Contro Giuliano

Indice

Libro V

4.14 - Gli eletti sono i chiamati secondo il proposito

"L'Apostolo ha detto - tu scrivi - che la bontà di Dio ti spinge al pentimento". È vero e lo possiamo constatare.

Spinge al pentimento, però, colui che ha predestinato, anche se questi, per quanto attiene a lui, con la sua ostinatezza ed il suo cuore impenitente, accumuli sul suo corpo l'ira per il giorno dell'ira, quando si manifesterà il giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere. ( Rm 2,4-6 )

Per quanta pazienza si possa mostrare, chi mai potrà fare penitenza, se Dio non lo concede?

Hai forse dimenticato quello che lo stesso Dottore ha detto: … Nel caso che Dio conceda loro di convertirsi alla perfetta conoscenza della verità e rinsavire lontano dal laccio del diavolo …? ( 2 Tm 2,25-26 )

Ma il suo giudizio è come il grande abisso.

Qualora noi permettessimo che chi dipende da noi commetta dei delitti in nostra presenza, saremmo di certo responsabili insieme a lui.

Eppure, quanti delitti Dio permette che avvengano sotto i suoi occhi, che in nessuna maniera permetterebbe se non lo volesse?

È giusto tuttavia ed è buono.

Poiché egli porta pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti si volgano a penitenza, ( 2 Pt 3,9 ) il Signore conosce chi sono suoi, ( 2 Tm 2,19 ) e fa cooperare tutto al bene di coloro che sono stati eletti secondo il suo eterno disegno.

Non tutti quelli che sono stati chiamati, infatti, lo sono stati secondo il suo disegno.

Molti sono i chiamati, pochi gli eletti. ( Mt 22,14 )

Gli eletti, dunque, sono stati chiamati secondo il suo disegno.

Per questo l'Apostolo scrive: Egli ci salvò e ci chiamò con una vocazione santa, non in considerazione delle opere nostre, ma conformemente ad un suo piano di grazia, preparato per noi in Cristo Gesù avanti i tempi eterni. ( 2 Tm 1,8-9 )

Ed infine, dopo aver detto: Dio fa cooperare tutto al bene di coloro che sono stati eletti secondo il suo eterno disegno, continua: Poiché quelli che egli conobbe in antecedenza li ha predestinati a riprodurre l'immagine del Figlio suo onde egli sia primogenito tra un gran numero di fratelli: e quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha altresì glorificati.( Rm 8,28-30 )

Tutti costoro sono stati chiamati secondo il disegno di Dio.

Sono stati dunque eletti prima della fondazione del mondo ( Ef 1,4 ) da Colui che chiama all'esistenza ciò che non esiste. ( Rm 4,17 )

Sono stati scelti, ma conformemente ad un suo piano di grazia.

Per questo motivo anche di Israele lo stesso Dottore scrive: Un resto eletto per grazia. ( Rm 11,5 )

E affinché non si creda che sono stati scelti prima della fondazione del mondo, in previsione delle loro opere, l'Apostolo aggiunge: E se lo è per grazia, non lo è allora in base alle opere: altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. ( Rm 11,6 )

Tra questi eletti e predestinati anche quelli che hanno menato una vita pessima, sono indotti alla penitenza dalla misericordia di Dio, per la cui pazienza non è stato ad essi impedito in questa vita di commettere il male affinché a loro ed ai loro coeredi fosse chiaro da quale profondo abisso di male la grazia di Dio possa liberare.

In qualsiasi età morirà, nessuno di loro perirà.

È impossibile infatti che uno di questi predestinati possa finire la sua vita senza il sacramento del Mediatore.

Proprio per essi il Signore ha detto: La volontà di colui che mi ha mandato è che io non perda nulla di quanto mi ha dato. ( Gv 6,39 )

Gli altri mortali invece, che non sono di questo numero e che provengono dalla stessa massa donde provengono costoro, ma sono diventati vasi d'ira, nascono per la loro utilità.

Dio infatti non crea nessuno di essi alla cieca o per caso e neppure ignora il bene che può ricavarne, dal momento che già opera in essi un bene creando la natura umana ed adornandone il mondo presente.

Non spinge nessuno di essi alla penitenza salutare e spirituale, per la quale l'uomo in Cristo si riconcilia a Dio, in rapporto alla costanza più o meno sufficiente data ad essi.

Benché tutti provengano dalla stessa massa di perdizione e di condanna e, con la loro ostinatezza ed il loro cuore impenitente, accumulano sul loro capo l'ira per il giorno dell'ira, quando sarà reso a ciascuno secondo le sue opere.

Dio, per la sua misericordiosa bontà, spinge alcuni alla penitenza, mentre gli altri, secondo la sua giusta determinazione, non li spinge.

Ha, infatti, il potere di spingere ed attrarre, avendo il Signore stesso affermato: Nessuno può venire a me se il Padre non lo abbia attratto. ( Gv 6,44 )

Non ha forse spinto alla penitenza il re Achab, sacrilego ed empio, o, per lo meno, non ha donato pazienza e longanimità al re già sedotto ed ingannato ad opera di uno spirito falso?

