Discorsi sui Santi

Indice

Nel natale degli Apostoli Pietro e Paolo

( Polemica contro l'eresia dei Pelagiani )

1 - Pietro il primo degli Apostoli, Paolo l'ultimo
2 - È trattato il medesimo argomento
3 - Attraverso la rivelazione Paolo ha conosciuto la sua futura passione e vittoria
4 - Non è solo dei martiri la corona di giustizia, ma anche per chi conserva la fede. Il desiderio della venuta di Cristo giudice
5 - La corona è dovuta a chi conserva la fede
6 - Gesù Cristo, il Salvatore. Paolo, il primo dei peccatori, perché ha peccato più degli altri. Invece della condanna ebbe salvezza. Cristo il medico onnipotente
7 - È predetta la passione a Pietro ormai risanato. A lui, infermo, era stata predetta la negazione
8 - Pietro soffriva suo malgrado. La morte è la pena del peccato
9 - Anche Paolo non aveva voluto la morte
10 - Contro i pelagiani si prova che la morte è dal peccato
11 - L'esempio di Enoch e di Elia non dà fondamento all'errore dei pelagiani, per i quali la morte è propria della natura, non del peccato
12 - Impone di guardarsi dal proliferare dei pelagiani

1 - Pietro il primo degli Apostoli, Paolo l'ultimo

Ogni nostra capacità di espressione è senza dubbio inadeguata a tessere l'elogio di predicatori e di così valenti predicatori: riguardo a loro abbiamo ascoltato e abbiamo cantato che per tutta la terra si è diffusa la loro voce e ai confini del mondo la loro parola. ( Sal 19,5 )

Abbiamo il dovere della venerazione, non abbiamo di che soddisfare la vostra aspettativa.

Vi attendete infatti da noi che oggi vi facciamo l'elogio degli apostoli Pietro e Paolo, poiché questa è la loro solennità.

Sono consapevole di quello che può essere il vostro desiderio; e, quando me ne rendo conto, mi perdo d'animo.

Mi è chiaro infatti che cosa si attenda e da chi.

Ma perché il loro Dio si compiace di esser lodato da tutti noi, i suoi servi non stiano a disprezzare in qualunque modo sia svolta la celebrazione da parte di coloro che sono i vostri servi.

2 - È trattato il medesimo argomento

Come sapete, tutti voi che conoscete le sante Scritture, l'apostolo Pietro fu scelto primo fra i discepoli che il Signore chiamò quando era presente nella carne.

Paolo, invece, non fu scelto tra quelli, non insieme a quelli; ma molto più tardi, però non diverso da quelli.

Perciò, Pietro il primo degli Apostoli, Paolo l'ultimo.

Dio, invece, che li ha quali servi, che li ha quali araldi, che li ha quali predicatori, è il Primo e l'Ultimo.

Pietro il primo nella cerchia degli Apostoli, Paolo l'ultimo pure nella cerchia degli Apostoli: Dio e il Primo e l'Ultimo, niente prima di lui, niente dopo di lui.

Perciò, Dio che si è fatto conoscere il Primo e l'Ultimo per l'eternità, egli stesso unì nel martirio il primo e l'ultimo.

La passione dell'uno e dell'altro è concorde nella solennità, la vita dell'uno e dell'altro è in sintonia nella carità.

Per tutta la terra si è diffusa la loro voce e risuonarono ai confini del mondo le loro parole. ( Sal 19,5 )

Tutti sappiamo dove furono scelti, dove predicarono ed anche dove subirono il martirio.

Ma quelli stessi da dove li abbiamo noi conosciuti, se non in quanto la loro voce si è diffusa per tutta la terra?

Le parole dell'Apostolo riguardo alla sua passione imminente.

Dalla grazia di Dio siamo fatti e debitori e restitutori.

Da Dio la forza dei martiri.

3 - Attraverso la rivelazione Paolo ha conosciuto la sua futura passione e vittoria

Mentre se ne leggeva la Lettera, abbiamo ascoltato Paolo presagire ormai incombente e prossima la sua passione: Io infatti sarò presto immolato ed è imminente l'ora della mia liberazione.

Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede: ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno e non solo a me - dice - ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua venuta. ( 2 Tm 4,6-8 )

Vogliamo dire qualcosa al riguardo: per noi sono infatti di aiuto le loro parole diffuse ai confini del mondo.

Notate per prima cosa la purezza del sentimento religioso.

Ha detto che sarebbe stato immolato, non che sarebbe morto.

Questo non perché non muoia chi viene sacrificato, ma perché non chiunque muore è immolato.

Essere immolati, quindi, è morire per Dio.

Infatti la parola è fatta derivare da sacrificio.

Tutto ciò che viene sacrificato è privato della vita per Dio.

Comprese certamente l'Apostolo a chi dovesse il proprio sangue nella passione; si rese appunto debitore del suo sangue in quanto per lui fu versato il sangue del suo Signore.

Versò il sangue quell'Unico ed ebbe in pegno tutti.

Quanti abbiamo ricevuto quella fede, siamo debitori di quel che abbiamo accettato: e questo perché si è degnato costituire e debitori e restitutori.

Chi di noi infatti, esausto all'estremo, e nella precarietà di chi giace in basso, ha di che rendere a chi esige un credito di ingente valore?

Ma come è stato scritto: Il Signore darà la parola agli evangelizzatori insieme a grande fortezza; ( Sal 68,12 ) la parola che devono divulgare, la fortezza per quanto devono patire.

Pertanto, egli si procurò le vittime, egli si dedicò i sacrifici, egli ricolmò i martiri di Spirito Santo, egli temprò nella fortezza i confessori.

In realtà, disse loro: Non siete voi a parlare. ( Mt 10,20 )

Perciò, sebbene destinato al martirio, sebbene in attesa di versare il sangue per la fede di Cristo, dice rettamente: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? ( Sal 116,12 )

E che trova? Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. ( Sal 116,13 )

Pensavi a ricambiare, cercavi che dare in cambio, e si porse a te quasi ad uno pronto a rendere: Prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.

Eri davvero pronto a ricambiare? Ecco tu prendi.

Dunque tu lo prendi poiché hai ricevuto quel che dovresti, tu prendi di che rendere; hai contratto un debito quando hai ricevuto, hai reso il dovuto quando avrai restituito.

Dice infatti: Che cosa renderò? Prenderò il calice della salvezza.

Prendi dunque anche questo, il calice della passione, il calice cui si riferì il Signore: Potete bere il calice che io sto per bere? ( Mt 20,22 )

Ma ecco che il calice è già nella tua mano, imminente ormai è la passione: che fai per non essere turbato? che fai per non esitare? che fai, dal momento che non puoi non bere quel che hai già in mano?

Dice: Che farò? E a questo punto prenderò: sarò debitore, perché invocherò il nome del Signore.

Presto sarò immolato, ( 2 Tm 4,6-8 ) dice.

Gli era stato assicurato da una rivelazione: ad ogni modo, non avrebbe osato prometterselo la debolezza dell'uomo.

Non gli viene da sé la sua fiducia, ma da colui che ha concesso ogni cosa, al quale egli pensava quando precedentemente diceva: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

Dice pertanto: Presto sarò immolato ed è imminente l'ora della mia liberazione.

Ho combattuto la buona battaglia. ( 2 Tm 4,6-7 )

Scruta la coscienza: non dubita, perché si vanta nel Signore.

Dice: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. ( 2 Tm 4,7 )

È vero che hai terminato la corsa, perché hai conservato la fede.

Mi resta solo - dice - la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno. ( 2 Tm 4,8 )

4 - Non è solo dei martiri la corona di giustizia, ma anche per chi conserva la fede. Il desiderio della venuta di Cristo giudice

E perché non sembrasse vantare oltre misura se stesso come l'unico e rivendicare presso il Signore il diritto ad un privilegio, dice: Non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione. ( 2 Tm 4,8 )

Non poteva far capire in modo più efficace e più conciso che siano in dovere di fare gli uomini per conseguire quella corona di giustizia.

Non dobbiamo certo aspettarci tutti di versare il sangue: pochi i martiri, ma molti i fedeli.

Non puoi essere immolato come Paolo?

