Summa Teologica - I

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Immagine e inabitazione

Per ben comprendere l'intera dinamica del grande testo della Somma sui tre gradi di conformità dell'immagine al suo modello, occorre tuttavia ritornare un po' indietro e sforzarsi di considerare più da vicino la somiglianza per grazia dell'imago recreationis essa giunge alla sua pienezza quando perviene al massimo splendore permesso su questa terra dall'inabitazione della Trinità nell'anima.

Fedele al suo procedimento, Tommaso approfondisce la sua riflessione mediante approcci successivi; non gli basta stabilire la somiglianza trinitaria sul piano delle potenze, ma vuole farlo anche sul piano degli atti.

Anche in questo caso però non si tratta di atti qualsiasi: « Se si deve trovare l'immagine della Trinità nell'anima, è necessario ricavarla principalmente da ciò che si avvicina maggiormente, per quanto è possibile, ad una rappresentazione specifica delle Persone divine.

Ora, le Persone divine si distinguono secondo la processione del Verbo a partire da colui che lo proferisce e secondo quella dell'Amore che unisce entrambi.

D'altra parte, come afferma sant'Agostino, il verbo non può esistere nella nostra anima " senza un Pensiero in atto".

Quindi è sul piano degli atti che si riscontra in maniera primaria e principale l'immagine di Dio nell'anima, in quanto a partire dalla conoscenza che abbiamo, formiamo, pensando, un verbo, e da questo prorompiamo nell'amore ».208

L'intero contesto della questione ci autorizza a intendere che si tratta della conoscenza e dell'amore di Dio, ed è così che possiamo comprendere il termine utilizzato da san Tommaso.

Conformemente all'etimologia, egli impiega spesso il verbo prorumpere per esprimere una pressione interiore irresistibile: « precipitarsi nel piacere », « prorompere in ingiurie », « sciogliersi in lacrime » o, più nobilmente, « esplodere in rendimento di grazie » …

Per rispettare questa sfumatura, e il soggetto, bisognerebbe poter tradurre: Prorumpimus in amorem, con: Noi fondiamo in amore [ per Dio così conosciuto ].

In ogni caso vi è qui, e dovremo ritornarvi altrove, una forte evocazione del modo in cui Tommaso concepisce l'amore come una forza vitale che spinge l'amante verso l'amato.

Secondo la formula classica ricavata dallo Pseudo-Dionigi, l'amore provoca un'uscita da sé ( amor facit extasim ),209

Esso sradica colui che ama dal suo tenore di vita e lo precipita in un'avventura dalla quale non uscirà indenne.

É altrettanto importante osservare come la parola prorumpere si ritrova con lo stesso senso soltanto in un altro contesto210: « La grazia rende l'uomo conforme a Dio.

Quindi, affinché una Persona divina sia inviata nell'anima mediante la grazia, è necessario che l'anima sia conformata o assimilata a questa Persona tramite qualche dono di grazia.

Ora, lo Spirito Santo è l'Amore: dunque è il dono della carità che assimila l'anima allo Spirito Santo, ed è a causa della carità che si parla di una missione dello Spirito Santo.

Il Figlio, lui, è il Verbo - e non un verbo qualsiasi ma quello che spira l'Amore: "il Verbo che cerchiamo di fare intendere, dice Agostino è una conoscenza piena d'amore" ( De Trin. IX 10,15 ).

Non si ha dunque missione del Figlio per un perfezionamento qualsiasi dell'intelletto, ma solo quando l'intelletto è istruito in modo tale che giunge a prorompere in affezione d'amore ( quo prorumpat in affectum amoris ), secondo quanto è scritto in san Giovanni ( Gv 6,45 ): « Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me" o nel Salmo ( Sal 39,4 ): « Un fuoco divampò nelle mie considerazioni".

Per questo sant'Agostino impiega dei termini significativi: « Il Figlio è inviato quando è conosciuto e percepito » ( ibid. IV 20, 28 ); la parola percezione significa infatti una certa cognizione sperimentale In ciò consiste propriamente la « sapienza » o « scientia sapida », secondo il detto dell'Ecclesiaste ( Sir 6,23 ): « La sapienza della dottrina giustifica il suo nome.211

Il fatto che san Tommaso utilizza il verbo prorumpere soltanto in questi due luoghi è un invito molto chiaro ad accostarli.

Alcuni potrebbero rammaricarsi del fatto che egli non vi insista maggiormente, ma ciò non rientra affatto nel suo modo di procedere che è più allusivo.

Come ha ben notato un commentatore perspicace « tutto accade come se un certo pudore spirituale impedisse al Dottore angelico di proseguire ulteriormente la presentazione di questa teologia dell'immagine ed entrare nei dettagli di una teologia spirituale che si sarebbe voluto vedergli sviluppare ».

É vero; tuttavia questo è proprio uno di quei casi in cui è del tutto lecito al commentatore mettere in evidenza ciò che il Maestro stesso non ha potuto o creduto dover sviluppare a causa del piano che perseguiva; la dottrina dell'inabitazione della Trinità costituisce il coronamento della dottrina dell'immagine di Dio.212

É sufficiente ricordare in che modo egli presenta questa dottrina dell'inabitazione, in stretto legame con la dottrina delle missioni delle Persone divine, o piuttosto come la sua conseguenza: « Si dice che una Persona divina è inviata in quanto esiste in qualcuno in un modo nuovo; che è data in quanto è posseduta da qualcuno ciò non si verifica se non a causa della grazia santificante.

Infatti vi è per Dio un modo comune di esistere in tutte le cose mediante la sua essenza, la sua potenza e la sua presenza, come causa negli effetti che partecipano della sua bontà.

