Summa Teologica - I

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L'immagine della Trinità

Il lettore della Somma non può non osservare il fatto che l'autore ha diviso in due sezioni distinte quanto aveva da dire sull'uomo: mentre le Questioni 75-89 trattano della natura dell'uomo, le Questioni 90-102 parlano della sua creazione ( de productione prima hominis ).

Se è un filosofo un po' frettoloso, tale lettore limiterà il suo studio alla prima parte e lascerà la seconda al teologo.

Questo sarebbe un errore fatale che gli impedirebbe di capire lo scopo del suo autore, in quanto costui afferma che è proprio nella sua qualità di teologo che intende considerare la natura dell'uomo.193

Lasciando lo studio del corpo al medico, egli parlerà soprattutto dell'anima e della relazione che essa ha con il suo corpo.

Nello stesso tempo annuncia con fermezza che il suo studio sull'uomo non sarà completo prima di aver parlato dell'immagine di Dio, giacché questo è il fine che Dio si propone creando l'uomo.194

Come egregiamente si è espresso un filosofo, Tommaso ha compreso il tema dell'immagine « come causa finale della produzione dell'uomo.

L'essere umano è stato creato o prodotto per essere a immagine di Dio.

Se le parole fine o termine hanno un senso, bisogna affermare che l'essere umano è, è stato creato, e dunque voluto e concepito dal suo Creatore, non per essere una sostanza pensante o un animale razionale, ma per essere a sua immagine ».195

Detto altrimenti, nella sua esegesi di Gen 1,26 il Maestro d'Aquino vede all'opera e in modo simultaneo l'efficienza e la finalità: Dio, mentre crea l'uomo, è mosso dall'intenzione di comunicargli la sua somiglianza.

San Tommaso ha più volte parlato dell'immagine di Dio nei luoghi più decisivi dei suoi scritti teologici, ma sembra proprio che, pur conservando una base comune delle sue prime ricerche, egli abbia costantemente progredito nel suo approfondimento grazie alla rinnovata attenzione con la quale ha riletto l'opera di sant'Agostino.

Anche se non sarà trattato ex professo che verso la fine della Prima Parte, il tema lo si trova fin dalle pagine iniziali della Somma,196 ed è in riferimento ad esso che Tommaso coglie già il tipo di somiglianza che la creatura può avere con il suo creatore.197

Questi riferimenti precoci sono il segno, non trascurabile, che il tema è presente alla mente del teologo anche quando non ne parla.

Tuttavia, e ciò non ha più niente di cui sorprenderci, è a proposito della Trinità e della creazione che egli stabilirà i punti fondamentali.198

Quando spiega perché la Sacra Scrittura riserva il termine « immagine » per parlare del Figlio e gli si obietta che questo termine è anche utilizzato per l'uomo, egli risponde con una prima distinzione: « L'immagine di qualcuno può trovarsi in un altro in due modi: sia in un essere della stessa natura specifica, come l'immagine del re si trova nel suo figlio; sia in un essere di natura diversa, come l'immagine del re si trova sulle monete.

Ora, è nel primo modo che il Figlio è l'Immagine del Padre e soltanto nel secondo che l'uomo è immagine di Dio.

Perciò per significare questa imperfezione dell'immagine, nel caso dell'uomo, non si dice semplicemente che egli è l'immagine di Dio, ma che è "ad immagine", e con ciò si vuole significare lo sforzo di una tendenza alla perfezione.

Del Figlio di Dio invece non si può dire che sia « ad immagine » perché è la perfetta Immagine del Padre ».199

Supponendo che occorra cercare delle ragioni che spieghino per Tommaso attribuisce una tale importanza alla nozione dell'immagine - essendo sufficiente di per sé il fatto che sia un dato rivelato -, la sfumatura qui introdotta è particolarmente illuminante.

L'idea di una realtà che non è data allo stato perfetto, ma considerata come chiamata a progredire corrisponde molto profondamente alla sua concezione della natura, la quale comporta certamente un dato di base stabile, ma germinalmente ricco di un compimento futuro.

L'uomo non è pienamente se stesso se non nello stadio di cultura; così anche l'immagine di Dio che è in lui non sarà pienamente se stessa se non nello stadio perfetto della sua attività di natura spirituale.

