La storia della Chiesa

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V. La teologia

1. Quando noi europei occidentali vogliamo parlare della teologia delle chiese orientali;,395 dovremmo avvertire innanzitutto che il concetto di teologia è polivalente.

Non esiste soltanto nell'accezione da noi ( in generale ) usata in Occidente.

C'è una teologia che non è costituita, o non lo è prevalentemente, da formulazioni concettuali e rigorosamente sistematizzate.

Notevoli parti della teologia mistica e monastica sviluppano l'esposizione della Rivelazione in altra maniera; esse contengono bensì anche speculazioni di alto livello ( Origene, Bernardo di Chiara valle ), ma si spingono soprattutto in regioni che non sono più accessibili alla « comprensione » umana; esse espongono la redenzione e la giustificazione soprattutto come partecipazione del divino.396

A quest'accezione di teologia ( fatte poche eccezioni nel secolo XVII, vedi sotto ) appartiene anche l'ortodossa.397

Nella chiesa orientale teologià e pietà sono inscindibili.

Non vi esiste la possibilità di una teologia, per così dire, impegnata, con una problematica « puramente scientifica »;398 essa è sempre anche preghiera.

La teologia ortodossa è, in grande misura, un'unità inferiore.

Ciò dipende per altro dal fatto che dopo il periodo creativo dei Padri antichi e del primo Medioevo, si accontentò, non esclusivamente ma prevalentemente, di tramandare l'eredità ricevuta: essa è in tutto e per tutto tradizionalista.

Così però, rimase molto vicina ai primi Padri greci e pertanto alla Scrittura.

Le formulazioni concettuali del dogma riguardano soltanto i primi sette concili.

2. Le definizioni di questi sette concili hanno un'importanza fondamentale.

Esse dimostrano, con l'appassionata partecipazione di vastissime cerchie di clero, di monaci e di laici impegnati nella loro formulazione, quanto il pensiero esatto sia anche un obiettivo della teologia e della fede orientali.

Ma a) questa elaborazione è strettamente connessa alla preghiera e alla liturgia;

b) rimane limitata alle questioni essenzialmente necessarie ( e ciò vale decisamente anche per le risposte ) della dottrina di fede, così cioè come si presentano nelle formule dogmatiche più o meno elementari di quelle definizioni.

c) La teologia dei Padri greci, di Clemente, di Origene e dei Cappadoci, di Dionigi l'Areopagita e di Giovanni Damasceno è tutt'altro che un parlare accademico.

Evita perciò quasi tutto ciò che potrebbe condurre al concettualismo, il cavillo, il giuridismo o addirittura il legalismo,

d) È una teologia profondamente caratterizzata dal modo di pensare simbolico.

La pittura delle iconi è una prova caratteristica della maniera poco astratta, poco concettuale della teologia orientale,

e) Il fatto che il mistero, appunto perché mistero, non possa esser compreso con la ragione, rappresenta per gli scrittori orientali, ancor più per san Tommaso, il punto centrale della loro posizione.

Anche qui si manifesta il carattere « apofatico » tipico del pensiero ortodosso; le facoltà « razionali » dello spirito non vengono propriamente attivate.399

3. La difesa della venerazione delle immagini, la lotta contro il filioque e in favore dell'esicasmo portarono a cognizioni nuove e più sfumate; un'eccezione a quanto è stato detto fu data soltanto dal tentativo di alcuni teologi russi dei secoli XVII e XVIII, di battere il cattolicesimo attraverso la sua stessa Scolastica.

Il tentativo fu proseguito dopo Pietro I, sotto l'influenza dell'ortodossia protestante, ma urtò - come quei primi tentativi - contro le perplessità dogmatiche della gerarchia.

Come reazione contro una simile teologia, impastata di intellettualismo occidentale ( fatto passare con troppa facilità come razionalismo ), sono da valutarsi le prese di posizione, importantissime dal punto di vista della storia dello spirito, di molti russi, quali Chomjakov, Solovjev, Berdiajev, Beliajev e Bulgakov, tutti uomini del nostro tempo.

Partendo dalle « accezioni » di cristianesimo diversamente definite, essi cercano di costruire una dottrina della salvezza organicamente unitaria.

