La storia della Chiesa

Indice

III. Altre chiese autocefale

Fra le altre chiese orientali autocefale, interessano maggiormente quelle dei Balcani e la chiesa di Grecia.

La loro indipendenza ha subito molti mutamenti nel corso dei secoli e così anche la loro dipendenza da Costantinopoli.

La stessa cosa vale anche per le chiese del vicino Oriente.

La già ricordata chiesa georgiana, le chiese del Baltico e di Polonia si trovano in un'analoga situazione per i loro rapporti con Mosca.

La storia della cristianità orientale dimostra in generale, come abbiamo detto, una sconcertante complessità.

Se si tentasse, nel breve spazio a disposizione, di tratteggiare le sorti delle molte chiese minori, circa venti in tutto, la cosa si farebbe evidentissima e ne risulterebbe un arido accostamento di singoli dati di fatto.

Ma è proprio in questi accostamenti, interferenze e contrasti che si riflette il destino di queste comunità.

Il lettore dovrà, pertanto, non solo prendere nota di quelle particolarità, ma riconoscere nella loro multiformità un atteggiamento fondamentale della storia delle chiese in questione.

a) La chiesa armena

1. In ordine di antichità, il primo posto spetta alla chiesa degli armeni.

Probabilmente essa risale al I secolo.

A causa delle innumerevoli persecuzioni, esili, migrazioni e frazionamenti che gli armeni dovettero subire attraverso i secoli, la storia della loro chiesa non si presta facilmente ad una presentazione unitaria e complessiva.

Va tenuto presente, prima di ogni altra cosa, che essa, fino ai nostri giorni, è stata sempre sottoposta ad indicibili sofferenze: è, in grado eccezionale, una chiesa di martiri a partire dalle persecuzioni dei persiani ( 428 ) che avevano conquistato l'Armenia, fino alle atroci uccisioni in massa del 1895-96 e alle crudeltà di cui si resero colpevoli i turchi durante e dopo la prima guerra mondiale: parecchie centinaia di migliaia di armeni ( o forse più di un milione ) furono assassinati, la popolazione totale fu ridotta alla metà ( in parte perché gli armeni non vollero abbracciare la religione islamica ).

2. Gli armeni erano e sono monofisiti.

Il fatto che i bizantini conquistassero le loro sedi ( Antiochia ), introducessero con la violenza l'ortodossia, deportassero parte della popolazione in Occidente, creò negli oppressi un'intima e stabile avversione verso i conquistatori.

Dallo scisma del 1054, la loro storia è piena di tentativi di ristabilire l'unione con Roma.

Durante le crociate gli armeni e i giacobiti ebbero coi latini rapporti migliori di quanto non avessero avuto con gli ortodossi.

3. Nell'età moderna essi, da tempo, non vivono più soltanto nella loro patria, già a suo tempo contesa fra le grandi potenze confinanti ( persiani e bizantini ).

Il XV secolo ha segnato l'inizio di un nuovo periodo di gravi sofferenze.

Sotto la pressione dei tartari e dei turchi ebbero inizio ingenti emigrazioni; sorsero numerose colonie armene in paesi e continenti diversi: a Costantinopoli, in Cilicia, in Palestina, in Mesopotamia, in Egitto, in Geòrgia e in Persia.

4. Nel XVI secolo si ebbero proficue trattative di unione con Roma.

Purtroppo, come spesso accade nella storia di tentativi di unione, si vollero delle ipercompensazioni: esagerate pretese di latinizzazione privarono i tentativi del meritato successo.

Rimase sempre, naturalmente, una piccola comunità cattolica armena unita.

Nuovi successi furono ottenuti dai missionari occidentali del XVII secolo soprattutto a Costantinopoli, in Siria, in Armenia e in Persia.

Nel XVIII secolo, numerose conversioni di armeni al cattolicesimo contribuirono ad introdurre in Occidente la conoscenza della pietà orientale: dalla conversione del monaco armeno Pietro Mechitar ( 1695 ) ebbe origine l'ordine dei mechitaristi, che con due congregazioni a Venezia ( isola di S. Lazzaro ) e a Vienna, con parecchie fondazioni nelle regioni balcaniche, in particolare con le proprie tipografie, tanto ha fatto per la conoscenza della lingua e della letteratura armena.

Nel 1760 Roma poté istituire una gerarchia armena ( sede a Beirut ).

Ma anche in Polonia fu istituita l'arcidiocesi armena unita di Leopoli, che rimase attiva fino al 1945, cosicché per un certo periodo ci furono due chiese armene unite.

5. Fra gli elementi che caratterizzano oggi la vita ecclesiastica delle comunità ortodosse armene e la condizionano, troviamo le eccessive pretese avanzate dai laici per una partecipazione alla direzione della Chiesa ( anche all'elezione del vescovo ).

In campo teologico è andata affermandosi la moderna concezione protestante per la quale il matrimonio non è un sacramento.

I sacerdoti, tuttavia, vivono per la maggior parte in celibato e in comunità, ma non in veri e propri monasteri.

6. Oggi la chiesa armena gregoriana conta tre milioni e mezzo di fedeli, suddivisi in due cattolicati e due patriarcati, ed è soggetta al katholikos ( di Egmiadzin, monastero presso Erivan ).

La Chiesa armena unita consta di quattro arcidiocesi e tre diocesi con centoquarantacinque sacerdoti e circa un milione e duecento mila fedeli.317

b) La chiesa georgiana

Tra le chiese più antiche c'è anche la georgiana.

Risale al IV secolo.

La sua fondazione viene posta in rapporto con Costantino il Grande.

Dal 692 ( Trullano ) è autocefala con gerarchia propria sotto un « katholikos » ( cattedra archiepiscopale di Tiflis ) e ( già dal VI secolo ) usa quale lingua liturgica il georgiano, anziché il greco.

Anche la chiesa georgiana, data la sua posizione geografica, è fra quelle che ebbero molto a soffrire a causa delle dominazioni straniere, sotto i persiani, gli arabi, nei secoli XIII e XIV sotto i mongoli, finché il paese cadde completamente nelle mani della Persia.

Nel 1801 passò alla Russia, nel 1918 fu nuovamente istituito un katholikos georgiano.

Anche questa chiesa subì tutta l'asprezza della persecuzione bolscevica, compresa la profanazione della cattedrale di Tiflis.

Oggi la chiesa georgiana conta circa due milioni di fedeli ortodossi con otto vescovi ( 1963 ).

Fa parte del Consiglio ecumenico delle Chiese.

c) La chiesa rumena

La chiesa rumena è antica quanto quella georgiana.

Come dimostra la lingua rumena, la sua cultura è di origine latina.

Abbiamo delle notizie sicure sulla storia della sua chiesa, soltanto a partire dal XIV secolo.

In quel tempo la Chiesa era soggetta ad una diocesi bulgara.

