Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 116 (114)

Discorso al popolo

1 - [v 1.] Speranza e amore

Ho amato perché il Signore esaudirà la voce della mia supplica.

Canti queste parole l'anima pellegrina nella sua lontananza dal Signore; le canti la pecora smarrita del Vangelo, le canti quel figlio che era morto ma tornò in vita, s'era perduto e fu ritrovato. ( Lc 15,24 )

Le canti la nostra anima, fratelli e figli carissimi.

Lasciamoci istruire e restiamo saldi per cantare con i santi: Ho amato perché il Signore esaudirà la voce della mia supplica.

Ma sarà davvero questo il motivo per cui si ama, che cioè il Signore esaudirà la voce della mia supplica?

Non è piuttosto vero che noi amiamo in quanto ci ha già esauditi o magari perché vogliamo che ci esaudisca?

Che senso ha dunque la frase: Ho amato perché egli mi esaudirà?

Non si sarà, per caso, riferito al fatto che di solito chi accende l'amore è la speranza e quindi ha detto d'avere amato in quanto sperava che Dio avrebbe ascoltato la voce della sua preghiera?

2 - [v 2.] Iniziativa divina e nostra vocazione

Ma come ha potuto nutrire una tale speranza? Dice: Egli ha chinato verso di me il suo orecchio e io l'ho invocato durante i miei giorni.

Ecco: io ho amato perché egli mi esaudirà; e mi esaudirà perché ha già chinato l'orecchio verso di me.

Ma come sai, o anima umana, che Dio ha chinato a te l'orecchio, se tu non dirai: Ho creduto?

Quindi sono tre le cose che rimangono: la fede, la speranza, la carità. ( 1 Cor 13,13 )

Perché avevi creduto, hai sperato; perché hai sperato hai anche amato.

Se poi chiedo all'anima su quale fondamento abbia creduto che Dio si sia chinato con l'orecchio verso di lei, mi risponderà: Egli ci ha amati per primo; e ancora: Egli non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha consegnato [ alla morte ] per noi. ( 1 Gv 4,19; Rm 8,32 )

Così infatti [ in altro luogo ] argomenta il Dottore delle genti: Ma come invocheranno uno in cui non avranno creduto?

Ovvero come crederanno in uno di cui non hanno sentito dir nulla?

Ma come ne sentiranno parlare senza chi lo annunzi?

E come la annunzieranno se non sono mandati? ( Rm 10,14-15 )

Vedendo compiute in me tutte queste cose, come avrei potuto non credere che il Signore ha chinato verso di me il suo orecchio?

In effetti nei nostri riguardi egli ha evidenziato il suo amore a tal segno che Cristo è morto per degli empi. ( Rm 5,8 )

Tutto questo mi hanno annunziato coloro che con piede stupendo si diedero ad annunziare la pace e i beni [ messianici ]. ( Is 52,7 )

Mi hanno detto che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo; ( At 2,21 ) di conseguenza io ho creduto che Dio già ha chinato l'orecchio verso di me e durante i miei giorni l'ho invocato.

3 - [v 3.] Conseguenze funeste del primo peccato

Quali sono codesti tuoi giorni di cui hai detto: Durante i miei giorni l'ho invocato?

Saranno forse i giorni nei quali il tempo raggiunse la pienezza e Dio mandò il suo Figlio, ( Gal 4,4 ) dopo avercelo predetto con le parole: Nel tempo propizio ti ho esaudito e nel giorno della salvezza li ho aiutato? ( Is 49,8 )

Dalla bocca del predicatore che veniva a te con piedi magnifici avevi udito l'annunzio: Ecco, ora è il tempo propizio, ora è il giorno della salvezza; ( 2 Cor 6,2 ) e gli credesti e nei tuoi giorni invocasti il Signore dicendo: O Signore, libera la mia anima. ( Sal 116,4 )

Sono vere certamente anche queste cose, dice; tuttavia per " giorni miei " mi piace di più intendere i giorni della mia miseria e della mia mortalità, i giorni che risentono di Adamo e sonO pieni di stenti e di sudore, i giorni condotti secondo il vecchio uomo e avviati alla corruzione del sepolcro.

