La storia della Chiesa

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II. Il problema delle cause

1. Per dare al problema delle "cause" della Riforma un'impostazione feconda è necessario chiarire in modo particolare l'essenza della storia: vita incessantemente fluttuante, in stratificazioni multiformi, correnti e controcorrenti, risultante da innumerevoli interferenze di impulsi diversissimi: un tutto che si attua per gran parte nell'inconscio, che è guidato da misteriose finalità, il cui enigma non è perfettamente decifrabile.

Storia è, in senso vero, vita; e vita è, sempre, anche mistero.

La somma delle sue componenti - posto che fosse possibile conoscerle tutte - non da come risultante la totalità vivente.

Perciò la ricostruzione e l'interpretazione dello storico sono costrette in confini angusti.

2. Per la Riforma, in particolare, occorre chiarire in partenza che essa è tutt'altro che un avvenimento semplice, unitario e trasparente.

È piuttosto una realtà straordinariamente complessa, sia in sé, sia nelle sue articolatissime fondamenta, antiche di secoli e sulle quali essa si eleva.

Anzi, queste fondamenta rappresentano l'elemento capitale.

Se pensiamo alla colossale lotta politico-ecclesiastica tra papato e impero, fra astratte formule logico-scolastiche ( e giuridiche ) e la natura profetico-religiosa dell'annuncio della Bibbia, che abbiamo già incontrato nel Medioevo, comprendiamo allora quanto poco casualmente sia venuta la Riforma, quanto poco artificiosamente o dall'esterno si siano « compiuti » in essa i fatti.

La Riforma è tanto un fatto sociale, quanto l'opera di singole, eccezionali personalità.

Come fenomeno sociale è un movimento sia culturale che decisamente politico ed economico; d'altra parte però ubbidisce, per molti aspetti, alle leggi di comunità ecclesiastiche sia di dimensioni limitate che più ampie.

Come movimento culturale, a sua volta, è soprattutto religioso-teologico, con tutta la straordinaria ampiezza dei vasti problemi che sono in stretto contatto con la religione, col cristianesimo, col papato in genere e, in particolare, nella sua forma medievale; ma nella sua diffusione esso rivela delle strette relazioni col movimento filosofico-individualistico dell'umanesimo; si manifestano nei loro effetti molteplici sconvolgimenti ed istanze, già presenti tanto copiosamente nel tardo Medioevo in tutti i campi d'attività.

La Riforma non è soltanto un processo ecclesiastico, religioso e, meno ancora, esclusivamente teologico o storico-teologico, ma una lotta politica nel senso più ampio.

Ciononostante, essa è soprattutto un prodotto di singole personalità creative, come Lutero e Calvino che con i viventi dissidi interiori delle loro personalità, accrescono e complicano quanto abbiamo già accennato.

Tutto questo fa della Riforma quasi un'immagine della fine del secolo XV, da noi considerato come un mondo in ebollizione; è un'epoca di acuti contrasti in tutti i campi; inoltre, attraverso le personalità a cui abbiamo fatto riferimento fluisce nel processo un qualcosa di multiforme ed inesauribile; e ciò in quella forma misteriosissima che segna il limite, dolorosamente avvertibile, in cui incorre l'illustrazione delle grandi figure storiche.

Ma un processo storico di tanta complessità e di significato così pregnante, non si potrà mai decifrare chiaramente, in tutte le sue cause prossime e remote, nel loro reciproco influsso e nella loro portata.

Ci si deve perciò convincere sin dall'inizio che, con l'elenco di un certo numero di elementi caratteristici, si può tracciare un misero schema, come risposta al problema delle « cause » della Riforma, ma che non si può dare una reale soluzione al problema della Riforma.

3. È necessario, pertanto, prendere il concetto di « cause » nel senso più lato, come premesse e preparazioni.

In questo caso, la risposta al problema sta pressoché in tutti gli avvenimenti che corrono dalla fine del Medioevo fino a questo periodo.

Ai paragrafi 59-73 sotto taluni aspetti si potrebbe dare il titolo generale: « cause della Riforma », o, in altri termini: « come si arrivò alla Riforma ».

La Riforma fu preparata e causata dallo sgretolarsi dei princìpi fondamentali, e quindi degli atteggiamenti fondamentali che reggevano il Medioevo.

All'inizio del XVI secolo questo sgretolamento e, quindi, la nuova situazione, sono caratterizzati da quei fattori considerati nei §§ 73-78 e riscontrabili nell'interno della Chiesa ( papato, vescovi, clero, popolo ), accanto e contro di essa ( umanesimo, « socialismo », apocalittica, spiritualismo, chiesa di stato ).