Anche contro di essi il patriarcato di Mosca400 ha sollevato dei dubbi ( la gnoseologia di Bulgakov fu giudicata eretica ).

In un'analisi complessiva va pure inserita l'opera letteraria di Dostojevskij, Tolstoj,400a nella quale hanno un grande ruolo i problemi teologici.

Essa rappresenta un'entità complessa; molti dei valori e molte delle opere, da essa esaltate, non possono avanzare la pretesa di occupare un posto in seno alla Chiesa ortodossa, che vuole salvaguardare l'eredità dei primi sette concili ecumenici.

Ciononostante, il valore di questa letteratura rimane molto importante, sotto diversi aspetti, per l'ortodossia e in particolare per la sua rianimazione spirituale attraverso un forzato confronto con la realtà moderna.

4. Questo particolare carattere della teologia orientale, chiaramente riconoscibile nella forte accentuazione dell'incomprensibilità di Dio, che, dopo gli antichi Padri greci, è confermata da Dionigi l'Areopagita e da Giovanni Damasceno, fu risollevata nella controversia esicastica ( § 124, V, 8 a ) e definita dai concili del XIV secolo ( Costantinopoli 1351 e 1352 ).

L'uomo non può esprimersi ne positivamente ne negativamente circa l'essenza di Dio o le sue « energie », perché Dio trascende ogni cosa.

Non gli si può attribuire neppure il concetto di « essere ».

In Dio bisogna parlare di « super-realtà » ( Gregorio Palamas ).

Questa cosiddetta teologia « apofatica »401 viene considerata di recente ( da VI. Lossky ) come particolarmente caratterizzante per il pensiero ortodosso.

La conoscenza di Dio non è quindi un atto dell'intelletto ma del cuore.

La conoscenza di Dio presuppone la purificazione dal peccato, presuppone la virtù, e soprattutto l'amore; è una realtà mistica: « La virtù rende teologi » ( Seraphim ).

5. Il fatto che la teologia orientale sia per la maggior parte mistica, corrisponde al carattere della concezione orientale della mediazione della salvezza, della « divinizzazione » dell'uomo.

L'esperienza mistica è considerata, presso di noi, come il culmine dell'esperienza personale.

Non così in Oriente, ove si conosce una mistica comunitaria, cioè quella liturgica, che è espressione della vita della Chiesa come Corpo mistico di Cristo ( vedi § 124, II, 2 ).

Lo studio della Rivelazione, la penetrazione in essa, l'esperienza e anche l'« elaborazione » teologica di essa, non avvengono individualmente attraverso il singolo; è la Chiesa che sperimenta tutto questo, e il singolo ne viene fatto partecipe in quanto suo membro.

Nella misura perciò in cui egli è membro, nella misura in cui egli prende parte alla coscienza della Chiesa, può essere teologo.

6. Il deposito rivelato viene conservato nella sua purezza non da un'istituzione o da una persona investita di autorità giuridica, bensì dalla coscienza generale della Chiesa ( § 121, II, 4 ).

Non è difficile capire con quale facilità asserzioni dogmatiche possano diventare inesatte e il grado di credenza possa diventare incerto.

Ma proprio questo fa parte ancora una volta della singolarità del pensiero della chiesa orientale: si sente poco il bisogno di definizioni concettualmente esatte.

Nella formazione di questo carattere fu di grandissima importanza che in Oriente fossero prevalentemente i monaci a coltivare la teologia che quindi rimase nell'ambito sacrale del monastero; la scienza teologica non s'introdusse ( sono poche le eccezioni ), fino ai nostri giorni, in ambienti « indifferenti » come quelli delle università; essa rimase nel monastero.

Anche questo spiega come la teologia in Oriente appare così affine alla teologia monastica occidentale.

7. L'intonazione specifica, la fisionomia e la tematica strutturale della teologia orientale sono intimamente collegato alla dimensione cosmica della Rivelazione e della Redenzione.

Essa riflette la posizione cosmica di Cristo annunciata da Paolo e dall'Apocalisse di san Giovanni.

L'intero cosmo sospira la redenzione.

Attraverso l'incarnazione e la risurrezione tutto il creato è santificato, esso ha in sé la potenza di venir trasformato per opera dello Spirito Santo.

