Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se il Figlio sia uguale al Padre in grandezza

In 1 Sent., d. 19, q. 1, a. 2; C. G., IV, cc. 7, 11; In De Trin., q. 3, a. 4

Pare che il Figlio non sia uguale al Padre in grandezza.

Infatti:

1. Il Figlio medesimo afferma [ Gv 14,28 ]: « Il Padre è più grande di me ».

E l'Apostolo dice di lui [ 1 Cor 15,28 ]: « Il Figlio sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa ».

2. La paternità conferisce dignità al Padre.

Ma essa non conviene al Figlio.

Quindi il Figlio non ha tutto ciò che appartiene alla dignità del Padre, e di conseguenza non gli è uguale in grandezza.

3. Dove troviamo un tutto e delle parti, più parti sono qualcosa di più di una sola o di un numero minore di esse: tre uomini, p. es., sono più che uno o due.

Ma anche in Dio si può trovare il tutto universale e le parti, poiché sotto il termine di relazione o di nozione sono contenute più nozioni.

Essendoci dunque nel Padre tre nozioni e nel Figlio due soltanto, ne segue che il Figlio non può essere uguale al Padre.

In contrario: S. Paolo [ Fil 2,6 ] così parla [ del Figlio ]: « Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ».

Dimostrazione:

È necessario affermare che il Figlio è uguale al Padre in grandezza.

Infatti la grandezza di Dio non è altro che la perfezione della sua natura.

Ora, rientra nell'idea di paternità e di filiazione che il figlio mediante la generazione giunga ad avere la stessa perfezione di natura che è nel padre, come la ha anche il padre.

Però negli uomini la generazione consiste nella lenta trasmutazione di un soggetto che passa dalla potenza all'atto: perciò il figlio di un uomo non è uguale al padre fin dal principio, ma lo diviene in seguito con la crescita normale, a meno che non avvenga diversamente per un difetto del principio generativo.

Ora, da quanto fu detto [ q. 27, a. 2; q. 33, a. 2, ad 3, 4; a. 3 ], è chiaro che in Dio c'è in senso vero e proprio tanto la paternità quanto la filiazione.

Né si può dire che la potenza del Padre sia stata difettosa nel generare; o che il Figlio raggiunga la sua perfezione poco alla volta e per una lenta trasmutazione.

Quindi si deve dire che il Figlio, già da tutta l'eternità, è uguale al Padre in grandezza.

Per questo S. Ilario [ De Synod. 73 ] insegna: « Tolta la debolezza dei corpi, tolto l'inizio del concepimento, tolti i dolori del parto e tutte le umane necessità, ogni figlio per la sua nascita è uguale al padre, essendone l'immagine naturale ».

Analisi delle obiezioni:

1. Quelle parole vanno riferite alla natura umana di Cristo, nella quale egli è minore del Padre, e a lui sottoposto.

Ma secondo la natura divina è uguale al Padre.

E ciò corrisponde a quanto asserisce S. Atanasio [ Symb. ]: « Egli è uguale al Padre per la divinità, minore del Padre per l'umanità ».

Oppure, secondo S. Ilario [ De Trin. 9,54 ]: « Il Padre è maggiore per la dignità di donatore, però non è minore colui a cui viene dato l'identico essere ».

E altrove [ De Synod. 79 ] lo stesso S. Ilario insegna che « la soggezione del Figlio è pietà naturale », cioè riconoscimento dell'autorità paterna, « mentre la soggezione delle altre cose è debolezza creaturale ».

2. L'uguaglianza è desunta dalla grandezza.

Ma in Dio la grandezza indica la perfezione della natura, come si è detto sopra [ nel corpo; cf. a. 1, ad 1 ], e appartiene così all'essenza.

Quindi in Dio l'uguaglianza e la somiglianza sono desunte da ciò che è essenziale: e non vi può essere in lui disuguaglianza e dissomiglianza per la distinzione delle relazioni.

Quindi S. Agostino [ Contra Maxim. 2,18 ] dice: « Si ha il problema dell'origine col domandare da chi deriva; si ha invece quello dell'uguaglianza domandando come è, o quanto è grande ».

La paternità dunque costituisce la dignità del Padre come la costituisce la sua essenza, poiché la dignità è qualcosa di assoluto che appartiene all'essenza.

Ora, come la stessa essenza che nel Padre è paternità nel Figlio è filiazione, così la stessa dignità che nel Padre è paternità nel Figlio è filiazione.

Quindi è vero che il Figlio ha tanta dignità quanta ne ha il Padre.

Però non ne segue che si possa concludere: il Padre ha la paternità, dunque anche il Figlio ha la paternità.

Perché [ in tale illazione ] si passa dall'essenza alle relazioni: infatti identica è l'essenza e la dignità del Padre e del Figlio, ma nel Padre ha la relazione di donatore, nel Figlio invece ha la relazione di ricevente.

3. La relazione in Dio non è un tutto universale, quantunque si predichi delle singole relazioni: poiché tutte le relazioni si identificano nell'essenza e nell'essere, il che ripugna al concetto di universale, le cui parti si distinguono per il loro diverso essere.

E in precedenza [ q. 30, a. 4, ad 3 ] abbiamo spiegato che anche persona in Dio non è un universale.

Quindi né tutte le relazioni né tutte le persone prese assieme sono qualcosa di più che una sola: perché in ogni persona c'è tutta la perfezione della natura divina.

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