Con questo risultato complessivo: la stabilità del patrimonio religioso della Chiesa si fa precaria, regna una pericolosa scontentezza circa la situazione vigente nella Chiesa, una riforma nel capo e nelle membra viene avvertita come urgentemente necessaria, anzi d'importanza vitale.

4. La Riforma è una lotta per la vera forma del cristianesimo.

Non era affatto naturale che si desse una simile lotta; e meno naturale ancora che essa venisse risolta da una gran parte della cristianità occidentale in senso anticattolico e antipapale.

Chiarire la possibilità della Riforma in genere, partendo da ambedue i problemi e dalla situazione della Chiesa d'allora appartiene alle indeclinabili premesse per la sua comprensione ( sia del suo sorgere, che della sua valutazione oggettiva ).

La premessa fondamentale per la possibilità del sorgere della Riforma era duplice:

a) che di fronte alla Chiesa cattolica esistente e allora dominante nascesse il problema, sotto forma di dubbio, se essa fosse realmente la vera Chiesa di Gesù Cristo.

Questo problema si pose a poco a poco e venne sviluppandosi da diversi motivi.

Pur non avendo ancora trovato la sua formulazione, esso era da tempo latente e inespresso nell'intimo di correnti di pensiero e di avvenimenti decisivi, finché ( in parte anche sorprendentemente presto ) venne alla luce o anche soltanto si preannunciò nelle forme più svariate di accusa, di minaccia, di istanza o di tesi teologica.

Dal risveglio della pietà personale nel XII secolo ( § 50 s ) e della critica della teologia monastica alla concezione politicizzante del governo papale ecclesiastico ( Bernardo di Chiaravalle ), si giunse, attraverso la lotta distruttiva con l'illuminato Federico II, alle tendenze disgregatrici antipapali del tardo Medioevo ( Filippo IV; Occam; idea conciliare; primo « gallicanesimo »; particolarmente deleterio lo scisma d'Occidente; Valdesi, Catari, Wiclif, Hus; in complesso: il bisogno di una riforma ecclesiastica ).

b) Solo lentamente il problema penetrò nelle moltitudini e, ancor più lentamente, l'Occidente ne prese coscienza.

Ma nella vita filosofica, religiosa, politica ed economica i legami con la Chiesa in pratica si allentarono sempre più, facendosi meno assoluti: l'intangibilità di tutto ciò che riguardava la Chiesa, che era rimasta incontrastata per lunghi secoli nella coscienza occidentale, si dilegua: si delinea la possibilità di una radicale trasformazione.

All'inizio dell'età moderna, il dissolvimento dell'idea di cattolicità si era fatto notevolmente pericoloso per una duplice manifestazione:

1) in una forma aggressiva, eretica o ereticale: ussitismo, apocalittica, spiritualismo;

2) nella forma di una più latente decomposizione interna: sintomi di un certo indifferentismo nella cultura rinascimentale, allontanamento spiritualistico della cultura umanistica dalla realtà di fede della Chiesa e, in particolare, una fortissima mancanza di chiarezza teologica ( occamismo nominalista; spiritualismo umanistico; incoerenza tra idea religiosa e vita mondana nei prelati; tensione nell'idea di Chiesa tra curialismo, anzi curialismo assoluto, e conciliarismo ).

5. Ciononostante, all'inizio del secolo XVI la Chiesa papale era ancora sempre la forza primaria del tempo.

Essa fungeva sempre da custode e da guida naturale di tutta la vita pubblica e privata.

Anche la vita dello Stato sembrava possibile, solo sul fondamento di dogmi e ordinamenti ecclesiastici.

La dissoluzione ricordata, sbalorditivamente profonda e penetrata dappertutto, era ancora in gran parte latente.

Molti erano giunti proprio ad un punto, in cui anche un breve, ulteriore passo nella direzione intrapresa li avrebbe separati dalla Chiesa: ma ne erano ignari.

Intanto, fu proprio questa « dissoluzione » interna e quest'inconscio estraniarsi dalla Chiesa nella sua qualità di maestra vincolante, che trasformò l'attacco, quando fu portato da Lutero, in un colpo così demolitore

6. Quanto finora abbiamo accennato ( e che resta da motivare ulteriormente ) abbraccia solo le premesse della Riforma.

Oltre a queste vi è un complesso di « cause », che per una più approfondita intelligenza, va nettamente distinto dal punto di vista del metodo da quelle.