Naturalmente, ritroviamo l'immagine nello sviluppo della Somma quando Tommaso si interroga sulla somiglianza della creazione al suo Creatore, sulla traccia che l'Artista divino ha lasciato nella sua opera; è in questa occasione che ha precisato la sua dottrina sulle vestigia della Trinità.200

Ciononostante, è ora che si fa un passo decisivo.

Se è vero che l'uomo partecipa, nella sua condizione corporea, insieme all'intera creazione, a questa somiglianza per modo di vestigio, in più gli tocca il fatto di essere un'immagine propriamente detta della Trinità, essendo dotato di intelligenza e di volontà.

Perciò è possibile trovare in lui un verbo concepito e un amore che procede.

Si ha in questo caso molto più che una semplice somiglianza esteriore; è al livello della mens, ciò che vi è di più spirituale nell'uomo, che l'immagine si situa: « Siccome la Trinità increata si distingue secondo la processione del Verbo a partire da colui che lo proferisce e la processione dell'Amore a " partire da ambedue" - si può affermare che nella creatura razionale, in cui si trova la processione del Verbo secondo l'intelligenza e la processione dell'amore secondo la volontà, esiste un'immagine della Trinità increata che arriva fino ai tratti specifici».201

Poiché il corpo non ha altra somiglianza se non quella del vestigio, è al livello dell'anima spirituale quindi che si trova l'immagine.202

Infatti essa è come Dio stesso capace di conoscenza e d'amore.

Si ritrova qui un dato di base presente in ogni essere umano in virtù della sua creazione e che fonda l'analogia di proporzionalità propria che Tommaso sviluppa nel testo appena citato.

Tuttavia non si tratta che di un punto di partenza; Tommaso infatti non smette di tentare di superare il carattere statico di questo dato bruto e mettere in risalto il carattere progressivo e dinamico dell'immagine.

Questa è anche una realtà in divenire, presente nella natura umana come un appello.

Perciò, per suggerire tale carattere evolutivo dell'immagine, oltre all'analogia di proporzionalità che si fonda su un dato ontologico indistruttibile, Tommaso impiega una gradazione di conformità ascendente che apre il cammino a una crescita indefinita: « L'immagine di Dio nell'uomo si può considerare sotto tre aspetti.

Primo, in quanto l'uomo ha un'attitudine naturale a conoscere e ad amare Dio, attitudine che risiede nella natura stessa dell'anima spirituale che è comune a tutti gli uomini.

Secondo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale o abituale, sebbene in modo imperfetto: si tratta allora dell'immagine per conformità di grazia.

Terzo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale e perfetta: si ha così l'immagine secondo la somiglianza di gloria.

Perciò, commentando il versetto del Salmo 4,7: La luce del tuo volto è stata impressa su di noi, Signore, la Glossa distingue tre tipi di immagine: e cioè di creazione, di nuova creazione e di somiglianza.

La prima di queste immagini si trova in tutti gli uomini, la seconda solo nei giusti e la terza soltanto nei beati ».203

Come si è giustamente osservato, « questi tre aspetti dell'immagine sono intimamente legati l'uno all'altro come i tre momenti di uno stesso itinerario spirituale ».204

Se sembra che Tommaso non sia giunto di primo acchito a questa formulazione definitiva, egli ha almeno costantemente proposto dei gradi nel suo modo di comprendere l'immagine, l'uno supponendo l'altro e completandolo in un grado superiore.205

E ciò mostra che è proprio in questo dinamismo dell'immagine che risiede il suo interesse per la teologia spirituale: « Vi sono due modi di essere conformati [ all'immagine dell'uomo celeste, Cristo, 1 Cor 15,49 ], l'uno nella vita della grazia e l'altro in quella della gloria, la prima essendo una via verso la seconda ( via ad aliam ), poiché senza la vita della grazia non si giunge a quella della gloria ».206

Come ben dice un commentatore recente, l'uomo-immagine non riflette Dio-Trinità come uno specchio, ma come un attore che imita il modello rappresentato, entrando sempre più profondamente nella vita del suo personaggio.207

Tutto questo è vero, ma per essere pienamente fedeli all'intuizione centrale di fra Tommaso è necessario dire ancora di più.

Se la dottrina dell'immagine ha una tale importanza, è perché essa permette di comprendere come si realizza nella creatura l'articolazione dell'exitus e del reditus.