Vi sarà certamente un nuovo cielo e una nuova terra.

Questo habitus spirituale corrisponde al piano salvifico di Dio, in quanto cioè esso risalendo all'Antico Testamento abbraccia anche il mondo pagano.

Anche nell'ortodossia, quindi, troviamo la dottrina del Logos spermatikós: il manuale dei pittori del Monte Athos esige espressamente che nella rappresentazione della radice di Jesse i filosofi greci vengano annoverati fra i precursori di Cristo.

8. Il mistico più insigne della Chiesa orientale è Simeone, il nuovo teologo ( + 1022 ).

L'ultimo grande teologo-mistico fu un coevo minore di Gregorio Palamas, Nicolo Cabasilas o Kabasileus ( + 1371 ), teorico e sistematizzatore della mistica orientale.

Per il secolo XVII va menzionata la scuola teologica di Kiev con Pietro di Maghila.

a) La strutturazione metodica di tutti questi tentativi fu avviata da Gregario Palamas ( 1296-1359 ) canonizzato dalla chiesa ortodossa, che cercò di illustrare teologicamente la dottrina della contemplazione che porta alla visione della luce del Tabor, profusa dal Cristo.

Egli operò una distinzione fra la « super-sostanza » di Dio e le sue energie divine.

Queste, secondo lui, sarebbero il riflesso, la grazia, la luce di Dio.

Attraverso un arduo esercizio ascetico, compiuto in silenzio ( = hesychia ) curvo, con lo sguardo fisso all'ombelico, respirando ritmicamente e ripetendo senza posa la « preghiera di Gesù »,402 l'orante viene fatto partecipe della visione della luce.

Questo esicasmo con la « preghiera di Gesù » ( nella quale l'invocazione del Nome di Gesù, secondo la Scrittura, deve produrre la presenza reale di colui che viene nominato ) acquistò un'enorme importanza per la pietà della chiesa orientale.

Gregorio Palamas, attraverso quest'esperienza mistica, arricchì addirittura il monachesimo di una nuova base teologica, che doveva poi dimostrarsi straordinariamente feconda.

Le sue idee però non si affermarono senza contrasti; sollevarono anzi appassionate controversie teologiche che interessarono tutta l'opinione pubblica greca.

Capo dell'opposizione all'esicasmo fu il monaco Sarlaam ( nato intorno al 1290 in Calabria, + 1350 ) la cui dottrina, eccessivamente scolastica, incontrò però sin dall'inizio delle opposizioni.403

b) Importante ed efficace, dal punto di vista della politica ecclesiastica, fu la letteratura bizantina nel suo ultimo periodo, dal 1330 al 1453, immediatamente prima della caduta dell'impero romano d'Oriente.

In quel tempo in Oriente si era raggiunta una grande diffusione della scienza filosofico-teologica, quale ad es., insieme con altri, viene rappresentata dal monaco basiliano e cardinale Bessarione ( 1401-72 ): aperto ai valori dell'Occidente, fervente fautore dell'unione, una vera figura di umanista, uno dei primi grandi diffusori di Platone in Occidente e al tempo stesso conoscitore di Aristotele.

Sempre nel XV secolo si svolse m Russia la lotta contro i « giudaizzanti »; fu condotta però in maniera puramente tradizionalistica richiamandosi ai Padri.

9. a) A partire dal XVII secolo la teologia ortodossa subisce in generale dei forti influssi, sia da parte della Chiesa cattolica che dei protestanti.

b) Degno di rilievo, già nel tardo XVI secolo, è il grande contrasto provocato dal moto di riforma in Polonia-Lituania, fino all'affermarsi del movimento di unità da una parte e, dall'altra, fino all'Unione di Brest ( sopra § 123, II, 3 a ) costituita, dopo aver superato notevoli opposizioni, nel 1596.

Qui nel XVII secolo si pervenne al magnanimo tentativo di un autentico colloquio ( colloquium charitatis ) fra i cattolici e le tré confessioni protestanti ( luterani, calvinisti, fratelli moravi ).

