La storia della Chiesa

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VI. Conclusione

1. Deficienze.

Il concetto sacramentale-globale della realtà salvifica nella chiesa orientale - che comprende sia il monachesimo sia la venerazione dei Santi, delle iconi e delle reliquie - ci ha già portati più volte a chiederci se per caso non offuschi la purezza della « migliore giustizia interiore ».

La liturgia, con l'eccessiva esuberanza, non mette a dura prova il clero celebrante e i fedeli?

Non espone forse la pietà religiosa al pericolo della magia e della superstizione?

La fede viva non è minacciata dal formalismo liturgico?

Non ci troviamo dinanzi a una credulità incoraggiata dalla Chiesa, ad un attivismo formalistico, religioso?

La Tradizione non viene forse esasperata fino all'immobilismo?

In questa teologia orientale del cuore non ci imbattiamo troppo spesso in vaghe approssimazioni?

a) Non è facile per un occidentale trovare una risposta giusta.

La contrapposizione, troppo grossolana, fra l'uomo non-divino dell'Occidente e il Dio non-umano dell'Oriente non ci aiuta molto.

Prima di chiuderci in una critica del tutto negativa, il Vangelo, con maggiore intensità del solito ( vol. I, § 43, 2 a ), ci richiama al giudizio dato da Gesù sul gesto dell'emorroissa ( Mt 9,20ss ).

Dobbiamo essere estremamente cauti nella critica alla chiesa orientale; è infatti evidentissimo che, accanto a ciò che potrebbe indurre alla critica, si pone l'enorme ricchezza della fede pura e della sua realizzazione, in una storia piena di croci innumerevoli sopportate con fede e abnegazione.

Sopra tutto questo emerge la costatazione centrale: « La cristianità orientale sa pregare, adorare, esaltare in senso cristiano-originario » ( Heiler ).

b) Solo dopo aver sgombrato il campo da false generalizzazioni ci è lecito, anzi abbiamo il dovere di accennare, almeno brevemente, alle questioni di fondo.406

A differenza della chiesa occidentale, la chiesa orientale non si è attivamente adoprata lungo il corso dei secoli a rimuovere lo scisma, nonostante abbia sempre pregato per l'unità.

L'avversione contro i latini l'ha indotta a pregiudizi e atteggiamenti palesemente falsi, che non possono esser giustificati da tutto quanto l'Occidente ha fatto di male nei confronti dell'Oriente.

Alla ricchezza liturgica e allo slancio ascetico non corrisponde un adeguato e logico rigore morale, che ispiri la vita pratica e le opere sociali.

Le lotte per il primato dei dignitari ecclesiastici rappresentano, nella storia della Chiesa orientale, un fenomeno consueto.

Oltre all'inadempimento del comandamento dell'amore, esse sono deleterie per la loro indiretta e molteplice influenza sulla questione dell'unità della dottrina e dell'autorità magisteriale.

La liturgia ha impedito che l'annuncio della parola seguisse una sua linea di sviluppo; ciò è tanto più grave in quanto era precisamente la predicazione a far parte dell'eredità dei Padri.

Che non sia escluso il pericolo di una superstiziosa esteriorizzazione nel culto delle iconi elevato alla sfera sacramentale è già stato detto ( § 124, III, C, 3 a ).

La frantumazione in numerosissime chiese locali porta facilmente a una certa chiusura e cela in sé anche il germe di una debolezza dogmatica; abbastanza spesso si è caduti nel nazionalismo con atteggiamenti non sempre cristiani.

2. Separazione o unità?

La storia e il particolare carattere della chiesa orientale possono essere di aiuto nel tentativo di nullificare le chiese separate d'Oriente e d'Occidente?

a) Una risposta deve oggi ancora lasciare molte cose in sospeso perché la realtà di vaste zone delle chiese cristiane orientali ci è troppo poco nota: dietro la cosiddetta cortina di ferro, esse sono, in parte notevole, chiese del silenzio.

Che la grandezza del loro spesso anonimo martirio torni un giorno di vantaggio al rinvigorimento di tutto il corpo della Chiesa, rappresenta una sicura speranza, che può appellarsi alla promessa del Signore e a paralleli storici.

Ma si tratta di una speranza, non già di una costatazione.

Ciononostante, possiamo tentare di dare una risposta; in questa esposizione, infatti, miriamo soprattutto a ciò che, dalla loro storia, abbiamo riconosciuto come la forza peculiare di queste chiese.

b) Entrambe le chiese, orientale e occidentale, hanno in comune l'elemento centrale del cristianesimo non solo nella professione di fede ma anche nella realizzazione di essa.407

La differenza, nel modo di essere Chiesa non deve, necessariamente, essere considerata come definitivamente separatrice, perché un approfondimento e un rinnovamento da ambo le parti potrebbe porre in evidenza proprio ciò che vi è di sostanzialmente comune.