Infatti, se la prima, l'immagine di creazione, è il termine dell'« uscita », la seconda, l'immagine di ricreazione o secondo la grazia, costituisce quella da cui comincia il « ritorno », avviando il movimento che troverà il suo compimento nella patria con la terza, l'immagine di gloria, infine perfettamente somigliante.

Soltanto così noi ridiamo allo slancio interno dell'immagine tutta la sua forza, ricollocandolo nel dinamismo più ampio del movimento circolare infinito che riconduce verso Dio l'intera creazione.

L'intera creazione - e in modo particolare le persone umane che entrano coscientemente in questo processo - si trova così coinvolta e trascinata nel movimento delle relazioni trinitarie.

Come si può vedere sull'icona della Trinità di Andrej Rublèv ( sotto la forma del rettangolo in basso all'altare che simboleggia l'universo creato, la creazione non si trova al di fuori, ma proprio al centro della comunione trinitaria.

Il genio del pittore lambisce senza saperlo l'intuizione del teologo e rende visibile qualcosa di questa circulatio che parte dal Padre mediante il Figlio e ritorna verso di lui mediante e nello Spirito, trascinando l'universo nel suo amore.

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193 Cf. I, q. 75, Prol.: « È proprio del teologo ( theologus ) considerare la natura umana dal punto di vista dell'anima e non del corpo.
194 Si sa che è il titolo stesso della questione sull'immagine di Dio ( I, q. 93 ): De fine sine termino productionis hominis prout dicitur factus ad imaginem et similitudinem Dei.
195 L.B. GEIGER, L’homme image de Dieu. À propos de Summa theologiae, I, q. 93, a. 4, RFNS 66 ( 1974 ) 511-532, cf. pp. 515-516; l'autore prosegue con un'osservazione di cui si scoprirà l'importanza nel seguito di questo capitolo: « Il fine per il quale un essere è creato, deve perciò apparire nella definizione, se la definizione di questo essere è perfetta. Il fine fa capire la natura di un essere …
Ora, il fine della creazione dell'essere umano consiste nell'essere abilitato a conoscere e amare Dio così come egli stesso si conosce e si ama. L'uomo è stato creato da Dio affinché, secondo la natura prodotta da Dio, fosse capace di conoscere e amare Dio allo stesso modo in cui questi ama e conosce se stesso, capacità che si attuerà imperfettamente mediante il dono della grazia e perfettamente tramite il dono della gloria. Del resto è per tale ragione che, come sarà mostrato nella seconda parte della Summa, la beatitudine dell'uomo non può che consistere in questo fine.
Il fine della creazione dell'uomo fa capire ciò che egli è, indicando ciò per cui viene creato.
Esso perciò deve apparire nella definizione, se questa deve essere perfetta » ( pp. 5 18-5 19 ).
196 Cf. I, q. 3, a. 1 ad 2: « Si dice che l'uomo è ad immagine di Dio, non in quanto è un corpo, ma in quanto sorpassa tutti gli altri animali, cioè a causa della ragione e dell'intelligenza.
Dunque è per l'intelletto e la ragione che sono incorporee che l‟uomo è ad immagine di Dio ».
197 I. q. 4, a. 3; molto riservato qui, Tommaso sembra soprattutto preoccupato di scartare l'ingenuo errore secondo cui, per il fatto che la creatura assomiglia al suo Creatore, si dovrebbe concludere al contrario: « in un certo senso, la creatura è simile a Dio, ma Dio non assomiglia alla creatura » ( ad 4 ).
Dal momento che Dio è al di fuori di ogni genere, la sua efficienza si esercita senza che vi sia comunicazione di genere o di specie; le creature non sono simili a lui se non seguendo una certa analogia, dato che esse sono degli esseri riducibili al principio universale di ogni essere: illa quae sunt a Deo assimilantur ei in qua ntum sunt entia ut primo et uniuersali principio totius esse197.
198 É molto apprezzabile il fatto che dire « immagine di Dio » per Tommaso significa dire allo stesso tempo « immagine della Trinità »; se non ignora la somiglianza rispetto alla natura divina ( cf. per es. I, q. 93, a. 5 ), non è questa che generalmente egli mette in primo piano. [ ciò appartiene al "fisico" ], a meno che non si tratti del rapporto tra l'anima e il corpo ».