Dalla stessa ricevette la liturgia già slavo-bizantina in lingua slava; ciò costituì, per essa ( come per la chiesa bulgara ), un mezzo per rafforzare la sua indipendenza di fronte al patriarca ecumenico e alle sue tendenze di grecizzazione.

Nel tardo Medioevo subì da parte dell'Ungheria, in maniera sempre più crescente, dei forti influssi latini.

Dopo la caduta di Costantinopoli, prima dell'ascesa di Mosca, la Romania divenne un centro di vita ortodossa ( per es.: stampa ).

Il dominio turco ( dal 1393 al 1484 ) non intaccò sostanzialmente la vita di questa chiesa.

Fino al 1648 si celebrò la liturgia in veteroslavo ecclesiastico e in greco, poi il romeno divenne lingua liturgica.

Nel XVII secolo il romeno Pietro Moghila, metropolita di Kiev, rivestì un ruolo di grande importanza teologica.

A partire dal 1700 crebbe nuovamente l'influenza greca.

La fusione dei due territori della Moldavia e della Valacchia in una unità politica ( 1858 ) portò all'annullamento di questa influenza straniera, ad una ulteriore secolarizzazione e, nel 1865, all'autocefalia ( col romeno come lingua della Chiesa ).

Ci furono dei forti contrasti con la chiesa non ortodossa, che si stava sviluppando in forma indipendente nella Transilvania e in Ungheria.

Nel XVIII secolo il monastero rumeno di Neamtzu divenne un centro irradiatore del rinnovamento monastico, proveniente dal Monte Athos, soprattutto per la Russia ( abate Paisios Velitchowsky ).

Dopo la prima guerra mondiale, la Romania, con l'annessione della Transilvania ( parte dell'Ungheria, della Bucovina e della Bessarabia ), ricevette anche una notevole minoranza cattolica ( di rito in parte latino e in parte romeno ) e forti comunità protestanti.

Nel 1925 tutti gli ortodossi della Romania ( anche ucraini, russi, serbi ) furono riuniti sotto un solo patriarcato.

La Costituzione dello Stato si riferiva esplicitamente, oltre che alla prevalente ortodossia, anche alla chiesa unita.

Tuttavia, l'enorme frazionamento delle forze favorì tutta una serie di rivalità e di contrasti di competenza ( motivati anche politicamente ) e inoltre una forte pressione degli ortodossi sui cattolici, anche sotto forma di un poco simpatico proselitismo.

La cultura teologica ortodossa romena fu sempre all'avanguardia di tutta l'ortodossia con quattro facoltà teologiche e un seminario in ogni diocesi.

Fu molto importante, per l'orientamento interno, il fatto che molti professori si formassero nelle facoltà evangeliche della Germania, ma anche in quella cattolica dell'Università di Strasburgo ( College S. Basile ).

Nel 1929 fu firmato un concordato, il quale, benché ( secondo la Costituzione ) avesse intenti spiccatamente nazionali, anzi nazionalistici, garantiva però ai vescovi ( socialmente elevati ) una notevole influenza sull'insegnamento religioso, cosa questa molto importante per il rifiorire della scuola.

Non esistevano ordini cattolici autoctoni; lavoravano tuttavia alacremente basiliani, gesuiti, assunzionisti e francescani di rito orientale.

Dopo la seconda guerra mondiale il comunismo dichiarò nullo il concordato; distrusse la chiesa cattolica, tutti i vescovi latino e greco-cattolici furono incarcerati.

La chiesa ortodossa, anche se estremamente oppressa, è oggi ancora la più vitale di tutte le chiese ortodosse, dal punto di vista teologico e monastico.318

Oltre al patriarca governano la Chiesa quattordici vescovi.

Ci sono due Istituti teologici a livello universitario e sei seminari ( 1963 ).

d) La chiesa di Bulgaria

1. Sappiamo già dalle funeste lotte fra Roma e Costantinopoli ( § 41, II ) per la cristianizzazione dei bulgari e per la loro organizzazione ecclesiastica, quale ruolo determinante abbia avuto la questione della nazionalità e in particolare della lingua liturgica.

Il clero latino, in quel tempo, dovette abbandonare il paese.

E viceversa, dopo la morte di Metodio i missionari slavi furono espulsi dalla Moravia; essi lavorarono poi su suolo bulgaro e serbo.

Proprio allora, nel secolo IX, la chiesa bulgara ebbe un proprio patriarca.

Sua sede fu dal 919 Preslav; sotto la pressione dei bizantini vincitori ( Basilio III, l'uccisore dei bulgari ) la sede fu trasferita a Ochrida ( venne soppressa nel 1767 ).

La caduta del regno bulgaro ( 1018 ) comportò anche la fine del suo patriarcato.

Ma nel 1186 sorse un secondo regno dei bulgari e con esso ritornò pure l'indipendenza della loro chiesa.

Al tempo della quarta crociata, il principe regnante Kalojan entrò addirittura in relazione con Innocenze IV e fu incoronato dal legato pontificio ( 1204 ).

L'unione fu di breve durata.

Già il primo successore ritornava a propendere per Costantinopoli e così l'autonomia ecclesiastica fu riconosciuta dal patriarca orientale.

2. Nel 1393 la Bulgaria fu conquistata dai turchi.

Dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, quando il patriarca ecumenico fu nominato dai turchi etnarca degli ortodossi di tutto l'impero ( v. sopra, § 121, II, 2 ), la chiesa slavo-bulgara venne « grecizzata » ancor più di prima; di regola, l'arcivescovado di Ochrida era occupato da un greco.

Questa fu anche la causa del noto odio dei bulgari verso i greci.

Essi non smisero mai di aspirare all'autonomia, sia nazionale sia ecclesiastica.

Per l'indipendenza ecclesiastica si appellavano a quello stesso principio che i greci, a loro volta, facevano valere per non concederla; presupposto per avere l'autonomia ecclesiastica era l'indipendenza politica; ma, d'altra parte, secondo la concezione musulmana, l'autonomia ecclesiastica trasformava quella data comunità religiosa ipso facto in una « nazione » autonoma ( = Millet ).

Queste aspirazioni poterono finalmente amalgamarsi con le spinte nazionali del XIX secolo.

Dopo che i bulgari avevano tentato, in tutti i modi, di celebrare la liturgia in lingua slava, il sultano nel 1870 permise l'erezione di un esarcato bulgaro indipendente ( con sede a Costantinopoli ), che nel 1872 ottenne la piena autonomia.

Il patriarca ecumenico, con l'approvazione dei patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di parecchi vescovi greci, condannò questo stato di cose come scisma.

La chiesa russa e la serba invece ( ma anche parte di quella antiochena ) non si associarono alla condanna.

Solo la pressione nazional-comunista, proveniente dall'esterno, fece sì che si effettuasse l'unione col patriarca ecumenico ( 1945 ).