In lui, forse, dopo essere stato sedotto non ha trovato immediato compimento la sentenza con la morte? ( 1 Re 22 )

Chi può dire che non ha peccato prestando fede ad uno spirito menzognero?

Chi può dire che questo peccato non è stato la pena del peccato derivante dal giudizio di Dio, che per porlo in atto ha scelto uno spirito malvagio, mandandolo o lasciandolo libero di agire?

Chi può dire qualcosa del genere, se non chi dice quello che vuole e si rifiuta di ascoltare il vero?

4.15 - Dio permette il male per i suoi giusti fini

È possibile mai che qualcuno, ascoltando le parole del Salmo: Non abbandonarmi, o Signore, a come mi desidera il malvagio, ( Sal 140,9 ) possa essere talmente insensato da dire che l'uomo chiede a Dio di non essere paziente con lui, dal momento che "Dio non abbandona l'uomo al compimento del male, se non dimostrando una paziente bontà quando lo commette"?

Che vogliamo dire con le parole che diciamo ogni giorno: Non indurci in tentazione, ( Mt 6,13 ) se non che non siamo abbandonati alle nostre passioni?

Ciascuno invece è tentato dalla propria concupiscenza, adescato e sedotto. ( Gc 1,14 )

Chiediamo forse a Dio che la sua bontà non sia paziente con noi?

Non invochiamo dunque la sua misericordia, ma provochiamo la sua ira.

Quale persona sana può pensare tali cose? Quale pazzo, anzi, può dire cose del genere?

Dio dunque abbandona alle passioni dell'ignominia perché si facciano cose sconvenienti.

Egli però abbandona secondo una convenienza: gli stessi peccati sono pena dei peccati passati e sono meritevoli di pene future.

Così è stato abbandonato Achab alla menzogna dei falsi profeti e Roboamo al falso consiglio. ( 1 Re 12 )

Per vie meravigliose e ineffabili compie tutto questo chi conosce che i suoi giusti disegni operano non solo nel corpo, ma anche nell'anima dell'uomo.

Non rende cattive le volontà, ma si serve di esse come vuole, giacché non può volere nulla d'iniquo.

Esaudisce quando è benevolo e non esaudisce quando è adirato, o viceversa esaudisce quando è adirato e non esaudisce quando è benevolo.

Perdona quando è benevolo e non perdona quando è adirato, o viceversa perdona quando è adirato e non perdona quando è benevolo.

E in tutto rimane sempre giusto e buono.

Chi è all'altezza di questo compito? ( 2 Cor 2,16 )

Quale uomo, appesantito dal peso del corpo corruttibile, può avere la capacità di comprendere i suoi imperscrutabili ed impenetrabili disegni, anche se è in possesso del pegno dello Spirito Santo?

4.16 - La concupiscenza è un disordine perché la parte inferiore dell'uomo lotta contro la parte superiore

Da uomo intelligente ed acuto dichiari che "la libidine è giusta ed è degna di lode, se con la sua ribellione punisce chi si è ribellato a Dio".

Se riflettessi con maggior prudenza, ti renderesti subito conto che è male ciò per cui la parte inferiore dell'uomo è in contrasto con quella superiore e migliore.

L'iniquo tuttavia è giustamente punito dal male della sua carne, così come il re cattivo è stato punito dalla cattiveria dello spirito maligno.

O pensi di lodare anche lo stesso spirito maligno? Orsù, coraggio! Cosa aspetti?

Quale nemico della gratuita bontà di Dio, ti si addice essere il lodatore dello spirito della menzogna.

Non farai fatica a trovare cosa dire.

Hai già pronte le sue lodi: basta applicare a lui le parole usate per lodare la libidine, parole che, a tuo dire, sono conseguenze della mia opinione secondo la quale è "ingiusto che chi aveva disobbedito al suo Signore, trovasse obbedienza nel suo schiavo, vale a dire, nel suo corpo".5

Negandola e deridendola come falsa, hai voluto come dimostrare l'assurdità che ne seguiva: se è così, sarebbe da lodare la libidine quale vendicatrice del peccato.

Non potrai certo negare che lo spirito maligno, portando con l'inganno la morte all'empio re come egli meritava, è stato il vendicatore dell'iniquità.

Lo ripeto anche qui; era ingiusto che, chi non aveva creduto al Dio vero, non fosse ingannato dal falso.

Loda dunque la giustizia di questa falsità e ripeti quello che hai detto a lode della libidine: "Nulla può essere più lodevole del castigare la cattiveria del male commesso e del vendicare l'offesa fatta a Dio, poiché in tal modo, per assumere l'ufficio del vendicatore, non ha avuto contatto con il peccato".

Secondo la tua acutissima visione, tutte queste cose sono dette giustamente in lode di quello spirito immondo.

In questa controversia dunque, non ti resta che lodare lo spirito della menzogna o smettere di lodare la libidine recalcitrante.

4.17 - La questione dell'anima

Perché ti rifugi nella oscurissima questione dell'anima?

Nel paradiso, in verità, dall'anima ha cominciato ad innalzarsi la superbia e da essa è derivato il consenso alla trasgressione del comando per cui il serpente disse: Diventerete come dèi. ( Gen 3,5 )

Quel peccato l'ha commesso tutto l'uomo.