199 I, q. 35, a. 2 ad 3; nella sua semplicità, questa spiegazione sottolinea senza commenti l'abisso ontologico che separa il creato dall'increato; è di questo che si vuoi rendere conto parlando di una somiglianza analogica e non di una identità.
Tommaso ritornerà su questa costruzione « ad immagine » per escludere la possibilità che l'uomo sia detto « ad immagine dell'Immagine », cioè del Figlio soltanto; egli ci tiene molto al fatto che sia veramente ad immagine della Trinità; per questo bisogna vedere nell'ad imaginem l'idea della causalità esemplare: immagine essendo intesa per « modello » ( I, q. 93, a. 5 ad 4 ).
200 Cf. I, q. 45, a. 7, e sopra, cap. 2
201 I, q. 93, a. 6; altri luoghi sono anche molto espliciti, così I, q. 45, a. 7: « Le processioni delle Persone divine si presentano quali atti dell'intelligenza e della volontà infatti il Figlio procede come Verbo dell'intelligenza e lo Spirito Santo come amore della volontà.
Perciò, nelle creature razionali, in cui si trovano intelligenza e volontà, in quanto si riscontra un verbo concepito e un more che procede, si trova anche una rappresentazione della Trinità a modo di immagine ».
202 Perciò Tommaso osserva, I, q. 93, a. 4 ad 1: « se si considera la natura intellettuale in cui l'immagine risiede principalmente, la qualità di immagine di Dio si riscontra tanto nella donna quanto nell'uomo »; questa risposta rifiuta un'obiezione molto negativa secondo cui la donna non avrebbe potuto essere immagine di Dio, ma Tommaso non sfugge al suo tempo e, per dar ragione all'insegnamento paolino, aggiunge subito: « da un punto di vista secondario, l'immagine di Dio si trova nell'uomo in un modo che non si verifica nella donna, poiché l'uomo è principio e fine di tutta la creazione », con citazione di 1 Cor 11,7-9.
Oggi si sa che l'inciso di Gen 1,27b: « maschio e femmina li creò », non ha niente a che vedere con « l'immagine di Dio » propriamente detta e non evoca altro che la produzione sessuata degli esseri umani; non sarebbe possibile perciò fondare su di esso un'antropologia egualitaria come nemmeno il suo contrario; cf. lo studio di PHILLIS A. BIRD, in K.E. BØRRESEN (ed.), Image of God and Gender Models in Judaeo-Christian Tradition, Oslo 1991. Si sa che, per evitare l'interpretazione misogina dell'immagine di Dio alla quale hanno ceduto numerosi rappresentanti della tradizione cristiana, alcuni autori (tra cui R.R. Ruether, in questo stesso volume) propongono di rinunciare decisamente ad un'antropologia dell'immagine di Dio; non è tanto necessario sottolineare il mancato profitto che ne risulterebbe.
Senza addentrarci ulteriormente in questa questione, ricordiamo l'opera equilibrata di C. CAPELLE, Thomas d’Aquin féministe? ( « Bibliothèque thomiste 43 » ), Paris 1982, e lo studio di C.-J. PINTO DE OLIVEIRA, Homme et femme dans l’anthropologie de Thomas d’Aquin, in P. BOHLER (ed.), Humain à l’image de Dieu, pp. 165-190.
203 I, q. 93, a. 4; si noterà l'insistenza sui verbi « conoscere » e « amare » Dio in atto; è soltanto in questo caso che si verifica l'immagine nel suo più alto livello; eredità agostiniana per eccellenza di cui Tommaso è molto cosciente ( cf. De uer. q. 10, a. 3 ); lo si è ben dimostrato, Agostino non usa forme sostantive memoria, intelligentia, dilectio, se non quando si tratta di un grado inferiore dell'immagine ( memoria sui [hominis] ); quando si tratta dell'attività che ha Dio per oggetto, egli usa sempre delle forme verbali: meminit, intellegit, diligit, cf. l'illuminante nota di W.H. PRINCIPE, The Dynamism of Augustine’s Terms far Describing the Highest Trinitarian Image in the Human Person ( Studia Patristica 18,3 ), E.A. LIVINGSTONE (ed.), Oxford - New York 1982, 1291-1299
204 A. SOLIGNAC, Image et ressemlance, col. 1448, che cita alcuni testi illuminanti e sottolinea bene come « i tre momenti dell'immagine corrispondono anche ai tre lumi dello spirito »: lumen naturale, gratiae, gloriae.