3. a) Già dopo la prima guerra mondiale si manifestarono, come in Serbia, fra il basso clero ( e fra i laici ) delle tendenze radicali, simpatizzanti per la Russia rivoluzionaria: un concilio nazionale con una maggioranza laica ( vi presero parte anche dei non credenti ) fu convocato nel 1921.

Ma nonostante la dipendenza della chiesa dal potere politico, il governo, in cui il partito rivoluzionario dei contadini aveva la maggioranza, non raggiunse il suo scopo.

Si cercò quindi di raggiungerlo adottando delle misure più drastiche: persecuzione, confisca, proibizione dell'istruzione teologica ( a Sofia ), diffusione dell'ateismo nell'insegnamento elementare, riduzione dell'insegnamento della religione a un'ora settimanale nei primi anni e nelle scuole superiori a sette ore in tutto l'anno.

Dopo il 1938 si concesse nuovamente maggior tempo all'insegnamento religioso.319

b) Un motivo fondamentale per la relativa debolezza della Chiesa fu la forte decadenza dell'istruzione del clero, durante la dominazione turca: quasi i due terzi non possedevano alcuna istruzione teologica; un po' più di un terzo aveva una cultura teologica elementare; ma nemmeno l'1% aveva ricevuto un'istruzione teologica a livello universitario.

A partire dal '30 si fecero in questo campo notevoli progressi, finché, anche in Bulgaria, il comunismo intervenne in forma violenta: è vero che nel 1951 fu ricostituito il patriarcato, ma solo dopo che lo Stato si era fatto riconoscere dal santo sinodo il diritto esclusivo su tutta l'educazione della gioventù, mentre il sinodo, da parte sua, dovette esplicitamente rinunciare a ogni attività che non fosse di stretta attinenza con il ministero ecclesiastico.

Moltissimi elementi del clero si iscrissero, senza l'approvazione dei loro vescovi, ad associazioni comuniste.

4. I cattolici costituiscono in Bulgaria una sparuta minoranza.

I forti attriti con Costantinopoli rafforzarono bensì antichi approcci di un movimento d'unione; nel 1861 si pervenne perfino ad una unione, ricca di speranze, con Roma; a Costantinopoli fu istituito un vicariato apostolico per la « Nazione bulgara cattolica » con rito proprio: il numero dei cattolici salì a sessantamila.

Ma a questo punto si intromise la Russia, che non vedeva di buon occhio una Bulgaria orientata verso Occidente; il vicario apostolico fu rapito e imprigionato, il numero dei cattolici si ridusse nuovamente a quattromila.

Ma non mancarono neppure iniziative infelici da parte dei latini.

L'opera considerevole svolta da assunzionisti, francescani e da una congregazione autoctona di monache ( dal 1889 ), dopo la seconda guerra mondiale, fu annullata dal comunismo con la chiusura delle scuole.320

e) La chiesa serba

1. Anche le vicende della chiesa serba manifestano, sin dalle origini, l'influsso da parte del potere politico che abbiamo già ricordato ed è caratteristico per lo sviluppo delle chiese in Oriente.

Poiché esso mutò più volte, venne anche a cambiare la fisionomia della chiesa del paese.

Sotto il dominio bulgaro i serbi ebbero la liturgia slava ( dall'893 organizzata ecclesiasticamente da Ochrida ); dopo la distruzione del regno bulgaro, anche la chiesa serba fu « grecizzata ».

In seguito però sorse un gran regno serbo, il cui fondatore, Stefano II, in un primo tempo, cercò di allacciare relazioni con l'Occidente: nel 1217 ricevette la corona dalla chiesa romana.

Ma nel 1219 anche Bisanzio riconobbe l'autocefalia della Serbia.321

Nel 1347 l'arcivescovo serbo ricevette il titolo di patriarca.

Nel 1354 Stefano Dusan322 riallacciò relazioni con l'Occidente per organizzare - sotto la sua guida - una comune difesa contro la minaccia dei turchi.

Ma questo tentativo fallì; e si ebbe la disastrosa disfatta degli eserciti cristiani a Cossovo nel 1389.

Nel XIV secolo i vescovi greci furono cacciati e sostituiti da serbi.

La ostile separazione da Bisanzio che ne derivò fu superata soltanto dal comune pericolo dei turchi: i due patriarcati si unirono.

Ma i turchi vincitori liquidarono il patriarcato serbo ( 1459 ).

Fu riconosciuto un secolo dopo323 e nel 1766 fu nuovamente soppresso.

2. Il giogo turco gravò bensì, per interi secoli e con particolare oppressione, sulla chiesa serba.

Ma la coscienza della fede cristiana, strettamente unita all'inflessibile volontà nazionale, dette prova ( del resto anche di fronte ai tentativi di grecizzazione ) di essere di una saldezza adamantina.

Molti monasteri serbi dimostrarono in quel tempo una confortante forza liturgica e formativa per il clero, che sopravvisse anche alla soppressione del patriarcato.

Lo stato di necessità, creato dal dominio turco, diede origine a parecchie emigrazioni verso la Slavonia e l'Ungheria meridionale ( 1690-91; 1737 ).

3. La vita religiosa era intensa anche nelle comunità ortodosse unite.

Essa trovava un notevole appoggio nell'opera di monaci e monache orientali.

Il loro vescovo, tuttavia, in qualità di suffraganeo, era subordinato al vescovo latino di Zagabria.

Dopo un brevissimo periodo di occupazione greca, il popolo serbo, all'inizio del XIX secolo, raggiunse nuovamente, insieme con l'autonomia politica, anche quella ecclesiastica.

Nel 1831 un serbo divenne metropolita di Belgrado, nel 1848 la sede metropolitana di Carlowitz fu elevata al rango di patriarcato, nel 1878-79 fu riconosciuta autocefala da Costantinopoli.

Nel 1920 fu ricostituito l'antico patriarcato serbo, fu però soppresso quello di Carlowitz.

4. Anche fra i serbi dopo la prima guerra mondiale si manifestarono tendenze di carattere ecclesiastico-rivoluzionario, che presero di mira anche le strutture gerarchiche; in campo disciplinare fu richiesta, ma non accordata, l'autorizzazione ai sacerdoti vedovi di contrarre un secondo matrimonio.

I tentativi di Roma per stipulare un concordato in favore della rilevante minoranza latina324 furono sempre decisamente avversati e frustrati.

Durante la 2° guerra mondiale si giunse ad una funesta esasperazione dei contrasti nazionali fra serbi e croati, inaspriti ancora dalla discordia religiosa fra ortodossi e cattolici.

Il clero cattolico prese parte a quella lotta, che degenerò così in una persecuzione religiosa dei serbi ortodossi, e che poi dovette tristemente espiare ( processo contro l'arcivescovo Stepinac ).

5. Dopo la 2a guerra mondiale, anche la chiesa serba soggiacque al dominio della violenza comunista.

Si costituì anche una « Unione democratica dei sacerdoti », orientata secondo le linee del partito; fino ad oggi però non è stata riconosciuta dai vescovi; fu opposta, tuttavia, anche una virile resistenza ( carcere, deportazioni, esecuzioni ).