Puoi conservare la fede: conservando la fede, desideri la sua manifestazione.

Poiché, se hai timore che il Signore venga, non attendi con amore la sua manifestazione.

Cristo Signore, al presente, è in occulto, si manifesterà a suo tempo e sarà giudice con giustizia, egli che fu dichiarato reo sotto un giudice ingiusto.

Verrà: e come verrà? in funzione di giudice.

Non infatti ad essere di nuovo sottoposto a giudizio, ma senza dubbio per giudicare ormai - come sappiamo, come crediamo - i vivi e i morti.

Mi rivolgo ad uno degli uomini che ha lo sguardo fisso su di me, perché mi ascolti; sono io a domandare, ma risponda a se stesso, non a me: Vuoi che questo giudice venga? 'Lo voglio', risponde.

Bada a quel che dici: se dici il vero, se vuoi che venga, bada in quale stato possa sorprenderti.

Verrà infatti da giudice: ti è stata già presentata l'umiltà, verrà la volta della potenza.

Non verrà certo tale da riprendere un corpo, per nascere da una madre, essere nutrito al seno, avvolto in fasce, posto in un presepe; da ultimo, diventato adulto, per essere schernito dall'uomo, legato, flagellato, sospeso alla croce, per tacere quando è giudicato.

Che la tua attesa della venuta di lui non dipenda dal fatto che tu ancora pensi sia per venire in umiltà.

Tacque, nel subire il giudizio; Giudice, non tacerà.

Allora era in occulto, per non essere riconosciuto.

Se l'avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. ( 1 Cor 2,8 )

Dunque, poiché ancora quaggiù non si era fatto conoscere nella sua potenza, chiuso nel silenzio sotto il potere altrui, colui del quale attendiamo la venuta sarà tutt'altro che in occulto e ben altrimenti che in questa assoluta riservatezza.

Infatti Dio verrà nel suo splendore. ( Sal 50,3 )

Colui che in un primo tempo è venuto in occulto, verrà quale egli è.

Ecco hai tutt'altro di quel nascondimento: hai davanti agli occhi l'opposto di quella segretezza.

Il nostro Dio verrà e non tacerà. ( Is 53,7 )

Tacque non conosciuto, perché come agnello fu condotto al macello. ( Is 53,7 )

Tacque non conosciuto, perché come pecora muta di fronte ai suoi tosatori non apri la sua bocca.

Tacque non conosciuto, perché con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo. ( Is 53,8 )

Tacque non conosciuto, perché fu ritenuto soltanto uomo: ma Dio verrà nel suo splendore, il nostro Dio verrà e non tacerà.

Come tu dicevi: "voglio che venga": - voglio, dice, che venga - non provi ancora timore?

Davanti a lui un fuoco divorante. ( Sal 50,3 )

Se non temi il Giudice, neppure il fuoco?

5 - La corona è dovuta a chi conserva la fede

Ma se conservi la fede, ami veramente la rivelazione, devi attenderti tranquillo la corona di giustizia, poiché, a chi è tale, non è donata, ma è dovuta.

Infatti, anche lo stesso apostolo Paolo insiste a chiederla come cosa dovuta: Che il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno. ( 2 Tm 4,8 )

Mi renderà perché è giusto: con la promessa si è fatto mio debitore.

Ha comandato, ed io ho dato ascolto: ha predicato, ed io ho creduto.

Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede ( 2 Tm 4,7 )

6 - Gesù Cristo, il Salvatore. Paolo, il primo dei peccatori, perché ha peccato più degli altri. Invece della condanna ebbe salvezza. Cristo il medico onnipotente

Considera [ come si esprime ] l'Apostolo stesso: di questi il primo sono io.

Il Cristo - dice - Gesù, cioè Cristo Salvatore.

Poiché questo è, in latino, il significato del nome "Gesù".

Non ricerchino i grammatici quanto sia latino, ma i cristiani quanto sia corrispondente al vero; "Salvezza", infatti, è un termine latino.

Questi termini: "salvare" e "salvatore" non furono in uso in latino prima della venuta del Salvatore: quando egli raggiunse i latini, latinizzò anche i termini.