Io infatti sono un uomo prostrato a terra, immerso nel fango dell'abisso, ( Sal 69,3 ) per cui in un altro salmo gridavo: Ecco, hai reso vecchi i miei giorni. ( Sal 39,6 )

Durante questi miei giorni l'ho invocato.

Sono infatti, questi miei giorni, tanto differenti da quelli del mio Signore, e se io li chiamo " miei " è perché io me li sono procurati tali con la mia presunzione, per la quale abbandonai il Signore.

Ma siccome egli regna dovunque ed è onnipotente e padrone assoluto di tutto il creato, ecco che io mi meritai il carcere, cioè ne ebbi come conseguenza le tenebre dell'ignoranza e i ceppi della mortalità.

Ecco in quali giorni l'ho invocato.

Sono infatti ancora io colui che altrove grida: Libera dal carcere la mia anima. ( Sal 142,8 )

E siccome Iddio mi ha soccorso nel giorno della salvezza, a me conferita, veramente il gemito dei prigionieri entra al suo cospetto.

Durante questi miei giorni, dunque, i dolori della morte mi avvolsero, mi sorpresero i pericoli dell'inférno, cose che non sarebbero capitate se io non mi fossi sperduto allontanandomi da te.

Ma ora questi malanni mi hanno trovato, mentre io non li avrei scoperti finché avessi continuato a godere delle prosperità mondane, nella cui abbondanza più facilmente i pericoli dell'inferno riescono ad ingannarci.

4 - [vv 4.5.] Vivere lontani dalla patria è la nostra miseria mortale

Successivamente scopersi anch'io la tribolazione e il dolore, e invocai il nome del Signore.

M'erano sconosciuti tanto la tribolazione di cui per soccorrerci si serve colui al quale un salmo dice: Dacci aiuto mediante la tribolazione, poiché vana è la salvezza dell'uomo. ( Sal 60,13 )

Ci fu infatti un tempo in cui anch'io pensavo che gioia ed esultanza mi provenissero dalla salvezza - larva di salvezza - che dà l'uomo; ma in seguito, quando udii dal mio Signore le parole: Beati coloro che piangono perché saranno consolati ( Mt 5,5 ) non attesi l'ora in cui per forza mi sarei dovuto staccare dai beni temporali a cui ero disordinatamente affezionato e piangerne.

Mi misi a scrutare la mia miseria, la miseria cioè d'essere affascinato da beni che temevo di perdere e mi sentivo incapace di conservare.

Ci pensai profondamente e vigorosamente, e notai come effettivamente io non fossi soltanto tormentato dalle avversità del mondo ma anche avviluppato dalle sue prosperità.

In tal modo scopersi la tribolazione e il dolore, che prima mi erano sempre sfuggiti, e invocai il nome del Signore.

O Signore, libera la mia anima! In effetti io sono un uomo misero, e chi mi libererà da questo corpo mortale se non la grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo? ( Rm 7,24 )

Esclami dunque il popolo santo di Dio: Ho scoperto la tribolazione e il dolore e ho invocato il nome del Signore.

Le genti che non ancora invocano il nome del Signore odano questa voce e, uditala, si mettano in cerca, per scoprire anch'esse la tribolazione e il dolore: invochino il nome del Signore e si salvino.

Con questo non diciamo ad esse di ricercare una miseria che non hanno ma di scoprire quella che senza rendersene conto hanno.

Né auguriamo loro che manchino di quei beni materiali di cui si ha bisogno finché viviamo sulla terra, ma che sappiano piangere la perdita della sazietà celeste, al posto della quale hanno meritato di trovarsi nel bisogno di cose indispensabili per vivere ma non così stabili da poter costituire un godimento perenne.

Che ciascuno si renda conto di questa miseria e ne pianga.

Piangendo così, meriterà che venga a bearlo colui che ha voluto non lasciarci per sempre nella miseria.

5 - [vv 5.6.] Misericordia e giustizia del Signore

Il Signore è misericordioso e giusto; il nostro Dio usa compassione.

Misericordioso, giusto, usa compassione.

Prima misericordioso: difatti chinò a me il suo orecchio, né io mi sarei accorto che l'orecchio del mio Dio s'era avvicinato alla mia bocca se non fossero intervenuti quegli [ araldi dai ] magnifici piedi che mi hanno spronato ad invocarlo.