Naturalmente ciò non appartiene più alla storia della chiesa orientale, ma di quella occidentale.

c) Tentativi posteriori come quello di Maxim Greck ( + 1556 ) o, a partire dal 1753, quello di costituire una vera accademia di dotti sull'Athos ( presso Vatopedi ), intrapreso da Eugenio Bulgaris ( entusiasta per i sapienti pagani dell'antichità e per la filosofia contemporanea e illuministica dell'Occidente ), provocarono una più o meno legittima reazione della gerarchia e anche ( come il caso di Bulgaris ) l'odio tenace dei monaci contro queste « irruzioni del mondo nel Santuario ».

d) Il più celebre teologo orientale - da un secolo a questa parte - anche se non straordinariamente originale, viene considerato Nicodemo Hagiorita ( = del Monte Santo di Athos, + 1809 ), scrittore estremamente fecondo in campo mistico-ascetico e liturgico.

Egli rielaborò e completò la famosa Philokalia, che riveste grande importanza anche per la pietà popolare orientale;404 rielaborò pure l'Enchiridion di Macario di Corinto ( Venezia 1783 ) nel quale egli si fece sostenitore della comunione frequente.

Sotto l'influsso diretto del libretto degli Esercizi di sant'Ignazio di Loyola, scrisse un'ampia opera sugli « Esercizi spirituali » ( Venezia 1800 ) con una esposizione esatta della meditazione e del raccoglimento ulteriore quotidiano.

Dedicò molta cura ad una nuova edizione ( non pubblicata ) delle opere di Gregorio Palamas.

Una raccolta dei canoni della Chiesa greca svela subito, nella lettera introduttiva, una forte animosità contro il « sudiciume dei latini », fra cui egli colloca il loro rito battesimale.404a

Nicodemo voleva in parte mantenere, in parte vivificare l'antico patrimonio di fede della chiesa ortodossa e le sue usanze.

Caratteristico a tale proposito, e insieme assai istruttivo per la pietà ortodossa ridondante di rappresentazioni simboliche e di sacramentali, è il fervore con cui egli prende parte alla controversia circa il consacrare il cosiddetto kolyben405 solo di sabato - come egli riteneva giusto seguendo le antiche usanze - oppure anche in altri giorni.

e) Nel XVIII secolo il dibattito sulla validità del battesimo ( immersione presso i greci, aspersione dell'acqua presso i latini e gli armeni ) fu accesissimo.

La stessa validità dei sacramenti latini fu negata ( anche se non in senso vero e proprio ) sia formalmente, essendo la chiesa latina eretica, sia materialmente, per l'Eucaristia, a causa dell'uso del pane azzimo.

10. a) In una colluvie di opere - tutte a livello piuttosto basso - fu continuata senza posa in tutti i secoli la polemica contro i latini e le loro rubriche.

Nelle espressioni teologiche posteriori al 1453, anno in cui tramontò l'impero, si manifesta una recrudescenza di animosità.

Anche sul piano teologico si vive soltanto di questo complesso dell'« anti » fino a raggiungere la convinzione che l'autonomia ecclesiastica della chiesa orientale troverebbe migliore garanzia sotto il dominio dei turchi piuttosto che sotto il dominio del papa.

Di conseguenza, viene accentuata sempre più la funzione nazionale-orientale dell'ortodossia.

Una posizione intermedia fra il rispetto per la tradizione e la necessità di seguire le prorompenti istanze culturali del tempo si manifestò in Grecia durante la riscossa nazionale ( Adamanuo Korais, + 1833 ) con dibattiti accesi nei circoli dell'Università di Atene.

b) Oggi all'interno dell'ortodossia si cerca di svincolarsi radicalmente da ogni influenza estranea.

Georgij Florovskij e la sua scuola sono favorevoli a un radicale tradizionalismo, che non solo accetta gli elementi della Chiesa primitiva, ma vorrebbe addirittura ripristinare la situazione propria di quel periodo.

Nello stesso tempo è vivo e vigoroso il ripensamento teologico che affonda le sue radici nella Rivelazione.

Grande importanza rivestono i centri scientifico-teologici dell'emigrazione ( p. es. l'Istituto di san Sergio a Parigi con Florovskij, Kern e altri ) e dal 1947 il centro copto-ortodosso del Cairo, gli studi delle facoltà teologiche di Atene, di Tessalonica, di Romania e di Belgrado e della scuola teologica di ChaLki ( Istanbul ).

c) Nelle chiese orientali che hanno stabilito rapporti positivi con la Riforma si può costatare una maggiore attività teologica.

