Contro Adimanto

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17.1 - Antitesi: sterminio dei nemici e amore come criteri di opposizione fra i due Testamenti

Sta scritto nell'Esodo: Se tu darai ascolto alla mia voce e farai quanto ti dirò, io sarò nemico dei tuoi nemici ed avversario dei tuoi avversari.

Il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l'Amorreo, il Perizzita, il Cananeo, il Gebuseo e il Gergeseo e li annienterete.

Guardatevi dall'adorare i loro dèi e dal fare le loro opere, sterminateli piuttosto e distruggete la loro memoria. ( Es 23,22-24 )

A queste parole così riportate dall'Antico Testamento, Adimanto oppone come antitetico quanto è scritto nel Vangelo, quando il Signore dice: Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che dicono male di voi, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori. ( Mt 5,44 )

A questo proposito bisogna considerare innanzitutto che dovrebbe essere sufficiente, per chi intende dimostrare che i due passi sono in contrasto, richiamare quello che si trova scritto nella vecchia Legge riguardo i nemici che bisogna uccidere.

Infatti il Signore impone di amare i nemici, riferendosi ad uomini, che possono essere convertiti alla salvezza dalla nostra pazienza e carità, ciò chiunque lo comprende ed è esemplificato molto spesso.

A quale scopo, dunque Adimanto, ha ritenuto opportuno aggiungere le parole che seguono, dove è scritto: Guardatevi dall'adorare i loro dèi e dal fare le loro opere, sterminateli piuttosto e distruggete la loro memoria, se non perché i Manichei impongono di onorare gli dèi dei Pagani?

E quel che il Signore dice nel Vangelo: Amate i vostri nemici, essi credono che riguardi non solo gli uomini, ma anche i demoni, nonché i simulacri.

Stando così le cose, chi potrebbe non riprovare una tale follia?

Se invece non hanno questa opinione, a maggior ragione Adimanto molto si è sbagliato, poiché ha voluto ribadire che nell'Antico Testamento viene prescritto di annientare le superstizioni dei Gentili, e nello stesso tempo ha voluto contrapporre come contrario quel che è scritto nel Nuovo sulla necessità di amare i nemici.

17.2 - Noi riteniamo invece che ciò che viene prescritto a quel popolo eletto nei Libri dell'Antico Testamento sulla necessità di uccidere i nemici non sia in contraddizione con questo precetto evangelico col quale il Signore ci impone di amare i nostri nemici; in effetti la prescrizione di uccidere i propri nemici si addiceva ad un popolo ancora " carnale ", al quale la Legge era stata data come pedagogo, per usare le parole dell'Apostolo. ( Gal 3,24 )

A dire il vero erano pochissimi a quei tempi ed in mezzo a quel popolo gli uomini giusti e " spirituali ", come ad esempio Mosè, come ad esempio i Profeti.

Agli ignoranti ed agli empi, che preferiscono la propria cecità, rimane incomprensibile con quale animo sterminassero i nemici e se amassero coloro che uccidevano; poiché essi non sono in grado di rendersene conto, devono essere piuttosto schiacciati col peso dell'autorità della Scrittura.

Del resto cosa dice l'Apostolo? Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore Gesù, questo individuo sia dato in balia di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore Gesù. ( 1 Cor 5,3-5 )

Cos'altro comporta infatti quell'uccisione, che costoro ingigantiscono oltre misura ed attaccano in modo malizioso, se non la " rovina della carne "?

Del resto poiché l'Apostolo ha spiegato con quale spirito egli agisse, ha messo in chiaro sufficientemente che si può punire un nemico congiungendovi la carità.

E tuttavia in questo caso la " rovina della carne " può forse intendersi anche in altro modo, vale a dire quella che si realizza attraverso la penitenza.