La carne allora è divenuta carne di peccato e i suoi vizi sono sanati soltanto dalla somiglianza della carne del peccato.

L'anima ed il corpo di chi nasce saranno puniti insieme entrambi, a meno che non si ottenga la purificazione con la seconda nascita.

Pertanto essi o derivano dall'uomo entrambi viziati, oppure l'una si corrompe nell'altro come in un vaso viziato, dove è racchiusa l'occulta giustizia della legge divina.

Quale delle due possibilità sia la vera, vorrei apprenderla anziché insegnarla, affinché non corra il rischio d'insegnare una cosa che non so.

Tuttavia so con certezza che delle due sarà vera quella che la fede vera, antica e cattolica, che crede e professa il peccato originale, non mi avrà dimostrato falsa.

Non si neghi questa fede; ciò che non sappiamo dell'anima, lo possiamo apprendere dalla riflessione, oppure lo possiamo tranquillamente ignorare come tante altre cose in questa vita senza detrimento alcuno per la salvezza.

Nei grandi e nei piccoli è necessario curare maggiormente con quale aiuto l'anima si possa salvare anziché per quale motivo sia stata viziata.

Se si negherà che è stata viziata, non sarà neppure sanata.

4.18 - La stoltezza, causa del male

Non sono riuscito ad immaginare perché citando le parole dell'Apostolo: Ed il loro cuore insensato si offuscò, ( Rm 1,21 ) hai aggiunto: "Si noti come egli dichiari l'insipienza causa di tutti i mali".

Non è abbastanza chiaro che l'Apostolo abbia inteso dire questo.

Ma non contesto: dimmi piuttosto perché tu l'hai detto.

Forse perché a torto i bambini sono detti insipienti, dal momento che non possono ancora essere partecipi della sapienza e, per questo motivo, vuoi far credere che in essi non c'è alcun male, come sarebbe logico, se davvero l'insipienza fosse causa di tutti i mali?

Occorrerebbe una disputa sottilissima e limatissima per sapere se i primi uomini siano stati resi superbi dall'insipienza o insipienti dalla superbia, ma, per quanto riguarda la questione che si agita tra di noi, chi ignora che fra tutti gli uomini, chiunque diventi sapiente, lo diventa dalla insipienza?

A meno che qualcuno dei messaggeri del Mediatore per una sua grande ed insolita grazia, sia potuto passare alla sapienza direttamente dall'infanzia e non dall'insipienza.

Qualora però voi sostenete che ciò possa avvenire per natura senza la fede nel Mediatore, state spandendo l'occulto veleno della vostra eresia.

È chiaro infatti che vi adoperate tanto per difendere e lodare solo la natura per dimostrare che Cristo è morto inutilmente, ( Gal 2,21 ) mentre noi affermiamo che la fede in lui operante per mezzo della carità ( Gal 5,6 ) viene in aiuto anche a coloro che sono insipienti per natura.

Ci sono infatti di quelli che nascono con tanta ottusità da rassomigliare più agli animali che agli uomini.

Per spiegare la loro grande ottusità, che in essi sembra connaturale, negando il peccato originale, non potete trovare alcun demerito.

Attraverso l'umana esperienza chi non riesce quotidianamente a constatare che il fanciullo dapprima non sa nulla, e man mano, con la crescita, comincia a conoscere cose inutili per giungere, se è del numero dei sapienti, alla retta conoscenza delle cose, arrivando in tal modo dalla infanzia alla sapienza attraverso l'insipienza?

Proprio per questo voi vedete che nei bambini la natura umana a cui, quasi fosse sana, con le vostre lodi negate il Salvatore, prima produce il frutto dell'insipienza e poi quello della sapienza, ma non volete vedere il difetto della sua origine, o, il che è peggio, lo vedete e lo negate.

5.19 - Agostino accusato di contraddizione

Dopo aver citato altre mie parole, calunniandomi scrivi che mi contraddico perché da una parte affermo che "l'uomo ribelle è stato ripagato con un corpo ribelle e dall'altra dichiaro che alcune membra del corpo, espressamente nominate, sono al pieno servizio della nostra volontà".6

Sì, l'ho detto. Escludevo però i genitali, che io chiamavo col nome di corpo. Il corpo obbedisce alla volontà nel movimento delle altre membra, mentre non obbedisce nel movimento dei genitali.

Le mie parole pertanto non sono contraddittorie, quantunque debbano tollerare te contrario o perché non comprendi o perché non lasci che gli altri comprendano.

Se una parte del corpo non potesse essere chiamata col nome di corpo, l'Apostolo non avrebbe detto: La moglie non può liberamente disporre del proprio corpo, ma il marito; e parimenti neanche il marito può disporre del proprio corpo, ma la moglie. ( 1 Cor 7,4 )

Evidentemente egli chiama col nome di corpo le membra che distinguono il sesso e con le quali si attua l'unione.

Chi può mai dire che l'uomo non può disporre del suo corpo, se nelle parole dell'Apostolo tu intendi tutto il corpo formato da tutte le membra?

Per questo anch'io, al pari dell'Apostolo, ho chiamato col nome di corpo i soli genitali, che il senso comune sa bene di poter muovere non liberamente come il piede o la mano, ma dietro la spinta della libidine.