Ma al di sopra di questo modo comune c'è un modo speciale che è proprio della creatura razionale: in questa si dice che Dio esiste come il conosciuto nel conoscente e l'amato nell'amante.

E siccome, conoscendolo e amandolo, la creatura razionale giunge con la sua operazione fino a Dio stesso, si dice che tramite questo modo speciale, non solo Dio è nella creatura razionale, ma anche che abita in essa come nel suo tempio ».213

Questo « modo speciale di presenza », lo si capisce bene, non consiste semplicemente in un « essere là », così come accade quando due persone si trovano fisicamente nello stesso luogo senza che nient'altro le renda vicine.

Questa presenza particolare raddoppia, se così si può dire, l'intensità della presenza di Dio, poiché, all'azione con la quale egli dà l'essere e da cui risulta la presenza di immensità, si aggiunge l'azione con la quale dà la grazia.214

E, nello stesso tempo, dà alla persona umana la capacità di raggiungerlo al livello di questa nuova presenza.

Non si tratta qui di due atti differenti: per Dio, dare la grazia significa darsi da conoscere e da amare.

Secondo un'espressione con la quale Tommaso riassume quanto accadrà nella visione beatifica, della quale però quaggiù si ha una realizzazione iniziale, « se esistesse una realtà che fosse simultaneamente la fonte della capacità di vedere e la stessa realtà vista, occorrerebbe che colui che vede riceva da questa realtà sia la capacità di vedere, sia la « forma mediante cui il vedere si attualizza ».215

Tenendo conto del fatto che quaggiù « camminiamo nella fede e non nella chiara visione », è esattamente quanto accade in questa presenza speciale Dio non soltanto viene incontro all'uomo, ma gli dà e nello stesso tempo la possibilità di incontrarlo.

Questo è dunque quanto rende possibile il dono della grazia santificante è solo per un atto delle virtù teologali di fede ( conoscenza ) e carità ( amore ) che Dio è raggiunto così in se stesso.

Ma ciò che è importante notare per il nostro scopo è il fatto che Tommaso descrive l'inabitazione di Dio nell'anima come il risultato degli stessi atti che danno all'immagine la conformità di grazia della nuova creazione, ed è questo che ci spinge a sottolineare la continuità tra queste due dottrine.

Il dinamismo implicato nella nozione di immagine di Dio trova la sua più alta realizzazione quaggiù in ciò che costituisce anche il vertice dell'avventura umana: l'unione con Dio di cui l'anima gode come di un oggetto d'amore liberamente posseduto.

Se si segue Tommaso si va molto lontano, ed è possibile rendersene conto dal modo in cui egli spiega perché si può attribuire allo Spirito Santo il titolo di « Dono » ( donum Dei, come dice l'inno Veni Creator ): « Noi possediamo ciò di cui possiamo fare liberamente uso o fruire a piacere: in questo senso una Persona divina non può essere posseduta se non da una creatura razionale unita a Dio.

Le altre creature possono ben essere mosse da una Persona divina, però ciò non conferisce loro il potere di godere di questa Persona divina né di usufruire del suo effetto.

Ma la creatura razionale ottiene a volte questo privilegio, allorquando diventa partecipe del Verbo divino e dell'Amore che procede, fino a poter liberamente conoscere Dio con verità e amarlo perfettamente.

Perciò soltanto una creatura razionale può possedere una Persona divina.

Quanto poi alla realizzazione di tale possesso essa non può giungervi con le sue proprie forze: occorre che le sia dato dall'alto - giacché ciò che otteniamo da altri, si dice che ci è dato.

Ecco come conviene a una Persona divina di essere data e di essere un Dono ».216

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208 I, q. 93, a. 7
209 Cf. per es. I, q. 20, a. 2 ad 1; I-II, q. 28, a. 3; II-II, q. 175, a. 2; ecc.
210 La cosa è stata notata anche da D, -J. MERRIELL, To the Image of the Trinity p. 231, che ha inoltre appurato come la parola non deriva da sant'Agostino. Egli stesso traduce molto giustamente prorumpere con to burst forth into love.
211 I, q. 43, a. 5 ad 2; si sarà notata in questo testo, e in atri citati sopra, l'insistenza sulla conformità a Dio che la grazia realizza in noi, o sull'assimilazione allo Spirito Santo che produce la carità; certamente dovremo ritornare su questo tema.
212 Si è un po' sorpresi che Merriell, pp. 226-235, manifesti qui una così grande esitazione, benché egli sia più positivo nella sua conclusione (p. 242); si troveranno alcuni sviluppi in questo senso in F.L.B. CUNNINGHAM, St. Thomas’ Doctrine on the Divine Indwelling in the Light of Scolastic Tradition, Dubuque (Iowa) 1955, pp. 339-349
213 I, q. 43, a. 3; la dottrina delle missioni divine e dell'inabitazione è un tema molto studiato e sempre attuale; si troverà un riassunto agevole e affidabile in J.-H. NICOLAS, Synthèse Dogmatique I, pp. 227-265; per uno studio esaustivo, cf. J. PRADES, «Deus specialiter est in sanctis per gratiam». El misterio de la inhabitaciòn de la Trinidad en los escritos de santo Tomds («Analecta gregoriana 261»), Roma 1993.
214 E Tommaso ritrova qui la sua immagine prediletta: «la grazia è causata nell'uomo dalla presenza della divinità, così come la luce nell‟atmosfera deriva dalla presenza del sole», III, q. 7, a. 13
215 I, q. 12, a. 2
216 I, q. 38, a. 1.