Dunque, Cristo Gesù - Cristo Salvatore - è venuto al mondo.

E come se chiedessimo: Perché? Paolo afferma: A salvare i peccatori. ( 1 Tm 1,15 )

Gesù è venuto per questo.

Tale nome infatti è anche interpretato e presentato così come leggiamo nel Vangelo: Lo chiameranno Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

Parola, quindi, degna di essere da tutti accolta, degna di fiducia, cioè, perché Cristo Gesù è venuto al mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. ( 1 Tm 1,15 )

Non perché ha peccato per primo, ma perché ha peccato più degli altri.

A quel modo che diciamo primo nell'arte medica uno più giovane di molti, ma superiore in competenza; primo artigiano … primo architetto … è nel nostro dire abituale.

Allo stesso modo, l'Apostolo si dà l'appellativo di primo peccatore.

Nessun altro ha perseguitato la Chiesa con effetti più gravi.

Perciò, se chiedi che cosa era dovuto ai peccatori, dai quali è venuto Gesù, trovi che, a dei peccatori, non era dovuto altro che condanna.

Se chiedi che si dovesse, è la condanna; se chiedi che è stato corrisposto, è la salvezza: invece che condanna, salvezza.

Era dovuta la condanna, è stata accordata la salvezza: era dovuta la pena, è stata concessa la corona.

Niente era dovuto a Paolo, un tempo Saulo, il primo dei peccatori, che in crudeltà la vinceva sugli altri, niente gli era dovuto se non la condanna e molto severa condanna; è chiamato, anzi, dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 )

Viene frenato, perché non rechi danno e si possa non far danno a lui.

Il "lupo" è cambiato in "pecora": è poco dire "pecora"; è cambiato addirittura in "pastore".

Dalla voce del cielo è ucciso e richiamato in vita, è percosso e risanato.

È atterrato persecutore, sorge predicatore.

Che cos'è una grazia tale se non grazia?

Infatti, che c'è stato prima di buono degno di merito?

È detta grazia perché è data gratuitamente.

Dice: Gesù è venuto al mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io.

Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia. ( 1 Tm 1,15-16 )

O che potrebbe allora dire: il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno? ( 2 Tm 4,8 )

Se il Signore, il giusto giudice, in quel giorno renderà al primo dei peccatori, che renderà se non quanto è dovuto al primo dei peccatori, una pesante condanna, la pena eterna?

Questo gli era dovuto in un primo tempo e non gli è stato dato.

Appunto per questo - dice - ho ottenuto misericordia.

Non ho ricevuto quel che era dovuto: ma ho ottenuto misericordia, il primo dei peccatori, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me tutta la sua magnanimità, ad esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. ( 1 Tm 1,15-16 )

Che sta a dire ad esempio? Che un qualsiasi malvivente, chiunque implicato in delitti, non disperi del perdono che ricevette Saulo.

Il Medico sapiente, qual è Gesù, il Medico sapiente, nel raggiungere la regione degli infermi, perché venisse divulgata la fama del suo metodo di cura, si scelse, da curare, un tale in condizioni assai disperate.

Ora, dunque, questo tale, che tale fu prima, dice: Presto sarò immolato ed è imminente l'ora della mia liberazione.

Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. ( 2 Tm 4,6 )

Quel tale eri tu, che correvi a precipizio, che trascinavi a morte i cristiani e, mentre Stefano veniva lapidato, custodivi le vesti di tutti per trovarti a lapidare nelle mani di tutti?

Eri tu quello? Lo ero - dice - ma non lo sono.

Com'è che lo eri e non lo sei? Perché ho ottenuto misericordia.

Di conseguenza, Paolo, hai ricevuto quel che non ti si doveva.

Ormai sicuro, di' che cosa ti sia dovuta, dillo ora.

Mi resta solo la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno. ( 2 Tm 4,7 )

Con quanta fiducia richiede il dovuto colui al quale è stato condonato il debito della pena eterna!

Ora parla al tuo Signore, parla sicuro, parla nella certezza, parla con illimitata fiducia: vivevo in passato nella mia malizia, ho avuto il bene dell'immeritata tua misericordia; secondo il debito, corona i doni tuoi.