Proprio questo senso comune ride di te, che, spargendo sconvenienti nebulosità in cose manifeste, fai in modo che la necessità c'induca a parlare più a lungo di queste cose vergognose, mentre la rettitudine c'indurrebbe ad usare circonlocuzioni.

Chi legge le mie parole che hai cercato di confutare, vede la tua insidia e capisce molto bene cosa intendevo dire nel passo in questione, e questo mi basta.

5.20 - Contraddizioni di Giuliano

Tu però, che hai detto che io mi contraddico nelle mie parole - che sia del tutto falso lo vedrà chiunque, dopo aver ascoltato te, le rileggerà e richiamerà alla mente che l'Apostolo ha chiamato col nome di corpo i soli genitali -, tu dunque, che hai accusato di contraddizione le mie parole e mi hai offeso, dimmi come puoi restare coerente senza contraddirti, dal momento che dapprima hai scritto: "Quando si arriva al momento della seminazione dei figli, le membra create a questo scopo si sottomettono al cenno della volontà, e, a meno che altri impedimenti derivanti da malattia o intemperanza non lo impediscano, obbediscono al comando dello spirito"; e più tardi invece: "Questo genere di movimento, che deve essere incluso tra i molti il cui ordine e la cui disposizione sono ignoti, non richiede il comando ma solo il consenso della volontà".

In parte ti sei arreso alla evidenza della verità, ma sei stato costretto ad annullare quanto avevi detto prima.

Come è possibile, infatti, che le membra di cui parliamo, secondo la tua prima affermazione, "si sottomettono al cenno della volontà e obbediscono allo spirito", se poi, secondo la tua seconda affermazione, esse "al pari della fame, della sete, della digestione, richiedono non il comando ma il consenso della volontà"?

Ti sei molto affaticato a cercare queste parole, che vanno più contro di te che contro di me: che se avessi avuto un po' di pudore, non ti sarebbe stata necessaria alcuna fatica in questo problema.

Che giova dichiarare di "vergognarti e di avere quasi orrore di parlare di tali cose ma di esserne costretto dalla necessità", se poi non hai rossore di lasciare scritta una tua affermazione contro cui tu stesso, turbato dall'evidenza della verità, immediatamente dopo hai proferito una contraria?

Per la verità il solo accenno alla tua vergogna è già di per se stesso spudorato.

Mi piace, però, perché parla contro di te.

Sei uno, infatti, che non arrossisce nel lodare la libidine, e dichiara di arrossire nel disputare sui movimenti della libidine!

5.21 - La volontà e il movimento delle membra

Cosa c'era di così grande da capire se, dopo aver affermato: "Il corpo ha in suo potere muovere le membra", ho aggiunto "purché esso sia sano e libero da altri impedimenti"?

Il sonno, infatti, quando contro voglia ci opprime, e la stanchezza sono per davvero impedimenti che ostacolano l'agilità delle membra.

Tu dici: "Le membra non potrebbero seguire il nostro volere se la loro attitudine non lo consentisse".

Evidentemente, nel dire questo, non hai notato che in precedenza avevo per l'appunto detto: "per essere mosse ad azioni a sé consentanee ".

È naturale quindi che, se volessimo piegarle dove la loro natura non consente, esse non ci seguirebbero nel compiere azioni ad esse non consentanee.

Tuttavia, quando le muoviamo con la volontà ed esse obbediscono, non abbiamo bisogno dell'aiuto della libidine.

Quando vogliamo smettere di muoverle, lo facciamo subito, senza che esse siano eccitate contro la nostra volontà dagli stimoli della libidine.

5.22 - I mali sopportati dalla pazienza e quelli frenati dalla continenza

Dicendo che "anche i genitali obbediscono alla volontà dello spirito", parli di una nuova libidine o, meglio, di una antichissima, quale avrebbe potuto esserci nel paradiso se non ci fosse stato il peccato.

Ma a che pro trattare di questo con te se, con le parole che seguono, ritratti tutto, dicendo che "i genitali non sono mossi dal comando dell'anima, ma aspettano piuttosto il suo consenso"?

Non puoi neppure paragonare questa libidine alla fame o alle altre nostre molestie. Nessuno ha fame, ha sete o digerisce a comando.

Quelle di rifocillare o vuotare il corpo, sono esigenze necessarie che bisogna soddisfare affinché il corpo non abbia a deperire o morire.

Forse il corpo deperisce o muore se non si acconsente alla libidine?

Sappi distinguere quindi i mali che sopportiamo con la pazienza da quelli che freniamo con la continenza.

Anche quelli, infatti, sono mali di cui abbiamo potuto fare esperienza in questo corpo di morte.

Chi mai potrà dire con certezza o spiegare a sufficienza con quale e quanta tranquilla potestà avremmo potuto dominare anche i movimenti con cui mangiamo o digeriamo in quella felicità del paradiso?

Ben lontano da noi il pensare che avrebbe potuto esservi qualcosa per cui, dall'interno o dall'esterno, il dolore tormentasse, la fatica stancasse, il pudore confondesse, la passione bruciasse, il freddo facesse rabbrividire, o l'orrore spaventasse i nostri sensi.