I vescovi cattolici nel 1945 definirono la situazione come praticamente corrispondente ad una pubblica persecuzione della Chiesa.

Accanto alle rappresaglie contro il clero, caratterizzava la situazione l'assoluta impossibilità di usare dei normali strumenti pastorali ( caritas, scuola, stampa ); in tempi più recenti, lo Stato ha attuato la sua immutata ostilità con metodi meno appariscenti.

Negli ultimi anni per altro la situazione sembra essere notevolmente migliorata per la Chiesa.

6. L'attuale patria politica della maggior parte dei serbi, la Jugoslavia, comprende diversi gruppi di cristiani.

A seconda della loro origine sono ( o erano ) cattolico-romani, uniati, ortodossi, ogni gruppo con lingua e costumi propri.

Il moderno stato unitario ha compresso insieme tutti questi gruppi.

La persecuzione ha quintuplicato, per es., il numero delle monache ortodosse.

La facoltà teologica di Belgrado ha raggiunto un alto livello scientifico.

7. La chiesa serba è straordinariamente ricca di santi.

Fra questi, diversi sono rè.

Il metropolita Seraphim lamenta, con ragione, che l'Occidente non è a conoscenza di tale ricchezza.

f) La chiesa di Grecia e di Cipro

1. In Grecia si è verificato il fatto che, nonostante la diversa appartenenza politica del paese, la maggior parte dei fedeli è stata sempre sotto il patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

Con l'usurpazione dell'imperatore Leone III ( § 33 ), quello che fino allora era stato il vicariato apostolico di Tessalonica venne incorporato nella chiesa ortodossa.

Con Bisanzio, pertanto, anche la chiesa greca fu trascinata nel Grande Scisma.

Tale situazione, assieme alla costituzione della vecchia gerarchia, perdurò per tutto il periodo della dominazione turca.

Ma l'oppressione ottomana rinvigorì la coscienza ecclesiastico-cristiana e nazionale.

2. Nella grande lotta di liberazione contro i turchi, a partire dal 1821 la chiesa greca, seguendo l'esempio organizzativo della chiesa evangelica bavarese di quel tempo, si costituì in chiesa nazionale,325 ricompensò i combattenti per la libertà con i beni dei monasteri soppressi ( oltre 400 ) e, in forza dei suoi pieni poteri, si dichiarò ( nel 1833 e poi ancora nel 1844 ) autocefala in un sinodo convocato dal governo.

La separazione da Costantinopoli durò fino al 1850, quando il patriarca, pur riservandosi il primato di dignità, riconobbe l'autocefalia della chiesa greca.

Sin dalla fine della prima guerra mondiale, anche le isole e i territori, ulteriormente liberati dal dominio dei turchi, furono annessi alla chiesa greca ( ancora sotto la suprema giurisdizione nominale di Costantinopoli ).

Secondo l'antica tradizione, sia bizantina sia musulmana, la nuova chiesa greca è sostanzialmente dipendente dallo Stato, anche se, a partire dal 1923, è stata riconosciuta alla chiesa piena autonomia.

Sempre di nuovo si ripetono ingerenze da parte dello Stato ( del partito al governo ) anche in questioni esclusivamente religiose, per es., nell'elezione dei vescovi326 o nell'ordinamento dei monasteri, ciò che ha creato difficoltà per il grande problema dell'organizzazione e del nuovo impiego dei monasteri idiorritmici.

L'ortodossia è riconosciuta come chiesa di stato; le minoranze godono della « tolleranza » religiosa.

3. In Grecia il clero uxorato fu sempre molto zelante, sebbene poco colto ( ci fu per molto tempo un solo seminario ) e male retribuito.

Oggi sono in carica circa 8.000 parroci ( circa 660 celibi ); soltanto 250 hanno frequentato una facoltà teologica ( quattro anni di teologia dopo una scuola media ).

Circa 1000 teologi senza impiego, si rifiutano di entrare a far parte del clero, specialmente a causa delle prescrizioni relative al vestito, sebbene anche in questo campo siano in corso delle riforme dal 1923.

Gli atteggiamenti nei confronti delle questioni relative al matrimonio sono molto disparati: vengono contestate le seconde nozze di diaconi o sacerdoti vedovi; frequentemente viene sostenuta l'opportunità del matrimonio, perché si dice che il celibato, troppo spesso, viene abbracciato non per motivi religiosi ( per aver aperta la strada all'episcopato ).

Ma l'episcopato rifiuta ogni mutamento delle leggi canoniche.

Negli ultimi tempi l'istruzione teologica è sensibilmente migliorata, grazie all'opera delle rinomate facoltà teologiche di Atene e di Tessalonica.

I seminari a disposizione sono oggi venti.

È di notevole peso il fatto che i vescovi stessi abbiano frequentato una facoltà teologica.

Per l'orientamento interno è rilevante che i professori ( per due terzi laici ) abbiano studiato, per la maggior parte, presso facoltà protestanti tedesche.

Una particolare influenza teologica viene oggi dall'Università di Chaiki, a Istanbul ( molti professori hanno il dottorato in teologia cattolica ).

Un soffio di nuova vita religiosa ferve anche in due confraternite ( zoi e soter ) che hanno fatto propri i princìpi essenziali della cura d'anime moderna; i mèmbri esercitano la loro professione, vivono però fuori del matrimonio e in obbedienza.

Anche la cura pastorale dei bambini ha fatto grandi progressi, sia nelle scuole sia nei corsi domenicali; così pure si dica dell'istruzione religiosa degli adulti mediante la pubblicazione di parecchie riviste.

Il sinodo assume un atteggiamento ognor più positivo nei confronti di questa crescita autonoma e cerca di realizzarla esso stesso con un'stituzione ufficiale: « la diaconia apostolica della chiesa greca ».

Esiste anche una confraternita femminile per il servizio ecclesiastico.

Gli antichi monasteri, invece, sono spiritualmente in regresso ( anche in conseguenza di confische da parte dello Stato ); nel 1934 i monasteri erano centosettantatré con millenovecentoventi monaci.

In molte sfere della chiesa greca necessitano oggi forme nuove.

Stando alle asserzioni di alti prelati ortodossi, proprio nei monasteri va attuata una riforma radicale, se non si vuole vedersi costretti, fra poco, a ricominciare tutto da capo.

Vanno registrati però anche dei sintomi nuovi e confortanti.

4. Istruttiva è stata una controversia di fondo con un piccolo ma attivo gruppo di cristiani uniati immigrati dalla Turchia.

Non si vedeva volentieri la presenza di comunità cattoliche latino-romane con liturgia e abiti sacerdotali di tipo orientale.

Si andava dicendo che si trattava di un trucco per attirare le masse, che i sacerdoti uniati erano gli strumenti del proselitismo latino.