Basti al riguardo.

Veniamo a Pietro; e non per offrirgli forbita eloquenza, ma una celebrazione di pietà religiosa: dall'ultimo al primo; perché anche noi, dalle cose ultime tentiamo di raggiungere le prime.

7 - È predetta la passione a Pietro ormai risanato. A lui, infermo, era stata predetta la negazione

Il Signore Gesù stesso, nel Vangelo - che abbiamo ora ascoltato mentre se ne dava lettura - a san Pietro, primo degli Apostoli, preannunziò la passione dicendo: Quando eri più giovane, ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. ( Gv 21,18 )

E conseguentemente lo stesso Evangelista ci ha spiegato che cosa aveva voluto dire: Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. ( Gv 21,19 )

Cristo Signore stesso preannunziò a lui, ormai amante e libero dal pericolo di negare, la sua passione e la sua croce.

Il medico infatti notò in lui l'una e l'altra circostanza: negò da infermo, amò da sano.

Glielo fece notare il Signore, mostrò Pietro a se stesso allora che in una specie di temeraria sicurezza aveva assicurato che sarebbe morto per Cristo, quando invece Cristo era venuto a morire per Pietro.

Disse: Darai la vita per me? In verità ti dico, prima che il gallo canti mi negherai tre volte. ( Gv 13,38 )

Ti guarirò, ma prima è necessario che tu, da malato, conosca te stesso.

Così, nella predizione di quel rinnegamento, il Signore rivelò Pietro a Pietro; ma in quell'amore il Signore rivelò Cristo a Pietro: Mi ami? - disse - Ti amo. Pasci le mie pecore. ( Gv 21,15-17 )

Questo una volta, questo una seconda volta, questo una terza.

Tre volte l'amore fece la sua confessione; tre volte fu riprovato il timore.

E, dal momento che amava, gli si mostra la passione.

Questo infatti era amare: giungere fino alla passione per amore di Cristo.

8 - Pietro soffriva suo malgrado. La morte è la pena del peccato

Cos'è mai quello, fratelli, chi non turba?

Un altro - dice - ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. ( Gv 21,18 )

Pietro allora non giunse volontariamente alla grazia così insigne della passione?

Ecco Paolo: Presto sarò immolato ed è imminente l'ora della mia liberazione. ( 2 Tm 4,6 )

Da queste parole sembra quasi che, per l'esultanza, voglia affrettarsi alla passione; a Pietro, invece: Un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi.

Volentieri Paolo e Pietro suo malgrado?

Anzi, se riusciamo a intendere, volontariamente Paolo e volontariamente Pietro e, nello stesso tempo, contro il volere di Paolo e contro il volere di Pietro.

Ho bisogno della vostra attenzione mentre cerco di chiarire come posso.

La morte non si può amare, si può tollerare.

Poiché, se è amata, niente di grande hanno compiuto quanti hanno accettato la morte per la fede.

Forse che vedendoli banchettare allegramente, li diremmo uomini grandi, li diremmo uomini forti?

Se li scorgessimo immersi nei piaceri, saremmo forse indotti a magnificarne la fortezza o la pazienza?

Se mai operando in situazioni tutt'altro che dolorose, senza difficoltà, si trovassero nelle gioie, nei piaceri, nelle delizie, se mai tali, sarebbe il caso di farne l'elogio come di uomini grandi, di uomini forti, di invitta pazienza?

Non è certo in base a questo che lodiamo i martiri.

Uomini grandi, uomini forti, uomini invitti.

Vuoi sapere perché c'è da tollerare, non da amare?

Considera il nome: è detta "passione".

Per natura, quindi, non solo gli uomini ma pure tutti gli esseri animati, senza eccezioni, rifuggono dalla morte e la temono assai.

Per questo grandi, i martiri, perché affrontarono coraggiosamente per il regno dei cieli ciò che è molto duro e tollerarono le pene con l'animo intento alle promesse.

Notate che il Signore dice: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici. ( Gv 15,13 )

Se ciò non è di pena, compie qualcosa di grande la carità amando le delizie per me? No.

Ma perché tollera la morte.