5.23 - La forza del canto nell'eccitare e nel sedare le passioni

Per qual motivo credi che codesta tua bellissima serva, della quale a me rincresce il parlarne con frequenza, sia pure per disprezzarla, mentre a te non rincresce affatto esaltarla, "diventi più rispettata perché per eccitarla maggiormente la servono anche le altre parti del corpo, quali gli occhi per vedere e desiderare o le altre membra con baci ed abbracci"?

Hai trovato pure il modo di assoggettarle le orecchie ed hai innalzato il suo antichissimo ma pur sempre gloriosissimo epitaffio, ricordando lo scritto di Tullio nell'esposizione dei suoi Consigli: Dopo che alcuni giovanotti ubriachi ed eccitati, come succede, anche dal suono dei flauti, avevano infranto le porte di una donna casta, si racconta che Pitagora pregò il flautista di suonare un canto lento.

Non appena quello cominciò ad eseguirlo, la furente esuberanza di quei giovani si calmò sia per la lentezza del movimento sia per la gravità del canto.7

Nota con quanta maggior congruenza, ho detto che in certo senso appartiene al suo diritto l'essere servito dagli altri sensi per portare a termine la sua opera o per rilassarsi dalla sua commozione.

Ho detto questo perché, come tu stesso hai confessato, "ad essa si può acconsentire più che comandare".

Se fosse al servizio del volere dell'uomo, essa non potrebbe "essere eccitata da altri stimoli, spezzata o moderata da un suono", come tu stesso affermi.

Le donne poi, che tu credi immuni da questo movimento, benché possano sottostare alla concupiscenza dell'uomo anche quando non sentono la propria, con quanta veemenza sentano il suo impeto, a cui si oppone il decoro e l'onestà delle caste, lo si chieda a Giuseppe. ( Gen 39 )

Quale uomo di Chiesa, avresti dovuto essere ammonito dalla musica ecclesiastica più che dalla pitagorica e sapere ciò che la cetra di Davide ha prodotto su Saul, allorché egli era tormentato dallo spirito cattivo ed il suono di quella cetra toccata dal santo l'ha fatto rinsavire. ( 1 Sam 16 )

Non giudicare buona la concupiscenza della carne per il fatto che talvolta viene frenata dalla musica!

6.24 - La Chiesa significata dal paradiso terrestre

"Quanto giustamente Geremia, insieme al coro dei Profeti e dei Santi, ha esclamato: Chi cambierà il mio corpo in una fonte di acqua e i miei occhi in una sorgente di lacrime? "; ( Ger 9,1 ) perché potesse piangere i peccati del popolo stesso!

Dici queste parole strepitando perché la Chiesa di Cristo scaccia i maestri dell'errore pelagiano.

Se davvero volessi piangere salutarmente, piangeresti per essere implicato in quell'errore, e con quelle lacrime ti purificheresti da codesta nuova peste.

O forse ignori, dimentichi o rifiuti di pensare che la Chiesa santa, una e cattolica è stata indicata anche col nome di Paradiso?

Perché vi meravigliate di essere estromessi da questo paradiso quando volete introdurre la legge, che nelle nostre membra contrasta con la legge della mente, nell'altro paradiso da cui siamo stati estromessi ed in cui non potremo tornare se in questo paradiso non l'avremo sconfitto?

Se questa concupiscenza infatti che tu difendi non contrastasse la legge della mente, nessun santo si impegnerebbe nella lotta contro di essa.

Tu stesso invece hai confessato che contro di essa, che tu proteggi, i santi hanno esercitato "gloriose lotte".

Questa è la legge in conflitto con la legge della mente in questo corpo fonte di morte, dalla quale l'Apostolo affermava di essere liberato dalla grazia di Dio, per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro. ( Rm 7,23-25 )

Comprendi una buona volta con quante lacrime debbono essere pianti questi nemici della grazia e con quanta attenzione debbono essere evitati perché non portino con sé altri alla rovina?

Con la vostra innovazione, infatti, cosa comune a tutti gli eretici, accrescete "la cattiveria di questo tempo già decadente".

Siete la rovina dei costumi, voi che cercate di sovvertire le fondamenta stesse della fede, sulle quali si debbono edificare i costumi; "siete la morte del pudore" se non vi vergognate di lodare le cose contro cui combatte il pudore.

Questo piuttosto deve sentire la Chiesa che è detta vergine, perché possa guardarsi da voi; questo le matrone, questo le sacre vergini, questo tutta la pudicizia cristiana.

Non dicono infatti con i manichei, come osi insinuare, "che nella loro carne è insita una necessità del male", coeterno a Dio e a lui consustanziale, ma insieme all'Apostolo dicono semplicemente: Vedo nelle mie membra una legge che ripugna alla legge della mia mente, ( Rm 7,23 ) legge che viene sottoposta al potere dell'anima in virtù della grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro, per essere castigata in questo corpo fonte di morte, per essere sciolta nella morte del corpo e per essere sanata nella risurrezione del corpo e nella morte della morte.

Esse attuano la santa professione non solo nell'abito esteriore, ma nell'anima e nel corpo, e l'attuano non restando prive della concupiscenza della carne, cosa impossibile quaggiù, ma superandola, cosa possibile quaggiù.