L'opposizione ortodossa aveva una forte coloritura nazionalistica.

In un documento redatto nel 1928 si dichiarò che un'unione sarebbe stata possibile soltanto se la Chiesa cattolica fosse tornata ad essere quale era prima dello scisma.

L'arcivescovo uniate svolgesse apertamente la sua attività come vescovo latino: in tal modo tutto sarebbe stato corretto.

Infatti, ci poteva essere una sola Chiesa cattolica di rito latino e non una di rito latino e una di rito greco.

L'unione - stando a queste dichiarazioni - sarebbe stata una cosa sleale, capace soltanto di approfondire l'abisso tra chiesa latina e chiesa ortodossa.

L'arcivescovo uniate poté apportare dei motivi plausibili in sua difesa: poté appellarsi al diritto della libertà religiosa e alla fedeltà degli uniati alla Grecia; poté richiamare l'attenzione sui greci di rito orientale dell'Italia meridionale, che prima dello scisma erano uniti a Roma, e su casi simili in Romania, in Boemia e in Polonia.

Un processo giudiziario, dell'anno 1931, portò a un decreto presidenziale che vietava agli uniati di indossare il vestito dei sacerdoti orientali; nel 1938 fu emanata una legge contro il proselitismo, la quale angariava in maniera veramente meschina i non ortodossi, sia nella loro vita privata che pubblica.

La seconda guerra mondiale, l'universale aiuto caritativo del papa, l'atteggiamento inequivocabilmente nazionale degli uniati hanno ridotto di gran lunga queste tensioni.

Nel 1958 i cattolici latini erano 58.000 suddivisi in tre diocesi; i cattolici di rito bizantino erano 1.800 sotto un esarca apostolico in Atene e 450 armeni cattolici ( raccolti in un ordinariato in Atene ).

5. Il 96-98% dell'intera popolazione di 8.200.000 abitanti sono ortodossi.

Tutti i pastori delle sessantasei diocesi hanno il titolo di metropoliti; il supremo pastore di Atene si chiama « arcivescovo ed esarca di tutta l'Ellade ».

La gerarchia greca riconosce ovviamente la validità dei sacramenti cattolici.

La situazione pastorale esige spesso delle infrazioni alle prescrizioni canoniche sulla comunione sacramentale.

Proprio per esigenze di cura d'anime va affermandosi la tendenza, non solo a permettere che i laici prendano parte alla vita liturgica, ma a far loro scoprire il rango che essi occupano nell'intera vita della Chiesa.

Talvolta però considerazioni di carattere finanziario e amministrativo potrebbero avere il sopravvento su quelle ecclesiologiche.

Anche in Grecia i matrimoni misti rappresentano uno dei problemi più spinosi. I divorzi sono rapidamente aumentati.

Nonostante talune deficienze, la chiesa greca cerca di risolvere con atteggiamento aperto i problemi del mondo moderno.

I suoi teologi laici hanno preso parte molto attivamente al Consiglio Mondiale delle Chiese.

La chiesa greca volge la sua attenzione anche alle missioni fra i pagani e pubblica una rivista missionaria Porefthentes.

La Facoltà teologica di Tessalonica ha istituito da poco un Institut d'éiudes afro-asiatiques per la formazione dei futuri missionari destinati soprattutto all'Africa, dove, in Uganda, centomila indigeni si sono convertiti all'ortodossia.

6. Culturalmente unita alla chiesa di Grecia è la chiesa di Cipro ( circa quattrocentomila fedeli in quattro diocesi ).

L'arcivescovo di Cipro, etnarca fino all'indipendenza politica, è il capo riconosciuto del paese, anche all'estero.

Di conseguenza l'arcivescovo Makarios III ( dal 1950 ) fu eletto presidente dell'isola quando le fu riconosciuta l'indipendenza in seguito al Trattato di Londra del 1959.

L'isola conta anche un migliaio di cattolici latini.

g) Cecoslovacchia

In territorio cecoslovacco il cristiano ortodosso costituisce soltanto una forte minoranza.

La storia dei popoli e delle stirpi che oggi vivono in questa regione fu bensì influenzata, ma non guidata da questa minoranza.

Per il nostro scopo bastano pertanto alcuni cenni.

1. La situazione ecclesiastica ci è nota all'incirca dal periodo dell'ussitismo ( § 67 ).

In realtà si ripete, fino ai nostri giorni, una certa maniera caratteristica di trattare le questioni religiose.

La base etnica è caratterizzata dalla diversità molto marcata delle stirpi e delle lingue, che si trovano a contatto e in contrasto.

Anche nell'ambito delle singole confessioni ( per es. anche nella Chiesa cattolica che rappresenta la maggioranza ) il lavoro è stato svolto tenendo conto dei gruppi linguistici.

Ma soprattutto questo: l'atteggiamento è, per la maggior parte, assolutamente nazionale, anzi nazionalistico.

Ciò traspare anche nella storia del cristianesimo orientale della Cecoslovacchia.

E proprio questo spiega il perché, per es., nei vari tentativi di unione, l'accentuazione dell'elemento latino-occidentale abbia esercitato un'azione frenante.

2. Dalla fine della seconda guerra mondiale, durante la quale si cercò di estirpare l'ortodossia, nello stato satellite dell'Unione Sovietica, l'ortodossia è stata riunita in una chiesa.

Non è necessario dire che questo Stato ha cercato di sopprimere la chiesa latina e specialmente gli uniati con i mezzi usuali della persecuzione, giunta anche qui, fino all'esecuzione e all'esilio dei vescovi.

Bisogna ammettere che gli uniati si son venuti a trovare, anche per colpa propria, in una posizione di partenza piuttosto sfavorevole.

Il fatto che l'unione fosse screditata dagli avversari come ungarizzazione e come occidentalizzazione costituì una punizione per gli uniati perché essi dimostravano, de facto, di rifiutare e di sospettare come russificazione tutto ciò che fosse orientale e perché i loro sacerdoti provenivano, in prevalenza, da seminari ungheresi, con un'istruzione teologica nettamente latina.

Gli ortodossi russi furono accolti nella nuova chiesa cecoslovacca.

h) La chiesa albanese

A partire dall'intervento usurpatore dell'imperatore Leone III ( 732 ) la chiesa albanese, fino allora romana, passò sotto Costantinopoli.

Nel lungo periodo, che va dal 1018 al 1767, appartenne tuttavia all'arcivescovado bulgaro di Ochrida.

Nel 1920, quando il paese si rese indipendente, si manifestò pure l'antico spirito ecclesiastico-politico bizantino avverso a Costantinopoli.

L'alto clero greco in Albania dovette soccombere alla pressione dell'astio antigreco, passando naturalmente per stadi intermedi in parte avventurosi e anche teologicamente rivoluzionari.