Seguendo le parole delle tue labbra - è l'espressione vera dei martiri - seguendo le parole delle tue labbra - cioè per gli avvertimenti e le promesse tue - mi sono attenuto alla via stretta. ( Sal 17,4 )

Perciò, quanto alla legge di natura ed alla forza della consuetudine, la morte è rifiutata; ma, purché si ami ciò che sarà dopo la morte, si accetta quel che ripugna al nostro volere per giungere dove desideriamo.

Ecco che spiega il dire: Ti porterà dove tu non vuoi. ( Gv 21,18 )

Rivelò la natura, non la pietà dell'animo.

Il Signore stesso fece apparire in sé questa natura della nostra condizione di debolezza quando, vicino a patire, disse al Padre: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. ( Mt 26,39 )

Presto sarò immolato, sono parole di chi soffre, non di chi è nelle delizie.

La nostra morte, dunque, viene da un castigo partecipato a noi.

L'abbiamo ricevuto dal ceppo di origine per la propagazione dei rami del genere umano.

Lo ha meritato peccando il primo Adamo.

Dalla donna ha avuto inizio il peccato - come dice la Scrittura - e per causa sua tutti moriamo. ( Sir 25,24 )

E ancora: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte; così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

È così presente, nella nostra natura, e la colpa e la pena.

Dio ha creato la natura immune da colpa e, se si fosse conservata nell'integrità, non ne sarebbe quindi derivata la pena.

Da quella che è la nostra origine abbiamo contratto l'una e l'altra e molti mali ce ne sono derivati.

Pertanto è presente nella nostra natura e la colpa e la pena: nella carne di Gesù la pena senza la colpa perché venissero abolite e la colpa e la pena.

Un altro - disse - ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. ( Gv 21,18 )

Questa è la pena, ma attraverso la pena si va al premio.

Paolo non teneva in alcun conto la pena, perciò, ponendo tutto il suo interesse al premio, disprezzava la pena e diceva: Presto sarò immolato, mi resta la corona di giustizia.

È molto aspro il percorso sul quale si avanza, ma la meta riserva un gran bene.

Anche Pietro conosceva la sua meta, per cui, a sua volta, accettò la passione, assoggettandovisi fiduciosamente, ma sopportò la passione, non l'amò.

Tollerò la passione e, ciò che ad essa seguiva, quello amò; anzi, dal momento che la meta era l'oggetto del suo amore, volle subire il tramite che ve lo conduceva.

9 - Anche Paolo non aveva voluto la morte

Abbiamo detto presenti in entrambi il volere e il non volere; che l'uno e l'altro, se fosse stato possibile, non avrebbero voluto la pena e, tuttavia, l'uno e l'altro, in ugual modo, avevano amato appassionatamente il premio.

Ma vediamo di dimostrare che anche Paolo non aveva voluto la pena.

Quanto a Pietro, infatti, il Signore stesso se ne fece testimone, perché in sé fece figurare anche te quando disse: Padre, se è possibile, passi da me questo calice. ( Mt 26,39 )

Ne segue che a Pietro rese testimonianza il Signore; Paolo, invece, fu teste a se stesso.

In un passo, riferendosi a questo corpo mortale, ebbe infatti a dire: Sospiriamo come sotto un peso, ( 2 Cor 5,4 ) come altrove quel detto della Scrittura: Il corpo corruttibile appesantisce l'anima e la dimora di argilla grava la mente dai molti pensieri. ( Sap 9,15 )

Dice dunque: Sospiriamo come sotto un peso, cioè sotto il peso del corpo corruttibile.

Sospiriamo come sotto un peso.

Se sospiri, deponi volentieri un tale fardello.

Veramente disse di gemere sotto questo carico, di esser gravato dal peso di questo corpo corruttibile: fa' attenzione se voglia essere privato di questo carico di cui soffre il gravame, sotto il quale geme.

Non è questo che segue; ma che disse allora? Non vogliamo venire spogliati. ( 2 Cor 5,4 )

O grido della natura, confessione della pena!

Il corpo aggrava, il corpo è un peso, il corpo si corrompe: sotto di esso si geme, ma non si abbandona volentieri e neppure volentieri si depone.