Gli stessi Manichei d'altronde leggono gli Apocrifi, che essi affermano essere privi di qualsiasi falsificazione, dove sta scritto che l'apostolo Tommaso maledisse l'uomo, dal quale, ignorando chi egli fosse, era stato colpito con uno schiaffo per sventatezza e che quella maledizione produsse immediatamente il suo effetto.

Infatti quando quell'uomo, che era un servitore del banchetto, uscì per attingere acqua ad una fonte, fu ucciso e dilaniato da un leone.

Affinché l'accaduto fosse reso manifesto ad ammonimento degli altri, un cane portò una sua mano sulla tavola dove banchettava l'Apostolo.

Coloro che non erano al corrente chiesero una spiegazione e fu loro data; così, mossi da grande timore e da grande rispetto nei confronti dell'Apostolo, si convertirono.

E da allora ebbe inizio la predicazione del Vangelo.

Se qualcuno volesse ritorcere contro loro stessi i morsi dei Manichei, quanto voracemente potrebbe opporre loro questa narrazione!

Poiché anche in questo caso non è tenuta nascosta l'intenzione che è alla base dell'accaduto, appare evidente l'amore di colui che si vendica.

Infatti in quel racconto si legge che l'Apostolo pregò per colui del quale si era vendicato nella vita terrena, affinché fosse perdonato nel giudizio futuro.

Se dunque all'epoca del Nuovo Testamento, nella quale viene vivamente raccomandata la carità, è stato inculcato negli uomini carnali da parte di Dio il timore delle pene visibili, come non ammettere che a maggior ragione ciò si addiceva all'epoca dell'Antico Testamento per quel popolo che il timore della Legge soggiogava come un pedagogo?

Infatti questa è molto in breve e in modo molto evidente la differenza tra i due Testamenti, il timore e l'amore: quello s'addice all'uomo vecchio, questo riguarda l'uomo nuovo; l'uno e l'altro tuttavia resi manifesti e congiunti dalla volontà misericordiosa dell'unico, solo Dio.

Nell'Antico Testamento viene tenuto nascosto il sentimento che anima coloro che castigano, perché pochissimi erano gli uomini spirituali capaci di comprendere, per rivelazione divina, le azioni che compivano, di modo che il popolo cui era utile il timore fosse dominato da una legge severissima; affinché allo stesso modo di come vedevano consegnati nelle loro mani per essere uccisi i nemici empi ed adoratori di idoli, temessero loro stessi di essere consegnati nelle mani dei loro nemici, qualora avessero disprezzato i comandamenti del vero Dio e fossero precipitati nel culto degli idoli e nelle empietà dei Pagani.

Infatti essi stessi se si fossero macchiati di simili colpe, non diversamente sarebbero stati puniti.

Tuttavia tutto questo castigo terreno terrorizza le anime deboli per ammaestrarle e nutrirle con la disciplina e preservarle dagli eterni ed inenarrabili supplizi: infatti gli uomini carnali temono maggiormente il castigo di Dio che li coglie nel presente, piuttosto che quello minacciato per il futuro.

17.3 - Dunque in colui che punisce vi può essere un atteggiamento d'amore.

Cosa che chiunque può riscontrare nei confronti del proprio figlio, represso con moltissima severità quando si lascia andare a pessimi costumi, e tanto maggiore quanto più lo ama e ritiene che in questo modo possa essere corretto.

Certamente gli uomini non arrivano ad uccidere i figli che amano, quando vogliono correggerli, perché molti ritengono questa vita un grande bene e hanno la speranza di riuscire in questa vita ad ottenere quanto essi vogliono dall'educazione dei propri figli.

Gli uomini di vera fede invece e saggi, i quali credono nell'esistenza di un'altra vita migliore, che hanno imparato a conoscere per quanto loro possibile, nemmeno loro puniscono uccidendo, quando vogliono correggere i propri figli, perché credono che sia possibile correggerli in questa vita.