Affiora qui il dilemma della Riforma: se il singolo teologo possa o no apportare mutamenti nel corpo della Tradizione ricevuta e obbligante senza riserve.

Un caso limite è dato dal patriarca Lukaris ( § 122, I, 5 b ).

Comunque, la sollecitazione dei riformatori ( e così anche dei contro-rif ormatori ) ha portato ad una definizione più esatta della ecclesiologia ortodossa ( Moghila, Dositheus ).

Anche i teologi, i filosofi e quei letterati russi che presentano interessi teologici nel secolo XIX ( Chomjakov, Solovjev, Dostojevskij ) non sono immuni da influssi protestanti che si fanno sentire, in modo particolare, nella libertà con cui essi trattano, in parte almeno, la dottrina dogmatica tradizionale.

Non è certo senza influsso da parte del protestantesimo sulla teologia scientifica che si è sviluppata una discussione, che dura ormai da decenni: che cosa sia da considerarsi dogma vincolante nella chiesa ortodossa.

È quanto è stato definito dai primi sette concili, e soltanto quello?

Deve essere escluso tutto ciò che non è stato esplicitamente definito?

Che cosa significa, che quanto è stato definito diviene infallibile e assolutamente obbligante, solo dopo esser stato accettato da tutta l'ortodossia?

In che modo dunque ai concili ecumenici va attribuita l'infallibilità?

Fa parte del patrimonio di fede obbligante anche ciò che è considerato tale dalla coscienza universale della Chiesa?

È proprio vero che lo scisma ha reso eretica la chiesa occidentale agli occhi della chiesa d'Oriente?

Oppure è solo un fatto, la cui portata dogmatica è ancora del tutto aperta? ( Jungbauer ).

d) Nelle chiese unite dell'età moderna la teologia è mutuata in prevalenza dalla chiesa latina.

Ma poiché le più eminenti opere cattoliche ( Sailer, Mohler, Newman ) in un primo tempo furono accettate con una certa esitazione nella stessa chiesa latina ed entrarono lentamente a far parte del patrimonio culturale, la sua efficacia in Oriente non poté essere grande.

11. Tutto sommato, è una realtà che la produzione teologica della chiesa orientale, dopo i primi tempi, è rimasta minima.

E ciò va spiegato.

Per le chiese slave il fenomeno si spiega in gran parte con il carattere particolare della loro teologia: essa rimane estranea al nucleo stesso della teologia dottrinale; ama una certa semplicità spirituale per attingere, adorando, la ricchezza religiosa; si accontenta, in sostanza, di tramandare quanto è stato fissato.

a) Come mai questo modo di sentire e di agire è penetrato nello spirito della chiesa greca?

Si è pensato alle troppo ardenti controversie ico-noclaste e cristologiche.

Ma questo vuol dire rispondere alla domanda con la domanda stessa.

Da dove scaturisce la millenaria debolezza dello spirito greco?

Sarebbe forse più oggettivo portare l'attenzione sul carattere particolare - già rilevato - della spiritualità greco-bizantina; essa non è più un frutto dello spirito ellenico, ma ellenico-bizantino ( nel quale per es. esercita un'azione determinante anche il carattere non-ellenico del neoplatonismo ).

La liturgia e la pietà di questi bizantini avevano poca propensione per la teologia dottrinale, essa divenne e rimase prevalentemente pneumatica.

A ciò s'aggiunge naturalmente, e con furia devastatrice, la dominazione dell'Islam ( rigorosamente monoteista ) la quale esercitò un'azione letteralmente distruttiva, anzi « atrofizzante e sterilizzante ».

b) Quest'atteggiamento-base pneumatico della teologia, con una sua certa inesattezza, non portò soltanto dei vantaggi.

Se lo si interpreta nel senso che esso non abbia voluto cristallizzarsi irrevocabilmente nella dottrina dei primi sette concili ( Friedrich Schuitze ), questo stemperarsi relativistico-moderno contraddice alla sostanza di tutte le prese di posizione ufficiali dell'ortodossia.