In tal modo, le divergenze potrebbero essere riconosciute come non-separanti o addirittura svilupparsi in qualcosa di unificante.

Una intesa fra chiesa cattolica e chiesa ortodossa pone innanzi tutto il problema dell'unità nella molteplicità.

Per affrontare quest'immane impresa si potrebbe trovare un aiuto nella stessa natura del pensiero cristiano-orientale: quanto meno astrattamente la singola verità viene formulata oppure definita, tanto più facilmente potrà essere raggiunto l'accordo sulle concezioni essenziali.408

Passando alle considerazioni di singoli elementi, potrebbe rivelarsi di notevole giovamento la natura pneumatico-sacramentale della concezione della Chiesa, e in particolare dell'autorità ecclesiastica, così come si ha nelle chiese orientali.

Qualora lo si assuma congiunto alla concezione - sostanzialmente intesa come collegio di tutti i vescovi - del ministero sacerdotale nella Chiesa, potrebbe forse aprirsi una strada tale da render possibile alla chiesa orientale il riconoscimento del primato pontificio e al papa, a sua volta, il riconoscimento dell'autocefalia nell'unità dell'ufficio pettino, soprattutto qualora le chiese orientali fossero memori della loro stessa antica venerazione nei confronti della Roma apostolica considerata come la prima sede ( Heiler ).

Ne si dovrebbe dimenticare che il termine « primato di onore », in relazione a Giovanni 21,15ss e ad Ignazio di Antiochia, può essere interpretato come « primato di carità » in un senso che potrebbe benissimo implicare l'idea di un pastore supremo.

Il motivo della opposizione su questo punto consiste in ciò: la chiesa orientale afferma che il « primato di onore » sarebbe diventato non solo un primato di giurisdizione, nel senso di un'autorità spirituale, ma di potere universale limitante la libertà.409

Viceversa, sono proprio talune particolarità delle chiese orientali a frapporre non indifferenti ostacoli ad una intesa: fra esse, per es., anche la tendenza a non approfondire, mediante una esatta interpretazione, le questioni dogmatiche, ma soprattutto ad accordare più credito all'interpretazione del singolo vescovo o teologo.

Abbiamo già ricordato ( § 124, V, 10 c ) delle autorità ortodosse, che non considerano definitive neppure le definizioni dei concili, ritenendo che nessuna revisione sia esclusa, poiché la costante guida dello Spirito Santo può condurre a nuove cognizioni, col risultato che definizioni precedenti sarebbero superate nel senso della revisione.

3. Nella questione del primato può venirci in aiuto la considerazione storica sul come questo scisma si è verificato.

Ammesse le implicazioni personali e politiche e, da parte romana, anche quella certa assenza di misura che spinse le cose ad una inutile esasperazione, da parte orientale potrebbe aver luogo, per es., una revisione della figura di Fozio, tenendo presente cioè che questi si oppose più al modo con cui Niccolo esercitava il primato, che non al primato in se stesso e che, inoltre, fu una grande ingiustizia da parte di Fozio l'aver falsato, con aggiunte, la lettera del papa, della quale fu data lettura durante il sinodo dell'879-80 ( § 41, II ).409a

Abbiamo già accennato al fatto, molto importante dal punto di vista del diritto ecclesiastico, che nessuno degli scismi fra le due chiese, ne quello di Fozio, ne quello del 1054, ne la revoca dell'unione di Firenze-Ferrara è stato mai ratificato da un concilio ecumenico.410

Per una giusta interpretazione dello scisma del 1054 è parimenti di grande importanza il fatto che - nonostante le reciproche scomuniche delle due chiese e la pubblica distruzione col fuoco della Bolla del papa durante l'assemblea dei vescovi del 17 luglio 1054 - gli avvenimenti non furono affatto considerati come scisma da parte dei contemporanei ( Congar ).

4. È stato per lungo tempo un male ereditario dell'Occidente latino il considerare se stesso più o meno come l'intera cristianità.

Per questo è trascorso del tempo prima che il cristianesimo occidentale riconoscesse l'importanza religiosa ed ecclesiastica delle chiese orientali.

Da ciò deriva che la Chiesa cattolica, per tanto tempo, ha tenuto in poco conto la coscienza religiosa ed ecclesiastica delle chiese orientali.

Alcuni infelici episodi nei confronti delle chiese orientali affondano proprio qui le loro radici.

Pio XI ha biasimato i cattolici per questa offesa all'amore fraterno.

Ha esaltato invece quanto di prezioso e di nobile v'è in esse e « che merita non solo rispetto, ma anche simpatia » ( sotto, § 124, VI, 5 ).

La coscienza delle chiese orientali ha, in effetti, molte cose a sua gloria.

