisca che la natura dell'aria è corporea, sia che tu non lo capisca, tu non devi tuttavia credere che io abbia detto che l'anima è per lo meno aerea, ma ho detto che è assolutamente incorporea: la stessa verità che anche tu riconosci nei riguardi di Dio, pur non osando dire che egli è qualcosa di vano e non potendo invece negare che egli sia una sostanza onnipotente ed immutabile.

Perché dunque temiamo che l'anima sia una vanità assoluta, qualora sia incorporea, quando riconosciamo che Dio è incorporeo, né diciamo che sia una vanità assoluta?

Così pertanto ha potuto, lui incorporeo, creare un'anima incorporea, come lui vivente un'anima vivente, benché, immutabile, abbia creato un'anima mutevole e, onnipotente, un'anima a lui di gran lunga inferiore.

13.19 - La Scrittura sulla presente questione

Non vedo poi la ragione per la quale tu non vuoi che l'anima sia spirito, ma corpo.

Se infatti non è spirito perché l'Apostolo ha nominato lo spirito distintamente dall'anima, scrivendo: Tutto quello che è vostro: spirito, anima e corpo, ( 1 Ts 5,23 ) per il medesimo motivo l'anima non è nemmeno corpo, perché anche il corpo l'ha nominato distintamente dall'anima.

Se viceversa affermi che anche l'anima è corpo, sebbene il corpo sia stato nominato distintamente da essa, permetti che l'anima sia anche spirito, benché lo spirito sia stato nominato distintamente da essa.

Molto più infatti ti deve sembrare che l'anima sia spirito invece che corpo, perché riconosci che lo spirito e l'anima sono d'una sola sostanza, mentre non dici che siano d'una medesima sostanza l'anima e il corpo.

Per quale ragione dunque l'anima è corpo, pur essendo la natura dell'anima diversa da quella del corpo, e per quale ragione non è spirito l'anima, pur essendo una sola e medesima la natura dell'anima e la natura dello spirito?

Non è vero che con questo tuo modo di ragionare sei costretto a dire che anche lo spirito è corpo?

Altrimenti, se lo spirito non è corpo e l'anima è corpo, lo spirito e l'anima non sono d'una sola e medesima sostanza.

Tu invece, sebbene ritenga che sono due realtà, confessi che hanno ambedue una sola sostanza.

Anche lo spirito dunque è corpo, se l'anima è corpo: altrimenti non potrebbero essere d'una sola e medesima natura.

Perciò le parole dell'Apostolo: Il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo, ( 1 Ts 5,23 ) secondo te, starebbero ad indicare tre corpi, ma due di essi, l'anima e lo spirito, sarebbero corpi della stessa natura, e quel corpo invece che viene detto anche carne sarebbe di natura diversa.

E secondo te, da questi tre corpi, uno di sostanza diversa e due d'una sola e medesima sostanza, sarebbe composto l'uomo nella sua interezza, come un'unica realtà e un'unica sostanza.

Sebbene tu faccia queste asserzioni, non vuoi tuttavia che le due realtà d'una sola e medesima sostanza, ossia l'anima e lo spirito, abbiano in comune il nome di spirito, mentre le due realtà che non sono d'una sola e medesima sostanza, ma di sostanza impari e diversa, ossia l'anima e il corpo, a tuo avviso hanno in comune il nome di corpo.

14.20 - L'uomo interiore

Ma voglio sorvolare su questo, perché la controversia tra noi non finisca sui nomi invece che sulle cose.

Vediamo chi sia l'uomo interiore: se l'anima, se lo spirito, se ambedue.

Ma, come vedo scritto da te, tu chiami uomo interiore l'anima.

Era appunto di essa che parlavi quando scrivevi: " Condensandosi per raffreddamento quella sostanza inafferrabile, veniva a formare un altro corpo dentro il corpo e lo componeva con la forza e con l'alito della propria natura, e allora cominciava ad apparire l'uomo interiore, delineato dalla configurazione dell'uomo esteriore a propria immagine e come incluso dentro la vagina del corpo ".

Dopo ne deduci: " L'alito di Dio fece dunque l'anima, o meglio l'alito venuto da Dio si fece anima, modellata come sostanza e come corpo secondo la propria natura, simile al suo corpo e conforme ad esso come a sua immagine ".