Ascoltino questo, dunque, perché possano guardarsi da voi fino a quando non saranno libere da essa.

Se provassi a chiedere a tutti i santi, quasi immaginando un auditorio nel quale ambiscano recitare due attori, se essi preferiscano ascoltare quello che loda o piuttosto quello che disprezza la libidine, cosa credi che sceglieranno la lotta dei continenti, il pudore degli sposati, la castità di tutti?

Credi forse che allontaneranno dalle loro orecchie il disprezzo della libidine per ascoltare volentieri la lode di essa?

Non si può credere che il pudore sia sparito fino a tal punto che tu possa esporre quest'infamia se non in un auditorio presieduto dal maestro Celestio o Pelagio, circondati dai loro discepoli.

7.25 - La concupiscenza è un vizio, non un'energia indomabile

A questo punto passi a considerare le altre mie parole, ove ho affermato: "Quando quei primi uomini sentirono nella propria carne questo movimento sconveniente proprio perché ribelle, e si vergognarono della propria nudità, coprirono quelle membra con foglie di fico, affinché ciò che si muoveva contro la loro volontà fosse almeno coperto dalla scelta del loro pudore; e perché si vergognavano di un piacere sconveniente, ricoprendolo, si compisse ciò che era conveniente".8

Dopo aver citato queste mie parole, con vuota euforia mi avverti che l'hai già confutato nel secondo libro e nella prima parte di questo terzo a cui sto ora rispondendo.

Siccome ho detto che "il movimento della libidine è sconveniente proprio perché ribelle", vorresti far credere che io abbia detto che "non è soggetta né al corpo né allo spirito, ma è sempre indomita per la sua virtù selvaggia".

Per la verità non ho mai detto infatti che è una virtù, ma un vizio.

Se non si eccita con la concupiscenza, perché mai la castità dovrebbe combatterla con la continenza?

Dove vanno a finire quelle "gloriose lotte" dei santi che tu stesso hai affermato di combattere contro di essa?

Per quanto attiene alla castità, dunque, sul fatto che essa si salva reprimendo, sconfiggendo e frenando la libidine, evitando di lasciarla scivolare verso alcunché di illecito, dici la stessa cosa che dico io.

Che sia buona la libidine, però, che deve essere repressa, sconfitta e frenata affinché non attragga verso l'illecito con la sua incessante bramosia, lo dici tu, non io.

Chi di noi dica il vero lo giudichino i casti, che daranno retta non alla tua lingua ma alla loro esperienza; lo giudichi pure l'Apostolo quando dice: Vedo nelle mie membra un'altra legge in contrasto con la legge della mia mente. ( Rm 7,23 )

7.26 - Il diavolo non è il creatore, ma il corruttore della natura

"I paterniani e gli stessi venustiani9 - tu dici - eretici molto simili ai manichei, sostengono che il corpo umano dai fianchi fino ai piedi è stato fatto dal diavolo; le parti superiori invece le ha collocate Dio come su di un piedistallo.

Dall'uomo, essi aggiungono, null'altro si richiede se non di serbare monda l'anima che, a loro dire, risiede nello stomaco e nella testa.

A lui nulla importa, essi dicono, se la zona pubica si macchia di ogni genere di lordura.

E così, per servire turpemente la libidine, le attribuiscono sempre il titolo della propria potestà".

Affine a questa opinione, tu dici, è ciò che ho detto nel mio libro: "per un senso di pudore è stato coperto ciò che si muoveva contro la volontà; perché la libidine, non servendo la volontà per suo diritto accende il corpo".

Credi davvero di poter sfuggire alla forza della verità associandoci con la calunnia a compagni di falsità?

Le cose che ho poste nel mio libro, a cui volesse il cielo avessi preferito credere anziché resistere, sono ben lontane dalle tesi paterniane e venustiane.

Secondo la fede cattolica, infatti, attribuisco a Dio, sommo e verace, la creazione di tutto l'uomo, di tutta l'anima e di tutto il corpo, mentre dico che il diavolo non ha creato la natura umana o una parte di essa, ma l'ha solo viziata.

Contro questa piaga diabolica, che dovrà essere sanata con l'aiuto di Dio, dobbiamo combattere fin quando non ne saremo completamente liberati.

Per quanto puro possa essere in questa vita, l'uomo non potrà mai serbare del tutto monda l'anima per la quale il corpo vive, se asseconderà la concupiscenza della carne nel perpetrare delitti o altre lordure.

Per quanto attiene a codesta tua calunnia, hai forse da dire qualcosa contro queste mie parole?

Se questo è poco, sono pronto a condannare e ad anatematizzare le cose che hai detto pensano i paterniani e i venustiani.

Aggiungo anche i manichei; e gli uni e gli altri, al pari di tutti gli eretici, li maledico, li condanno, li anatematizzo, li detesto.

Che vuoi di più? Lascia stare le calunnie e combatti con le ragioni, non con le frodi.

Rispondimi piuttosto: donde viene ciò a cui, se non si resiste, nessuna castità si salva?

Non è certamente una natura o una sostanza, come sostengono i venustiani e i manichei: se non è un vizio della natura, che cosa è?