L'Oriente è una volta per tutte la patria e il paese del cristianesimo e della Chiesa.

Colà visse e predicò Gesù, vissero e insegnarono, prevalentemente, gli Apostoli, fondarono chiese e istituirono i loro successori.

La comunità originaria e le altre primissime comunità sorsero in Oriente.

I dogmi fondamentali furono definiti in Oriente nei primi sette concili ecumenici, mentre la partecipazione da parte della chiesa occidentale fu bensì insigne, ma molto esigua.

La liturgia fu elaborata dapprima in Oriente.

Il monachesimo ha in esso le sue profonde radici e da esso ha tratto un'impronta profonda anche il monachesimo occidentale.

Attraverso la grandiosa opera di evangelizzazione degli slavi, compresa la Russia, quelle chiese hanno scritto un enorme capitolo della storia della Chiesa.

Esse hanno tenacemente conservato la dottrina e l'esistenza stessa della Chiesa, sopportando la persecuzione devastatrice e l'oppressione da parte dei persiani, dei tartari, degli arabi e dei turchi.

Ma non soltanto in tempi passati esse sono state provate e purificate soffrendo in maniera inaudita; pure ai giorni nostri, fra di noi, esse soffrono nella comunione sacramentale dell'unico corpo per tutta la Chiesa, quindi anche per quella latina.

Questa è una santa realtà.

Ci troviamo dinanzi a un passato religioso straordinariamente ricco, rimasto strettamente vicino alla prima Chiesa.

Da tutto questo la chiesa orientale trae un diritto: di essere ascoltata, di essere considerata nella sua autocoscienza cristiana.

5. Gli ultimi papi ne hanno dato riconoscimento con espressioni veramente sorprendenti:

Leone XIII ha riacceso l'attenzione verso la chiesa orientale;

Benedetto XV ha contestato espressamente la validità esclusiva dell'elemento latino nella Chiesa ( 1917 );

Pio XI nel 1931 affermò la molteplicità nell'unità e creò a Roma una serie di centri di studio per l'indagine e l'assistenza pastorale degli orientali a Roma;411

Pio XII412 sottolineò proprio l'antichità dei valori particolari conservati dalla chiesa orientale, rigettando il livellamento puramente esteriore che si risolve unicamente in indebolimento delle forze interiori;413

Giovanni XXIII, vissuto vent'anni in Oriente come nunzio, si propose come particolare suo obiettivo la comprensione per la chiesa orientale.

Queste tendenze hanno trovato consacrazione nel concilio ecumenico Vaticano II e si sono tradotte nell'incontro tra Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora I in Terrasanta e nella reciproca remissione degli anatemi, a conclusione del Concilio stesso ( 1965 ).

6. Nel complesso, è di rigore partire dal dato di fatto che lo scisma fra Oriente e Occidente si verificò in un tempo in cui alcuni dogmi non erano ancora definiti.

Per la dottrina dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione, tuttavia, potremmo richiamare l'attenzione degli ortodossi su molte testimonianze della loro stessa liturgia.

Anche in questo contesto, può essere assunta la concezione fondamentale ortodossa della Chiesa: come opera di Cristo essa è completa, non conosce un ulteriore sviluppo dei dogmi.

Ma, ciononostante, essa è sostanzialmente in divenire, poiché lo Spirito è stato inviato per introdurla in ogni verità.

In questo ambito trova il proprio compito e la sua possibilità la libertà umana.

Questo divenire della Chiesa ora, in altro non consiste se non nella divinizzazione, dichiarata fondamentale proprio dalla chiesa orientale.

È stato osservato, a ragione, che l'Oriente non nega una dottrina per il semplice fatto di non formularla esplicitamente.

Ritroviamo qui la questione fondamentale già posta,414 quando cioè una cosa sia obbligante e vitalmente necessaria per la professione di fede.

Le chiese orientali non possiedono la dottrina del purgatorio.

Ma pregano per i defunti.

Perfino per la comprensione del primato romano si potrebbero trovare importanti motivazioni ortodosse in pensatori russi dei secoli XVII e XVIII, che scrivono contro i « vecchio-credenti ».

Poiché le forme devozionali della chiesa ortodossa, com'è stato appena detto, sono rimaste tanto vicine al cristianesimo originario, sono in grado di toccare veramente sia il cattolico che il cristiano evangelico.

Perciò esse possono rendere dei servigi non indifferenti al dialogo dei cattolici con i cristiani evangelici.

Taluni tratti, che, nella dottrina e nella pietà cattolica, sono per loro occasione di critica, nell'insieme della pietà ortodossa potrebbero apparire preziosi dal punto di vista cristiano.

