Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se esista un sommo male che sia la causa di ogni male

In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 1, ad 1; d. 34, q. 1, a. 1, ad 4; C. G., II, c. 41; III, c. 15; De Pot., q. 3, a. 6; Comp. Theol., c. 117; Opusc. 15, De Angelis, c. 16; In Div. Nom., c. 4, lect. 22

Pare che esista un sommo male che sia la causa di ogni male.

Infatti:

1. Effetti contrari hanno cause contrarie.

Ma nelle cose riscontriamo la contrarietà, secondo il detto della Scrittura [ Sir 33,14 ]: « Di fronte al male c'è il bene, di fronte alla morte la vita; così di fronte al giusto il peccatore ».

Quindi esistono due principi contrari, uno del bene, l'altro del male.

2. Se nella realtà esiste uno dei contrari, esiste anche l'altro, come afferma Aristotele [ De caelo 2,3 ].

Ora, esiste nella realtà il sommo bene, come si è dimostrato a suo tempo [ q. 2, a. 3; q. 6, aa. 2,4 ].

Quindi esiste anche un sommo male, che è il suo opposto e causa di ogni male.

3. Nelle cose, come si trova il bene e il meglio, così pure si trova il male e il peggio.

Ma il bene e il meglio sono detti così in rapporto a un ottimo.

Quindi il male e il peggio sono detti in rapporto a un sommo male.

4. Tutto ciò che è per partecipazione si riconduce a ciò che è per essenza.

Ora, le cose che tra noi sono cattive non sono cattive per essenza, ma per partecipazione.

Quindi si deve trovare un sommo male per essenza, che sia la causa di tutti i mali.

5. Tutto ciò che è indirettamente e casualmente [ per accidens ] si riconduce a ciò che è di per sé e direttamente [ per se ].

Ma il bene è causa del male indirettamente e casualmente.

Quindi bisogna ammettere un sommo male che sia causa delle cose cattive per sua natura.

- E non si può rispondere che il male non ha una causa diretta, ma soltanto [ una causa ] occasionale, poiché ne seguirebbe che il male non dovrebbe trovarsi nella maggior parte dei casi [ come invece accade ], bensì molto di rado.

6. Il male di un effetto si riporta al male della causa: poiché l'effetto difettoso deriva da una causa difettosa, come si è già spiegato [ aa. 1,2 ].

Ma in questo risalire non si può andare all'infinito.

Quindi bisogna ammettere un primo male, causa di ogni male.

In contrario:

Il sommo bene è causa di ogni entità, come è stato spiegato a suo tempo [ q. 2, a. 3; q. 6, a. 4 ].

Quindi non può esistere un principio opposto che sia causa delle cose cattive.

Dimostrazione:

Come risulta da quanto è stato già detto, non può esistere un primo principio del male, come invece esiste un primo principio del bene.

Primo, perché il principio primo del bene è buono per essenza, come fu dimostrato sopra [ q. 6, aa. 3,4 ].

Ora, nulla può essere cattivo per essenza: infatti fu chiarito [ q. 5, a. 3; q. 48, a. 3 ] che ogni ente, in quanto ente, è buono, e che il male non ha altro soggetto che il bene.

Secondo, perché il primo principio del bene è il bene perfetto, che contiene in sé ogni bontà, come fu spiegato sopra [ q. 6, a. 2 ].

Invece non può esistere un sommo male, poiché si è visto [ q. 48, a. 4 ] che il male, per quanto faccia diminuire il bene, tuttavia non potrà mai totalmente distruggerlo; e così dal momento che un bene rimane sempre, non può esistere una cosa integralmente e assolutamente cattiva.

Per questo Aristotele [ Ethic. 4,5 ] afferma che « se il male fosse integrale distruggerebbe se stesso »: poiché distrutto ogni bene ( che è richiesto per la consistenza del male ) si elimina anche il male stesso, che ha il suo soggetto nel bene.

Terzo, perché il concetto stesso di male si oppone all'idea di primo principio.