205 G. LAFONT, Structures et méthodes, pp. 271, ne trova un primo esempio in De pot. 9, 9 che parte dal vestigio del Creatore riconoscibile dal temano « sostanza- forma-ordine », per elevarsi, a partire di là, all'immagine specifica che è la creatura spirituale in esercizio di conoscenza e d'amore di sé, e sfociare infine alla creatura graziata, resa conforme a Dio dalla sua conoscenza e dal suo amore di Dio. Altrove ( III, q. 23, a. 3; Sent. III, d. 10, q. 2, a. 2 q. 1 a 1 ), Tommaso propone lo stesso tipo di gradazione, ma in termini di filiazione adottiva ( poiché il Verbo è simultaneamente Immagine e Figlio, l'accostamento non è arbitrario ); noi abbiamo allora l'assimilazione esterna di ogni essere creato a Dio ( che non è ancora veramente Filiazione ), l'assimilazione specifica della creatura spirituale che è una specie di filiazione al livello della natura, e infine l'assimilazione unitiva mediante la grazia e la carità, Non è che in quest'ultimo caso che si parlerà in modo appropriato di filiazione adottiva, dato che essa dà diritto all'eredità dei figli di Dio: la beatitudine.
Quanto al terzo modo di presentare questa gradazione, è quello che impiega i gradi di conoscenza e di amore in se stessi e che troviamo nel testo della Summa analizzato qui sopra.
206 In I ad Cor 15, 49, lect. 7, n. 998. Altrove, ma sempre in riferimento all'immagine di Dio - riprendendo il detto di san Paolo; « [riflettendo] come in uno specchio la gloria del Signore, noi siamo trasformati in questa stessa immagine sempre più gloriosa » -, Tommaso esplicita ciò come un progresso nell'ordine della conoscenza (e dell'amore); «Riflettendo (speculantes) non è inteso qui di specula (osservatorio) ma di speculum (specchio).
Questo vuoi dire che noi conosciamo Dio stesso nella sua gloria mediante lo specchio della ragione nella quale è impressa una certa immagine di lui.
Ed è lui che noi riflettiamo quando, dalla considerazione di noi stessi, ci eleviamo ad una certa conoscenza di Dio che ci trasfigura.
Infatti, come ogni conoscenza si fa per assimilazione del soggetto conoscente all'oggetto conosciuto, così occorre che coloro che vedono Dio siano in un certo modo trasformati in Dio. Se essi lo vedono perfettamente, sono perfettamente trasfigurati, così come i beati nella patria mediante l'unione di fruizione.. Se non lo vedono che imperfettamente, la loro trasfigurazione è imperfetta, così come accade quaggiù mediante la fede… (S. Paolo) distingue tre gradi della conoscenza nei discepoli di Cristo.
Il primo ci fa passare dalla chiarezza della conoscenza naturale a quella della conoscenza della fede.
Il secondo ci conduce dalla chiarezza della conoscenza dell'Antica Alleanza alla chiarezza della conoscenza della grazia della Nuova Alleanza.
Il terzo ci eleva dalla chiarezza della conoscenza naturale e dell'Antica e della Nuova Alleanza alla chiarezza della visione eterna», In 2 Cor 3,18, lect. 3, nn. 114-115.
207 D.-J. MERRIELL, To the Image, p. 243; «Through Thomas'study of Augustine‟s De Trinitate he carne to realize than man reflects the divine Trinity not merely as a mirror reflects a thing set to some distance from it, but as an actor who imitates the character he plays by entering into his character's life».
È necessario precisare che la parola «specchio» in questo contesto non è intesa completamente nello stesso senso in cui si trova nella metafora dello specchio in san Paolo nel testo della nota precedente?
Quanto alla parola «attore», non ha qui niente di sgradevole, dato che si tratta di una imitazione interna e che san Tommaso mette sulla via dell'accostamento quando spiega il modo in cui si può dire che la grazia è essa stessa immagine di Dio, Sent. II, d. 26, q. 1, a. 2 ad 3; «Immagine e somiglianza di Dio si dicono dell'anima e della grazia diversamente; l'anima è detta immagine in quanto imita Dio, la grazia è detta immagine come essendo ciò mediante cui l'anima imita Dio». Si pensi anche a san Paolo che ben presto ritroveremo; «Imitare Dio come dei figli prediletti».