Al contrario Dio che sa cosa accordare a ciascuno, punisce uccidendo chi vuole, sia tramite gli uomini sia con un piano imperscrutabile delle cose, non perché li abbia in odio in quanto sono uomini, ma in quanto sono peccatori.

Infatti nell'Antico Testamento stesso noi leggiamo rivolte a Dio queste parole: E nulla disprezzi di quanto hai creato; ( Sap 11,25 ) egli infatti dispone ogni cosa basandosi su un principio di equità sia per quanto riguarda i castighi sia per quanto riguarda i premi.

Non parla forse in questi termini l'apostolo Paolo quando si rivolge ai fedeli cristiani dicendo: L'uomo pertanto esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice.

Infatti chiunque mangia e beve in modo indegno senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

Per questo tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.

Se però noi ci esaminassimo da noi stessi, non saremmo giudicati.

Quando poi siamo giudicati veniamo ammoniti dal Signore per non essere condannati insieme con questo mondo? ( 1 Cor 11,28-32 )

È chiaro dunque che Dio corregge con amore, non solo attraverso le infermità e le malattie, ma anche con la morte temporale, coloro i quali non vuole condannare insieme al mondo.

17.4 - Costoro prestino dunque attenzione e comprendano come sia potuto accadere che dei popoli empi siano stati consegnati nelle mani di un popolo ancora carnale, ma credente in un solo Dio, per essere annientati.

In mezzo a quel popolo del resto vi erano alcuni uomini spirituali in grado di comprendere che l'azione dispensatrice di Dio non era condizionata dall'odio nei confronti di alcuno.

E comprendano che ciò non è contrario a quanto il Signore ci prescrive nel Vangelo: di amare i nostri nemici, dei quali egli stesso promette tuttavia la punizione quando mette in scena la parabola di quel giudice che, per quanto fosse iniquo, non timorato di Dio e senza rispetto per gli uomini, tuttavia non poté sopportare le quotidiane richieste di una vedova che chiedeva giustizia e le diede ascolto per non esserne ulteriormente importunato.

Attraverso questo confronto ha inteso dire che a maggior ragione Dio, il quale è misericordiosissimo e giustissimo, punisce i nemici dei propri eletti. ( Lc 18,2-8 )

I Manichei osino sollevare a Dio stesso, se possono, un'obiezione di tal fatta: come mai ci hai imposto di amare i nostri nemici e fai in modo di vendicarci di loro?

Agirà forse contro la volontà dei suoi eletti punendo e condannando coloro che essi amano?

Si convertano piuttosto essi stessi da questa calunniosa cecità a Dio e rintraccino in entrambi i Testamenti la sua volontà, per non essere sorpresi a sinistra tra coloro ai quali il Signore dirà: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo ed i suoi angeli.

Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ( Mt 25,41-42 ) etc.

Dispiace infatti a questi meschini che Dio abbia consegnato al suo popolo dei nemici da sterminare; e loro stessi proibiscono che si dia del pane ad un mendicante, non solo non ostile, ma anche supplichevole.

Si rendano conto piuttosto che vi può essere una punizione priva di odio, che pochi comprendono; di conseguenza quanto a lungo non si comprende tanto a lungo è necessario che un lettore dei due Testamenti si dibatta tra grande fatica o errore ed arrivi a pensare che vi siano contraddizioni in seno alle Scritture.

17.5 - Questa punizione priva di odio non avevano compreso ancora neanche gli Apostoli quando, adirati contro coloro dai quali non avevano ricevuto ospitalità, chiesero al Signore se voleva che invocassero, come aveva fatto Elia, un fuoco dal cielo per consumare quegli uomini inospitali.

Ma il Signore rispose loro che non sapevano di quale spirito fossero figli e che egli era venuto per liberare non per mandare in rovina, ( Lc 9,53-56 ) mentre loro con animo pieno d'odio bramavano mandare in rovina coloro che volevano venissero consumati dal fuoco.