Contro la protesta di alcune sfere, il Panar riconobbe la chiesa di Albania come autocefala.327

L'opera dei missionari cattolici italiani fu distrutta dai comunisti.

i) Ungheria

Per l'ortodossia ungherese si possono dire le stesse cose già dette per la Cecoslovacchia: è una piccola minoranza in mezzo a una popolazione etnicamente molto eterogenea.

E anche qui va lamentata la mancanza di spirito di adattamento da parte cattolica.

1. L'Ungheria, per decisione del rè Gésa ( 973, contro il battesimo di sua moglie a Costantinopoli ), definitivamente poi per opera di santo Stefano ( che si dichiarò vassallo della Santa Sede nel 1001 ), si era volta alla chiesa latina.

Nell'ulteriore sviluppo, l'amalgama di diverse stirpi in uno Stato aveva condotto, anche in Ungheria, ad atteggiamenti concorrenziali in campo ecclesiastico, con l'ungarizzazione dei romeni o, viceversa, con la romenizzazione degli ungheresi, laddove il ruolo e la posizione dei serbi sarebbe da considerare a parte.

Comunque, accanto al cattolicesimo latino si sviluppò sia la chiesa uniate sia quella ortodossa ( e, a partire dal XVI secolo, il calvinismo ).

2. Il ridestarsi della coscienza nazionale ( nella dimensione che questa acquistò nel XIX secolo ) spinse anche gli ungheresi cattolici di rito orientale ( dal 1868 ) a richiedere la liturgia nella propria madrelingua.

Sebbene ai romeni fosse stato concesso da tempo un tale privilegio, Roma si oppose ad una simile richiesta.

Quando infine fu istituita una diocesi separata per gli uniati, la si sottopose al primate latino, si dichiarò sconveniente l'uso della lingua volgare e si prescrisse che la lingua della Chiesa fosse il greco antico.

3. Negli ultimi tempi si è palesata la precarietà dell'ortodossia a causa delle sue tante differenze sul piano giurisdizionale.

Il numero dei cristiani ortodossi si era ridotto moltissimo, a causa dei nuovi confini tracciati dopo la prima guerra mondiale; furono posti sotto la sovraintendenza del patriarcato russo, mentre il patriarca romeno e quello serbo, da parte loro, esigevano la supremazia sui fratelli ortodossi della loro stessa stirpe.

Contro queste pretese, però, si ergeva quella del patriarca ecumenico del tutto conforme all'antica tradizione, secondo cui gli competerebbe la giurisdizione ecclesiastica sui cristiani ortodossi, viventi fuori di una chiesa nazionale.

Dalla seconda guerra mondiale alcune comunità sono soggette a Mosca, altre sottostanno a Costantinopoli.

Al vescovo dei serbi è, per il momento, proibito soggiornare in Ungheria.

l) Egitto

1. L'Egitto arabo è un paese musulmano.

Esistono tuttavia degli elementi che, in una costellazione favorevole, potrebbero riproporre la causa del cristianesimo con prospettive di riuscita; infatti, i cristiani copti sono i detentori della più antica tradizione indigena, e la Costituzione garantisce, in teoria, la libertà religiosa.

Non è quindi conveniente, in linea di principio, considerare privo di possibilità un fecondo confronto con l'intensa propaganda dell'Islam, attuata dall'università della moschea di Al-Azbar contro il cristianesimo e tutto quello che è straniero.

Negli ultimi secoli ha preso maggior piede l'ortodossia in seguito ad immigrazioni.

Gravi ostacoli si oppongono naturalmente a una rinascita cristiana: il clero, culturalmente retrogrado, viene tenacemente avversato dai laici; gli orientali, anche qui, sono quanto mai divisi ( armeni, maroniti, siriaci, caldei ).

Così un numero sempre crescente di cristiani ortodossi abbandona il paese.

2. Cristiani cattolici si trovano ora soltanto fra la popolazione rurale armena in due diocesi.

La loro cura pastorale è di competenza di un patriarca residente in Alessandria.

La diffidenza dei copti ( clero e laici ) verso Roma è grande.328

In questi ultimi tempi però va diffondendosi un buon clima ecumenico.

m) Etiopia

Il problema ecclesiastico di fondo, nell'Etiopia a regime assoluto, sta nel suo legame con la chiesa copta ( cioè con i cristiani della valle del Nilo ).

Il Negus, d'accordo con i copti d'Egitto, ha istituito da poco tempo una chiesa autonoma.

Le sorti interne della cristianità etiopica dipendono, a loro volta, dal suo clero del tutto privo d'istruzione e, ciononostante, spesso ammesso agli Ordini.

Durante le diverse occupazioni belliche degli ultimi tempi si è palesato il miope nazionalismo delle potenze europee che, in definitiva, hanno dimostrato per i valori intrinseci della religione un interesse ispirato soltanto al nazionalismo: gli italiani espulsero tutti i missionari non italiani; quando vennero gli alleati, gli italiani dovettero cedere loro il posto …

La chiesa di Addis Abeba è riconosciuta dal 1959 come chiesa monofisita autocefala.

n) Palestina

1. Dall'incontro dei diversi gruppi etnici e religiosi, che invasero il territorio del patriarcato di Gerusalemme e di Antiochia con l'occupazione islamica, indi con quella latina e poi con la riconquista turca, verso la fine del secolo XIX si è andata sviluppando una situazione ricca di promesse per il cristianesimo.

In seno all'ortodossia esisteva un aspro contrasto fra l'alto clero greco ( anche sotto l'influenza russa ) e il popolo arabo, col suo basso clero poco colto.

2. Da parte cattolica il risultato del lavoro compiuto era nettamente inferiore all'elevato impiego di forze e di vite ( i martiri francescani custodi del santo Sepolcro nel 1335 ).

Comunque, il patriarcato latino ( ricostituito nel 1847 ), ben poco accetto ai greci, è andato formando, con l'aiuto di un clero regolare sempre crescente, un fervoroso clero indigeno.329

3. La seconda guerra mondiale ha mutato completamente la situazione.

È vero che, per la prima volta nella storia, musulmani e cristiani hanno formato un unico fronte ( contro lo stato d'Israele ), ma si è avuto il grande esodo di nientemeno che 800.000 arabi e circa 60.000 cristiani ( di cui 20.000 cattolici ).

Alla fine del 1963, secondo il governo israeliano, i cristiani viventi nel suo territorio erano 53.735.

o) I melchiti

I melchiti ( = fedeli all'imperatore ) erano i cristiani schieratisi contro i monofisiti in favore della dottrina di Calcedonia, aventi originariamente liturgia antiochena ( etnicamente per la maggior parte greci; in Siria invece indigeni ).

Dal periodo delle crociate in poi si ebbero delle unioni di breve durata con Roma; gli storici musulmani invece di regola definiscono questa chiesa come appartenente al papa.

L'attività dei gesuiti, dei carmelitani e dei cappuccini ( dall'inizio del XVII secolo ) riuscì a stabilire a partire dall'anno 1724 una unione costante di melchiti, in Aleppo e Damasco, con Roma ( anche conversioni di vescovi ).

