La natura e la grazia

Indice

63.74 - Una testimonianza di S. Ambrogio utilizzata da Pelagio

S. Ambrogio nel passo citato da costui16 si oppone realmente a quanti affermano l'impossibilità dell'uomo d'essere senza peccato in questa vita.

Lo dice prendendo occasione da Zaccaria ed Elisabetta, dei quali il Vangelo attesta che avevano osservato irreprensibilmente tutte le prescrizioni della legge. ( Lc 1,6 )

Ma nega forse che ciò provenga dalla grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore? ( Rm 7,25 )

Della grazia di questa fede non c'è dubbio che i giusti vissero anche prima della passione di Gesù, che mette a nostra disposizione lo Spirito Santo, che ci è stato dato, per mezzo del quale si riversa nei nostri cuori la carità, ( Rm 5,5 ) che è l'unica a fare giusti tutti coloro che sono giusti.

E il menzionato Vescovo - a dimostrazione della insufficienza della volontà senza l'aiuto di Dio - esorta ad impetrare anche con le preghiere il medesimo Spirito in un suo inno, dove dice: Alle attente suppliche Dio concede di meritare lo Spirito Santo!17

63.75 - Altre testimonianze di S. Ambrogio utilizzabili contro Pelagio

Citerò anch'io qualcosa da quest'opera di S. Ambrogio dalla quale costui ha riportato quello che ha voluto.

Scrive Ambrogio: "S. Luca dice: Mi è parso bene.  ( Lc 1,3 )

Quello che dichiara essergli parso bene può esser parso bene non a lui solamente.

Non gli è infatti sembrato bene per la sola sua volontà umana, ma secondo il beneplacito del Cristo che, dice l'Apostolo, parla in me ( 2 Cor 13,3 ) e fa sì che possa sembrare buono anche a noi quello che è buono.

Quando infatti egli ha pietà di qualcuno, lo chiama anche.

E perciò chi segue il Cristo, se viene interrogato perché ha voluto esser cristiano, può rispondere: Mi è parso bene.

Dicendo così non nega che sia parso bene a Dio, perché la volontà umana viene preparata da Dio: ( Pr 8,35 ) è infatti grazia di Dio che un santo renda onore a Dio".18

Ecco quello che deve sapere costui, se si diletta delle parole d'Ambrogio: La volontà umana viene preparata da Dio.

E non è un problema o non è un grande problema chi raggiunga o quando raggiunga la perfezione, purché non si dubiti tuttavia minimamente che è impossibile raggiungerla senza la grazia del Cristo.

Quanto poi sarebbe costato a lui stare attento, nelle parole di Ambrogio da lui citate, ad un'altra sola riga in più?

Prima il Santo si domanda: "La Chiesa, formata com'è di gentili, cioè di peccatori, in che modo può risultare immacolata da membra non immacolate se non perché innanzi tutto è stata lavata dai suoi peccati per mezzo della grazia del Cristo e poi perché si astiene dai peccati per lo stile della sua vita che la preserva dal peccare?".

Ambrogio aggiunge qui ciò che costui non ha voluto per un evidente motivo aggiungere.

Dice infatti Ambrogio: "La Chiesa non è stata immacolata nemmeno all'inizio ( perché ciò è impossibile alla natura umana ), ma è per la grazia di Dio e per il suo stile di vita per cui non pecca che appare immacolata".19

Chi non capirebbe la ragione per la quale costui non ha aggiunto queste parole?

È certamente ora nel secolo presente che la Chiesa santa si adopera per arrivare alla purezza più immacolata, voluta da tutti i santi.

Mentre nel secolo futuro, dove non si mescolerà più con lei nessuna persona cattiva e la legge del peccato non si opporrà più dentro di lei alla legge della mente, ( Rm 7,23 ) la Chiesa potrà condurre nell'eternità divina una vita piena d'ogni candore.

Osservi tuttavia costui ciò che il vescovo Ambrogio dice conformemente alle Scritture: "La Chiesa non fu immacolata nemmeno all'inizio, perché è impossibile alla natura umana".20

Dice "all'inizio", intendendo certamente l'inizio della nostra discendenza da Adamo.

Quanto ad Adamo in persona, egli fu creato senza dubbio immacolato; ma che ci siano uomini immacolati fin dall'inizio tra coloro che sono per natura meritevoli d'ira, ( Ef 2,3 ) traendo da Adamo ciò che fu viziato in lui, Ambrogio lo dichiara impossibile alla natura umana.