È evidente che proprio la tendenza ad attenersi tradizionalisticamente a quanto è stato definito, merita una riflessione critica.

Il Medioevo della chiesa orientale non è affatto solo ristagno ( la sua opera missionaria, la sua forza nella sofferenza, l'agiografia e la pittura delle iconi lo dimostrano ); ma il risultato teologico rimane scarso.

D'altra parte dobbiamo guardarci da un'ingiusta sottovalutazione.

La pietà e la teologia ortodosse non sono ne un'informe marea « mistica », ne una gratuita deificazione.

Per quanto riguarda la teologia in particolare, essa è troppo differenziata per poterla includere adeguatamente in una formula come « mistica contro pensiero ».

Lo stesso Dionigi l'Areopagita, che rimane fondamentale per l'intera vita spirituale della chiesa ortodossa, non è affatto il rappresentante di un'esposizione caotica: accanto ad influssi neoplatonici, le categorie concettuali rivestono una grande importanza nelle sue speculazioni.

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395 Non è mia intenzione, naturalmente, abbozzare una storia della teologia ortodossa.
La cosa oltrepasserebbe l'ambito delle mie cognizioni come pure quello del presente libro. Non è mio scopo neppure di esporre gli importantissimi tentativi di colti ortodossi russi o ateniesi, emigrati nel passato più recente e nel tempo presente, o di dare uno sguardo d'insieme all'opera scientifica della scuola teologica di Chaiki ( Istanbul ), della quale rendono testimonianza per esempio il suo professore di dogmatica, il metropolita Crisostomo Konstantinidis, nei lavori che prepararono e seguirono la Conferenza panortodossa di Rodi del 1961. In tutte le sue opere si nota il grande sforzo di far uscire la teologia, e soprattutto la ecclesiologia, dallo stadio « prescientifico » e di costruire dei sistemi più rigorosi. Voglia Dio che, nell'attuazione di sì nobile programma, si scelgano le categorie unicamente dai testi della Rivelazione e della liturgia!
396 Non rifiutano però in modo assoluto l'aiuto della filosofia; tuttavia si servono soprattutto di principi che provengono da un pensiero espressamente religioso, come per es. quelli del neoplatonismo, ma in connessione con il tronco delle asserzioni neotestamentarie.
Circa la portata storico-salvifica e pertanto storico-ecclesiastica e la legittimità teologica di questo metodo vedi vol. I, § 28.
397 Uso questa espressione per designare tutta la teologia della chiesa orientale, compresa quella delle chiese particolari.
Ne vogliamo approfondire qui le differenze esistenti tra la teologia e la pietà russe e quelle bizantine, dalle quali le prime tuttavia scaturiscono.
398 Una trattazione, come quella ad es. fatta da Occam ( § 68 ) partendo esclusivamente dalla potentia Dei absoluta, in Oriente sarebbe assurda, anzi blasfema.
399 Cfr. a tale proposito § 124, V, 4.
400 Ma anche quello serbo e altri sinodi.
400a Tolstoj morì scomunicato.
401 A differenza della teologia « catafatica » preterita nella chiesa cattolico-romana.
402 Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore.
- La preghiera, tramandata in tante e svariate forme, presenta poche e lievi varianti e risale al biblico « Kyrie eleison » ( cfr. Mt 15,22 e in altri passi ).
403 Nel 1342 Barlaam si fece cattolico sotto l'influenza del suo discepolo Petrarca, e morì in esilio.
404 Fu stampata a Venezia nel 1782. Già nel 1794 fu pubblicata a Pietroburgo una traduzione russa. La Philokalia è il « manuale dell'educazione religiosa, del mondo ascetico, la sapienza del cuore degli staretz » ( Seraphim ).
404a Perché, tralasciando l'immersione, non sembra più assicurata tutta l'efficacia del segno.
405 Un dolce fatto con farina, per ricordare l'anniversario della morte di un fedele o di un santo. Viene offerto dopo il servizio divino ( e nei monasteri durante il pasto che conclude la liturgia ).
Il sabato è il vero e proprio giorno nel quale si commemorano i defunti ( Gesù nel sepolcro ).