Chi infatti poté mai invocare Dio senza che Dio prima l'avesse chiamato? Prima dunque misericordioso.

Poi giusto, e ciò quando flagella; ma poi di nuovo usa compassione, quando accoglie.

Flagella infatti ogni figlio che accoglie, e a noi non deve sembrare tanto amaro l'essere fustigati, quanto è dolce invece l'essere accolti. ( Eb 12,6 )

Come potrebbe il Signore, che custodisce i piccoli, non fustigarli, volendoli eredi adulti?

C'è forse un qualche figlio col quale suo padre non usa severità? ( Eb 12,7 )

Mi sono umilialo ed egli mi ha salvato.

Mi ha salvato perché io mi sono umiliato.

Non è infatti per tormentare ma per guarire che il medico nel recidere [ un membro guasto ] produce dolore.

6 - [vv 7.8.] Come ottenere la quiete dello spirito

Ritorna, dunque, o anima mia, al tuo riposo, poiché il Signore ti ha beneficato.

Non per i tuoi meriti o le tue forze, ma perché il Signore ti ha beneficato.

Difatti così continua: Egli ha sottratto l'anima mia alla morte.

È sorprendente quello che dice, o carissimi.

Prima ha affermato che l'anima ha da tornare al suo riposo perché il Signore l'ha beneficata, e poi continua con le parole: Il Signore ha sottratto l'anima mia alla morte.

Tornerà dunque, quest'anima, al suo riposo in quanto è sottratta alla morte?

Non si è piuttosto soliti parlare di riposo proprio nella morte? Qual mai, dunque, sarà l'attività di quest'anima, se per lei la vita è un riposo mentre la morte è un'agitazione?

Ovviamente l'attività di quest'anima dev'essere tale che le concilia quiete e serenità, non che le aumenti l'angustia e l'affanno.

È infatti un'anima liberata dalla morte ad opera di colui che usandole misericordia le ha detto: Venite a me, voi tutti che siete affaticati, e io vi ristorerò.

Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mansueto e umile di cuore e troverete riposo alle anime vostre: poiché il mio giogo è dolce e il mio carico leggero. ( Mt 11,28-30 )

L'agire di un'anima che aspira alla quiete dev'essere umile e soave, come conviene al seguace di Cristo via.

Senza peraltro cadere nell'indolenza e svogliatezza, ma in maniera da portare a compimento la corsa.

Sta scritto infatti: Compi le tue opere con pacatezza, ( Sir 3,19 ) ove l'ammonizione: Compi le tue opere, mira proprio a impedire che la pacatezza ti porti all'indolenza.

Non devi quindi trarre confronto dalla vita presente, dove il riposo del sonno ci ristora e facilita l'attività.

Le buone azioni di per se stesse conducono l'anima ad una quiete nella quale si resta sempre vigili.

7 - Salvati nella speranza

Colui che ci somministra e offre tutte le cose è Dio, del quale il salmo dice: Poiché il Signore mi ha beneficato ed ha sottratto l'anima mia alla morte, i miei occhi alle lacrime e i miei piedi alla caduta.

Sono cose, queste, per le quali, realizzata che se ne sia la promessa, può cantare gioioso l'uomo che ora si sente stretto dal vincolo della propria carne mortale.

Era certo vera la constatazione: Io mi sono umiliato ed egli mi ha salvato, ( Sal 116,6 ) ma non è meno vera l'affermazione dell'Apostolo: Siamo stati salvati nella speranza. ( Rm 8,24 )

Quanto alla morte in particolare, è vero che ne siamo già stati liberati: è questo un fatto compiuto, se intendiamo la morte in cui giacciono i non credenti, dei quali diceva [ il Signore ]: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. ( Mt 8,22 )

Di costoro nel salmo precedente si diceva: Non ti loderanno, o Signore, i morti né alcuno di quelli che scendono nell'inferno.

Noi invece che viviamo benediciamo il Signore. ( Sal 116,17-18 )

In riferimento a una tal morte, il fedele può ritenere a buon diritto che la sua anima ne fu liberata quando dall'incredulità passò alla fede.