64.76 - Testimonianze di S. Giovanni Crisostomo

Similmente Giovanni, vescovo di Costantinopoli!, citato da costui, dice che "il peccato non è una sostanza, ma un'azione cattiva". Chi lo nega?

Dice pure: "E perché il peccato non è conforme alla natura e proviene dalla libertà dell'arbitrio, per questo è stata data contro di esso la legge".21 Anche questo chi lo nega?

Ma non si tratta della natura umana come si trova in questa vita, si tratta invece della grazia di Dio dalla quale la natura viene sanata per mezzo del Cristo suo medico.

Di lui non avrebbe bisogno, se fosse sana, questa natura alla quale costui rivendica il potere di non peccare o come se fosse sana o come se le bastasse l'arbitrio della volontà.

64.77 - Testimonianze di Sisto

Ugualmente quale cristiano ignora quello che costui mette in bocca al beatissimo Sisto, vescovo della Chiesa di Roma e martire del Signore?!

Dice Sisto: "Dio ha concesso agli uomini la libertà del loro arbitrio, perché vivendo con purezza e senza peccato diventino simili a Dio".

Ma è compito dello stesso arbitrio ascoltare Dio che chiama, credere in lui e chiedere a lui nel quale crede l'aiuto per non peccare.

Quando infatti dice: "Perché diventino simili a Dio", c'è da ricordarsi appunto che diventeranno simili a Dio in virtù della carità, la quale è stata diffusa nei nostri cuori non dal potere della natura né dal libero arbitrio che è in noi, bensì per mezzo dello Spirito Santo che è stato dato a noi. ( Rm 5,5 )

E quanto a ciò che il medesimo martire dice con le altre parole: "Tempio santo è agli occhi di Dio uno spirito mondo, il migliore altare di Dio è un cuore puro e senza peccato", chi ignora che deve portarsi fino a questa perfezione la purità del cuore con il rinnovarsi dell'uomo interiore di giorno in giorno, ( 2 Cor 4,16 ) ma non tuttavia senza la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore? ( Rm 7,25 )

Ugualmente lo stesso scrittore nel dire: "L'uomo puro e senza peccato ha ricevuto da Dio il potere d'essere figlio di Dio" certamente ha voluto avvertirci che è per opera di Dio se qualcuno è diventato in tal maniera puro e senza peccato ( e non è piccola questione dove e quando questa perfezione si abbia in lui, ma è una ricerca giusta tra persone pie, per le quali tuttavia c'è la certezza che è possibile e la certezza che sarebbe impossibile senza il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù ( 1 Tm 2,5 ) ).

Sisto pertanto, come avevo già iniziato a dire, ha voluto avvertirci prudentemente che, quando qualcuno è diventato così puro e per tale sua purità è giustamente computato tra i figli di Dio, non reputi che ciò sia dipeso dal suo potere perché questo l'ha ricevuto invece per grazia da Dio, non avendolo nella natura ormai viziata e depravata, in conformità a quello che si legge nel Vangelo: A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 )

Non erano certamente figli di Dio per natura e non lo sarebbero in nessun modo, se ricevendo lui non avessero ricevuto per sua grazia quel medesimo potere.

Questo è il potere che rivendica a se stessa la fortezza della carità, la quale non è in noi se non per mezzo dello Spirito Santo che è stato dato a noi. ( Rm 5,5 )

65.78 - Testimonianze di S. Girolamo

Del venerabile presbitero Girolamo riferisce dal suo commento al testo: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ( Mt 5,8 ) le seguenti parole: "Intende coloro che non hanno nessun rimorso di peccato nella loro coscienza".

E aggiunge: "Il Puro è visto dai puri di cuore, il Tempio di Dio non può esser macchiato".22

Ora, tutto ciò si compie in noi appunto se lottiamo, se fatichiamo, se preghiamo, se impetriamo, se dalla grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore ( Rm 7,25 ) otteniamo d'esser condotti a quella perfezione in cui possiamo vedere Dio con cuore puro.

Ugualmente, chi non riconoscerebbe esatto quello che costui attribuisce allo stesso presbitero: "Dio ci ha creati, con il libero arbitrio e non siamo tirati dalla necessità né alla virtù né al vizio.

Altrimenti non c'è nemmeno la corona dove c'è la necessità"?!23

Chi non lo riconosce giusto? Chi non l'accoglie con tutto il cuore?

Chi potrebbe negare che la natura umana sia stata creata diversamente?

Ma la ragione per la quale nell'agire con rettitudine manca ogni vincolo di necessità, è perché c'è la libertà della carità.