Questa unione però non comportò sempre una rinuncia all'ortodossia; d'altra parte essa dovette affermarsi contro un patriarca ortodosso appoggiato da Costantinopoli.

Soltanto nel XX secolo si ebbe l'unione con Roma di altri melchiti rimasti separati ( 1932 arcivescovado unito della Transgiordania ).

In conformità alla sua antichissima origine, il patriarca dei melchiti porta il titolo « di Antiochia, Alessandria, Gerusalemme e di tutto l'Oriente ».

La vita religiosa è promossa oggi da tre congregazioni di basiliani ( ciascuna con un ramo femminile ), da una giovane congregazione maschile, da un ramo femminile di suore francesi dell'Amore Cristiano e dal seminario dei Padri Bianchi a Gerusalemme, nel quale viene formato il clero.

La grecizzazione, attuata da Bisanzio, aveva soppresso fino al XIII secolo la liturgia antiochena originaria.

Tuttavia la tradizione siriaca riuscì ad affermarsi in quanto la liturgia bizantina fu tradotta in siriaco.

L'arabizzazione del periodo turco fu seguita dalla traduzione in arabo dei libri liturgici e questo stato di cose perdura tutt'oggi.

I melchiti cattolici, in Aleppo, nel Libano meridionale, in Egitto e in Turchia, sono circa 180.000 e 24.000 negli Stati Uniti.

I melchiti ortodossi sono articolati in tre patriarcati ( Antiochia, Alessandria, Gerusalemme ); in passato questa comunità ebbe vita difficile sia per interferenze esterne ( russe, anglicane, protestanti ) sia per discordie interne.

Oggi hanno fiorenti organizzazioni giovanili e un monastero: Deir-el-Harf.

p) I maroniti

1. Il composito quadro delle confessioni, delle nazionalità e del loro mutuo incontro nel vicino Oriente viene ulteriormente complicato dai maroniti.

Il loro nome deriva da uno dei loro primissimi centri, il monastero di san Marone ( san Marone morì intorno al 420 ).

Sono di origine siriaca ( monotelita ); e sin dalla fine del VII secolo vivono sotto una gerarchia propria e con liturgia siriaca.

Dotati di un considerevole spirito d'unione, hanno sempre conservato la propria fisionomia e autonomia, sia di fronte alla politica religiosa imperiale, sia di fronte a quella islamica, anche se dovettero ritirarsi nel Libano per la strapotente pressione.

2. A partire dal 1181-82, a contatto con i crociati, si unirono a Roma e lo sono tuttora.

Nel 1584 fu fondato a Roma un apposito collegio Maroniticum per la formazione del clero.

Da allora si è attuata una forte latinizzazione in tutti i rami della vita ecclesiastica e anche la loro liturgia siriaca ha dovuto subire una penetrazione di forme latine.

Il capo spirituale dei maroniti, eletto dai vescovi e confermato dal papa, porta il titolo di « patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente ».

Nel XVII secolo la vita ecclesiastica fu più volte turbata da discordie in seno alla gerarchia, fra il patriarca e i monaci.

Roma intervenne positivamente sia in questo come in altri casi di fanatiche e non equilibrate espressioni di pietà ( concorse in questa azione anche uno dei quattro Asse/nani; tre di questi vanno menzionati fra i maggiori dotti del XVI secolo; cfr. § 97, V, 2 ).

Le persecuzioni del 1860-61 indussero la comunità, di alto sviluppo demografico, ad emigrare in forti gruppi verso l'Africa, l'America ( particolarmente numerosi ) e l'Australia.

3. Il numero dei maroniti è di circa 450.000.

Essi rappresentano l'unica chiesa orientale cattolica compatta.

Nel Libano la loro è religione di stato.330

q) La Polonia

1. Le prime invasioni della Polonia cattolica nei granducati russi ( prima dell'avvento dei Romanov nel 1613 ) costituirono anche degli attacchi contro la chiesa ortodossa; è un fatto questo da ricordare per comprendere la futura tensione dei russi ortodossi nei confronti della Polonia, quando presero coscienza della loro separazione dalla chiesa occidentale.

La situazione fu un po' diversa quando i polacchi conquistarono i granducati ucraini, verso la fine del XIV secolo.

Attraverso questa conquista l'ortodossia penetrò nell'ambito dello stato polacco.

Nello stesso stato vennero dunque a trovarsi cristianesimo romano-cattolico e ortodosso ( anche armeno-unito ).

Nel 1596 si pervenne all'unione di Brest ( § 123, II, 3 ) che fu preparata dal solerte lavoro dei gesuiti.

In virtù di questa unione gli ortodossi della sede metropolitana di Kiev furono inseriti nella chiesa cattolica con la facoltà di mantenere la liturgia slava e il matrimonio dei sacerdoti.

Dopo la Riforma, nella quale « la maggior parte delle famiglie nobili erano di sentimenti più antiromani che favorevoli al Vangelo » ( Rohde ), il regno polacco fu nuovamente cattolicizzato nella scia della Controriforma.

2. Quando la Polonia nel XX secolo si ricostituì, dopo le numerose ed esecrande spartizioni, facevano parte di questo paese profondamente cattolico, cristiani uniti di rito bizantino, residenti nei territori un tempo austriaci, e cristiani ortodossi, residenti nel territorio un tempo russo ( 4 milioni ); accanto a questi si avevano gruppi minori di cristiani ortodossi di diversa origine.

Anche qui la mescolanza delle chiese era estremamente complicata ( le minoranze confessionali ammontavano a un terzo ).

A causa della rivalità di diversi gruppi etnici, e della diffidenza del governo, che identificava tutto ciò che era ortodosso con l'odiato elemento russo, la situazione della chiesa ortodossa si presenta molto precaria.

Da parte sua, il patriarca di Mosca applicò agli ortodossi polacchi l'antico principio della chiesa di stato: poiché essi vivevano fuori di una compatta unione ecclesiastico-nazionale, avocava a sé la giurisdizione su di essi, negando loro la piena autonomia ecclesiastica.

In realtà, i collegamenti interni fra l'ortodossia polacca e Mosca erano molto forti.

Quando, nel 1922, la maggioranza dei vescovi ortodossi, che erano tutti russi, proclamò l'autonomia della chiesa polacca,331 la reazione interna fu fortissima e portò nel 1923 all'assassinio del metropolita polacco.

Il patriarca ecumenico, nel 1925, concesse l'autocefalia alla chiesa ortodossa polacca, dal momento che la situazione esistente non esigeva più alcun riguardo nei confronti del patriarca di Mosca.

3. In seno alla Chiesa cattolico-latina di Polonia si andò formando una « chiesuola » di carattere spiccatamente nazionale, senza celibato e con il polacco quale lingua liturgica; una parte del movimento aderì all'ortodossia ( 1926 ).