Dopo di che, cominciando a parlare dello spirito, dici: " Quest'anima, avendo origine dall'alito di Dio, non ha potuto esser priva d'un suo proprio senso e d'un intimo intelletto: e ciò è lo spirito ".

Come vedo dunque, tu vuoi che l'uomo interiore sia l'anima, che l'uomo intimo sia lo spirito, quasi che lo spirito sia a sua volta interiore all'anima, come l'anima è interiore al corpo.

In questo modo avviene che, come il corpo esterno accoglie nelle sue cavità interne un altro corpo, che secondo la tua opinione è l'anima, così si deve credere che anche l'anima abbia il suo interno vuoto per avervi potuto accogliere lo spirito come terzo corpo, e allora tutto l'uomo consterebbe di tre corpi: esterno, interno, intimo.

È proprio vero che non ti avvedi ancora quante sono le conseguenze assurdissime che ti vengono dietro, quando tenti d'affermare che l'anima è corporea?

Dimmi inoltre: quale di questi elementi è quello che si rinnoverà nella conoscenza di Dio ad immagine del suo Creatore: ( Col 3,10 ) l'interiore o l'intimo?

Certo, quanto all'Apostolo, oltre all'uomo interiore e all'uomo esteriore, non vedo che egli conosca un altro uomo interiore all'interiore, cioè l'uomo intimo di tutto l'uomo.

Ma scegli chi vuoi perché si rinnovi secondo l'immagine di Dio: come potrà accogliere l'immagine di Dio un corpo che ha già assunto l'immagine dell'uomo esteriore?

Se infatti l'uomo interiore è corso ad espandersi attraverso le membra dell'uomo esteriore e si è condensato per raffreddamento - anche di questo vocabolo hai precisamente fatto uso, come se da uno stampo d'argilla si formasse per fusione una figura -, in che modo può rinnovarsi ad immagine di Dio, rimanendo in esso la medesima forma che gli è stata impressa o che è stata espressa partendo dal corpo?

O avrà forse due immagini: nel diritto l'immagine di Dio e nel rovescio l'immagine del corpo, come nelle monete si dice: " Testa e navi "?

O dici forse che l'anima ha ricevuto l'immagine del corpo e lo spirito riceve invece l'immagine di Dio, come se l'anima sia contigua al corpo e lo spirito sia contiguo a Dio, e quindi a rinnovarsi ad immagine di Dio sia quell'uomo intimo e non quest'uomo interiore?

Ma lo dici inutilmente. Perché, se anche quell'uomo intimo è così coesteso a tutte le membra dell'anima, come l'anima è coestesa a quelle del corpo, anche l'uomo intimo ha già preso per mezzo dell'anima l'immagine del corpo, in quella forma che gli ha data l'anima, e perciò non ha più dove accogliere l'immagine di Dio, rimanendo in esso cotesta immagine del corpo, a meno che alla pari d'una moneta, come ho detto, non prenda due immagini diverse, una nel diritto e un'altra nel rovescio.

A coteste assurdità ti spinge, lo voglia o no, quando pensi all'anima, il tuo modo di pensarla alla maniera dei corpi.

Ma Dio, come anche tu riconosci rettissimamente, non è corpo: in che modo dunque un corpo potrà ricevere l'immagine di Dio?

Ti prego, o fratello, di non conformarti alla mentalità di questo secolo, ma di trasformarti rinnovando la tua mente, ( Rm 12,2 ) e di non seguire la sapienza della carne, perché è morte. ( Rm 8,6 )

15.21 - L'anima come oggetto di conoscenza

Ma tu dici: " Se l'anima non ha la natura di un corpo, cos'è che negli inferi conosce quel ricco?

Certamente questi conosceva già Lazzaro, ma non conosceva Abramo.

Da dove gli è venuto il riconoscimento d'Abramo, morto tanto tempo prima? ".8

Dicendo questo, se pensi che il riconoscimento d'un uomo non si possa avere senza la forma del corpo, credo che per conoscere te stesso te ne stai continuamente allo specchio per paura di non poterti riconoscere se dimentichi la tua faccia.