Il motivo è da ricercarsi nel fatto che certi fenomeni - sostanzialmente gli stessi che nella fede cattolica - nella pietà ortodossa sembrano non sottostare affatto, o molto meno, al pericolo del giuridismo di quanto non avvenga, secondo l'opinione evangelica, nella Chiesa cattolica.

Il cristiano evangelico potrebbe comunque apprendere che quanto egli crede di dover rifiutare della fede cattolica e della sua professione, può venir legittimamente chiarito in una forma evangelica.

Da questa Chiesa - nei cui confronti essi non nutrono animosità alcuna - potrebbero imparare meglio quanto la Tradizione sia essenziale come fonte di fede, quanto possa esser cristianamente ricco il sacerdozio sacramentale e la gerarchia col sacrificio della messa e quanto sia gratuito credere che la venerazione dei Santi, della Panhagia innanzitutto, la Tuttasanta, la Madre di Dio, sia in contrasto con il primo comandamento.

7. Ci sono molte differenze che non importano contraddizione.

In passato non si è tenuto conto, molto spesso, di questa importante distinzione.

In ultima analisi, moltissimo dipende dal fatto che, a partire dal primo Medioevo, l'ostilità della chiesa orientale verso Roma fu motivata da cause politico-ecclesiastiche: essa temeva cioè l'invadenza dell'Occidente latino nella sfera greca.

Come abbiamo visto, la storia ha giustificato talvolta questo timore.

Senza alcun calcolo e nella lealtà assoluta dell'amore fraterno, questo timore dev'essere tolto all'Oriente: ogni tentativo di latinizzazione dovrebbe essere stroncato.

La salvezza del mondo dipende sempre dal fatto che il potere non si trasformi in violenza.

Escludere questo pervertimento anche dall'interpretazione del potere ecclesiastico, pontificio, episcopale, costituisce il compito decisivo e un possibile grande aiuto per la riunificazione.

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406 Nessuno lo ha fatto meglio dello stesso Friedrich Heiler, così attento nella sua critica equilibrata della chiesa orientale, da lui tanto ammirata.
407 A quanto abbiamo già detto, aggiungiamo ora: entrambe le chiese hanno le stesse antiche feste del Signore, della Madonna e dei Santi.
La chiesa latina venera molti teologi orientali come suoi: Atanasio, Efrem, Grillo di Gerusalemme, Grillo di Alessandria, Giovanni Damasceno.
L'Oriente venera Ambrogio, Gerolamo, Agostino, Leone Magno, Benedetto da Norcia.
408 Cfr. a tale proposito Pio XII, sotto § 124, VI, 5.
409 È interessante che ci siano oggi dei teologi russi i quali ammettono che la concezione dell'autorità come potestas giuridica, come dominio e stata realizzata in un primo tempo da Roma, ma poi assunta da Costantinopoli.
409a Secondo indagini recenti, pare che Forio sia motto in unione con Roma.
410 Cfr. sopra, nota 332.
411 Pio XI condannò nel 1938 i tentativi esagerati di coloro che « ignorando l'Oriente e il suo carattere particolare volevano mutare i suoi santi diritti e incorporarlo al rito latino … I romani pontefici sono, infatti, dell'opinione che la diversità liturgica, che trae origine dalla singolarità dei diversi popoli, non solo non contrasta affatto alla fede santa e all'unità del culto divino, ma, al contrario, mette in giusta luce questa unità ».
412 Pio XII, in occasione del 1500° anniversario del concilio di Calcedonia, ha dichiarato che il contrasto fra nestoriani e monofisiti sta più nelle parole che nella realtà. I monofisiti moderni avrebbero, praticamente, la stessa nostra fede.
Detto per inciso: è una dichiarazione importantissima, che indica la strada per riportare l'inalienabile ruolo della teologia dalle troppo alte pretese al suo delimitato valore ausiliare nei colloqui di unione: è chiaro, stando alle parole del papa, che, pur con termini diversi di professione, può tuttavia esprimersi l'identica fede.
413 Queste idee illuminate incominciano a prender piede anche nella curia romana, contro precedenti usanze. Seguendo l'antichissimo costume delle chiese bizantine, ortodossi greci e anche sacerdoti cattolici uniati dell'emigrazione, dopo la seconda guerra mondiale celebrarono la liturgia nella lingua del paese che li ospitava. Il patriarca Maximos IV aveva autorizzato una traduzione francese della liturgia bizantina. Quando il Santo Uffizio, nel 1960, proibì questo per gli uniati ( perseguitati e cacciati da Mosca nel 1947 ) senza interpellare il competente patriarca Maximos, la sua immediata protesta presso il papa fece si che un nuovo decreto del Santo Uffizio riconoscesse, con minime limitazioni, ai bizantini il diritto di usare la lingua volgare ( Clément ).
414 Vedi sopra, § 121, II, 6 a.