66.79 - La triste necessità di peccare

Ripòrtati dunque all'affermazione dell'Apostolo: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Da chi tal dono se non da colui che ascese al cielo, che si portò dietro i prigionieri, che diede doni agli uomini? ( Ef 4,8 )

Che invece venga dai vizi della natura e non dalla creazione della natura una certa necessità di peccare lo ascolti l'uomo dalla Scrittura e perché la medesima necessità sparisca impari a dire a Dio: Liberami dalle mie necessità. ( Sal 25,17 )

Anche in questa orazione noi duelliamo contro il tentatore, che combatte contro di noi approfittando della stessa necessità e pertanto con l'aiuto della grazia per Gesù Cristo nostro Signore ( Rm 7,25 ) otterremo due risultati: e sarà rimossa la malvagia necessità e sarà concessa la completa libertà.

67.80 - Testi agostiniani utilizzati da Pelagio

Veniamo a noi. Costui scrive: "Similmente il vescovo Agostino nei suoi libri Sul libero arbitrio! afferma: Qualunque sia la causa che muove la nostra volontà, se è tale da non poterle resistere, non sarà peccato cedere ad essa.

Se invece è possibile resistere, non si ceda e non si peccherà.

O forse è tale da ingannare l'incauto? Provveda dunque a non farsi ingannare.

Oppure l'inganno è così sottile da non potersi assolutamente evitare? Se fosse così, non ci sarebbe nessun peccato.

Chi pecca infatti facendo ciò che non si può in nessun modo evitare?

Invece si pecca e allora vuol dire che si può evitare".24

Lo riconosco: sono le mie parole. Ma anche costui voglia riconoscere tutto quello che è stato detto prima di esse.

Si tratta appunto della grazia divina che per mezzo del Mediatore ci viene in soccorso come sua medicina, non si tratta dell'impossibilità della giustizia.

Si può dunque resistere a quella causa, qualunque sia; lo si può benissimo.

A tale scopo infatti chiediamo l'aiuto dicendo: Non ci indurre in tentazione. ( Mt 6,13 )

E non chiederemmo l'aiuto, se credessimo di non poter resistere in nessun modo.

Ci si può guardare dal peccato, ma con l'aiuto di colui che non si può ingannare.

A guardarci dal peccato serve, se la rivolgiamo con sincerità, anche la petizione: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )

In due modi infatti ci si guarda dal male della malattia anche nel corpo: in un primo modo perché non ci venga, in un altro modo perché, se è venuta, guarisca presto.

A che il peccato non venga dobbiamo provvedere dicendo: Non ci indurre in tentazione, ( Mt 6,13 ) a che il peccato guarisca presto dobbiamo provvedere dicendo: Rimetti a noi i nostri debiti. ( Mt 6,12 )

Tanto dunque se il peccato incombe come imminente, quanto se è già presente, possiamo guardarcene.

67.81 - S. Agostino precisa il proprio pensiero contro Pelagio

Ma perché la mia sentenza su questo argomento sia sufficientemente manifesta non solo a costui, che li ha letti, bensì anche a coloro che non hanno letto quei miei libri Sul libero arbitrio e che senza aver letto quelli forse leggono questo, è necessario che io riproduca quanto ho scritto in quegli stessi libri.

Se ciò che ho scritto fosse condiviso da costui e accolto nei suoi scritti, non rimarrebbe tra noi nessuna controversia su questo tema.25

Proprio immediatamente dopo le mie parole riportate da lui, io stesso ho affrontato una difficoltà che poteva presentarsi e l'ho risolta per quanto mi è stato possibile dicendo: "Sono tuttavia riprovevoli e si giudicano meritevoli di correzione anche alcune azioni fatte per ignoranza, come leggiamo nelle testimonianze divine".26

E dopo essermi valso di esempi attinenti, ho parlato pure della debolezza morale27 dicendo: "Sono riprovevoli anche certe azioni compiute per necessità, dove l'uomo vuole agire bene e non ci riesce.

Donde vengono infatti questi lamenti: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio"? ( Rm 7,15.19 )

Richiamàti poi a favore di questa sentenza altri testi della parola divina, dicevo:28 "Ma tutti questi lamenti sono di uomini che vengono da quella condanna di morte.

Se infatti non si tratta di una pena, ma della stessa natura dell'uomo, cotesti non sono peccati".

Poco dopo scrivo:29 "Resta dunque che questa giusta pena venga dalla condanna dell'uomo.