Successivamente quando furono pieni di Spirito Santo e diventarono perfetti tanto da potere amare anche i nemici, ricevettero il potere di punire, poiché ormai erano in grado di vendicarsi senza odio.

Di questo potere si servì l'apostolo Pietro in quel libro che costoro non accettano, perché con chiarezza proclama la venuta del Paracleto, cioè dello Spirito Santo consolatore, che il Signore inviò per coloro che piangevano, quando salì in cielo sottraendosi ai loro occhi.

Un consolatore viene inviato infatti per gli afflitti, secondo l'affermazione del Signore stesso: Beati gli afflitti, perché saranno consolati. ( Mt 5,5 )

Egli afferma inoltre: Allora i figli dello sposo piangeranno, quando sarà loro tolto lo sposo. ( Mt 9,15 )

In quel libro dunque, dove si dice in maniera chiarissima che lo Spirito Santo, promesso dal Signore come consolatore, era venuto, ( At 2,4 ) leggiamo che degli uomini stramazzarono ad una frase di Pietro e che un marito ed una moglie, i quali avevano osato mentire allo Spirito Santo, morirono. ( At 5,1-10 )

Costoro disprezzano tutto ciò, presi da grande cecità, mentre tengono in grande considerazione ciò che leggono nei testi apocrifi, sia quanto ho già avuto modo di menzionare a proposito dell'apostolo Tommaso, sia quanto viene raccontato della figlia dello stesso Pietro resa paralitica dalle preghiere del padre, sia della figlia di un giardiniere che morì per la preghiera dello stesso Pietro.

Ribattono che quanto accaduto era per esse vantaggioso, per essere l'una guarita dalla paralisi e affinché l'altra morisse; comunque non negano che ogni cosa avvenne per le preghiere dell'apostolo.

Chi ha mai detto loro che non fosse vantaggioso per quei popoli empi essere sterminati, quei popoli di cui, beffardi, fingono di meravigliarsi che Dio li abbia consegnati nelle mani del popolo giudaico?

Dato che gli Apostoli agirono non spinti dall'odio, ma da benevolenza, per quale motivo costoro cercano di dimostrare che gli uomini spirituali presenti in mezzo a quel popolo odiassero coloro che veniva loro imposto dalla giustizia di Dio di privare della vita terrena?

Tengano a freno piuttosto la loro temerarietà e non ingannino gli inesperti, che non hanno il tempo o la voglia di leggere o leggono con una cattiva disposizione d'animo, e non si rendono conto di come in entrambi i Testamenti risaltino sia la misericordia sia la severità di Dio.

Infatti a proposito dell'amore verso il nemico e alla necessità di non ricambiare il male con il male, si legge nell'Antico Testamento: Signore mio Dio, se così ho agito, se c'è iniquità sulle mie mani.

Se ho ripagato con il male chi mi ricompensava, giustamente sia io dilaniato dai miei nemici. ( Sal 7,4-5 )

Chi mai potrebbe esprimersi con tali parole, se non chi è consapevole che a Dio è gradito che nessuno renda il male per il male?

È proprio degli uomini perfetti non odiare nei peccatori nient'altro che i loro peccati ed amare invece gli uomini in quanto tali; quando essi si vendicano non lo fanno con la crudeltà della propria ira, ma con la moderazione della giustizia, affinché la liberazione stessa dal peccato non nuoccia al peccatore più della vendetta punitiva.

Tuttavia gli uomini giusti hanno agito così per comando di Dio, e non si creda che sia permesso a chiunque uccidere a casaccio chi egli voglia, o perseguitarlo arbitrariamente, o infliggere castighi al primo venuto.

Del resto nelle Scritture talvolta è chiaramente indicato il comando di Dio, qualche altra volta invece è tenuto nascosto, di modo che il lettore sia istruito da ciò che è chiaro e sia sollecitato da ciò che è di difficile comprensione.

17.6 - È fuor di dubbio che Davide ricevette in suo potere per farne quel che voleva il re Saul, suo nemico e persecutore, estremamente ingrato ed estremamente ostile.