Tant'è vero che il Salvatore poteva asserire: Chi crede in me passa dalla morte alla vita. ( Gv 5,24 )

Riguardo alle altre cose invece, in chi non è ancora uscito dalla vita presente esse si sono adempiute solo nella speranza.

Ora infatti ci troviamo esposti a pericoli gravissimi di scivolare [ nel male ], e quando vi pensiamo i nostri occhi versano lacrime continue.

E allora soltanto i nostri occhi saranno sottratti alle lacrime quando i piedi più non potranno scivolare; ma scivoloni di piedi in cammino solo allora non ci saranno quando non si avrà più con noi la miseria della carne con la sua inclinazione [ al male ].

Attualmente invece, sebbene la nostra via ( cioè Cristo ) sia stabile, noi abbiamo sotto i piedi la carne che ci proponiamo di domare; e così, mentre lavoriamo per assoggettarla e castigarla, è una gran cosa se non cadiamo; ma quanto a scivoloni chi potrà dire di esserne esente?

8 - [vv 8.9.] La redenzione completa delle membra garantita dalla risurrezione del Capo

In una parola, noi siamo e insieme non siamo nella carne.

Siamo nella carne poiché non si è ancora sciolto quel legame che invece sarebbe di gran lunga preferibile si sciogliesse affinché noi potessimo essere con Cristo. ( Fil 1,23 )

Non siamo nella carne poiché abbiamo affidato a Dio le primizie dello spirito, per cui possiamo dire che la nostra vita è nel cielo. ( Fil 3,20 )

In tale condizione, mentre con la testa ( si fa per dire ) siamo accetti a Dio, sotto i piedi, cioè nei lembi più marginali dell'anima, ci accorgiamo di avere ancora un terreno sdrucciolevole.

Ebbene, le parole del salmo cantato sono un invito alla speranza; anzi il testo sembrerebbe quasi riferirsi a un fatto compiuto. Dice: Egli ha sottratto i miei occhi alle lacrime e i miei piedi alla caduta.

Tuttavia non continua dicendo: " Io già piaccio ", ma: Piacerò al Signore nella regione dei vivi, volendo con ciò indicare che egli non piace ancora al Signore per quella parte di sé che ha sede nella regione dei morti, cioè nella carne mortale.

Difatti coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio. ( Rm 8,8 )

E continua lo stesso Apostolo: Voi però non siete nella carne, ( Rm 8,9 ) frase da interpretarsi nel senso che il corpo è, sì, morto per il peccato ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. ( Rm 8,10 )

Ora proprio secondo questo spirito, per il quale non erano più nella carne, piacevano al Signore.

Viceversa, come si potrebbe piacere a un Dio vivo quando si è asserviti ad un corpo morto?

Ma cosa dice [ l'Apostolo ]? Se abita in voi lo Spirito di chi ha risuscitato Gesù Cristo dai morti, colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti farà rivivere anche i vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che risiede in Voi. ( Rm 8,11 )

Allora saremo nella regione dei vivi, e in ogni nostra parte piaceremo al Signore e per nessuna parte saremo a lui estranei.

Infatti finché siamo nel corpo siamo esuli, lontani dal nostro Signore, e per questo essere esuli e lontani dal Signore non siamo nella regione dei vivi.

Abbiamo però fiducia e con fondatezza riteniamo essere meglio per noi staccarci dal corpo e comparire dinanzi al Signore.

Comunque, sia che gli siamo vicini sia che ancora ne restiamo lontani, aneliamo di piacergli. ( 2 Cor 5,6-9 )

Ora aneliamo poiché siamo in attesa della redenzione del nostro corpo, ( Rm 8,23 ) ma quando la morte sarà stata assorbita nella vittoria, quando il nostro corpo corruttibile si sarà rivestito d'incorruzione e il nostro corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità, ( 1 Cor 15,53-54 ) allora non ci sarà più, alcun pianto, come non ci sarà più alcuna caduta né alcuna corruzione, causa delle cadute.

Allora piacere al Signore non costituirà per noi un'aspirazione ma gli piaceremo senza riserve vivendo alla sua presenza nella regione dei vivi.

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