Né c'è da meravigliarsi che l'uomo o a causa dell'ignoranza non ha nel libero arbitrio della volontà la capacità di scegliere quello che esige la rettitudine delle azioni, ovvero che per la resistenza dell'abitudine carnale, che la prepotenza della successione mortale ha in qualche modo consolidata come un'altra natura, vede quello che esige la rettitudine delle azioni e lo vuole e non riesce a farlo.

Questa è infatti una giustissima punizione del peccato: che ciascuno perda quel potere che non ha voluto usare in modo buono, quando lo poteva senza nessuna difficoltà, se avesse voluto; cioè in altre parole che chi pur conoscendo non fa il bene, perda la conoscenza di ciò che è bene e chi non ha voluto fare il bene potendolo, ne perda la possibilità quando lo vuole.

L'ignoranza infatti e la difficoltà sono due veri castighi per ogni anima che pecca.

Dall'ignoranza viene l'umiliazione dell'errore, dalla difficoltà l'afflizione del dolore.

Ma approvare il falso per il vero fino ad errare contro la stessa volontà e non poter trattenersi dalle opere libidinose per l'opposizione e la vessazione dolorosa del vincolo carnale, non è natura dell'uomo come è stato creato, bensì pena dell'uomo com'è stato condannato.

Ora, quando parliamo della libera volontà di agire rettamente, parliamo evidentemente di quella volontà in cui l'uomo fu creato".

Poi, alle persone che credono di potersi giustamente lamentare della trasmissione e trasfusione nella prole del primo uomo dei vizi della stessa ignoranza e difficoltà, ho già dato questa risposta:30 "A costoro si risponde brevemente che si quietino e smettano di mormorare contro Dio.

Avrebbero forse ragione di lamentarsi, se tra gli uomini non esistesse nessuno che sia vincitore dell'errore e della libidine.

Ma è presente dappertutto colui che in molti modi per mezzo delle creature dalle quali è servito come padrone chiama chi si allontana, istruisce chi crede, consola chi spera, esorta chi ama, aiuta chi lotta, esaudisce chi prega.

Quindi, non ti si fa colpa della tua ignoranza involontaria, ma della tua negligenza nel cercare ciò che ignori, né ti si fa colpa di non fasciare le tue ferite, ma di scansare chi te le vuole guarire".

In questo modo da una parte ho esortato quanto ho potuto a vivere rettamente e dall'altra non ho reso vana la grazia di Dio, senza la quale la natura umana, ormai ottenebrata e viziata, non può essere illuminata e sanata.

È su questo punto che verte tutta la questione con costoro: che la grazia di Dio offerta a noi nel Cristo Gesù nostro Signore non sia frustrata da noi con una perversa difesa della natura.

Della quale natura ho scritto poco dopo:31 "Anche la natura stessa la intendiamo in due modi diversi: quando parliamo in senso proprio, ci riferiamo alla natura nella quale l'uomo fu in origine creato secondo la sua specie senza colpa; in un altro senso intendiamo la natura attuale nella quale a seguito della condanna di Adamo noi per punizione nasciamo mortali, ignoranti e soggetti alla carne, ed in questo senso l'Apostolo dice: Eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri". ( Ef 2,3 )

68.82 - Norme di pedagogia cristiana

Se dunque vogliamo con esortazioni cristiane "incitare ed infiammare gli animi freddi e pigri a vivere rettamente", sproniamoli prima di tutto alla fede che li faccia diventare cristiani e li sottometta al nome di colui senza del quale non possono essere salvi.

Se invece sono già cristiani, ma trascurano di vivere rettamente, siano bastonati con le minacce e incoraggiati con le lodi dei premi.

Ricordiamoci però d'esortarli non solo alle buone azioni, ma anche alle pie orazioni, e di rifornirli di questa sana dottrina, così che da una parte rendano grazie d'aver fatto dove non c'era difficoltà qualcosa di buono, dopo aver cominciato a vivere bene, e dall'altra parte, dove sentono qualche difficoltà, con le preghiere più fiduciose e perseveranti e con pronte opere di misericordia insistano nell'ottenere dal Signore la facilità.

Coloro che progrediscono così, dove e quando raggiungano la pienissima perfezione della giustizia non m'interessa troppo di saperlo!