Ma scelse di perdonarlo piuttosto che ucciderlo.

Non gli era stato infatti ordinato di uccidere, ma neanche gli era stato proibito, anzi per ispirazione di Dio aveva intuito di poter agire impunemente e a proprio piacimento contro il nemico: tuttavia egli mutò in mitezza un così grande potere. ( 1 Sam 24,3-8; 1 Sam 26,8-12 )

Mi si dica di chi ebbe timore quando decise di non ucciderlo!

Non possiamo certo dire che egli avesse timore dell'uomo che aveva in suo potere, e neanche di Dio che glielo aveva consegnato.

Non fu dunque la difficoltà di ucciderlo, né fu il timore, fu l'amore che risparmiò il nemico.

Così Davide, combattente di fama, adempì il precetto, datoci da Cristo, di amare i nemici.

Volesse il cielo che costoro imitassero un tale comportamento, essi che hanno piegato il sentimento umano di misericordia a non so quali crudeli follie!

Poiché infatti credono che il pane piange - cosa che non può accadere - non lo offrono ad un uomo che vedono piangere.

Forse diranno, come sono soliti fare gli sconsiderati che dibattono sbraitando in modo insensato, che Davide, il quale risparmiò il nemico, fu migliore di Dio che gli aveva concesso la facoltà di ucciderlo: come se Dio non sapesse a chi aveva dato questo potere.

Conosceva bene la volontà del suo servo, ma affinché fosse fatto conoscere, per essere imitato, agli altri uomini quel sentimento d'amore verso il nemico che era presente nel cuore di Davide ed era ben noto a Dio, diede alla sua mercé il nemico, che non voleva fosse ancora ucciso, a motivo di un determinato svolgimento delle cose, che era necessario si realizzasse per mezzo suo.

Così e la bontà di Davide fu messa in risalto, perché gli uomini avessero un esempio da amare, e la malvagità del re Saul ebbe in seguito una morte più confacente, perché gli uomini avessero un esempio da temere.

18.1 - Antitesi: possesso dei beni terreni e rinuncia evangelica

Sta scritto nel Deuteronomio: Se darai ascolto alla voce del Signore tuo Dio, sarai benedetto nella tua città, sarai benedetto nella tua campagna, sarà benedetto il frutto del tuo ventre e il frutto del tuo suolo, e i parti delle tue giumente e delle tue vacche e il gregge delle tue pecore; sarai benedetto quando entri e quando esci. ( Dt 28, 1. 3-4.6 )

Dicono i Manichei che a questo passo si contrapponga quello del Vangelo: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?

O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? ( Mt 16, 24.26 )

Ma che non vi sia antinomia è dimostrato da quella regola, in base alla quale dovrebbe ormai essere risaputo che ad un popolo ancora carnale opportunamente furono promesse ricompense carnali e temporali, tuttavia da quello stesso unico Dio artefice di ogni creatura, superiore ed inferiore.

È fuor di dubbio infatti che Adimanto stesso ha ricavato la sua prova dal Vangelo, dove il Signore dice: Non giurate né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi. ( Mt 5,35 )

Cosa che si trova scritta invero anche nell'Antico Testamento: Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. ( Is 66,1 )

Cosa c'è di strano quindi se il Signore concede i benefici del suo trono a chi lo serve spiritualmente e i benefici dello sgabello dei suoi piedi a chi lo serve carnalmente, dal momento che lo spirito è superiore e la carne inferiore, allo stesso modo di come sono elevate le cose celesti e più basse quelle terrestri?

Quantunque tutti quei termini, vale a dire " città ", " campagna ", " frutto del ventre ", " frutto del suolo ", e " delle giumente ", e " delle vacche " e " gregge di pecore " si possano interpretare anche spiritualmente.

Ma trattare ora di ciò non è pertinente all'argomento.