S'innalza, lo reprimo; insiste, lo tengo a freno; contrasta, lo sconfiggo.

In tutta l'anima e in tutto il corpo ritengo Dio Creatore della pace: chi ha dunque seminato in me questa guerra?

O Apostolo, risolvi tu la questione e rispondi: Per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché tutti in lui peccarono. ( Rm 5,12 )

Giuliano non vuole. O glorioso Apostolo, rispondi anche a lui: Se qualcuno vi annuncia un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! ( Gal 1,9 )

7.27 - Si vuol sapere se la concupiscenza sia un bene o un male

"Se concedo - come tu dici - che il male della libidine è invincibile, mi professerò difensore della turpitudine; se invece riconosco di aver detto che è un male naturale, ma che ha la possibilità di essere sconfitto, vale a dire che ce se ne può guardare", immediatamente ti rallegrerai per la seconda parte della tua tesi.

"Dal momento che sono in grado di vincere il male della concupiscenza, tu scrivi, gli uomini possono evitare tutti i peccati.

Se la libidine infatti è un male naturale e la si vince con l'amore della virtù, a maggior ragione potranno essere sconfitti gli altri vizi che dipendono solo dalla volontà".

Spesso ed in mille modi ho risposto a questi vostri argomenti.

Finché viviamo quaggiù, dove la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne, ( Gal 5,17 ) per quanto possiamo essere superiori in questo conflitto e non offriamo le nostre membra quali armi di ingiustizia al servizio del peccato, piegandoci alle sue voglie, ( Rm 6,12-13 ) tuttavia, per tacere dei sensi del corpo, nelle stesse cose lecite a causa degli eccessi della sopravvenuta voluttà, ed ancor più nei movimenti e nei sentimenti dei nostri pensieri se diciamo di non aver peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )

Invano, dunque, esulti per la seconda parte della tua tesi, a meno che, con sacrilega presunzione, tu non voglia ripudiare l'affermazione dell'apostolo Giovanni.

Circa la nostra questione, anch'io dico che la libidine è un male naturale, poiché con essa nascono tutti gli uomini; tu dici molto di più affermando che con essa è stato creato il primo uomo.

Che la libidine debba essere vinta e che per vincerla è necessario resisterle e contrastarla lo dico io e lo dici anche tu, perché non abbia a sentire da me le parole che tu stesso mi hai rivolto: "Sarai difensore della turpitudine, se negherai che la libidine dev'essere sconfitta", e certamente non sarà sconfitta se contro di essa non si fa alcuna guerra.

Poiché entrambi diciamo che la libidine è naturale e che essa può essere vinta, la nostra controversia verte solo sul fatto se vinciamo un bene o un male.

Quanto sei assurdo! Vuoi sconfiggere come nemico la libidine e non vuoi chiudere la questione riconoscendola come male, cosicché, il diavolo, se non ti vince con l'avversità della concupiscenza, ti vince con la perversità della tua dottrina.

7.28 - La libidine è un vizio, non la natura dell'uomo

Non ancora ti svegli per capire che non è la nostra natura ma solo un vizio quello contro cui combattiamo con la virtù?

Non vinciamo infatti un bene col bene, ma un male col bene.

Pensa con chi vince, con chi è vinta. Quando la libidine vince, infatti, è il diavolo che vince; quando la libidine è vinta, è il diavolo che è vinto.

Nemico della libidine, quindi, è ciò che la libidine vince e ciò da cui è vinta; suo autore invece è colui col quale vince o è vinta.

Apri gli occhi, ti scongiuro, e guarda le cose che sono tanto evidenti.

Non c'è battaglia senza un male. Quando si combatte, infatti, il bene combatte contro il male o il male contro il male.

Se poi due beni si combattono fra di loro, la battaglia stessa è un grande male.

Così nel corpo, quando succede che le sue componenti, l'umido e il secco, il caldo e il freddo, benché siano in se stesse contrarie, non hanno tra di loro il giusto equilibrio, vengono fuori le indisposizioni e le malattie.

Chi oserà affermare che qualcuno di essi non è un bene, dal momento che tutte le creature di Dio sono un bene e, nell'inno dei tre fanciulli, il caldo e il freddo benedicono il Signore? ( Dn 3,67 )

Quantunque tra di loro contrarie, queste componenti conservano un equilibrio per il buon andamento delle cose.

Quando, invece, nel nostro corpo entrano in discordia e si combattono reciprocamente, la salute viene turbata.

Tutto questo e la morte stessa provengono dalla propagazione di quella colpa.

Nessuno, infatti, oserà dire che li avremmo sofferti in quella felicità del paradiso, se non ci fosse stato il peccato.

Una cosa però sono le qualità del corpo che, pur tra loro contrarie, se sono temperate, possiamo stare in buona salute; mentre pur buone nel loro diverso genere, diventano causa di malattia se entrano in discordia; ed altra cosa sono le passioni dell'anima, che sono dette della carne appunto perché l'anima ha voglie secondo la carne, allorquando queste voglie sono tali che lo spirito, vale a dire la parte migliore e superiore dell'anima le deve contrastare.

Questi vizi non hanno bisogno di nessun medico del corpo, ma vengono curati solo dalla grazia medicatrice di Cristo, prima perché siano liberati dal reato, poi perché non vincano nella lotta, ed infine perché, sanati in ogni parte, spariscano del tutto.