Non vogliamo - dice - venire spogliati.

Così resterai a gemere? Ma se gemi sotto il peso, perché non vuoi essere spogliato? No, dice.

Bada a quel che segue: Non vogliamo venire spogliati, ma sopravvestiti. ( 2 Cor 5,4 )

Sotto la veste di argilla io gemo, ho fretta di aver quella del cielo: quella voglio ricevere, questa non voglio deporre.

Non vogliamo venire spogliati, ma sopravvestiti.

Allora, Paolo, fatti capire, che dici?

Si mancherà di riguardo a quella sublime veste del cielo, indossandola tu su questi indumenti della mortalità e della corruzione, in modo che essi restino al di sotto e quella al di sopra, questi più interni, quella più esterna?

Lungi da me, dice, non intendo dir questo.

Non voglio venire spogliato, ma sopravvestito.

Non tuttavia in modo che sotto l'incorruttibilità si nasconda la corruzione, ma perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. ( 2 Cor 5,4 )

Felice precisazione la tua, poi che conosci le Scritture.

Ma che non ritenga, chi è ignaro delle Scritture, che le parole date in risposta siano mie; sono parole di Paolo, sono parole dell'Apostolo tutte queste: Sospiriamo come sotto un peso, non vogliamo venire spogliati, ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita.

Tu comprendi bene, quanto a ciò che dici parlando della risurrezione del corpo: È necessario infatti che questo corpo corruttibile si rivesta dell'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivesta dell'immortalità.

Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito dell'incorruttibilità, allora si compirà la parola della Scrittura: la morte è stata ingoiata per la vittoria. ( 1 Cor 15,53-54 )

Ed è ciò che dice in quel passo: Perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita.

In questo passo così: La morte è stata ingoiata per la vittoria.

In nessun luogo la morte: non sotto, non sopra; non dentro, non fuori.

La morte è stata ingoiata per la vittoria.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? ( 1 Cor 15,55 )

Si dirà alla morte nella futura risurrezione del corpo ed in seguito ad una tale trasformazione che la morte sia ingoiata per la vittoria.

Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito dell'incorruttibilità, si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria?

La stessa vittoria ti costringe ad andare dove non vuoi.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

Il pungiglione della morte è il peccato. ( 1 Cor 15,55-56 )

10 - Contro i pelagiani si prova che la morte è dal peccato

Non è certo dal peccato la morte?

Di quale altra morte parlava infatti, trattando della risurrezione del corpo?

Sarà vestito dell'incorruttibilità questo corpo corruttibile: la morte sarà ingoiata per la vittoria.

Questa la risurrezione del corpo.

Vi si dice: Dov'è, o morte, la tua vittoria?

Ed a chi se non alla morte del corpo?

Infatti il discorso verte sulla risurrezione del corpo.

Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?

Il pungiglione della morte è il peccato.

Il peccato è il pungiglione della morte.

Da tale pungiglione è derivata la morte, non è stata la morte a farne un pungiglione: a quel modo che il veleno è bevanda di morte, in quanto procura la morte, non perché deriva dalla morte.

Perciò il Signore nella risurrezione pone fine a questa pena; ma lascia la morte per la lotta anche ai fedeli ed ai santi.

Ti è lasciata la morte per il combattimento.

Dio, infatti, a te ormai giustificato, poteva sottrarre la morte, ma volle lasciarla in vista della prova decisiva perché vi fosse qualcosa che tu dovessi disprezzare per la fede.

Lo attuò, infatti, in coloro che volle.

Enoch fu trasferito , ( Gen 5,24 ) anche Elia fu trasferito, ( 2 Re 2,1-15 ) e sono vivi.

Lo meritò la loro giustizia? o piuttosto viene dalla grazia di Dio anche il favore veramente particolare da lui concesso?

Il Creatore, per manifestare in tutti la sua sovranità, ha fatto valere presso di noi quella che è la sua potenza.