Si tratta delle cause immediate e dirette della Riforma.

Vale a dire dei riformatori: Martin Lutero ( § 82 ), Giovanni Calvino e Ulrico Zwinglio ( § 83 ).

E qui si deve subito, anche se provvisoriamente, richiamare l'attenzione su un fatto decisivo: Lutero non proveniva ( o solo in minima misura ) da quegli strati della dissoluzione interna, religiosa della Chiesa ( anche se derivava decisamente dall'atrofia teologica di quel tempo ).

Il suo punto di partenza è dato dalla serietà religiosa.

Ma fu proprio la coincidenza dei dubbi, sorti occasionalmente in lui, con i dubbi dell'ambiente da cui proveniva che conferì al suo colpo una violenza inaudita.

7. a) In concreto! In un processo storico di violente e radicali trasformazioni - in una rivoluzione in grande stile - raramente, un individuo ha avuto tanta importanza quanta ne ebbe Lutero per la Riforma.

È senz'altro vero che Lutero non espresse nemmeno un'idea che non si potesse ritrovare in molti teologi, critici e predicatori prima di lui.

Partendo da questo dato di fatto, anche da parte protestante ( es. Haller ), si è sottovalutato il contributo originale di Lutero alla Riforma; la sua importanza si limiterebbe sostanzialmente all'aver fatto scoccare la scintilla nella polvere già accumulata, e quindi ad un ruolo di organizzatore e ad una funzione di causa occasionale.

Ma una tale interpretazione non coglie l'essenziale.

Lutero è decisivo per la Riforma, anche in un senso materiale.

Essa vive essenzialmente della sua forza, e questa non è affatto semplicemente derivabile dal patrimonio tramandato.

L'esposizione deve dunque partire da lui.

E qui l'interrogativo capitale è questo: come divenne riformatore Lutero?

Da questo interrogativo deriva il primo compito, e di gran lunga il più importante: comprendere, storicamente e psicologicamente, la sua prima evoluzione.

La comprensione e la successiva valutazione del riformatore e della sua opera dipenderanno, in gran parte, dal risultato che si sarà raggiunto.

b) Il compito suesposto è, psicologicamente, di assai ardua soluzione, pur prescindendo dagli ostacoli di natura psichica inerenti alla materia ed alla sua particolare natura: per i protestanti perché essi vedono in Lutero l'eroe per eccellenza della loro storia e quindi sono sempre inclini a sopravvalutarlo e poco disposti ad accettare apertamente una critica nei suoi confronti.

Il fatto che essi, in teoria, concedano anche un altro punto di vista e sottopongano Lutero al vaglio di una critica totale, muta ben poco nei confronti della sensibilità concreta che oggi, oltretutto, è ancora meno critica che nel secolo XIX; per noi cattolici, perché Lutero è il distruttore dell'unità della Chiesa ed è condannato come eretico.

Per questo motivo è necessario chiarire il nostro orientamento di principio nello studio della Riforma.

8. Le « cause » della Riforma spiegano come si poté e, in certo qual senso, come si dovesse giungere storicamente alla Riforma; esse spiegano il « come » della sua origine.

Non sono però una giustificazione teologica della Riforma ( § 81 ).

Naturalmente, le « cause » della Riforma, come già abbiamo visto, sono così profonde e così estese; tra le istanze avanzate dalla Riforma si trovano in misura così ampia esigenze centralmente cristiane, cattoliche, che dobbiamo essere così avvertiti da non dimenticare o prendere meno sul serio le dichiarazioni fatte e già espresse antecedentemente, ora che stiamo facendone altre.

Un valido aiuto che potrebbe preparare la strada ad una giusta presa di posizione per un cattolico è la considerazione che, dal punto di vista storico, la Riforma cattolica del XVI secolo all'interno della Chiesa non ci sarebbe stata, senza la minaccia che la Chiesa avvertì nella Riforma protestante.

Questa osservazione però dovremo ancora ulteriormente delimitarla ( § 86 ss ); comunque essa rimane così saldamente provata nella sua giustificazione, e di una portata così enorme, da escludere ogni tentativo di studiare in piena responsabilità, l'avvenimento della Riforma, se non come giudizio di Dio.

Un altro valido aiuto ci sarà dato dal contenuto religioso della Riforma.

Vedremo come le personalità, che si ergono contro la Chiesa, non annuncino affatto soltanto cose eretiche.

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