Venivano a riemergere elementi giunti in Polonia assieme ai fratelli boemi perseguitati, penetrati, a suo tempo, in massa in territorio polacco e poi più tardi ricattolicizzati.

I rapporti fra la maggioranza cattolica e i cristiani russo-ortodossi furono resi difficili dai numerosi processi, avviati dai vescovi cattolici per riavere chiese, che, sotto la dominazione russa, erano state tolte ai cattolici.

Questo fatto indusse il governo a sferrare duri attacchi contro gli ortodossi, con insensate discriminazioni che crearono ulteriori tensioni.

Gli ucraini ( 3.250.000 ), appartenenti alla chiesa greca unita in Polonia, dopo la seconda guerra mondiale passarono nuovamente sotto dominio russo.

Gli ortodossi autocefali ( circa 500 mila ) sono soggetti alla giurisdizione dell'arcivescovo ortodosso di Varsavia.

A Breslavia e a Stettino risiedono oggi anche vescovi ortodossi della chiesa di Polonia.

4. Le persecuzioni sotto il nazionalsocialismo, la cessione dei territori orientali alla Russia e l'espulsione dei tedeschi hanno fatto del paese uno stato etnico interamente polacco, quasi esclusivamente cattolico - a prescindere dai bolscevichi e dai senza-religione - sotto governo comunista.

La Chiesa cattolica polacca, duramente oppressa, ha finora dimostrato di essere un formidabile baluardo contro l'ateismo bolscevico.

Ma anche in Polonia, i rapporti fra Chiesa e Stato sembrano oggi evolversi in modo abbastanza positivo.

r) Paesi Baltici

1. Anche negli Stati del Baltico, diventati indipendenti dopo la prima guerra mondiale, è andata affermandosi nella chiesa ortodossa l'idea della chiesa nazionale.

Costantinopoli ha riconosciuto, con qualche riserva, l'autocefalia ( in realtà di orientamento antirusso ) in Lettonia e in Estonia, dove i due terzi della popolazione erano ortodossi.

Solo l'esigua minoranza ortodossa in Lituania ( 55.000 su due milioni ) è rimasta unita a Mosca.

Notevole, in questi Stati, è l'influsso protestante.

Nella città di Riga ( Lettonia ) esiste una sezione ortodossa presso la Facoltà teologica evangelica.

Alla facoltà teologica di Dorpat ( Estonia ) un solo professore era ortodosso, tutti gli altri erano evangelici.

2. Dopo la seconda guerra mondiale le chiese ortodosse menzionate sono passate nuovamente sotto la giurisdizione di Mosca, l'esiguo patrimonio cattolico e le stazioni missionarie ( cappuccini in Estonia ) sono stati soppressi.

Soltanto la chiesa ortodossa finlandese, la quale per altro comprende una minima percentuale dei cristiani viventi in Finlandia, dove dopo la prima guerra mondiale era stata istituita una diocesi autonoma per gli ortodossi russi, resistette ( fino all'inizio del 1950 ) a tutti i tentativi di Mosca di estendere la sua supremazia ecclesiastica sugli ortodossi finlandesi e vanta oggi, con diecimila fedeli, una rigogliosa vita religiosa.

Indice

317 Queste cifre e quelle che seguiranno provengono da fonti diverse: per i tempi più recenti, in gran parte dalla rivista greca « Zoe » del 1961, secondo dati della Kolner Kirchemeifung del 18 febbraio 1962. Date le circostanze e le possibilità d'informazione che si hanno in tutti i territori dominati dal bolscevismo, per le comunità ivi residenti può trattarsi soltanto di tentativi approssimativi, soggetti inoltre, anche in brevissimi spazi di tempo, a forti oscillazioni.
Molti dati, relativi soprattutto ai più recenti mutamenti, li ho desunti dal libro di W. de Vries, Der christliche Osten Geschichte una Gegenwart ( Wiirzburg 1951 ).
318 Il forte frazionamento della Chiesa ci può dare un'idea della gravita della situazione.
Prima della 2a guerra mondiale la situazione era la seguente:
11.700.000 ortodossi;
1.450.000 uniati;
1.480.000 cattolici latini;
1.340.000 evangelici-luterani della Transilvania-Sassonia, di ungheresi, calvinisti e di unitari ungheresi;
17.500 armeni uniti; 834.000 ebrei;
44.000 musulmani.
Dopo la 2a guerra mondiale ( la Romania è stata notevolmente ridotta ):
14 milioni di ortodossi = 79%;
1.170.000 cattolici latini;
1.570.000 uniati;
10 mila armeni uniti; 780 mila riformati ( ungheresi ); 170 mila luterani tedeschi e
34 mila ungheresi; circa 100 mila appartenenti a sètte evangeliche; 138 mila ebrei.
319 Nel 1945 Costantinopoli e tutte le altre chiese ortodosse riconobbero l'autocefalia e, nel 1961, anche il patriarcato di Sofia: undici vescovi, un Istituto teologico e due seminali, sei milioni di ortodossi ( 1963 ).
320 Alcuni promettenti movimenti di unione in Macedonia e in Tracia, negli anni '80 e '90, avevano dovuto subire gravi reazioni causate da una tenace contropropaganda.
321 Primo arcivescovo fu Saba ( + 1235 ), figlio del rè, venerato come santo e patrono dei popoli serbi.
322 Nel 1346 ricevette il superbo titolo di imperatore Rasciae et Romani/le.
323 Nel 1716 sede patriarcale divenne Carlowitz ( fuori dell'impero ottomano ).
324 Qui come dappertutto, le congiunture politiche giocavano un ruolo determinante.
324 6.780.000 ortodossi,
5.850,000 cattolici latini,
1.560.000 musulmani, 50.000 uniati.
Il patriarca serbo a partire dal 1960, è anche capo supremo della Chiesa macedone: ventisette vescovi, una facoltà teologica, due seminari.
325 Il principe Ottone di Baviera fu detto rè di Grecia.
326 Basti vedere, per esempio, quanto accadde nel marao del 1962 in occasione dell'elezione e della forzata rinuncia dell'arcivescovo Jakovos di Atene.
La nuova Costituzione ecclesiastica, varata dal Parlamento nel 1959, non è stata ancora ( 1963 ) accettata dalla gerarchia.
327 Del milione e duecentomila abitanti circa il 70% sono musulmani, il 20% ortodossi e il 10% cattolici.
328 Le cifre: circa centonovantamila cattolici uniati sono suddivisi in sei (!) riti.
329 Riguardo al problema dei sacerdoti celibi e di quelli sposati nel vicino Oriente, v. più sotto.
330 Il 5 novembre 1962 fu celebrata la Messa del Concilio, a Roma, secondo il rito maronita il quale accanto all'antico siriaco usa anche la lingua volgare araba.
Negli altri giorni fu celebrata la Messa in altri riti orientali.
331 Il patriarca di Mosca era stato arrestato in quel tempo dai bolscevichi.