11 - L'esempio di Enoch e di Elia non dà fondamento all'errore dei pelagiani, per i quali la morte è propria della natura, non del peccato

Senza ragione perciò costoro - i quali affermano che noi moriamo non in conseguenza del peccato, ma, quanto alla morte del corpo, il nostro morire è proprio della natura e Adamo sarebbe morto anche se non avesse peccato - senza ragione ci contrappongono Enoch ed Elia.

Non si rendono affatto conto di quel che dicono e, se vi facessero attenzione, si accorgerebbero di argomentare contro se stessi.

Ad ogni modo, che dicono? Se la morte è conseguenza del peccato, perché non sono morti Enoch ed Elia?

Tu che sostieni questo, nel dire che la morte è propria della natura e negando che sia propria del peccato, non rifletti.

Tu ritieni la morte propria della natura, io dico che è propria del peccato: ma, senza dubbio, è propria della natura ormai corrotta, ormai condannata a tale punizione.

Di conseguenza, tu dici che la morte del corpo è propria della natura, io la ritengo propria del peccato.

Ma tu mi chiedi: Se è propria del peccato, per quale ragione Enoch ed Elia non sono morti?

Ed io di rimando: Proprio se inerente alla natura, perché Enoch ed Elia non sono morti?

Enoch ed Elia sono in vita; furono trasferiti, sono vivi ovunque si trovino.

Ma se non erra una certa previsione della fede, che si deduce dalla Scrittura, devono morire.

L'Apocalisse, infatti, cita il caso di due Profeti singolari e che saranno anch'essi soggetti alla morte, e che risorgeranno sotto gli occhi degli uomini, e che ascenderanno presso il Signore: ( Ap 11,3-12 ) sono riconosciuti per gli stessi Enoch ed Elia, sebbene non vi siano riportati i loro nomi.

E se tu, quale esperto in questo campo, non hai accettato tale passo della Scrittura, o se lo accetti, non ne tieni conto e dici: non sono espressamente indicati, che vivano, come credi, senza mai morire.

Ripetimi la domanda: Se la morte è propria del peccato, perché non sono morti?

Io ti replico: se la morte è propria della natura, perché non sono morti?

E affermo: Per poter vivere, vuol dire che la colpa non esiste più; da parte tua, vedi di affermare, se puoi, che la natura non esiste più.

12 - Impone di guardarsi dal proliferare dei pelagiani

Ne abbiamo certamente parlato, una cosa dopo l'altra, anche all'occasione, ma quanto a questo che riguarda, tuttavia in qualche modo, la sicurezza della nostra fede contro alcuni contestatori che vanno diffondendosi a danno.

Ma non possono vincere la nostra pazienza e neppure far crollare la nostra fede.

Manteniamoci prudenti e guardinghi contro le novità delle discussioni, di quelle umane senza dubbio, non divine.

Oggi celebriamo la solennità degli Apostoli, poniamoci in ascolto dell'Apostolo che ammonisce: Evita le chiacchiere profane, perché esse tendono a far crescere sempre più nell'empietà. ( 1 Tm 1,20; 2 Tm 2,16 )

Voglio che siate veramente saggi nel bene e immuni dal male. ( Rm 16,19 )

Adamo è morto, ma quel serpente non è morto ancora.

Tende insidie e non la smette di intrigarsi.

Gli è riservata la condanna finale e va in cerca di altri che condividano la sua dannazione.

Ascoltiamo l'amico dello Sposo, pieno di zelo per lo Sposo non per sé: Sono geloso di voi della gelosia di Dio; vi ho promessi ad un unico sposo, per presentarvi a Cristo quale vergine casta.

Temo però - dice - che come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro purezza nei riguardi del Cristo. ( 2 Cor 11,2-3 )

Tutti abbiamo ascoltato le parole dell'Apostolo, tutti atteniamoci ad esse, tutti guardiamoci dai veleni del serpente.

Giacché non possiamo certo dire: Non abbiamo udito, non abbiamo capito, quanto ora abbiamo cantato: Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola. ( Sal 19,5 )

Le parole diffuse sino ai confini del mondo sono pervenute fino a noi: le abbiamo ricevute, le abbiamo raccolte insieme negli scritti, abbiamo istituito i lettori.

Il lettore non tace, l'espositore esprime il suo pensiero, perché non desiste l'insidiatore?

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