Ma qualunque sia il luogo e il tempo in cui diventeranno perfetti ribadisco che non lo possono diventare senza la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

Certo, quando avessero conosciuto con tutta l'evidenza di non avere nessun peccato, non dicano d'avere il peccato, perché la verità non sia in loro, come la verità non è in coloro che hanno il peccato e dicono di non averlo. ( 1 Gv 1,8 )

69.83 - Tutto diventa facile all'amore

Per altro "sono molto buoni i precetti", se ne usiamo legalmente. ( 1 Tm 1,8 )

Il fatto stesso di credere con fede fermissima che "Dio, giusto e buono, non poteva comandarci l'impossibile" ci fa capire e che cosa dobbiamo fare nelle situazioni facili e che cosa dobbiamo domandare nelle situazioni difficili.

Tutte le situazioni diventano facili alla carità.

Solo alla carità è leggero il carico del Cristo, ( Mt 9,30 ) meglio la carità stessa è l'unico carico ed è un carico leggero.

In questo senso è scritto: I suoi comandamenti non sono gravosi, ( Gv 5,30 ) di modo che, se qualcuno li trova gravosi, consideri che Dio non li avrebbe potuti dire non gravosi se non per la ragione che può esserci una disposizione di cuore a cui non sono gravosi, e chieda questa disposizione che gli manca per fare ciò che gli si comanda.

E ciò che si dice ad Israele nel Deuteronomio, se piamente, se santamente, se spiritualmente s'intende, ha questo medesimo significato, perché, dopo aver citato proprio tale testimonianza: Presso di te è la parola, nella tua bocca e nel tuo cuore ( Dt 30,14; Rm 10,8 ) ( al posto del cuore questo mio codice ha nelle tue mani: nel cuore infatti ci sono mani spirituali ), l'Apostolo soggiunge: Cioè la parola della fede che noi predichiamo. ( Rm 10,8 )

Chi dunque si converte al Signore suo Dio, come si comanda nel Deuteronomio, con tutto il cuore e con tutta l'anima, ( Dt 20,2 ) non sentirà gravoso il comandamento di Dio.

Come infatti potrebbe esser gravoso, se è il comandamento dell'amore?

O uno infatti non ama e per questo è gravoso, o ama e allora non può esser gravoso.

Ma uno ama, ed è l'avvertimento ivi rivolto ad Israele, se si converte al Signore suo Dio con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima.

La parola di Dio dice: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri ( Gv 13,14 ); e: Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge, ( Rm 13,8.10 ) e: Pieno compimento della legge è l'amore. ( Rm 13,10 )

Nel medesimo ordine d'idee è stato detto pure: Se camminassero per vie buone, troverebbero piani i sentieri della giustizia. ( Pr 2,20 )

Perché allora si legge: Per le parole delle tue labbra ho seguito vie dure ( Sal 17,4 ) se non perché è vera l'una e l'altra verità?

Sono vie dure per il timore e sono vie piane per l'amore!

70.84 - La misura della carità è la misura della santità

Pertanto una carità principiante è una giustizia principiante, una carità matura è una giustizia matura, una carità grande è una giustizia grande, una carità perfetta è una giustizia perfetta!

Perfetta però è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera. ( 1 Tm 1,5 )

La carità è somma in questa vita, quando per lei si disprezza la stessa vita. ( Gv 15,13 )

Ma sarei sorpreso che la carità non avesse modo di crescere dopo che sarà uscita dalla vita mortale.

Dovunque poi e quando sia così piena la carità da non esserci più nulla che le si possa aggiungere, essa tuttavia non si riversa nei nostri cuori per le forze della natura o della volontà che si trovano in noi, bensì per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato ( Rm 5,5 ) il quale e soccorre alla nostra debilità e concorre alla nostra sanità.

È infatti la stessa grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )

A lui con il Padre e lo Spirito Santo eternità e bontà nei secoli dei secoli. Amen.

Indice

16 Ambrogio, Expos. in Ev. Lc 1, 17
17 Ambrogio, Hymn. 3, 7-8
18 Ambrogio, Expos. in Ev. Lc 1, 10; cf. AUG., De dono persev. 19, 49
19 Ambrogio, Expos. in Ev. Lc 1, 17
20 Ambrogio, Expos. in Ev. Lc 1, 17
21 Girolamo, Ep. 133, 3
22 Girolamo, Comment. in Ev. Mt 1, 5, 8
23 Girolamo, Contra Iovinianum 2, 3
24 Aug., De lib. arb. 3,18,50
25 Aug., Retract. 1,9,5
26 Aug., De lib. arb. 3, 18,51
27 Aug., De lib. arb. 3, 18,51
28 Aug., De lib. arb. 3, 18,51
29 Aug., De lib. arb. 3,18,51
30 Aug., De lib. arb. 3,19,53
31 Aug., De lib. arb. 3,19,54