Del resto nel Nuovo Testamento stesso, i cui benefici ed eredità riguardano l'uomo nuovo, il Signore promette a quegli stessi che egli desidera disprezzino i beni temporali, affinché lo servano nello spirito del Vangelo, la moltiplicazione dei beni stessi in questo secolo, dicendo che riceveranno cento volte tanto in questo secolo e la vita eterna poi nel secolo a venire, ( Mt 19,29 ) come anche si afferma nell'Antico Testamento: All'uomo fedele appartiene ogni mondo di ricchezza. ( Pr 17,16 )

Per questo motivo l'Apostolo afferma pieno di esultanza: siamo gente che non ha quasi nulla e invece possediamo tutto. ( 2 Cor 6,10 )

Se dunque nel Nuovo Testamento, oltre al possesso dei beni eterni che viene promesso ai santi, non viene negata anche la moltiplicazione di questi beni che sono passeggeri ed è tanto più grande quanto più viene disprezzato il loro possesso, forse che non dovettero a maggior ragione essere tali le ricompense del popolo carnale nell'Antico Testamento, pur essendo l'unico e vero Dio, reggitore del tempo, a regolare e governare ogni cosa secondo le circostanze?

18.2 - Ma perché non credano i Manichei che questi beni siano disprezzati solamente nei libri del Nuovo Testamento, ascoltino il profeta che respinge un tale tipo di felicità ed inneggia a Dio Signore quale unico rifugio.

Infatti così dice: Salvami dalla spada iniqua, liberami dalla mano degli stranieri, la cui bocca pronuncia vanità e la cui destra è destra di iniquità.

I loro figli sono come piante novelle consolidate nella loro giovinezza. Le loro figlie sono abbellite ed adornate come un tempio.

Le loro dispense sono piene, traboccanti. Le loro pecore sono feconde e quando escono fuori sono moltiplicate.

Le loro vacche sono grasse. Non vi è alcuna breccia, alcuna apertura nel loro muro di cinta, nessun clamore nelle loro piazze.

Beato il popolo che possiede questi beni, beato il popolo di cui Dio è il Signore. ( Sal 144,11-15 )

Considerino dunque come questo tipo di felicità venga irrisa tra uomini empi e come ogni tipo di beatitudine poggi in modo stabile solamente in Dio.

Dicono infatti che è beato il popolo che possiede questi beni, ma in realtà è beato il popolo di cui Dio è il Signore.

Hanno ritenuto contrario a questo passo dell'Antico Testamento quanto afferma il Signore: Chi si vergognerà di me o delle mie parole in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo e nella lode dei suoi santi angeli. ( Mc 8,38 )

Non vedo cosa c'entri con il disprezzo dei beni temporali.

Ammesso che c'entri qualcosa, per il fatto che qualcuno si vergogni o tema di confessare la propria fede in Cristo, atterrito di perdere tali cose, cosa hanno da ridire i Manichei?

Anche noi riteniamo che i beni temporali siano doni di Dio, tali tuttavia da essere all'ultimo posto e che a confronto con la professione di fede foriera di salvezza debbano essere non solo perduti, ma addirittura respinti; in ogni caso riteniamo che sono stati promessi utilmente da Dio Signore agli uomini carnali amanti di essi e non ancora capaci di appropriarsi delle promesse celesti, affinché non li chiedessero agli idoli o ai demoni.

19.1 - Antitesi: ricchezza e povertà

È scritto nella Legge: Sono io che do le ricchezze ai miei amici e la povertà ai miei nemici.

A questa affermazione contrappongono i Manichei quanto il Signore dice: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli; ( Mt 5,3 ) e ancora: Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. ( Lc 6,24 )

Come mai però non prestano attenzione ad altre affermazioni del Vangelo?

Dove sta scritto infatti: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli, proprio lì prosegue: Beati i miti perché erediteranno la terra.

Ecco ora sanno come gli amici di Dio diventano ricchi con l'eredità della terra.