Chi conosce, ti chiedo, un altro più di se stesso e di chi può vedere la faccia meno della sua?

Ma chi potrebbe conoscere Dio, che tu stesso non dubiti essere incorporeo, se la conoscenza non potesse provenire che dalla forma del corpo, come pensi tu, cioè se soltanto i corpi fossero conoscibili?

Quale cristiano poi nel discutere di questioni tanto grandi e difficilissime potrebbe rivolgere l'animo alla parola di Dio con tanta negligenza da dire: " Se l'anima fosse incorporea, mancherebbe necessariamente di forma "?

Hai dimenticato d'aver letto: " La forma della dottrina "? ( Rm 6,17 )

Allora, è corporea la forma della dottrina.

Hai dimenticato che di Gesù Cristo è scritto che prima di vestirsi da uomo era nella forma di Dio? ( Fil 2,6 )

In che modo dunque puoi dire: "Se l'anima fosse incorporea, mancherebbe necessariamente di forma", mentre senti che la Scrittura parla della "forma di Dio", di cui riconosci l'incorporeità, e perché parli così come se la forma non possa trovarsi se non nei corpi?

15.22 - I nomi astratti

Tu dici pure: " Crollano i nomi dove non si distingue la forma, e i nomi non hanno più nulla da fare dove non si designano le persone ".

Il tuo intento è qui di provare che l'anima d'Abramo era corporea per il fatto che si è potuto dire: Padre Abramo.

Abbiamo già detto che la forma c'è anche dove non c'è nessun corpo.

Se poi credi che non serva a nulla l'uso dei nomi dove non ci sono corpi, conta, ti prego, i nomi in questo passo: Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, ( Gal 5,22-23 ) e dimmi se non riconosci le virtù stesse alle quali si riferiscono cotesti nomi, o se riconosci tali virtù così da vederle tratteggiate dentro lineamenti corporali.

Ecco per tacere delle altre virtù, dimmi quale figura, quali membra, quale colorito abbia la carità, la quale senza dubbio, se non sei vano tu stesso, non ti può sembrare qualcosa di vano.

Tu dici: " Lazzaro, del quale fu implorato l'aiuto, fu visto certamente corporeo e formato ".

Se gli uomini ti sentissero, nessuno più implorerebbe l'aiuto di Dio, perché nessuno lo può vedere sotto forma corporea.

16.23 - Gli antropomorfismi

Tu dici: " In quel passo inoltre la descrizione delle membra di quell'anima è fatta in tal modo da far pensare veramente a un corpo " e vuoi che " per gli occhi s'intenda tutta la testa, perché si dice che alzò i suoi occhi; per la lingua la bocca, per il dito la mano, perché si legge: Manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua ". ( Lc 16,24 )

Tuttavia, perché non ci si avvalga dei nomi delle membra come d'una prescrizione contro di te per provare che Dio è corporeo, tu dici: " Per membra di Dio sono da intendersi i suoi poteri spirituali ", poiché sostieni giustissimamente che Dio non è corporeo.

Qual è dunque la ragione per cui i nomi delle membra non fanno in Dio per te un corpo e nell'anima lo fanno?

Forse che questi nomi li dobbiamo prendere in senso proprio quando si dicono delle creature e viceversa in senso metaforico o traslato quando si dicono del Creatore?

Sei dunque disposto a dare ali materiali a noi, perché non è il Creatore, ma la creatura, cioè l'uomo, a dire: Se prendessi le mie ali come una colomba. ( Sal 55,7; Sal 139,9 )

Ora, se la ragione per attribuire a quel ricco la lingua corporale è che disse: A bagnarmi la lingua, anche in noi, mentre viviamo ancora nella carne, la stessa lingua ha mani corporali, perché è stato scritto: La morte e la vita sono nelle mani della lingua 34. ( Pr 18,21 )

Penso altresì che non ti sembrerà che il peccato o sia una creatura o sia un corpo: perché dunque ha una faccia?

Non senti nel salmo: Non c'è pace per le mie ossa davanti alla faccia dei miei peccati? ( Sal 38,4 )

Indice

8 Lc 16,19-31;
Tertull., De anima 7