Pertanto, siccome è male desiderare cose cattive, ed è bene desiderare cose buone e, siccome finché si vive quaggiù, questa guerra non dà tregua perché la carne ha voglie contro lo spirito e lo spirito contro la carne; chi mi libererà da questo corpo fonte di morte se non la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro?

Abbiamo in orrore il vostro domma, perché troppo nemico della grazia di Cristo.

7.29 - Almeno nell'attuale concupiscenza si deve ammettere un vizio originale

Da uomo fortissimo, se non direttore, certo esortatore e predicatore delle guerre notturne, dichiari che è "flaccida e fiacca l'opinione secondo cui si crede che nel paradiso i genitali potevano essere mossi ad arbitrio della volontà".

Da uomo casto, a te pare che l'animo sia tanto più effeminato quanto più ha potere sul corpo.

Noi non discutiamo con voi sulla presenza o l'assenza della libidine, né offendiamo l'amore che vi vediamo nutrire per essa, ma vogliate sottometterla al comando della volontà, almeno in quel luogo di felicità.

Togliete da lì l'evidentissima guerra che si ha quando lo spirito si oppone alla sua sollecitazione e togliete pure quella sozza tranquillità che si ha quando la mente si adatta al dominio di essa.

Certamente ora non la vedete così come è stata all'inizio.

Se non vi muove la ragione, sia almeno il pudore a costringervi a riconoscere in essa, quale è ora, il peccato originale; essa ci porterà alla perdizione se la serviamo e che contrastiamo appunto per non servirla.

Ecco ciò che lodi e non temi, che ti si possa rimproverare di spingere gli uomini alle nefandezze, non contrastando la concupiscenza che tu presenti come un bene naturale.

Qual giovamento ti porta dare l'impressione di riprovarne l'eccesso, quando ne approvi il movimento?

Solo allora infatti oltrepassa il limite lecito quando si acconsente al movimento.

Essa è tuttavia cattiva anche quando non le si acconsente, perché si resiste a un male affinché non muoia il bene della castità qualora non lo si contrastasse.

Dichiarandola naturalmente buona, con astuzia insinui che si deve sempre acconsentire ad essa, affinché non ci si opponga con insano impegno ad un bene naturale.

In tal modo potrebbe facilmente rivelarsi vera la vostra tesi secondo cui l'uomo, se vuole, può essere senza peccato.

Non c'è motivo infatti di fare ciò che non è lecito, dal momento che è lecito tutto ciò che piace, poiché è buono tutto ciò che piace secondo natura.

Quando ci sono, dunque, si goda dei piaceri e, quando non ci sono, ci si diletti dei pensieri, come riteneva Epicuro.

Non ci saranno peccati e non ci si priverà di alcun bene.

Non si opponga resistenza ai movimenti naturali secondo i dettami di qualsivoglia dottrina, ma, come ha detto Ortensio: Allora si segua la natura, quando senza il maestro si percepirà quello che la natura desidera.10

Essa che è buona, infatti, non può desiderare il male né ad essa che è buona si può negare alcun bene.

Si faccia dunque tutto quello che la libidine buona desidera affinché non diventi cattivo chi si oppone ad un bene.

7.30 - La dottrina pelagiana combattuta in quest'opera

Io non dico questo, mi obietterai, ed è ingiusto che mi faccia pensare cose che non dico.

Ebbene, non fare quello che non vuoi si faccia a te e non dire che "invitiamo a piacevoli furti coloro a cui ricordiamo le parole dell'Apostolo: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne". ( Rm 7,18 )

Anche se non pongono quaggiù in atto il bene che vogliono, quello cioè di non avere la libidine, compiono tuttavia il bene non andando dietro alle sue voglie. ( Sir 18,30 )

Se credete di insegnare la castità quando predicate: "Non lasciatevi vincere dal bene, ma trionfate col bene sul bene", quanto a maggior ragione la insegniamo noi quando predichiamo: Non lasciatevi vincere dal male, ma trionfate sul male col bene. ( Rm 12,21 )

Comprendi quanto è ingiusto non credere che noi sconfiggiamo quello che disprezziamo, mentre non vuoi che si creda che tu goda di quello che lodi.

Come è possibile che non possano essere casti i nemici della libidine, se lo possono essere anche i suoi amici?

Negando il peccato originale e togliendo ai piccoli il salvatore Gesù, voi volete introdurre nel paradiso, prima del peccato, la legge del peccato, che contrasta alla legge della mente.

Questo confutiamo in voi in quest'opera.

Non vogliamo essere giudici di cose che non vediamo in voi, né sentiamo da voi, e non ci importa cosa facciano di nascosto quelli che apertamente lodano la libidine.

Indice

5 Agostino, De nupt. et concup. 1,6,7
6 Agostino, De nupt. et concup. 1, 6,7
7 Cicerone, De consiliis suis (opera perduta); Cf. BOEZIO, De musica: PL 63, 1170
8 Agostino, De nupt. et concup. 1, 6,7
9 Agostino, De haeres. 85: PL 42, 46
10 Cicerone, Hortensius, framm.