Sia perché ogni male viene causato dal bene, come sopra abbiamo dimostrato [ a. 1 ], sia perché il male non può essere che causa accidentale [ per accidens ]: e così non può essere causa prima, poiché la causa accidentale e indiretta [ per accidens ] è posteriore alla causa necessaria e diretta [ per se ], come dice Aristotele [ Phys. 2,6 ].

Coloro invece che ammisero due primi princìpi, l'uno buono e l'altro cattivo, caddero in questo errore per la medesima ragione da cui ebbero origine altre opinioni stravaganti degli antichi [ filosofi ]: cioè perché non consideravano la causa universale di tutto l'essere, ma soltanto le cause degli effetti particolari.

Per questo motivo infatti, se trovavano che una cosa in virtù della sua natura era nociva a qualche altra cosa, stimavano che la natura di quella fosse cattiva: come se uno dichiarasse cattiva la natura del fuoco perché ha bruciato la casa di un povero.

- Ora, il giudizio sulla bontà di una cosa non va desunto dal suo rapporto con un essere particolare, ma dalla cosa stessa e in relazione a tutto l'universo, nel quale ogni cosa occupa il suo posto col massimo ordine, come è evidente da quanto si è detto [ q. 47, a. 2, ad 1 ].

Così pure, poiché trovavano che di due effetti particolari diversi esistevano due cause particolari diverse, non seppero ricondurre le due cause particolari contrarie a una causa universale comune.

Per cui ritennero che la contrarietà fra le cause si estendesse fino alle cause prime.

- Siccome invece tutti i contrari coincidono in un unico genere comune è necessario che in essi, oltre alle contrastanti loro cause proprie, si trovi una causa comune unica: come al disopra delle contrarie qualità degli elementi troviamo la potenza di un corpo celeste.

E così, al disopra di tutte le cose che sono in un modo o in un altro, troviamo un unico principio dell'essere, come già fu dimostrato [ q. 2, a. 3 ].

Analisi delle obiezioni:

1. I contrari concordano in un determinato genere, e concordano pure nell'essere.

Quindi, per quanto abbiano cause particolari contrarie, tuttavia è necessario arrivare a una prima causa comune.

2. Il possesso e la privazione sono precisamente [ quei contrari ] fatti per succedersi in un medesimo soggetto.

Ma il soggetto della privazione è soltanto l'ente potenziale, come si è già spiegato [ q. 48, a. 3 ].

Quindi, dal momento che il male è privazione [ di bene ], come è evidente da quanto detto [ q. 48, a. 3 ], esso si oppone solo a quel bene che ha annessa della potenzialità, e non al sommo bene, che è atto puro.

3. Ogni cosa si accresce conformemente alla sua natura.

Ora, se la forma è una certa perfezione, la privazione è un certo decadimento.

Quindi ogni forma, perfezione o bene si intensifica mediante un avvicinamento al termine perfetto; la privazione invece e il male si accrescono per un allontanamento da quel termine.

Quindi non diciamo male e peggio per un avvicinamento al sommo male, come invece diciamo bene e meglio per un avvicinamento al sommo bene.

4. Nessun ente è chiamato male per partecipazione, ma per la privazione di una partecipazione.

Quindi non può essere ricondotto a qualcosa che sia male per essenza.

5. Il male non può avere che una causa accidentale e indiretta [ per accidens ], come si è spiegato sopra [ a. 1 ].

Quindi è impossibile risalire a qualcosa che sia per natura [ per se ] causa del male.

- L'affermazione poi che il male si trova nella maggior parte dei casi, presa in generale, è falsa.

Infatti gli esseri generabili e corruttibili, nei quali soltanto si verifica il male naturale, sono una piccola parte di tutto l'universo.

E così pure nell'ambito di ciascuna specie i difetti naturali si verificano in pochi casi.

Soltanto tra gli uomini invece il male si trova nella maggior parte dei casi: poiché il bene dell'uomo secondo il senso non appartiene all'uomo in quanto uomo, cioè secondo la ragione; e invece la maggioranza segue il senso più che la ragione.

6. Nelle cause del male non si deve risalire all'infinito, ma si devono ricondurre tutti i mali a qualche causa buona, dalla quale il male deriva indirettamente e accidentalmente [ per accidens ].

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