Da come invece quel ricco è ridotto a tanta povertà, da implorare che il povero ch'egli aveva disprezzato gli bagni la lingua in fiamme dopo avere intinto nell'acqua la punta del dito, ( Lc 16,24 ) comprendano in che modo diventano poveri i nemici di Dio e capiscano il significato di ciò che è scritto nella Legge: Sono io che do le ricchezze ai miei amici e la povertà ai miei nemici.

19.2 - Che queste ricchezze temporali siano disprezzate anche nell'Antico Testamento, l'ho dimostrato prima e chi abbia voglia di leggerli troverà innumerevoli passi.

Ne è un esempio quel passo: Il poco del giusto è cosa migliore delle molte ricchezze dei peccatori. ( Sal 37,16 )

E l'altro: La legge della tua bocca è per me una ricchezza maggiore di mille pezzi d'oro e d'argento. ( Sal 119,72 )

E l'altro ancora: I giudizi di Dio sono in sé giusti, desiderabili più dell'oro e di pietre molto preziose. ( Sal 19,10 )

E pure quell'altro: Beato l'uomo che ha trovato la sapienza e il mortale che ha acquistato la prudenza.

È meglio infatti acquistare questa che tesori d'oro e d'argento.

Essa è più preziosa delle pietre, non le resiste alcuna malvagità; è ben nota a tutti coloro che le si avvicinano e a coloro che la considerano con diligenza.

Ogni prezioso non è degno di lei. ( Pr 3,13-15 )

Nonché quell'altro passo: Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito della sapienza.

La anteposi a regni e troni, e al suo confronto stimai un nulla la ricchezza.

Non le paragonai neppure una pietra preziosa: poiché al suo confronto tutto l'oro è minuscola sabbia e rispetto ad essa l'argento sarà valutato come fango. ( Sap 7,7-9 )

Se leggessero questi passi e li leggessero in modo non sacrilego, vedrebbero che entrambi i Testamenti concordano e danno un ordine graduale per desiderare e fuggire, per prendere e lasciare tutti i beni temporali.

20.1 - Antitesi: le promesse del Creatore e l'annuncio evangelico

Sta scritto nella Legge: Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi, io vi darò le piogge alla loro stagione, la terra darà i suoi prodotti e gli alberi i loro frutti.

Alla mietitura seguirà la vendemmia e alla vendemmia la semina: avrete di che saziarvi e starete in pace nel vostro paese; andrete a dormire e nessuno vi incuterà timore, farò sparire dal vostro paese ogni genere di belva e inseguirete i vostri nemici che cadranno davanti a voi colpiti di spada.

Cinque di voi ne inseguiranno cento e cento di voi ne inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada.

Verrò e vi darò la mia benedizione, vi moltiplicherò e metterò ordine tra voi.

Mangerete del vecchio raccolto serbato a lungo e dovrete metter via il raccolto vecchio per far posto al nuovo. ( Lv 26,3-10 )

A questo punto non è necessario che qualcuno ci chieda di mostrare quanto opportunamente Dio abbia promesso a quel popolo tali cose.

Infatti molto abbiamo detto a questo riguardo ed è certo troppo ottuso chi pensa che sia insufficiente.

Tuttavia i Manichei affermano che sia in contrasto con questo, quel passo del Nuovo Testamento dove il Signore dice: Non procuratevi oro, né argento, né monete di rame nelle vostre cinture; non bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento: ( Mt 10,9-10 ) cosa c'è di strano che abbia dato questi suggerimenti ai suoi evangelisti?

Forse era il popolo giudaico ad essere chiamato a questo ministero?

Tuttavia bisogna penetrare a fondo ogni cosa in senso spirituale, affinché non sembri agli uomini empi che il Signore abbia operato in senso contrario ai propri precetti, lui che aveva anche un piccolo scrigno dove veniva portato il denaro per le necessità del vitto. ( Gv 12,6 )

Forse obietteranno i Manichei che avere del denaro nella cintura è peccato, non lo è invece averlo in un piccolo scrigno.

Del resto che ciò non fosse imposto, ma permesso agli Apostoli lo si evince dal fatto che l'apostolo Paolo si procurava il vitto lavorando con le proprie mani, non facendo uso - come egli stesso dice - di quel potere che il Signore diede agli evangelisti. ( At 18,3; 1 Cor 4,12; 1 Ts 2,9; 2 Ts 1,8-9 )

Infatti ciò che è permesso dal Signore, è lecito anche non farlo, è peccato invece non fare quanto viene ordinato.

20.2 - A questo passo aggiungono anche quanto Dio disse di quel ricco: Stolto, questa notte stessa ti richiederò la tua anima; e quello che hai preparato di chi sarà? ( Lc 12,20 )

Dicono che non sia contrastante in minor misura con quello della Legge, poiché viene derisa la vanità dell'inutile contentezza del ricco che riteneva certo quel che era imprevedibile.

Al contrario l'onnipotenza di colui che faceva la promessa, rendeva certa per il popolo d'Israele la promessa stessa.

Per questo motivo l'apostolo Paolo scrivendo a Timoteo a proposito dei ricchi di questo mondo, che egli sapeva bene avessero un proprio posto tra i membri della Chiesa, così si esprime: Ai ricchi di questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente che tutto ci dà con abbondanza, perché ne possiamo godere, di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera. ( 1 Tm 6,17-19 )

A questo punto chi potrebbe non comprendere che non costituisce peccato il possedere tali beni, ma amarli e riporre in essi la propria speranza e anteporli o solamente paragonarli alla verità, alla giustizia, alla saggezza, alla fede, alla buona coscienza, all'amore verso Dio e verso il prossimo, tutti meriti per i quali un'anima devota è ricca di per sé agli occhi di Dio?

Ma per volere bene a Dio, il quale dispensa tutte queste ricchezze invisibili ed eterne a chi lo ama, il quale, in altre parole, tramite esse si dona pienamente ai propri fedeli, per volergli bene - dicevo - anche in quei frangenti in cui l'anima carnale, cioè trascinata dalle passioni carnali, è capace di desiderare solamente i beni temporali, è necessario che questa si convinca che è Dio che li dà all'uomo, poiché è vero, ed è molto vantaggioso crederlo.

È quanto è stato fatto al popolo d'Israele per mezzo di quelle promesse, che i poveri Manichei deridono con molta ignoranza, affinché si abituasse ad amare Dio, per quanto potesse, anche in cose di poco conto, sebbene agisse maggiormente in questa circostanza il timore.

D'altra parte tutti questi beni temporali prefigurano i doni eterni e la vittoria sui nemici simboleggia la vittoria sul diavolo ed i suoi angeli.

20.3 - Per quanto riguarda quel passo che hanno ulteriormente aggiunto come contrario all'Antico Testamento, quello dove l'Apostolo afferma che a Dio non piacciono la battaglia ed il disaccordo, ma la pace, ( 1 Cor 14,33 ) sappiano i Manichei che nelle Scritture si parla di un Dio al quale nessuno può sottrarre la propria pace, non quale essi stessi lo presentano, un Dio il quale, temendo che la guerra potesse invadere il suo territorio, ha mandato lontano le sue membra per sopportare guerre a loro estranee e che dopo, una volta vinte e contaminate, non si sarebbero potute liberare e purificare.

A dire il vero nella natura umana, che a causa del peccato è precipitata tra le cose inferiori, Dio ama tanto la pace da non trascurare però l'equanimità della giustizia e non vuole che la pace che egli ama venga calpestata dai peccatori, ma vuole che sia amata dai combattenti, che sia conseguita dai vincitori; egli promette i benefici in senso figurato agli uomini carnali, li manifesta in modo chiaro agli spirituali.

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